‘Vita di Pi’ è un film affascinante, una favola marina, selvaggia, spirituale. È la storia di un ragazzo indiano, di famiglia benestante, figlio del proprietario di uno zoo. Il suo nome è Pi Patel e, fin da piccolo, sviluppa una profonda curiosità per tutte le religioni tanto da studiarle e sposarne, di volta in volta, le varie convinzioni.
La sua esistenza è trascorsa, per forza di cose, a contatto con ogni tipo di animale e Pi ha sempre creduto che esistesse un rapporto di complicità e comprensione tra esseri umani e animali; ma, crescendo e per volontà del padre, tale convinzione trova in una tigre il maggior ostacolo per continuare a resistere e a rafforzarsi, soprattutto a seguito di un episodio che mostrerà al ragazzo il lato più brutale del felino.
Pi, oramai diciassettenne, comincia a scoprire l’universo femminile che lo distoglie parzialmente dalla passione religiosa, ma proprio quando pensa di essersi innamorato deve seguire le volontà della famiglia.
Infatti, costretti a partire dall’India per trasferirsi in Canada nel tentativo di migliorare una condizione economica che va peggiorando, i Patel si imbarcano su di una nave mercantile portandosi dietro tutti gli animali dello zoo così da venderli una volta a destinazione.
Il viaggio si rivela tragico tanto che il mercantile, colpito in pieno da una tempesta disastrosa, affonda. Gli unici che riescono a salvarsi e a rifugiarsi su una scialuppa sono Pi e quella stessa tigre che gli aveva mostrato il lato più selvaggio degli animali che lui aveva sempre creduto simili agli esseri umani.
Così comincia un’avventura incredibile che porta un ragazzo ed una tigre a convivere in mezzo all’oceano, in pochi metri, impauriti dalla condizione in cui si trovano e dall’assoluta incertezza sul futuro che li aspetta.
Il film comincia e finisce con Pi, quarantenne, che racconta ad uno scrittore la sua avventura; proprio il finale è uno dei colpi ad effetto più azzeccati nella sceneggiatura dell’opera.
Il regista Ang Lee ha girato un lavoro spettacolare che, soprattutto a livello visivo e di creazione, va elogiato per un’accuratezza negli effetti e nella volontà di rendere il più umano possibile lo sviluppo della storia nonostante l’utilizzo massiccio di computer grafica ed effetti digitali.
Come ogni opera di Ang Lee anche ‘Vita di Pi’ è però caratterizzato da una profonda connotazione emotiva che trasmette sensazioni svariate non lasciando indifferente lo spettatore che viene travolto dalla tensione e dalla paura del protagonista, oltre che dalle immagini devastanti, sia quelle di tempesta che di magnificenza di alcuni scenari naturali.
La sensazione è che si sia voluta raccontare un’esperienza spirituale che diviene processo di crescita grazie all’unione di fede e forza di volontà, il tutto caratterizzato dall’epilogo che simboleggia, chiarendo la trama, la natura umana e la necessità di trasfigurare lo stato delle cose per alimentare la speranza in sé stessi e negli altri.
Plauso doveroso al ragazzo che interpreta Pi, Suraj Sharma, che ha dovuto affrontare una fatica fisica non indifferente per questo film, non solo per girare le scene in mare, oceano ricostruito in una immensa vasca di Taiwan, ma perché è dovuto prima ingrassare di 10 chili e poi dimagrire di 20 durante l’arco della lavorazione.
‘Vita di Pi’ ha ricevuto 4 Oscar nel 2013, per la fotografia, gli effetti speciali e la colonna sonora, e il regista Ang Lee ha bissato il premio alla miglior regia avuto per ‘I Segreti di Brokeback Mountain’ nel 2006… senza dimenticare quello per miglior film straniero del 2001 con ‘La Tigre e il Dragone’.
Autore Paco De Renzis
Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.