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Venezuela. Llano de Hato – Intervista a Carlos Ortiz

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Carlos Ortiz


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L’astrofisico ci conduce alla ricerca del dubbio: ‘La conoscenza estende il limite dell’Universo erodendo l’inesauribile Universo Trascendente?’

Incontriamo l’astrofisico Carlos Ortiz, ricercatore e divulgatore scientifico presso il Centro de Investigaciones de Astronomía Francisco J. Duarte, CIDA, l’eccellente Osservatorio Astronomico Nazionale di Llano del Hato, in Venezuela, su cui ci siamo soffermati in un precedente articolo.

Ha studiato Fisica Pura e Applicata presso l’illustre Universidad de Los Andes (ULA) in Mérida. Tesi di Laurea in Astronomia e Astrofisica sul Calcolo della velocità radiale della stella super gigante Alpha Lep HD 36673, con i dati del Mount John Observatory dell’Università di Canterbury situato in Nuova Zelanda.

Con la sua opera di divulgazione porta l’Astronomia e l’Astrofisica al grande pubblico per diffondere la Scienza dello Spazio, dai bambini della scuola primaria sino agli studi di livello universitario.

Si rivolge al pubblico con un linguaggio facile da comprendere e, in relazione alle circostanze, in forma discorsiva più tecnica e professionale, avvalendosi di strumenti didattici e interattivi durante conferenze, corsi, workshop, simposi.

Scienziato impegnato nella ricerca di asteroidi per il Center for Minor Planets dell’International Astronomical Union (IAU), la NASA e l’International Astronomical Search Collaboration (IASC).

Fondatore dei gruppi di ricerca di asteroidi nello Stato di Mérida, realizza il primo corso per l’utilizzo del Software Astrometrico utilizzato per la ricerca e il rilevamento grazie al quale sono stati scoperti diversi asteroidi, tuttora oggetto di studio e verifica da parte delle istituzioni sopra citate.

Al suo attivo professionale anche la partecipazione al National Outreach Coordinator per l’Unione Astronomica Internazionale (IAU).

Astronomia e Astrofisica: quale differenza?

L’astronomia spiega la meccanica degli oggetti nell’universo mentre l’astrofisica cerca di comprendere tutto ciò che riguarda la formazione, l’evoluzione e la composizione chimica. Vale a dire, i processi o stadi evolutivi di ciascuna delle stelle e quindi dell’universo in generale.

La luce è materia, modifica la propria forma, devia il proprio percorso per effetto della forza di gravità di corpi celesti quando è nel loro campo gravitazionale. Allora dalla Terra, in una notte stellata, noi vediamo un universo apparente dovuto a stelle e pianeti la cui luce giunge a noi deviata da un campo gravitazionale?

La luce che ci raggiunge dalle stelle in una notte stellata non è mai dove apparentemente la vediamo.

Generalmente si dà per scontato che le stelle si trovino in quel luogo, ma non è così, e lo dimostra l’esperimento che fu effettuato il 29 maggio 1919 per verificare la teoria della relatività ristretta di Albert Einstein.

La riprova pratica dimostra che la luce è curva quando passa vicino ad un oggetto celeste di grande massa. Ciò implica che le stelle non sono dove sembra, pertanto nulla di ciò che guardiamo è nel luogo che appare.

Come nota curiosa, sebbene non si applichi il principio del cambio di posizione dovuto alla gravità, il Sole, la nostra stella, non è più nella posizione in cui lo vediamo per effetto della distanza di 8,3 minuti dalla Terra.

Quale è la distanza massima osservabile con i telescopi più tecnologicamente avanzati?

Il telescopio Hubble è riuscito ad osservare una galassia circa 400 milioni di anni dopo il Big Bang.

Dai primi studi che fece Galileo, il progresso compiuto nel tempo ha reso possibile una sempre maggiore precisione, sino all’alta risoluzione della tecnologia digitale e dei telescopi spaziali, che hanno migliorato di molto l’osservazione di un oggetto celeste.

