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Viaggio nei meandri esoterici del Pentagramma

Pentacolo


Pentacolo di Agrippa ⇔ Pentagramma Pitagorico ⇔ Pentalpha Simbolo Magico?

Il Pentagramma è considerato da alcuni come collegato all’umanesimo iniziatico e si è prestato, nei secoli, a diverse letture esoteriche.

Probabilmente le origini di questo simbolo archetipale, indicante la conoscenza, lo splendore, la luce, il libero arbitrio, l’unione mistica sia tra Dio e l’uomo, come tra i due sessi, sono antichissime e si perdono nella notte dei tempi.

Si ritiene che il simbolo sia ricorrente tra le antiche comunità babilonesi, egizie, ecc., ma la sua datazione ufficiale, o la prima collocazione in uno specifico territorio, resta un’impresa difficile, nonostante il rinvenimento del segno su frammenti di argilla, in Palestina, faccia ipotizzare che risalga al 4000 a.C..

Nel medioevo il Pentagramma è conosciuto come “Orma dei Druidi”, ovvero l’impronta della casta druidica. I sacerdoti celtici vissuti nel periodo ricordato come età del ferro, così come riportato da Strabone, manifestano spiccate funzioni sapienziali, filosofiche e divulgano, tra le altre, l’idea che la stella a cinque punte simboleggi la Creazione e la Luce Spirituale trasmessa dalle divinità. Considerano le cinque punte della stella doni ricevuti dalle divinità affinché l’uomo viva sulla terra e, non a caso, nei rituali sacri, utilizzano il poligono stellato. Per lo storico greco, i druidi, oltre a essere uomini giusti con una predisposizione naturale verso la medicina e la musica, sono esperti nella cura delle malattie dell’anima.

Nella cultura greca, invece, l’Afrodite ellenica, ossia Venere, la regina del Dualismo, l’icona della fusione tra i principi polari femminile e maschile, è venerata come stella del mattino che dissolve le nubi. Osservando per otto anni il moto del pianeta che ne condivide il nome, si evidenzia una forma comparabile ad un poligono a cinque punte, usato e accomunato ai culti dedicati alla divinità della bellezza, dell’amore e della forza procreatrice della natura.

Oltre Venere vi sono altri due pianeti che con il loro moto evidenziano in cielo una stella a cinque punte. Giove e Saturno, infatti, impiegando rispettivamente dodici e trenta annualità per compiere un giro intorno al Sole, nell’arco di sessant’anni, riproducendo lo schema delle loro congiunzioni e opposizioni, disegnano in cielo un percorso anch’esso caratterizzato da cinque vertici.

È opinione diffusa che l’utilizzo di questo simbolo risalga all’antichità, che i pagani d’epoca precristiana lo collegassero al culto della natura, che fosse utilizzato per designare la classe dei medici e che per questi sia emblema di salute. L’araldista della Compagnia di Gesù, Claude-François Ménestrier, oltre a confermare ciò, afferma che il Pentalpha d’Oro sia un intreccio a forma di stella a cinque punte e che in ogni vertice vi sia una A. Si pensa, inoltre, che i greci, di religione Cristiana, impiegassero il Pentagramma all’inizio di lettere o libri, come auspicio di buona sorte.

Nella tradizione ebraica e nella mistica cristiana medievale, la stella a cinque punte corrisponde al Pentateuco ricevuto da Mosè. I mistici che si collocano in questo periodo, definendola Pentacolo, la fanno corrispondere al Sigillo o Scudo di Salomone. L’importanza di questa stella è convalidata dalla frequente presenza nell’iconografia e simbologia religiosa e, non a caso, è raffigurata sulla grotta di Betlemme per rappresentare il mistero dell’Incarnazione.

Si pensa che i primi cristiani identifichino con il Pentalpha il Corpo di Gesù, giacché ne evoca le cinque ferite e, allo stesso tempo, rappresenta l’alfa e l’omega. Il Pentalpha porta alla mente la stella che annuncia il Messia, ma anche le cinque virtù ravvivate da Cristo ossia, Saggezza, Giustizia, Verità, Bontà e Amore.

