Ennesima strabiliante performance di Sergio Di Paola anche in veste di autore
Il Blues è musica, cultura, ma è anche magia, superstizione, occultismo.
Questa una delle più belle frasi che racchiude l’essenza di ‘Un blues per il diavolo‘ di e con Sergio Di Paola, spettacolo che sabato 14 gennaio ha inaugurato con successo Effetto farfalla, la nuova stagione del Nouveau Théâtre de Poche di Napoli.
Quando andiamo al de Poche le nostre aspettative sono sempre molto alte. Ogni volta quello a cui assistiamo va oltre.
La prima piacevole sorpresa è quella di trovare dei tavolini, tutti occupati, al posto delle consuete sedute. Tutti i dettagli, sottobicchieri a forma di vinile, tovaglie con il disegno delle note musicali, bottiglie di birra, servono a creare ulteriormente l’atmosfera.
La presenza scenica di Sergio Di Paola è come sempre prodigiosa.
La sua mimica, il modo con il quale coinvolge il pubblico, totalmente ammaliato, ci trascinano immediatamente negli Stati Uniti di inizio secolo scorso.
Nel delta del Mississippi, la culla del Delta Blues, appunto.
La musica del diavolo.
Anzi, dei diavoli, quelli che albergano nelle pieghe più profonde del nostro io, in quella zona del nostro intimo che nella cultura afroamericana è contraddistinta dal colore blu, come ci spiega lo stesso protagonista.
Frasi di artisti che hanno fatto la storia del genere, come Walter Mosley, Jimi Hendrix, Pino Daniele.
Ma anche di scrittori come Jack Kerouac.
Poi, un’ultima citazione, che ci fa entrare nel vivo dello spettacolo:
Il Blues è un buon Blues se il tuo corpo si muove senza che tu te ne accorga.
Non ci viene svelato subito il nome di chi l’ha pronunciata, non lo sveleremo noi in questa recensione, lo spettacolo va visto e vissuto, scoprirlo sarà un ulteriore incentivo per recarsi ad assisterlo.
La narrazione si fa subito avvincente.
La storia di un ragazzo di colore come tanti, di una famiglia povera del sud statunitense, in un momento in cui le discriminazioni erano ancora forti.
Poca voglia di studiare, di lavorare.
Poche passioni.
Quella per le donne e per una moglie morta troppo presto.
Per il tabacco.
Per il bere, per il Moonshine, il Whisky clandestino-artigianale distillato al chiaro di luna.
Ma soprattutto per la musica dei diavoli blu, quella del malessere esistenziale, della sofferenza, delle anime tormentate.
Sergio è l’idealtipo dell’one man show.
Suona lo scacciapensieri, o arpa degli ebrei, come era chiamata al tempo, una chitarra cigar box da lui stessa costruita con una scatola di sigari secondo le tecniche usate dai musicisti che non potevano permettersi una chitarra vera, una wasboard musicale con i ditali, strumento che una volta era utilizzato per lavare i panni.
Usa un cavalletto su cui, di volta in volta, mostra splendide illustrazioni.
Appassiona, fa sorridere, ridere, pensare.
Suggerisce malinconie e tormenti.
Entriamo nella scena, dove siamo trascinati, arrivando a farne parte in un intrigante gioco interattivo.
E le splendide luci di Gennaro Madonna ci accompagnano nella narrazione. Rosso e blu i colori dominanti, caldi, che rimandano all’intensità delle fiamme dell’inferno, al pericolo, alla passione, all’impulsività, all’introversione, agli abissi, alle profondità dell’anima.
I pochi elementi di scena di Alessandra Avitabile e Salvatore Esposito sono assolutamente perfetti. Una sedia, che richiama quella dei fumosi locali blues rievocati, il cavalletto dove esporre le illustrazioni, un grammofono come elemento eternatore della musica del protagonista che attraverso questo strumento arriva al nostro presente.
La storia del personaggio ignoto continua.
Una prima, deludente serata.
Lo scherno del pubblico e degli altri artisti.
La vita del nostro bluesman arriva ad un crocevia.
Autentico quanto simbolico.
Il Crocevia nell’Hoodoo è un luogo rituale, fisico o semplicemente disegnato, in cui si compiono incantesimi, si può incontrare la morte.
O il diavolo.
Una figura misteriosa ‘accorda’ la chitarra del nostro bluesman, dando origine al suo successo, strepitoso quanto breve.
Rivediamo in lui la figura dell’artista maledetto, dei poeti decadenti.
Poco importa se gli eccessi sono di whisky o di assenzio.
Se lo spleen è espresso in versi o attraverso le note della chitarra.
A cosa o chi si sia disposti a vendere l’anima.
O quale sia il prezzo chiesto per una propria anima
Ci rivediamo il mito di Faust.
Il nostro musicista viene trovato morto in uno squallido motel di periferia a 27 anni.
Anche questo numero ricorrente.
Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain, Amy Winehouse, e l’elenco potrebbe essere molto più lungo, tutti scomparsi alla stessa età.
Il filo conduttore di esistenze tormentate, fatte di sofferenza.
Segnate dai demoni che emergono dal blu dell’inconscio.
Oltre le cause di morte ufficiali, suicidio come overdose, i 27 anni sono anche interpretati come l’età in cui il diavolo viene a reclamare il proprio credito, a riscuotere l’anima che gli era stata concessa.
Un lungo discorso andrebbe fatto sulla simbologia del numero.
Del 2, del 7, come del 9, la loro somma.
Ma non è stata toccata dall’autore, pertanto non ci addentriamo nemmeno noi.
Sergio Di Paola semplicemente gioca sul presunto patto con il diavolo.
Da un lato accreditando la spiegazione razionale, dall’altro creando dubbi con allusioni, immagini o indizi.
Ma anche questo fa parte di un modo assolutamente originale di fare spettacolo a cui ci ha abituati il nostro ‘fantattore’, come lo ha definito il maestro Lucio Allocca, tra l’altro presente in sala, anche stavolta prezioso nel supporto all’ottima riuscita della pièce con tutti i suoi consigli.
Il Blues è un buon Blues se il tuo corpo si muove senza che tu te ne accorga.
Il blues di Sergio Di Paola è la potenza della sua arte, della sua mimica, della sua comunicazione non verbale, la straordinaria espressività facciale, la profondità di quello che scrive.
Ed un buon blues, perché il nostro corpo e soprattutto la nostra coscienza si muovono senza che ce ne accorgiamo.
Lo spettacolo, che consigliamo vivamente, andrà ancora in scena il 15 gennaio, ore 19:00, il 20 e 21 gennaio, ore 21:00, e il 22 gennaio, ore 19:00.
Per info e prenotazioni:
Nouveau Théâtre de Poche
Via Salvatore Tommasi 15/16
Napoli
081-5490928 / 331-2714592
theatre.depoche@libero.it
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.