Quando essere ottimisti è solo per convenienza
Guardava al mondo con grande ottimismo… diceva…
Ma qualcosa impresso nel suo sguardo mi lasciava alquanto perplesso.
Il suo volto esprimeva quel “non so che” di strano e di incoerente.
Come se i suoi occhi contraddicessero quel che diceva o credeva.
Ottimista! Perché ci teneva così tanto a farlo sapere a tutti?
Quasi avesse il rifiuto di pensare che le cose possono anche andare male.
Pensava bene delle persone come se quel suo pensare lo difendesse dalla paura che, quelle stesse persone, non l’avrebbero potuto aiutare nel momento di un suo bisogno.
Era ottimista nei confronti della moglie, ma più che altro per il timore di essere tradito, e quel suo essere ottimista lo difendeva dalla preoccupazione dell’infedeltà.
E che ottimismo è mai questo, pensavo tra me e me, se affonda le sue radici nella paura?
Un ottimista… pessimista…
I poveri? Era ottimista! Qualcuno prima o poi li avrebbe aiutati, anche se non lui di certo, e il suo ottimismo era alquanto conveniente. Lo proteggeva dal terrore di dover essere lui stesso a sacrificare parte dei propri averi per aiutare gli indigenti.
Già! Meglio essere ottimisti, è un buon modo per camuffare l’avarizia.
Ognuno si difende da se stesso come può, e riesce a far diventare nobili perfino quelle segrete paure imbellettandole di virtù incipriate, che nascondono le rughe dell’ansia e del timore.
Non approvi il mio ottimismo? Mi chiese un giorno…
Per carità! Da tanto tempo, ormai, evito di essere d’accordo o in disaccordo con qualcosa, di giudicarla giusta o sbagliata. Condannare la mente umana a priori mi eccita molto meno che il volerla indagare e capire nella sua profondità.
Sono piuttosto affascinato dalle contraddizioni imperversanti. Hanno tutte una ragion d’essere e mi diletto nel coglierle in fallo, ma mi guardo bene dal voler emettere sentenze su di esse.
Mi entusiasma capire, conoscere, sapere, più che criticare.
Per poi trovar sistema di non ingannare me stesso… con me stesso…
Non mi piace che la mia testa sia frequentata da una parte di me che mi vuole raggirare. La sincerità con se stessi è protettiva, ci permette di soffrire molto meno rispetto al dolore provocato dall’insignificante permalosità, la quale si risveglia nell’imbattersi in quell’ostacolo per lei terribile chiamato opinione differente.
Anche la cosa più stupida contiene in se stessa la sua parte di nobiltà.
Basta saperla analizzare… e poi vedere…
Non viene forse detto che solo i saggi commettono volontariamente, proprio perché saggi, di tanto in tanto, qualche sciocchezza?
Usare con consapevolezza un po’ di superficialità fa sì che non si muoia nel prenderci troppo sul serio.
È solo quando lo sviluppo si arresta e si ferma che decretiamo la nostra rovina.
Quando pensiamo di aver capito tutto e crediamo di non aver più niente da imparare.
Per questo il condannare mi eccita molto meno che il voler capire.
Il criticare arresta la crescita. Il voler capire elimina l’assassino irriguardoso che si nasconde tra le ombre del nostro superbo moralismo.
Se desidero addormentarmi in un batter d’occhio alla sera e non soffrir d’insonnia, per dieci volte al giorno almeno devo affrontar me stesso e superarlo. Solo così, coricandomi, sarò colto beatamente dalla stanchezza del giusto.
Ecco che cosa mi insegnò il maestro del sonno…
Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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