L’iconografia Cristiana, forse in ossequio al Libro dell’Apocalisse, utilizza questo simbolo per identificare sia il principio di tutto, sia l’astro del mattino che trasmette luce radiosa sulla terra.

Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino.
Apocalisse di Giovanni (22,16)

I cabalisti ritengono che il Pentalpha possa essere collegato all’Adam Kadmon o Adamo Celeste, inteso come Logos manifestato, ossia l’essere perfetto, l’androgino primordiale, il completamento della Creazione, l’essere metafisico energeticamente equivalente all’albero della vita e plasmato a immagine di Dio. Coloro che percorrono il sentiero magico e sapienziale della Cabala, pensano che il Pentagramma racchiuda in sé i tradizionali quattro elementi della natura più quello metafisico, ossia l’etere. Quest’ultimo elemento, anche se cronologicamente è presentato come il quinto, non è meno importante degli altri, anzi, ha la funzione di permeare e attivare i primi quattro.

Di contro, nell’antica cultura egizia corrisponde all’immagine di Horus, ossia il Sole, e interpreta una sorgente vitale e perenne. Si pensa, altresì, che il geroglifico sb’, letto seb’a, sia associato, dagli antichi egizi alla stella a cinque punte che, sprovvista di riempimento interno, compone il cielo stellato rappresentato nelle loro tombe, dove assume una valenza rilevante perché simbolizza “l’uomo stella che risorge”, come indicato dai Testi delle Piramidi, ma anche la casa dell’anima defunta ed, infine, la porta simbolica che permette il passaggio dalla realtà fisica a quella metafisica.

In questo periodo a testimonianza di valenza è il fatto che sia riprodotto diverse volte nell’antica raccolta di testi funerari denominata ‘Libro dei Morti’. Questa tradizione prevede, infatti, che il geroglifico DUAT simboleggi il ciclo delle reincarnazioni, il regno dell’Oltretomba e che sia realizzato mediante un’arcana stella stilizzata circoscritta in un cerchio, dove la prima indica il cielo inferiore e il secondo quello superiore.

La mistica dell’antico Egitto prevede che ogni vertice si identifichi in una qualità che, unita alle altre, regge il mondo. La presenza di questa stella, nell’antica iconografia egizia è costante, tant’è che appare sulla testa di una Dea il cui culto è molto diffuso, ossia di Sothis.

Questa divinità ha un ruolo di rilievo nella spiritualità egizia, conosciuta come Sopedet, ma anche come Sirio, la stella che incarna la perfezione, la luce spirituale, la magia e la divinità umana.

È profondamente venerata sia per l’intrinseca essenza, sia perché è identificata con Iside, la Dea che Apuleio definisce “la Natura madre di ogni cosa“, “l’archetipo degli dei e delle dee“.

Tracce dell’uomo-pentagramma si ritrovano anche in Plutarco; la sua frase “Il fuoco sbocciò con cinque rami”, fa pensare che tale ramificazione simboleggi il corpo eterico o spirituale dell’uomo. Queste parole sono ricollegabili anche alla tradizione alchemica perché citando il fuoco, allude all’elemento capace di eliminare le scorie, purificare e rivelare l’oro interiore.

In merito alla stella a cinque punte, è degno di lettura anche ciò che Plutarco scrive nelle biografie comparate dal titolo ‘Vite Parallele’.
Il filosofo, infatti, ritiene che la Terra, l’Acqua, il Fuoco, l’Aria e il Cielo, quest’ultimo definito anche Luce, Etere o Quintessenza, compongano il Mondo e ne formino l’armonia.

Riprendendo l’aforisma di Plutarco, Cornelius Agrippa di Nettesheim raffigura la bellezza dell’uomo eterico a cinque rami, mediante la rappresentazione grafica conosciuta come uomo-pentagramma. L’alchimista tedesco, inviluppa l’uomo nel doppio cerchio, lo identifica e schematizza con la stella a cinque punte e ritiene che sia la più incantevole e assoluta opera di Dio e che la sua immagine corrisponda al mondo minore.

