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Una storia vera del 1943

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Una storia vera del 1943


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Anche il silenzio più lungo e duraturo può essere bucato da un barlume di luce veritiera.

Qualche giorno fa, ho reso pubblico un mio scritto dal titolo Il risveglio dovuto: esso rappresenta il mio impegno personale a dar voce a chi non ha più forza e coraggio di affermare la verità, in merito ad accadimenti concernenti il periodo in cui si è sviluppato il secondo conflitto mondiale; a dar voce soprattutto a “chi”, non appartiene più a questo mondo, ma che ha pagato il proprio tributo alla guerra, con il sangue della sua esistenza!

Non soltanto la Storia, ma anche la famiglia stessa può, nello scorrere della falsa esistenza del tempo, smarrire, fra le proprie pieghe oscure, per effetto della dimenticanza e del non dire, perfino la reale esistenza di una persona che ne ha fatto parte, e che per un’anomala interruzione del fluire della memoria, è finita inevitabilmente in un dimenticatoio generazionale, allontanandosi dal valore vivido e fervido di un unico, semplice, ricordo.

Il raccontare di un barlume di reminiscenza di chi non possiede più la lucidità feconda di una memoria ormai sbiadita dalla vecchiaia, e grazie al mio coraggio spirituale d’indagine, sono riuscito a sapere e a ricostruire la vera storia di una mia prozia, finita nelle fauci della Seconda Guerra Mondiale, nel fiore dei suoi anni: il suo nome era Peppinella!

Ultima delle figlie del mio bisnonno materno, Peppinella, nel 1943 era una donna di classe e straordinariamente intelligente. Era una vera “iron lady” negli affari e nella vita in generale; ma soprattutto era davvero molto bella. Gestiva da sola, e con successo, una delle falegnamerie che le aveva lasciato in eredità il mio bisnonno; aveva gli occhi di un verde azzurro, cangianti e mutevoli alla gradualità della luce solare; la bocca carnosa, delicata, gentile come il suo animo. I capelli di un biondo cenere molto mossi. Frequentava i migliori circoli culturali della città di Napoli. Amava portare cappellini e ombrellini parasole. Adorava i colori pastello, e le pochette.

Erano ancora vicine le “quattro giornate” in cui i napoletani avevano avuto la forza di insorgere ai tedeschi e a quel despota del colonnello Scholl, che era quasi riuscito, verso la fine del settembre del 1943, ad assoggettare la città partenopea.

Napoli, nel corso del secondo conflitto mondiale, ha subito più di cento bombardamenti, e vissuto due episodi che sono storicamente marchiati a fuoco nella memoria dei napoletani: la distruzione della Chiesa di Santa Chiara e lo scoppio, con il conseguente incendio, della nave Caterina Costa, con una stima di più di tremila feriti e circa seicento morti.

Quando ne ‘Il risveglio dovuto’ scrivevo:

Le vittime della Shoah, non sono soltanto gli ebrei, ma tutte le persone e gli individui, che pur non essendo di religione ebraica, hanno attivamente e fattivamente lottato, rimettendoci la propria vita, per ristabilire l’equilibrio e l’ordine, in quel marasma confusionale e oscuro in cui la società europea, statunitense e giapponese versava in tale determinato periodo.

Bisogna dar voce a chi ha visto e sentito, patito e sofferto, a chi è stato schiavizzato e ha resistito, vivendo, per la propria e l’altrui liberazione: e non c’è ancora molto tempo, purtroppo

mi riferivo, non soltanto ai grandi personaggi della Storia, ma anche a chi, come Peppinella, completamente ignara delle reali motivazioni che erano alla base del Nazismo, e soltanto in via complementare e di riflesso del Fascismo e della claudicante politica monarchica, ha pagato con la propria vita e una morte indegna e crudele, il personale e oneroso tributo al male originato dalla guerra: perché sia chiaro, “fin quando siamo legati alla materia, e quindi al corpo fisico, il bene radicale e il male in ogni sua sfumatura, hanno entrambi senso e valore!”

Di lei, si era detto, quasi “sottovoce”, che fosse stata deportata dai nazisti in un campo di concentramento nel Nord Europa, probabilmente Auschwitz o Buchenwald: ma la realtà sulla sua vera fine fu un’altra: i nazifascisti stavolta non c’entravano, se non per l’influenza negativa e particolarmente incidente sulla parte già di per sé deviata di uomini sciacalli che durante il conflitto, su un humus di sangue e spargimento di orrore, si erano maggiormente incattiviti, elargendo nefandezze al pari, se non peggio, perché inaspettate e incidentali, di quelle commesse dai militari delle SS nei lager!

Era la fine dell’ottobre del 1943: Peppinella era di ritorno da lavoro e stava percorrendo a piedi, non come suo solito con il calesse, un breve tratto di via Marina, per poi giungere al centro di Corso Umberto. In quei brevi istanti, all’imbrunire, fu avvistata da un gruppo di quattro – cinque individui di malaffare, i cosiddetti “sciacalli della guerra”, che con destrezza la presero di soprassalto da dietro e la portarono in prossimità del porto, già gravemente devastato e sfregiato dalla macchina bellica.

Sulle sponde di quel mare incantevole e fecondo di poesia e creatività di ogni forma d’arte, Peppinella fu stuprata e violentata da ognuno di quegli sciacalli e, al termine di tale disumana violenza, come il più lercio e inutilizzabile degli stracci, completamente esanime, fu buttata nelle acquee marine: poi se ne andarono via, soddisfatti e dannati più di prima!

Sulla spiaggia, oltre al sangue a al dolore, erano rimasti la pochette e il cappellino verde mare, dello stesso colore delle acque e in cui il suo corpo in fin di vita stava galleggiando, per poi inabissarsi per sempre nelle sue oscurità.

Un povero pescatore, da lontano, aveva assistito alla scena, ma non gli era stato possibile salvare la donna dalla morsa atavica di tutto quel male, e soprattutto dalle acque. Eppure, grazie alla memoria di quell’uomo, e al racconto di uno dei suoi nipoti arrivato a me, per destino e non per caso, sono riuscito “con lui” a tirare fuori dalle acque marine, il ricordo della dolce e bella Peppinella, che mai più sarà avvolta dalle oscurità delle dimenticanza e del non ricordo.

Mai più, la sua reale verità storica, sarà inficiata ed edulcorata dalla menzogna del tempo generazionale.

Siamo chiamati al risveglio, ed è proprio questo il tempo, in cui ciò avvenga!

Nota: preciso che la foto inserita all’incipit dell’articolo non è Peppinella: lei, era molto più bella.

Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".