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A tu per tu con i panelist di Sbandati

Sbandati


La nostra “irruzione” negli studi RAI termina con il punto di vista degli opinionisti, che si raccontano ad ExPartibus

Dopo aver analizzato la formula di Sbandati prima con i conduttori, Gigi e Ross, e poi con l’autore del programma, Giovanni Filippetto, ora è il turno di rivolgerci ad alcuni dei panelist per avere un quadro d’insieme più completo.

A scortarci negli studi Rai è sempre il gentilissimo produttore Valerio Crescentini che confessa come tenere insieme un gruppo di persone così folto e variegato non sia facile; il collante vero della trasmissione consiste, per lui, nella pazienza, nell’amicizia, nel lavoro sodo, affrontato con rispetto e serietà, divertendosi tutti insieme.

Incontriamo, nell’ordine, Il Pancio, al secolo Andrea Panciroli, comico, videomaker, autore e regista dei propri video, sicuramente la webstar più in vista del momento; Giulia Salemi, modella, showgirl, conduttrice ed attrice; Marco Cubeddu, scrittore, sceneggiatore e collaboratore di diverse testate, e Velia Lalli, ingegnere elettronico, comica e cabarettista.

Il primo che intervistiamo è appunto Il Pancio.

Da celebre Facebook star, abituato a destreggiarti abilmente nel mondo dei social, come è stato confrontarti con l’universo televisivo? Quali le eventuali difficoltà riscontrate?

Innanzitutto ringrazio chi ha creduto in me volendomi in questo programma, aspettando pazientemente che fosse il mio momento, che arrivassi ad una maturazione personale e professionale che motivasse la mia presenza tra i panelist di Sbandati.

Soprattutto per noi giovani oggi è difficile avere delle opportunità di lavoro, nonostante l’impegno e la costanza, dato che la concorrenza è molto forte. Spesso si ha qualcosa da dire, si ha talento, ma non si trova modo di esprimersi perché nessuno ci mette alla prova e quando finalmente l’occasione viene concessa occorre saperla sfruttare al meglio senza adagiarsi ma impegnandosi continuamente.

Trovo molto stimolante partecipare a Sbandati, trasmissione frizzante e divertente nel modo di dissacrare, con intelligenza ed ironia, il panorama televisivo nazionale ed internazionale, la quotidianità in cui siamo immersi. Lavorando abitualmente sul web, ero abituato ad un approccio diverso con un pubblico diverso.

Online, spesso, si tende a non avere freni, ci si esprime in modo immediato, usando un linguaggio, a volte, troppo sciolto, libero ed informale, cosa che non si può fare ovviamente in televisione, dove occorre sapersi frenare in alcuni casi, in una sorta di autocensura, cercando di essere diplomatici.

Provare ad esprimere il proprio punto di vista in modo puntuale ed efficace risulta così più difficile, eppure è molto stimolante.
Questa è stata la mia difficoltà iniziando l’avventura di Sbandati, il capire il modo migliore di comunicare nel passaggio dal virtuale al reale, ma è una sfida molto intrigante che mi sta portando molte soddisfazioni.

Il fatto poi di analizzare, insieme ad altri panelist, tutti con personalità ed esperienze personali e professionali differenti, le varie situazioni che ci vengono mostrate tramite i video, prendere spunto dai loro interventi per argomentare i nostri, approfondire un tema, avvalorare una tesi o distruggerla, grazie anche al fatto che siamo posizionati abbastanza vicino per interagire in maniera ottimale, ci permette di avere dei punti di vista che possono risultare interessanti per chi ci guarda. E poi, soprattutto, Sbandati mi diverte tantissimo.

È il turno di Giulia Salemi.

In trasmissione mi è piaciuto molto il tuo approccio, piacevole e vivace. La tua posizione è stata molto particolare e scanzonata. Però con finta nonchalance lanciavi dei messaggi abbastanza precisi…

Le mie frecciatine! Sì, perché questa è la mia persona. In generale, prendo la vita con estrema leggerezza, vivo giorno per giorno, sono una persona molto ironica e, quindi, cerco di vedere tutto con lato positivo.