Il Pentacolo, così schematizzato, riproduce l’uomo con gli arti superiori aperti, quelli inferiori divaricati e la testa dislocata all’apice superiore della stella. La testa è intesa, per convenzione, come sede dello spirito, agisce da mediatrice fra l’alto e il basso e personifica il dominio sulla materia, mentre gli arti rappresentano i quattro elementi. Agrippa, tenendo conto che l’uomo è caratterizzato sia dalla saliente peculiarità della testa, sia da altre tipicità, ritiene che l’essere umano, grazie ai movimenti ricevuti per volontà divina e all’intrinseca armonia e dignità, manifesti quella specifica unicità che lo differenzia dagli altri esseri viventi.

In questo Pentagramma è ricorrente il cinque, ossia, il numero che simbolizza il movimento ascendente, l’evoluzione verticale. L’alchimista assegna grande valenza a tale cifra perché tanti sono i sensi umani come anche le dita delle mani e dei piedi. Inoltre, osservando il grafico denominato uomo-pentagramma, si notano i pianeti collocati a margine della figura umana.

Nell’opera magico – ermetica ‘De Occulta Philosophia’, Agrippa, lo descrive magistralmente, associando ad ogni membro del corpo umano un segno, un astro, un’intelligenza e un nome divino.

L’immagine dell’uomo, circoscritto da Agrippa nel Pentacolo, porta alla mente che l’iniziato ambisce a trasfigurarsi in una stella, mediare tra cielo e terra, realizzarsi completamente e trasmettere esternamente armonia e luce.

Oswald Wirth, autore dell’opera ‘Il Simbolismo Ermetico’, scrive che il Pentagramma è metafora dell’individuo libero da quegli ostacoli che impediscono di essere esclusivamente e completamente Uomo. Wirth, considerando che gli arti assecondano e concretano ciò che la testa esige, reputa che il Pentagramma sia la volontà sovrana, alla quale nulla può resistere quando questa si dimostra irremovibile, assennata e priva d’interessi.

L’uomo-pentagramma di Agrippa, oltre ad essere un simbolo alchemico, rimanda all’architetto romano Marco Vitruvio Pollione che, mediante l’opera ‘De Architectura’, mostra ragguardevoli intuizioni riguardanti l’uomo circoscritto armoniosamente sia nel cerchio, che nel quadrato, in cui la prima figura geometrica rappresenta la sfera divina, mentre la seconda incarna il mondo terreno.

Leonardo da Vinci, implementando quanto già anticipato da Vitruvio, evidenzia, con il suo ‘Uomo Vitruviano’, le proporzioni ideali dell’essere umano e, mediante questa sua opera, simbolizza sia il sentiero da imboccare per purificare l’anima, che la perfetta armonia tra materia e spirito. L’immagine dell’uomo sovrapposto ad un Pentagramma incluso nella circonferenza, è paragonabile al Microcosmo ed è virtualmente dotato delle energie e dei poteri del cerchio, ossia del Macrocosmo. Questa inclusione dell’Uomo Microcosmo nel Macrocosmo conferma che quello che è in alto è come ciò che è in basso, ossia, che l’essere umano sintetizza il Grande Universo.

Lo svizzero Paracelso afferma, invece, che l’uomo sia la quinta essenza, quintuplice, che l’insieme di cinque Forze o Enti componga l’uomo-pentagramma e che l’armonia di questi fattori assicuri la salute. L’alchimista ritiene che il Pentagramma sia un simbolo potentissimo e, rifacendosi a quanto già asserito da Pitagora, ipotizza che l’uomo sia immagine del cosmo e propagazione dell’Artefice Supremo. Ritiene, inoltre, che l’immaginazione sia ‘La stella interiore’ e la paragona ad un magnete capace di attirare gli oggetti dal mondo esterno a quello interno dell’uomo.

Il mito attribuisce il concepimento della figura geometrica denominata Pentalpha a Pitagora, che la elabora dopo aver sbrogliato la problematica pertinente la Sezione o Rapporto Aureo che si manifesta con il Numero d’Oro che il teologo francescano Luca Pacioli definisce ‘Divina Proporzione’. La Sezione Aurea, la “legge strutturale del corpo umano”, ricorda la bellezza della proporzione, intesa come equilibrio e armonia nella struttura in cui si manifesta.

