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Usarlo o perderlo: com’è che le piante hanno conquistato il mare

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Piante in mare
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Il team di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn guidato dal Dirigente di ricerca Gabriele Procaccini del Dipartimento Ecologia Marina Integrata firma una nuova pubblicazione scientifica

Riceviamo e pubblichiamo.

Un consorzio internazionale costituito da 23 gruppi di ricerca ha sequenziato e analizzato i genomi di tre delle più importanti specie di angiosperme marine: Posidonia oceanica l’iconica ‘erba di Nettuno’ endemica del Mediterraneo, Cymodocea nodosa la ‘piccola erba di Nettuno’ con distribuzione più ampia e Thalassia testudinum ‘l’erba delle tartarughe’, endemica dei Caraibi.

I risultati innovativi sono stati presentati in una pubblicazione peer-reviewed intitolata ‘Seagrass genomes reveal ancient polyploidy and adaptations to the marine environment’, sulla rivista scientifica Nature Plants.

Alla guida di questo importante lavoro, il dottor Gabriele Procaccini, della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, Italia, insieme al professor Yves Van de Peer, dell’Università di Ghent, Belgio, dalla professoressa Jeanine Olsen, dell’Università di Groningen, Paesi Bassi, dal professor Thorsten Reusch, del GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research di Kiel, Germania.

Il consorzio, in collaborazione con il Joint Genome Institute, Berkeley, California, Stati Uniti d’America, ha prima esaminato la struttura dei genomi e poi confrontato le famiglie di geni e le vie metaboliche associate agli adattamenti specifici avvenuti nelle piante marine rispetto ai loro antenati di acqua dolce.

Dal punto di vista evolutivo, queste piante sono apparse circa 100 milioni di anni fa in tre lignaggi indipendenti da progenitori d’acqua dolce non imparentati tra loro e sono le uniche piante a fiore che vivono completamente sommerse.

La colonizzazione di un ambiente così radicalmente diverso da quello di origine, è un evento evolutivo raro e sicuramente non semplice. Il sequenziamento di nuovi genomi di riferimento di alta qualità ha fornito una risposta sulla modalità attraverso la quale è avvenuto questo importante evento evolutivo.

Una domanda chiave è stata anche se gli adattamenti genomici siano avvenuti in parallelo tra le diverse linee evolutive o se siano sorti in modo indipendente ed abbiano coinvolto gruppi di geni differenti.

Si è scoperto che le piante marine sono state in grado di avviare un adattamento radicale attraverso la duplicazione del genoma, spesso associata a gravi stress ambientali.

Il confronto tra i genomi di angiosperme marine con i lignaggi gemelli d’acqua dolce, ha rivelato un’antica triplicazione dell’intero genoma, comune alle specie analizzate, avvenuta circa 86 milioni di anni fa.

Guardando alla loro importanza ecologica, le angiosperme marine, seagrasses, costituiscono la base di ecosistemi marini costieri ricchi di biodiversità, ed allo stesso tempo fra i più vulnerabili a livello globale.

Gli ecosistemi delle angiosperme marine forniscono molteplici funzioni e servizi, come ad esempio la protezione dall’erosione della linea di costa e la creazione di hotspot di biodiversità per una vasta comunità associata di animali ed alghe.

Inoltre, essi rappresentano una ‘Nature Based Solution’ per la mitigazione del clima, grazie alla loro capacità di immagazzinare il carbonio nella loro biomassa sotterranea.

Sia la conservazione che il ripristino di questi importanti ecosistemi, sono oggetto di ricerche intensive perché le piante marine sono minacciate, così come le barriere coralline, dal riscaldamento climatico e da altri impatti umani.

Il consorzio di ricerca ha analizzato la struttura dei genomi, seguita da un’analisi comparativa degli oltre 20.000 geni e delle principali vie metaboliche che si sono evolute rispetto a specifici adattamenti marini.

Successivamente, si sono concentrati su diversi insiemi di geni strutturali o con diverse funzioni fisiologiche.

Il team ha scoperto che diversi adattamenti sono il risultato di una convergenza evolutiva. Questo vale soprattutto per i tratti che diventano ridondanti o dannosi in un ambiente marino sommerso e altamente salino.

Il dottor Procaccini, della Stazione Zoologica, spiega:

È chiaro che, nell’adattamento alla vita in ambiente marino, ha svolto un ruolo dominante la messa a punto di modifiche funzionali di numerose vie metaboliche, già presenti nelle specie di piante acquatiche, piuttosto che l’emergere di funzioni importanti totalmente nuove.

La tolleranza all’alta salinità ne è un buon esempio: si è verificata una maggiore efficienza di più processi per regolare sodio, cloro e potassio.

I cambiamenti evolutivi hanno anche fornito alle diverse specie la capacità di resistere a condizioni ambientali diverse.

Le nuove risorse genomiche accelereranno gli studi sperimentali e funzionali, che sono particolarmente importanti per migliorare la gestione e il ripristino degli ecosistemi di piante marine.

Le praterie di Posidonia oceanica, che sono in regressione nel bacino del Mediterraneo, forniscono importantissimi benefici agli abitanti della fascia costiera.