Questo, però, non vuol dire che sia stupida. Ho le mie idee, i miei pensieri, a volte sono delle cavolate immonde e la gente mi guarda allibita chiedendomi “cosa stai dicendo”? Però, sono miei, l’importante è avere una posizione, prenderla. Odio le persone che rimangono nel mezzo. Con un bel sorriso stampato in faccia, dico sempre quello che penso. E non è poco!

Simpatica anche l’interazione con tua madre nella prima puntata quando Gigi e Ross ti hanno preso il telefonino per leggere i messaggi che ti arrivavano…

Sono una donna “distrutta”, ho 24 anni, sono indipendente, vivo da sola eppure mia madre mi controlla in qualsiasi cosa e in qualsiasi momento, commentando persino su Instagram le foto che posto.

L’altro giorno ero ad un fashion week e mi ha scritto: “Oh! Mio Dio, questa sarebbe moda!” Se mangio fa: “Niente dolci che ingrassi!” Se faccio troppa palestra: “Giulia, guarda, che poi ti viene l’acido lattico come è successo a me”.

Lei è iraniana, sbaglia spesso l’italiano, toglie tutti gli articoli, usa forme sgrammaticate ed è super comica, però la amo. Se sono folle, il 50% è merito suo, meno male che c’è mamma che è così!

La sua interazione in diretta è assolutamente reale, non c’è nulla di finto. Anche quando è venuta ospite l’anno scorso è stata la stessa cosa, lei è proprio così.

Se io non ho peli sulla lingua, lei li ha ancora meno di me. La differenza è che io un po’ mi adeguo, lei vuol solo comandare. Ma è simpaticissima!

In merito al tuo approccio con i social, come influisce sulla tua partecipazione a Sbandati?

Penso di essere, insieme a Il Pancio, uno dei volti più social visto che lavoro con Instagram. Noi ci definiamo ‘influencer’, viviamo in una generazione in cui si condivide tutto ogni secondo. È bello perché è come se, in qualche modo, le persone fossero sempre con noi.

Non c’è più il distacco di un tempo, quando il mezzo era solo la televisione, dove esisteva il personaggio, il vetro dello schermo del televisore e tu eri solo succube. Invece ora sei partecipe, puoi commentare, interagire. Io, poi, rispondo a tutti e su qualsiasi cosa anche facendo ridere. E li ascolto, è bello, serve per crescere. Mi piace coinvolgere le persone e non le considero dei follower, ma come una grande famiglia, un gruppo enorme di amici.

A volte c’è qualche hater, ma, d’altronde, non si può piacere a tutti.

Che riscontri hai avuto, relativamente alla prima puntata?

Sono super positivi, sono morti dal ridere, per le gag, per mia mamma, per tutto quanto. Sbandati è un programma che piace, in cui non dobbiamo vendere niente. Non è la Tv del dolore, della cronaca nera. È una televisione leggera, divertente, che serve per staccare la spina. Facciamo vedere quello che succede in Tv settimanalmente ed ha un tocco di internazionalità, perché si apre a quello che accade nel mondo.

Nella vita può capitare di non riuscire ad uscire dai confini del proprio Paese, per questo trovo bello che la trasmissione mostri anche le cose più buffe che accadono all’estero.

Passiamo ora a Marco Cubeddu.

Raccontami di questa esperienza con Sbandati, cosa ti piace di più e su cosa credi che occorrerebbe puntare di più?

Il programma, secondo me, non è divertente solo da guardare, ma anche da fare. C’è un gruppo di lavoro molto affiatato, anche se in realtà io sono arrivato in seconda battuta, ma ci si inserisce benissimo.

