02/08/2015
Lasciato Perdifumo, ritorniamo al bivio Perdifumo – Vatolla.
In alcuni tratti la strada è coperta dalla vegetazione che crea dei tunnel ombrosi.
Un continuo alternarsi di luce ed ombra. Si sale. Le indicazioni spariscono. Proseguiamo per Mercato Cilento. Un bivio e un piccolo cartello di legno indica Vatolla.
Seguendo la strada incontriamo un secondo cartello, sempre in legno, con la frase:
“Ove germogliò l’idea della scienza nuova”.
Forse è tra i paesi più antichi del Cilento, il “Viculus Vatulanus”, da “batos”, rovo.
Tradizioni orali raccontano di ritrovamenti ed iscrizioni marmoree, ora perdute, a testimonianza dell’esistenza già in epoca romana dell’abitato. Anche se è citata come “Betulla” per la prima volta in un documento del 994 è di origine longobarda.
Nel luogo dell’attuale castello vi era una guarnigione di confine, l’arimannia.
L’insediamento diviene poi “fara”, perdendo, quindi, la caratteristica prettamente militare ed assumendo quelle di abitato.
Il castello probabilmente risale alla metà dell’VIII secolo e solo nel secolo XVI viene costruito dalla famiglia Griso; al suo interno si trova un palazzo residenziale.
Nel XII, come Perdifumo, diventa feudo dei Sanserverino seguendone le alterne sorti.
Dopo vari passaggi, proprietari del feudo divengono i Rocca, baroni di Amato, che, tra il 1684 e il 1694, ospitano nel proprio castello Giambattista Vico, precettore dei figli di Domenico.
I monumenti che più rappresentano Vatolla, oltre al castello, sono la chiesa di Santa Maria delle Grazie e il Convento della SS. Pietà con l’ulivo sotto i cui rami Vico amava riposarsi e meditare. Si racconta che la chiesa di Santa Maria delle Grazie sia sorta, intorno al 1019, su di un tempio dedicato a Bacco. La facciata accoglie due pannelli di origine romana: il primo, a sinistra, è adornato dall’immagine di Pan, mentre a destra sono rappresentati Sileno, Dioniso e Bacco.
Il convento, invece, viene eretto nel 1619 per volontà del barone Gian Giacomo Griso.
I frati che lì si installano costituiscono una biblioteca che da ristoro alla sete di conoscenza del Vico.
In questi luoghi arroccati e nascosti tra i boschi cilentani nel 1693 scrive “Affetti di un disperato” perché innamorato non corrisposto di Giulia Rocca, di cui è precettore.
Nel 1767 il feudo passa ai Vargas Machuca che nel 1788 ottengono per Vatolla l’elevazione a marchesato. Tuttora questa famiglia è proprietaria del castello che assume la forma attuale tra il 1565 e il 1660 per opera della famiglia Griso. Il disegno del paese è particolare: un salire e scendere tra le ombre dei vicoli e la luce della strada principale.
In questo castello, passeggiando per gli innumerevoli gradini del paese, meditando nei boschi del Monte Stella, studiando nella biblioteca del convento francescano, discutendo con i frati, Vico intuisce la realtà, la storia governata da leggi che espone nella “Scienza Nuova”. Qui nasce l’evoluzione del pensiero, quell’illuminismo napoletano che porterà, un secolo dopo, alla Repubblica del 1799. In questi luoghi si sviluppa e prende forma e, come recita il cartello, “germogliò l’idea della scienza nuova”. Come se il seme di questa rivoluzione sia lì, in attesa che una mente illuminata, aperta, libera lo accolga per nutrirsi di quell’intelletto e germogliare a nuova vita.
Il convento francescano di Santa Maria della Pietà, costruito nel 1619, prende questo nome dall’immagine, pare miracolosa, della Madonna della Pietà che si trova nella cappellina esistente sui terreni donati ai francescani per l’edificazione dello stesso edificio di culto. Davanti ad esso c’è un ulivo che, secondo la tradizione, è quello alla cui ombra Vico amava riposare e riflettere.
La presenza di Vico si avverte ovunque. Strade, targhe, simboli ricordano i nove anni che qui trascorre.
Anche se le impalcature dei lavori di ristrutturazione coprono buona parte della facciata e del castello se ne intuisce la struttura. Entrando, il primo cortile ha sulla destra una cappella. Davanti, un arco porta in un secondo cortile più grande.
A sinistra dell’arco c’è una targa in marmo:
AEQUORIS QUAMUIS VIOLENTER UNDAS
IRRUENS TURBET GLOMERET PROCELLAS
AFRICUS NAVES AGITANSQUE TRISTIS
SURGAT ORION.
ME TAMEN TUTUM PLACIDUMQUE MURMUR
POSSIDET SEMPER VIRIDISQUE LUMPHAS
CONTEGIT MUSCUS FLUIT HUC ET ILLUC
LENITER HUMOR.
PISCIUM TURMAS FOVEO (Q). VOLUCRES
ATTRAHAM PINGUES LATICE ATQUE POMIS
UBERES FRUCTUS TRIBUAM VIRETIS.
MARGINE FLORES.
CONFLUENT NYMPHAE THETIDIS CANENTES
NAIADUM TURBAE SATYRIQUE DICENT.
VIVAT AETERNUM REPETENTQUE SA-XA-
VERIUS AUTHOR
A.D. MDCCXXXI
Ripercorriamo i nostri passi.
Si ritorna portando con noi un pezzo di storia poco o per nulla conosciuta.
Si ritorna rileggendo il “germoglio della scienza nuova”.
Si ritorna con pensieri e riflessioni, con semi dai quali speri nasca nuova luce.
Autore Fabio Picolli
Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!