L’inquinamento luminoso è sempre stato un problema per l’osservazione Astronomica. Pertanto, sono costruiti telescopi spaziali che permettono di osservare l’Universo al buio. Tuttavia, il numero sempre crescente di sciami di veicoli spaziali in orbita sta oscurando le stelle. Tali oggetti stanno ora compromettendo l’osservazione dallo spazio? Sino a quale punto? Dovranno essere costruiti telescopi sempre più lontani?

Una cosa certa è che lo spazio è sempre più pieno di detriti o spazzatura spaziale e questo può comportare il rischio di causare danni ad un telescopio o, addirittura, ad una navicella spaziale.

Questi oggetti compromettono la visione dello spazio, ma non in modo significativo. Ad esempio, un pezzo di metallo non comporterà particolari problemi a causa della velocità con cui si muove nello spazio vicino alla terra, che è di circa 30 mila chilometri all’ora, o per le dimensioni insignificanti.

Può invece accadere che l’impatto con un piccolo dado o bullone provochi gravi danni a causa della quantità di energia che può avere.

Il fatto di posizionare un telescopio o un dispositivo satellitare sempre più distante è probabile, ma non può essere collocato in qualsiasi parte dello spazio, poiché ci sono luoghi specifici, noti come “Punti di Lagrange”, in cui sono soddisfatte alcune condizioni necessarie affinché sia in orbita stabile.

Gli Asteroidi, corpi celesti dotati di orbita ellittica, sono prevalentemente concentrati tra le orbite di Marte e Giove, nella cosiddetta Fascia Principale. Si comportano come un Pianeta. Un corpo celeste dotato di orbita ellittica, quando è Asteroide e quando è Pianeta? Quali caratteristiche presenta?

Gli Asteroidi della fascia citata non possono essere considerati come un pianeta, poiché, pur essendo in orbita, non sono stabili e sono tenuti in equilibrio dalle forze gravitazionali dei corpi del sistema solare.

La definizione ufficiale dell’Unione Astronomica Internazionale afferma che un Pianeta è un corpo celeste che:

a) orbita attorno al Sole;

b) ha una massa sufficiente affinché la sua stessa gravità domini le forze presenti come corpo rigido, il che implica una forma approssimativamente arrotondata, determinata dall’equilibrio idrostatico;

c) è l’oggetto chiaramente dominante avendo allontanato corpi simili dalla propria orbita.

E, proprio per questo, Plutone non è più un pianeta.

L’Osservatorio studia l’origine del nostro pianeta e del Sistema Solare, come si è formata la nostra Galassia. Cosa confermano le ultime ricerche in merito?

Molte delle previsioni fatte da grandi scienziati come Einstein sono confermate dallo studio dell’universo, tuttavia, le osservazioni di Hubble mostrano nuovi comportamenti degli oggetti celesti, creando nuove domande e teorie che le possano spiegare.

Questo è il bello della scienza: che ogni giorno, con il passare del tempo, la conoscenza si espande e, quindi, si perviene ad una migliore concezione dell’universo.

Altro tema fondamentale di studio è il nostro posto nell’Universo. Quale scopo ha tale ricerca? È incerta la nostra posizione nell’Universo? Perché?

Lo scopo fondamentale della scienza è la conoscenza stessa, sia per rispondere a domande fondamentali che ad alcune di natura quasi filosofica.

Ciò significa che un ingegnere che applica ciò che ha appreso, oppure per quale scopo verrà utilizzata la ricerca, l’applicazione della scienza viene usata da tutti.

Un esempio basilare è il GPS che è stato sviluppato non per dare posizione globale, ma per applicare la teoria della relatività ristretta. Ora, quando si chiede la nostra posizione nell’universo, è molto comodo dire che siamo al suo centro per una mera semplificazione del calcolo matematico.

Cos’è l’Universo?

Si può dire che è tutto ciò che ha una forma fisica, tuttavia esiste anche l’Energia Oscura e la Materia Oscura che non sono ancora ben definite.

Esistono Universi a vari livelli del “Possibile”? Posto che, se differenziamo il “Possibile” in relazione alla conoscenza, è plausibile l’idea di Universi almeno ai seguenti tre livelli: Visibile, Immaginario e Trascendente.