Il Pentalpha, ossia le cinque alfa, rappresenta il caratteristico emblema dell’antico sodalizio pitagorico ed è una figura sacra che incarna sia i cinque principi, sia il numero di anni richiesti all’allievo desideroso di essere iniziato al sacro sapere. Il Pentalpha, oltre ad identificare la fratellanza pitagorica, è ritenuto esserne anche un segno di riconoscimento.

Questa caratteristica saliente del simbolo è successivamente certificata da quanto riporta Giamblico:

Un pitagorico senza denaro si ammalò in un albergo. Sentendo la morte vicina invitò l’oste, che l’aveva curato, a esporre il pentagramma fuori dell’albergo. Molto più tardi un altro pitagorico passando di là vide il simbolo, ne chiese spiegazione all’oste e lo ricompensò generosamente per l’aiuto che aveva dato al suo compagno.

Il Pentagramma, conosciuto anche come “Hygieia”, nome della Dea della salute, è caratterizzato dai pitagorici con le lettere Υ-Γ-Ι-ΕΙ-Α iscritte nei vertici della stella, che lette in senso antiorario, U-GI-EI-A, sono traducibili con “salus” e simbolizzano la salute e l’armonia.

Reghini, a tal proposito, ipotizza che i membri del sodalizio pitagorico sottintendano ciò perché l’armonia degli elementi e le funzioni del corpo umano si palesano come salute. Sostiene, inoltre, che l’armonia degli elementi spirituali garantisca la salute e la salvezza, intesa come rinascita pitagorica.

Γ ⇔ Terra
Y ⇔  Acqua
A ⇔ Aria
EI ⇔ Fuoco
I ⇔ Spirito / Quintessenza

Le tradizioni iniziatiche sono generalmente incentrate sul culto della morte e rinascita atta ad assicurare all’anima un destino migliore. I riti d’iniziazione ai misteri seguono generalmente un canovaccio che prevede un mutamento personale che nella scuola pitagorica si manifesta mediante la percezione di una nuova conoscenza che, elevando spiritualmente, permette di accedere al sapere.

La scuola italica di Pitagora prevede che l’individuo che miri all’iniziazione ai misteri, alla realizzazione, al perfezionamento e all’accesso al Tempio interiore, per ottenere quanto desiderato, debba sottoporsi ai riti preliminari che si definiscono prove o viaggi interiori.

Le tappe che permettono di discernere il bene dal male, di debellare l’ego, di acquisire quelle esperienze idonee alla trasformazione interiore ed esteriore, che Apuleio nell’Asino d’Oro narra come gradini da scalare nel viaggio verso la luce, corrispondono simbolicamente all’ascesa realizzata mediante i cinque elementi su cui si fondano le leggi dell’Universo.
Il Pentagramma pitagorico ben schematizza la crescita, la mutazione degli elementi che susseguendosi, trasmutano l’uno nell’altro

Considerando che il Pentagramma rappresenta i cinque elementi e che il percorso inizia con la decomposizione della materia per poi proseguire in una successione non casuale, sembra che questa avvenga tenendo conto della densità e dignità delle radici di ogni cosa. Il percorso permette agli elementi di aggregarsi tra loro e, iniziando dalla Terra, passando per Acqua, Aria e Fuoco, consente che si giunga all’acme nel momento in cui si perviene al vertice simboleggiato dallo spirito, ovvero, dalla radice archetipale che si ritiene componga la Pietra Filosofale.

La punta contraddistinta da una gamma, G, sottintende Gaia, ovvero quella Terra che oltre a essere indispensabile per l’equilibrio dell’universo, consente di piantare il principio-seme nel grembo materno, nel sacro e divino atrio, ossia, nella terra interiore. La semina alchemicamente coincide con l’Opera al Nero, la combustione e, mediante la putrefazione del seme nel buio della terra, consente la morte e rinascita a nuova vita delle sementi. In questo spicchio di stella avviene il socratico “Nosce te ipsum”, cioè, il conosci te stesso che induce a ricercare il sapere iniziatico, che permette di sia di riconoscere i propri limiti, sia d’implementare il desiderio di miglioramento. Cornelius Agrippa considera la natura della Terra femminile, la paragona alla prima madre, pensa che contenga tutte le virtù seminali e che sia capace di generare ogni cosa.