Il fatto di girarlo a Napoli, poi, non è secondario da questo punto di vista. Prima eravamo fuori dagli studi, con lo stadio che strillava infiammato dalla partita. Napoli è una città grandiosa, che ti illumina in maniera determinante. Il programma mi piace moltissimo, così come mi piace il fatto di svegliarmi qui domani mattina, bere un caffè e mangiare una sfogliatella prima di tornare a Milano, luogo in cui vivo.

Come dicevo, Sbandati, per me, è una trasmissione partenopea in un senso molto italiano, essendo Napoli molto più rappresentativa dell’Italia rispetto, ad esempio, a Milano.

La trasmissione è già politicamente scorretta e lo è in modo molto felice, ma può esserlo ancora di più, mantenendo l’intelligenza che sta già dimostrando. Politicamente scorretto non vuol dire volgare, triviale, urlato, vuol dire, semplicemente, potersi permettere di presentare i punti di vista più surreali, destrutturanti, irriverenti, nei confronti della televisione, che poi è il tema che trattiamo, ognuno a modo suo.

L’idea di questi panelist molto diversi tra loro fa sì che poi emerga una visione non unitaria, ma collettiva, di varie anime, varie esigenze, varie sensibilità.

C’è chi ha più voglia di criticare da un punto di vista morale i programmi, che non sono io, e c’è chi per esempio, cerca di non porsi dei principi morali, come faccio io.

Non sostengo che la televisione sia sbagliata perché educa male le persone, ma penso che sia fatta bene o fatta male, che propone qualcosa di nuovo o che puzza di cadavere.
La mia ottica, nel commentare la televisione, è questa e mi diverto come un bambino.

Probabilmente è anche quello uno dei fattori di successo, vedere che non siete costruiti, ma molto spontanei…

L’idea è proprio quella di una conversazione al bar, tra persone che hanno voglia di affrontare ragionamenti, anche acuti, in modo leggero, ma, passami l’espressione, “cazzeggiando consapevolmente”.
Il “cazzeggio consapevole”, che sia in radio, in televisione, a teatro o al bar, è una cifra in cui, secondo me, ci si sente a proprio agio e che può portare anche pubblico alla TV generalista, quel tipo di spettatore che, tendenzialmente, sta su Netflix, sul web, guarda le serie televisive americane ed è stufo dei programmi più tradizionali, destinati ad altri target più storicamente rappresentati. Sbandati svecchia RAI 2, svecchia la RAI, svecchia anche il modo di parlare in televisione, rinnovando, secondo me, la possibilità di allungare la vita della televisione stessa.

Concludiamo con Velia Lalli.

Come ti è sembrato il debutto di Sbandati?

Per natura sono una perfezionista e sono severa, quindi ti dico che ho notato ancora un po’ di tensione, ma è naturale dato che siamo appena all’inizio. L’entusiasmo non manca, la squadra è un po’ cambiata rispetto alla prima stagione ed è bella l’idea di riamalgamarsi, di trovare di nuovo complicità, elemento essenziale di questa trasmissione.

Infatti, i protagonisti non portano soltanto loro stessi in scena, ma il tutto funziona quando le persone trovano un affiatamento, un compagno, una spalla.
Questo ovviamente si sta già creando e non ho dubbi metteremo a punto il meccanismo.

Fate ricorso ad una certa dose di sana improvvisazione. Come vi preparate a questo genere di situazioni, non sapendo quali saranno gli interventi degli altri panelist?

All’inizio dello scorso anno leggevo la scaletta e mi facevo un’idea di quello che avrei voluto dire, poi, quando si è creata tra di noi quell’alchimia di cui ti parlavo prima, mi sono lasciata andare. E lì un pochino è il mestiere ad aiutarmi, nel senso che, venendo dal palcoscenico, sono abituata a cogliere tutto quello che succede.

Per un comico il palco è proprio la vita, trai ispirazione da quello che ti accade intorno, con la gente che ti sta ascoltando e, magari, anche una signora che tossisce può diventare lo spunto per una battuta.
Mi preparo leggendo la scaletta e guardo con gli altri le clip poco prima della puntata.