Mi piace pensarli non come universi, ma come mondi ognuno dei quali dipende dalla conoscenza detenuta da ciascuna persona.

Tuttavia, è bene ricordare che noi umani possiamo solo “vedere” una piccola gamma dello spettro elettromagnetico, rendendoci estremamente limitati per quanto riguarda l’apprezzamento del mondo (universo) che lo circonda e tutti descrivono il mondo in base a quanto poco o tanto sanno.

E credo che la scienza permetta ad uno scienziato di essere vicino a ciò che non conosce attraverso teorie o congetture, in modo che queste possano essere esaminate o verificate in seguito.

La Scienza spiega perché e per quali accadimenti fisici si è compiuta la Creazione. Rimane aperto un dubbio: qual è il fine ultimo della Creazione?

Il fine ultimo della Creazione, per me, è di origine religioso, dal momento che la fisica non mi permette di spiegare questo punto.

Per me è l’auto-osservazione quale piano di riflessione su Dio attraverso la sua stessa Creazione. Ancora oggi non è ben definito cosa sia la vita.

È spiegato com’è il suo processo, ma non perché un corpo quando muore (ndr, in assenza di malattia) perde un certo peso. Questo mi incuriosisce.

Ogni volta che riusciamo a vedere il passato attraverso la luce delle stelle, capiamo un po’ di più il nostro presente con l’intenzione di poter comprendere molte domande che si stanno ponendo e anche quelle che verranno nel corso della scoperta stessa, e molto altro ancora, visto che, in genere, siamo mossi dalla curiosità.

Si è esposti ad una specie di Overview Effect, simile all’esperienza degli astronauti che nel vedere la Terra dallo spazio hanno percepito la fragilità dell’esistenza sul nostro pianeta, che fluttua nel vuoto avvolto dall’atmosfera che protegge dall’ambiente esterno?

Penso che questo effetto sia molto più evidente quando lo si può apprezzare come astronauti, che lo vedono fisicamente, non attraverso equazioni o speculazioni.

In verità, il nostro puntino blu nello spazio è piccolissimo e anche se si sa che ci sono stelle miliardi di volte più grandi del nostro sole – per semplificare è come se il nostro sole fosse una sfera di 1 cm e se ne mettessero circa 1.000 dentro una borsa – è bene sapere che, insieme, tutti i pianeti del sistema solare, compreso Plutone, non raggiungono il 3% del volume del sole.

Quindi questo ci porta a riflettere su quanto siamo “Grandi” nell’universo se il nostro piccolo pianeta è una miniatura nel grande ed enorme universo.

Gli scienziati Astrofisici sono soggetti al cambiamento cognitivo relativo alla piccolezza nella quale sussiste l’Umanità rispetto all’infinito in cui è immersa, così che confini territoriali, conflitti, categorie socio- economiche perdano di senso, lasciando spazio solo al bisogno di creare una unità planetaria che protegga questo nostro minuscolo meraviglioso punto azzurro nello spazio?

Penso che se diventiamo davvero consapevoli di quanto siamo infinitamente piccoli nell’universo, possiamo mettere da parte l’ego, per vivere in pace e armonia e raggiungere così il bene comune.

Ringraziando il Professor Carlos Ortiz per il tempo dedicato alla dissertazione epistemologica, raccogliamo, a conclusione dell’intervista, il rilevante spunto di riflessione offerto con l’ultima risposta nel perseguimento del bene comune.

Stanti le turbolenze che nello scenario contemporaneo scuotono l’Umanità, infinitesima parte di un infinito Universo, solo l’ego è motivazione ultima che potrà comportare la fine ultima dell’Umanità stessa.

Autore Adriano Cerardi

Adriano Cerardi, esperto di sistemi informatici, consultant manager e program manager. Esperto di analisi di processo e analisi delle performance per la misurazione e controllo del feedback per l’ottimizzazione del Customer Service e della qualità del servizio. Ha ricoperto incarichi presso primarie multinazionali in vari Paesi europei e del mondo, tra cui Algeria, Sud Africa, USA, Israele. Ha seguito un percorso di formazione al Giornalismo e ha curato la pubblicazione di inchieste sulla condizione sociale e tecnologia dell'informazione.