Terminato il viaggio iniziatico corrispondente alla putrefazione della materia, per ottenere la germinazione è necessario che l’Acqua, manifestando la cospicua e intrinseca valenza, renda fertile e fecondi la terra, irrori il seme e lo purifichi mediante lavaggio.

L’acqua, che nel Pentagramma è rappresentata dalla punta contraddistinta, da una U, è carica di significati cosmici ed è associata alchemicamente all’Albedo, cioè, alla dissoluzione. Indica sia la purificazione che la sensibilità ed è idonea ad attivare quella catarsi platonica che libera l’uomo dal buio dell’ignoranza. L’acqua, definita da Talete Archè, incarna il principio vitale di ogni cosa, l’origine della vita, il mezzo di rigenerazione ed è simbolo di femminilità, maternità, saggezza e virtù.

L’importanza di questo elemento nel processo spirituale ed evolutivo è fondamentale; non a caso, nel Vangelo di Giovanni si legge che bevendo l’acqua erogata da Gesù si disporrà di una sorgente perenne. In seguito, Agrippa, tenendo conto di quanto detto da Cristo a Nicodemo, sostiene che la potenza dell’acqua sia talmente rilevante da essere necessaria per la rinascita spirituale.

La purificazione effettuata dall’acqua dev’essere implementata dall’asciugatura ottenuta grazie all’Aria, elemento di vita e rigenerazione, rappresentato dalla punta contraddistinta da una A, che alcuni fanno corrispondere all’operazione alchemica denominata ’Citrinitas’, ossia, ingiallimento o fase della maturità. Si ritiene che l’aria sia collegata al mondo delle idee e della psiche, che permetta una successiva e maggiore purificazione, che sia rigeneratrice, colleghi ed agisca da intermediario tra terra e cielo. È associata alla spiritualizzazione, al piano animico e alla mente superiore, rappresenta l’energia, il respiro vitale e cosmico.

L’aria, corrispondente al soffio vitale, riveste spiritualmente un ruolo focale: Dio, infatti, utilizzando la polvere della terra, crea l’uomo e con il suo afflato gli dona la vita. Passaggio che Agrippa puntualizza magistralmente scrivendo che l’aria è uno spirito vitale capace di penetrare, donare vita e colmare ogni cosa.

Compiuto il viaggio abbinato al terzo vertice della stella, la tappa successiva conduce al Fuoco che sublima e corrisponde alla punta contraddistinta dall’acronimo EI: è incandescente, manifesta la forza ascensionale, esprime la trasformazione, dà il la alla luce che eleva l’uomo da terra e gli permette di spogliarsi della materia. Il Fuoco, oltre a ricollegarsi all’amore e alla volontà spirituale, illumina sia il cuore sia la mente, rigenera, distrugge le debolezze, libera dalle impurità e da ciò che corrompe l’anima con consapevolezza. È uno dei simboli fondamentali della trasmutazione alchemica e la sua valenza è ben esternata dal motto latino “Igni Natura Renovatur Integra”, il Fuoco rinnova integralmente la Natura.

Questo elemento è associato alla fase alchemica denominata Rubedo e porta alla mente il Solve et Coagula, perché dissolvendo, si permette la successiva coagulazione, solidificazione e fissazione. La sua spiccata valenza spirituale si manifesta quando l’angelo del Signore appare a Mosè, come fiamma di fuoco in un cespuglio che brucia, ma non si consuma.

Pur tenendo conto che Afrodite impone a Psiche quattro prove, sebbene Empedocle pensi che l’archè sia costituito dallo stesso numero di principi o radici interessate nell’aggregazione e disgregazione, la tradizione mistica non si ferma al quaternario e aggiunge un ulteriore viaggio iniziatico, un successivo grado di realizzazione, identificato nella punta contraddistinta dalla I, ossia dallo Spirito.

