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Una colonia e la sua cultura: Napoli e gli Alessandrini

Piazza San Domenico Maggiore - ph Rosy Guastafierro

Piazza San Domenico Maggiore - ph Rosy Guastafierro



Una delle caratteristiche di Napoli è quella di essere ricoperta di veli che ne ammantano e custodiscono i misteri stratificati nei secoli come poche città al mondo.

L’identità di una città e del suo popolo si racchiude nel racconto che le mura, il sottosuolo, le strade riescono ad esprimere e che ne rivelano miti e culti, trasformandola in un polo catalizzatore di genti e costumi.

Nell’antico quartiere di Forcella la tradizione iniziatica pitagorica espande il suo culto nel pieno rispetto dell’altra fortissima presenza del rito misterico che fa di Mithra l’illuminato, senza perdere di vista la colonia di mercanti e marinai egizi insediatasi nel decumano inferiore ed esattamente tra piazza San Domenico Maggiore e l’attuale Largo corpo di Napoli.

Questi Alessandrini, che i napoletani amano chiamare nilesi, si ambientano subito nell’area greca, in particolare tra Porta Ventosa e Vicus Alexandrinus, dando vita a quel quartiere denominato Regio Nilensis.

Spesso la storia si mescola con la leggenda, così antiche tradizioni orali ci raccontano che dalla collinetta di Caponapoli, proprio in questo cardo, scendeva un ruscello che a causa delle piogge diventava tanto copioso da ramificarsi in più rivoli, allo stesso modo del delta del più grande fiume africano, prima di sfociare nel mare, che anticamente penetrava oltre piazza Mercato.

Sono tre i particolari che ci confermano a pieno titolo l’insediamento e lo sviluppo di questa colonia che assume un’importanza notevole: un’iscrizione votiva dedicata ad Iside e Oro – Apollo del II sec a.C., una statua acefala rimasta per centinaia d’anni misteriosa per poi essere riconosciuta come la raffigurazione del dio Nilo e un piccolo tempio trasformato nei secoli in quello che possiamo definire l’archetipo spirituale con una capacità evocativa che individua senza alcun dubbio l’espressione sapienziale da cui deriva: la Cappella San Severo.

La divinità fluviale, che scandisce la vita stessa del popolo delle piramidi, è adagiata nello slargo che porta il suo nome, una statua di marmo scolpita e deposta tra il II e III secolo d.C., ma rimasta nascosta sino al medioevo.

Statua del Dio Nilo – ph Rosy Guastafierro

Ritrovata grazie alla demolizione dell’antica sede del Seggio del Nilo, senza testa, ed erroneamente scambiata per un corpo di donna a causa anche della presenza di alcuni puttini che si nutrono al seno, il suo soprannome è ‘o Cuorpo ‘e Napule.

La città di Partenope subisce in pieno il fascino della terra nera, in particolar modo delle scienze esoteriche e dei loro insegnamenti, tanto da diventare culla di una tradizione ermetica che si propaga in tutta Europa.

Questo sapere viene da sempre considerato un retaggio da rendere noto solo ad iniziati di un certo rango poiché complesso e raffinato. Nell’età imperiale interviene una vera e propria fusione dei misteri egizi con la sapienza italica derivante dalla scuola pitagorica che dà origine ad un ordine esoterico egizio – italico.

Una dottrina tramandata attraverso circoli culturali segreti, sopravvissuti sino ai nostri giorni, che con ricorrenza ciclica danno contezza di sé attraverso organizzazioni come i Rosa+Croce.

Giordano Bruno, martire del libero pensiero, frate domenicano del convento di San Domenico Maggiore, nei suoi scritti sostiene che la religione magica egizia è l’unica e la più antica al mondo.

La loggia La Perfetta Unione, che annovera tra i suoi adepti Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, primo Gran Maestro della Massoneria napoletana, ha nel centro del suo sigillo una piramide e la sfinge, esemplificazione del cerimoniale adottato.

Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, avventuriero, alchimista ed esoterista, presente a Napoli tra il 1773 e il 1776, acquisisce nella città partenopea quelle conoscenze che lo portano a creare poi la Massoneria di Rito Egizio.

In questo rapido excursus non possiamo non citare il rito di Menphis e Misraim e l’Ordine Osirideo Egizio sfociato nella Fratellanza Magico terapeutica di Miriam ad opera di Ciro Formisano, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Giuliano Kremmerz, esoterista e ermetista nato  a Portici,  e ispirato a Maria, trasposizione della grande dea e di quella cognizione divina e medica al contempo.

Secondo un filone di pensiero, l’Ordine Osirideo Egizio è emanazione diretta dalla tradizione egizio – italica – pitagorica che grazie a Giustiniano Lebano, conosciuto come lo stregone di Torre del Greco, e Pasquale De Servis, figlio naturale di Franceso I di Borbone, massone e martinista, rinasce, mantenendo la connotazione magica egizio – napoletana, distinguendosi nel Rito Egiziano Antico e nel Rito Egiziano massonico modificato.

Questi sono solo una parte dell’immenso bagaglio che in più punti del capoluogo si manifesta ribadendo quel legame indissolubile, impalpabile, ma visibile che palesa la connessione con il mondo dei faraoni.

Il modo di onorare i morti, le due chiese dedicate a Santa Maria Egiziaca, Pizzofalcone e Forcella, i templi consacrati a Iside e Serapide, versione greca di Osiride, si materializzano in maniera efficace nella collezione esposta al MAAN dando contezza di quanto questa favolosa civiltà, che continua a stupire senza svelarsi completamente, sia motore dell’anima esoterico – filosofica dei figli della Sirena.

Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.

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