I danni socio-economici del conflitto in Siria
‘Umanità dilapidata’, il rapporto siglato da UNRWA, UNDP e il Syrian Centre for Policy Research pubblicato pochi giorni fa evidenzia che la guerra in Siria ha provocato un danno socio-economico incalcolabile.
L’impatto sociale ed il peso sulle persone sono immani. Violenza, paura, distruzione a livello sociale e, conseguentemente, economico; si tratta di un’umanità dilapidata’, depredata di ogni aspetto, spesso anche della speranza di una ripresa. Troppo poche le famiglie siriane uscitene illese. Circa il 20% della popolazione sopravvive in condizioni di povertà assoluta: malnutrizione, fame, scarse condizioni igieniche nelle zone di conflitto e in quelle assediate, nonché indebolimento del sistema educativo, sanitario ed economico.
Come riportato nel rapporto, si è creata “un’economia di violenza incurante dei diritti umani, delle libertà civili e delle leggi; mentre le nuove élite politiche ed economiche usano network locali e internazionali per commerciare illegalmente armi, merci e persone, saccheggiando, rubando, sequestrando persone e sfruttando l’assistenza umanitaria. Questa situazione non fa altro che incentivare il perpetuarsi del conflitto”.
Alex Pollock, direttore del settore di micro-finanza dell’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite del Soccorso e del Lavoro per i Rifugiati Palestinesi, sottolinea che “La Siria è oramai stremata dalla mancanza di lavoro e dalla disoccupazione. Da quando è iniziato il conflitto, 11 milioni di persone hanno perso ogni fonte di sostentamento a causa di un’impressionate riduzione di posti di lavoro, che ha colpito 2,67 milioni di persone. In più, l’inflazione galoppante sta letteralmente schiacciando le famiglie creando un popolo di disoccupati, poveri, disperati”.
“I numeri sono impressionanti”, aggiunge Rabie Naasser, ricercatore del Syrian Centre for Policy Research a Damasco. “Alla fine del 2013 le perdite economiche causate della guerra sono stimate in 143,8 miliardi di dollari. Rispetto ai trimestri paralleli nel 2012, il PIL è diminuito del 38,2% nel terzo trimestre del 2013, e del 37,8% nel quarto. Le implicazioni per le organizzazioni di sviluppo umano come l’UNRWA sono tragiche e gravose”.
Secondo il report che esamina l’ultimo semestre dello scorso anno il debito pubblico è cresciuto a dismisura raggiungendo il 126% del PIL, in parte coperto dal debito interno, e in proporzione sempre maggiore da prestiti esteri, soprattutto dall’Iran.
Autore Vincenzo Marino Cerrato
Vincenzo Marino Cerrato, giornalista pubblicista, avvocato, esperto di politica.