Ultimamente mi sto divertendo a non pensare troppo prima a quello che voglio dire, perché sostanzialmente, le idee migliori vengono così: quando una cosa è fresca ha un altro impatto, si avverte come naturale e la differenza si vede.

Quindi, preferisci non filtrare troppo, perché altrimenti si perderebbe di spontaneità e di immediatezza…

Assolutamente! Addirittura, durante le riunioni del pomeriggio in cui si legge la scaletta, abbiamo deciso di non fare nessun tipo di commento perché, spesso, purtroppo, le cose più divertenti o le discussioni più interessanti, sono venute fuori in lettura di scaletta.

Non c’è la telecamera, ti senti libero di dire quello che vuoi, vai a ruota libera.
L’uno dice: “Ma che diamine dici!” Quell’altro: “Oh! Invece è così”! E viene fuori quel dibattito che spesso davanti alle telecamere è più difficile proporre, anche perché ci sono i tempi nella diretta.

Bisogna essere bravi anche a non sovrapporsi, a non imporsi. Paradossalmente in puntata, in alcune occasioni, bisogna “tirare un po’ il freno a mano”, rinunciando ad un’idea carina in favore dell’intervento di qualcun altro.

Dunque c’è un profondo rispetto del lavoro degli altri, della persona…

Il rispetto è fondamentale! Non stiamo facendo il talk show, il dibattito televisivo con lite, come se ne vedono tanti e che, in fin dei conti, ci ha stufato! Stiamo cercando di alleggerire anche dicendo qualcosa e se vogliamo che il messaggio passi, bisogna anche fare un passo indietro in favore di qualcuno che sta esprimendo un concetto più interessante del nostro. In un programma del genere, il protagonismo non funziona.

Qual è, secondo te, il segreto di questa trasmissione?

È che, tutto sommato, ci prendiamo delle libertà che in televisione, specialmente sulla generalista, non tutti si prendono. Prendersi delle libertà, significa assumersi dei rischi e, quindi, forse, per il fatto che siamo tutti poco conosciuti, questo ci rende un pochino meno connotati e liberi di sperimentare.

Credo sia questo il successo, il fatto che noi panelist siamo degli sconosciuti che possono essere più dalla parte del telespettatore che dalla parte del sistema televisivo.

Parli di un processo di identificazione dello spettatore, in questo credi che possa fare da presa?

Penso proprio di sì! Perché, passato il primo momento in cui si pensa: “ma questi chi sono! Ma che titoli hanno per parlare” avviene l’identificazione. In effetti, è questo che funziona! Nessuno di noi sta lì a dire: “Ah! Io sono questo! Io faccio questo”. Non siamo neanche presentati secondo quello che facciamo veramente nella vita.

Mi sono resa conto che le persone mi scrivono dicendo: “sei simpaticissima”. In realtà, faccio questo di mestiere, sono una comica, quindi, non è che sono simpatica, è il mio lavoro esserlo. Ma è bellissimo che non si capisca, che non passi, perché questo vuol dire che c’è quella famosa freschezza, di cui ti parlavo, che in Sbandati è essenziale.

I nostri scambi di idee con i protagonisti della trasmissione terminano con le interviste ai panelist, la diretta incombe, lasciamo gli studi RAI con un sorriso e con maggiori informazioni sulle dinamiche che ne reggono il meccanismo televisivo, con le impressioni che ci eravamo fatti assistendo alla prima puntata che escono rafforzate.

Fuori troviamo Fuorigrotta ancora in pieno clima partita, con l’eco delle grida di cui parlava Cubeddu che fatica a spegnersi, il Napoli ha vinto e qui è un po’ festa.

La nostra escursione in quello che riteniamo il miglior esempio di metatelevisione di questo scorcio di terzo millennio finisce qui. Almeno per il momento.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.

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