I quattro viaggi concretati con l’ausilio degli elementi corrispondenti alle relative punte del pentacolo, conducono verso il quinto e ultimo elemento. Questo si differenzia dai precedenti perché ne è la causa, l’origine sui cinque piani, la fusione in unica essenza ed è paragonabile a una piccola parte dell’Uno. Cornelius Agrippa sostiene che lo Spirito sia assimilabile al quinto elemento, che non provenga dai quattro già citati e che sia a essi superiore. La punta della stella, che ospita lo Spirito, se rivolta verso l’alto, oltre ad essere reputata fonte d’ispirazione creativa, simboleggia la perfezione, l’equilibrio cosmico degli elementi e l’armonia o fusione tra opposti.

Lo Spirito deriva dal cinque, incarna la purezza delle cose, dà vita alle precedenti sostanze e simboleggia l’elemento spirituale del mondo immateriale, in altre parole, il segreto alchemico o quintessenza degli alchimisti, definita anche Logos da Eraclito. Per Aristotele questa sostanza eterea, oltre a riempire e contenere l’Universo intero, è luminosa, fluida e impalpabile. La quinta essenza, conosciuta anche come etere, rappresenta ciò che si usa indicare come Mercurio dei Filosofi, Fluido e Luce Astrale, Grande Agente Magico e Gran Respiro della Divinità. Questo elemento è inteso come il collante universale che lega o scinde l’anima dalla materia, che collega la terra al cielo e permette alla dimensione spazio-tempo di tendere all’Uno. Quando tende all’Uno si corona la Grande Opera, si realizza la fase che alcuni definiscono Aurea, si redime la materia, vi è quella rinascita che manifesta l’Uomo Nuovo e si permette allo Spirito umano d’incorporarsi in quello di Cristo.

La valenza esoterica della stella a cinque punte, per ciò che attiene gli intrinsechi risvolti alchemici ed ermetici, è ben manifestata dalla riflessione condivisa da Jean de Broglie, con i lettori della sua Opera Alchemica intitolata ‘La clessidra d’Oro’.

L’autore scrive:

Per quelli che comprendono le verità dello spirito, ogni volta che un Essere nasce, una stella scende dal cielo e si pone nel suo cuore. Sarà poi il suo dovere non lasciarla morire, permettergli di svilupparsi mentre si rinforza il suo organismo e lasciarsi guidare da essa fino al compimento del suo disegno ultimo, che si confonde con la conclusione dell’Opera qui proseguita.

Anche il poeta tedesco Goethe dimostra di riconoscere la valenza del Pentagramma, tant’è che nel suo famoso e importante poema drammatico, ‘Faust’, riferendosi a questo dice:

Sento la giovane e santa voluttà della vita fremere nei miei nervi e correre nelle mie vene; fu forse Dio quello che tracciò questo segno che calma la vergine dell’anima mia, empie di gioia il mio povero cuore e, in uno slancio misterioso, svela intorno a me le forze della natura?

Il letterato, in un altro passo dell’opera, scrivendo che Mefistofele è in difficoltà, che l’uscita gli è occlusa perché sulla soglia è disegnato il Pentagramma divino, assegna a questo simbolo, legato alla tradizione cristiano-orientale, una valenza prettamente positiva e una funzione di protezione dagli influssi negativi.

Ciro Formisano, alias Giuliano Kremmerz, occupandosi di questo emblema, scrive che per definire la personificazione dello Spirito Divino, bisogna servirsi di un pentagramma magico, ossia della proiezione dell’uomo con le braccia e le gambe aperte, l’emblema dell’uomo evoluto, che corrisponde all’equilibrio universale umano, da intendersi come luce sul fondo buio del cielo.

Pensa che il pentacolo sia un geroglifico idoneo a risolvere il problema dello sviluppo psichico, per cui chi perviene all’acme del sapere magico, detiene la chiave che apre le porte del regno iniziatico, realizza la quintessenza e giunge alla sorgente di ogni Potere benefico. In una lettera scrive che il numero cinque della Cabala coincide con il Pentagramma dei cabalisti, che a sua volta s’identifica con l’uomo-spirito nel completo equilibrio di forze e d’intelligenza, corrispondente nella parte visibile al segno astronomico della Bilancia intesa anche come giustizia.

