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Worker # unemployed

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fonte: http://www.cartoonmovement.com/cartoon/7915

Quale futuro?“Avessa turna’ a uerra pe capi’ che ‘r’ è a famm!” invocavano i nostri nonni in tempi non sospetti di benessere e consumi sfrenati. Questa frase racchiudeva tutto: la fame, la miseria, la disperazione di una generazione che era nata e vissuta tra le due guerre mondiali del secolo scorso, che aveva provato sulla propria pelle tutto il malessere immaginabile e lo voleva evitare ai propri figli e nipoti. Quel tempo però è arrivato, ahinoi!

25 milioni i disoccupati in Europa.
Nell’ultimo anno il numero dei disoccupati nel vecchio continente è salito di 2 milioni, superando i 25 milioni. Il tasso di disoccupazione è del 10,6% nell’UE e dell’11,6% nella zona euro. La disoccupazione di lunga durata è in aumento e quasi un disoccupato su due è senza lavoro da più di un anno. La situazione varia notevolmente tra un paese europeo e l’altro, con tassi di disoccupazione nazionali che variano da paese a paese. Al massimo storico Italia (11,1%), Francia (10,7%), Spagna (26,2%) mentre la Germania è al 2%.

I giovani sono la categoria più colpita. Ovviamente, sono le fasce più giovani della popolazione ad essere colpite drammaticamente con tassi di disoccupazione elevatissimi, 33% per l’Italia ma non va meglio per gli molti altri Paesi europei, con conseguenze drammatiche nell’immediato e che tenderanno a peggiorare negli anni. Secondo Eurostat, in Europa circa 5,5 milioni di giovani sul mercato del lavoro (più di 1 su 5) non trovano un posto di lavoro e 7,5 milioni di giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni sono cosiddetti NEET (not in employment, education or training) cioè disoccupati non iscritti a corsi di istruzione o formazione.

Quale futuro per i giovani?La politica sembra assolutamente insensibile ed inerte di fronte al problema lavoro.  “Lottare contro la disoccupazione, migliorare l’occupabilità, favorire l’ingresso o il reinserimento nel mercato del lavoro, in particolare per i disoccupati di lunga durata e i giovani”, questi gli slogan che molte istituzioni nazionali ed europee gridano a gran voce. Ma la realtà è ben diversa. La mancanza di lavoro ha effetti devastanti non solo dal punto di vista economico, ma è  anche frustrante e avvilente dal punto di vista psicologico, perché pone l’individuo  in una sorta di complesso di inferiorità che, spesso, porta a considerare se stesso non meritevole, non idoneo, colpevole di qualcosa di cui è reo semmai soltanto il sistema socioeconomico in cui vive. La mancanza di lavoro porta all’incapacità dell’individuo di “procacciarsi” cibo e soddisfare i bisogni primari. Se il lavoro manca o è precario non è possibile progettare il proprio futuro o rimandarlo a tempi migliori. Non dimentichiamo, che l’Italia è una Repubblica fondata sula lavoro, anche se questo principio sembra essere piuttosto disatteso”.

Mariarosaria Perrotta