Il Pentagramma, nonostante vi sia molta confusione, sebbene il mistero e la superstizione lo inviluppino in un fosco manto, è un simbolo archetipale capace d’incuriosire e affascinare gli studiosi di esoterismo, infatti, anche grazie alla sua valenza positiva, la storia dell’umanità è costellata dalla sua immagine. Negli ambienti esoterici questo emblema sottintende l’umanesimo iniziatico, allude alla geometria celeste, simboleggia lo spirito, l’Essere Androgino, rappresenta l’unione del principio maschile e femminile ed è una perenne sorgente di meditazione. Rappresenta la battaglia tra le forze spirituali e materiali, l’Archè e l’Anima del Mondo, il Fuoco Centrale che veicola lo Spirito Universale allo scopo di trasmettere il Soffio Divino che dà vita al tutto. Negli stessi ambienti, il Pentalpha è l’evoluzione dell’uomo, il risveglio della coscienza, la luce che combatte le tenebre e illumina il percorso verso il perfezionamento.

Oltre a far riferimento alla spiritualità della Creazione, ossia a quell’insieme di fenomeni su cui si fonda il Cosmo, riflette l’essere umano munito di pensiero e di sapienza. Il Pentagramma, tracciato con la punta rivolta verso l’alto, secondo la simbologia occulta, riproduce il potere di Dio, equivale al bene, alla luce solare e simboleggia le forze dello spirito atte a governare su quelle dell’acqua, dell’aria, del fuoco e della terra.

Eliphas Levi, studioso di pratiche esoteriche e occulte, pur essendo un convinto assertore della caratterizzazione positiva del Pentagramma, nonostante la confermi, vi aggiunge un’ulteriore veste esoterica e grafica. L’occultista, infatti, conscio che non possa esistere il bene senza il male, il bianco senza il nero, lo presenta sia nella caratteristica veste benefica, con una sola punta orientata verso l’alto, sia in quella in cui la materia prevale sullo spirito.

Il filosofo ed esoterista bulgaro Aivanhov, annoverato tra i sostenitori della tradizione giudaico-cristiana, mediante il testo ‘Il Linguaggio delle figure geometriche’, assegna al Pentagramma una forte valenza spirituale. A suo avviso il Pentagramma con una sola punta rivolta verso l’alto, rappresenta l’uomo dal pensiero orientato in direzione di Dio, l’individuo che voglia impegnarsi per la gloria divina, mentre quello con una sola punta rivolta verso il basso raffiguri l’uomo che non si adegui all’ordine divino.

Differenze tra il Pentacolo e il Pentagramma si riscontrano sia nella veste grafica sia in alcuni aspetti interpretativi e simbolici. Quando la stella a cinque punte è delimitata da un cerchio, si usa definirla Pentacolo, mentre non circoscritta da nulla è denominata Pentagramma. Si usa circoscrivere la stella nel cerchio perché questo rappresenta l’infinito, l’eternità e la continuità.

Oswald Wirth, a tal proposito, afferma che il cerchio, oltre a non avere né inizio né fine, determina un confine che divide l’interno dall’esterno, ossia dall’infinito. L’esoterista svizzero, oltre a vedere nella Stella Fiammeggiante l’emblema del libero pensiero, sostiene che questa possa anche identificare il sacro fuoco del genio che innalza e conduce l’uomo verso grandi cose.

Il Pentacolo è ritenuto, da tempo immemorabile, uno stimolatore energetico idoneo a controllare gli istinti umani e a tal proposito l’occultista Pierre Piobb, autore del ‘Formulario di Alta Magia’, ritiene che i pentacoli non vadano confusi con i talismani perché i primi sono generatori secondari, contengono i fluidi, le forze polarizzate, mentre i secondi aiutano la polarizzazione di questi.

La stella a cinque punte, nonostante sia circondata da tanto mistero e sia confusa con pentacoli o talismani, è un simbolo che accompagna la storia antropologica dell’uomo, illumina il sentiero e, contenendo diverse e positive informazioni iniziatiche, assume un carattere prettamente positivo.

La storia appare controversa, visti i molteplici aspetti che lo contraddistinguono e lo rendono affascinante e meritevole di approfondimenti tali da riconoscergli la corretta accezione e l’effettiva valenza benefica, esoterica e spirituale.

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.

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