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L’evento principale della mostra del cinema di Venezia 73 non sarà un film ma una miniserie televisiva The Young Pope di Paolo Sorrentino. Una contraddizione? Un Segno dei tempi? Direi di no.
Intanto il cinema contempla alla sua nascita la serialità, nel 1913 Lousi Feuillade inizia la serie di Fantomas e successivamente Les Vampires, veri e propri serial come li concepiamo oggi. Proprio a Venezia fu proiettata l’intera serie de Il Decalogo di Kieslowsky.
Quindi sembra una novità ma non lo è.
Il successo delle serie televisive sdoganate in forma diversa dal solito telefilm prima da Twin Peaks e poi da Lost ormai è appurato e dati i mezzi di produzione ormai da tempo equiparati a quelli del cinema, contemporaneamente ai mezzi di fruizione, televisori sempre più definiti e grandi e suoni sempre migliori, rendono la serialità televisiva sempre più presente nel racconto videografico.
Oggi parlare di cinema è sempre più complesso, anche fare differenze lo è.
Cosa cambia da un cortometraggio ad un lungometraggio ad una web serie a una serie tv ma solo perché la vediamo in tv.
Gli attori e i registi passano da una modalità di racconto ad un’altra senza soluzione di continuità e lo snobismo che ancora fa differenza tra il CINEMA e la TV.
Certo alcuni funzionari televisivi rispondono che ciò che va in tv è tv e non cinema per cui una partita di calcio è uguale ad una puntata di Lost.
Altri continuano ad infondere l’idea che esista un cinema intoccabile che si vede solo in sala grande. Ma quanto cinema negli ultimi quaranta anni abbiamo visto in vhs?
Venezia 73 in questo senso è vetusto.
Malgrado lo sforzo di Young Pope e la distribuzione di alcuni film in streaming su Mymovies e Repubblica.it, tranne un risibile tentativo di incontro fra produttori e proponenti progetti di webserie e serie tv, Venezia mantiene intatta la sua vacuità e come tutto il resto d’Italia non recepisce in alcun modo l’esistenza della rete web e dei prodotti usufruibili tramite questa.
Netflix, ma non solo, è un mostruoso cambiamento nelle abitudini dei consumatori che si vogliono svincolare dall’orario di messa in onda piuttosto che dai giorni di programmazione.
Certo tutta questa “democrazia” del fruitore fa perdere potere ai critici che scrivono per giornali che leggono solo gli addetti ai lavori e per i loro sponsor.
E poi si perderebbe l’opportunità di un festival, quindi di turismo, di soldi, di appalti…
La verità è che questi vertici sono inutili ormai, ma già Carmelo Bene, nel lontano 1983 si chiedeva quanto fosse interessante per una casa di distribuzione venire ad un festival quando poteva ormai avere i film a “pacchi” in anteprima.
Di Venezia, come di Cannes e di Berlino, resta sempre poco, poco perché questi festival si circondano di un’aura autocelebrativa a cui non crede più nessuno.
Chiunque qui, non crede a nulla, sa che da qui non passa nulla, insomma una difficoltà ad accettare un mondo che cambia e il problema più serio è che i giovani e gli esordienti vittime di una mentalità sorpassata sono diventati più vecchi dei vecchi.
I loro film resteranno senza distribuzione e senza spettatori.
Attendo ancora una vera ribellione, ma una ribellione percepita e non fasulla, attendo il tempo del deserto, il tempo della diserzione, il vuoto.
Solo un vuoto può essere riempito altrimenti fin quando ci sarà qualcuno nel barile ci sarà qualcun altro che raschierà il fondo del barile.
Autore Nicola Guarino
Nato a Napoli nel 1972, è diplomato all'Accademia napoletana d'arte drammatica e ha una qualifica di "Esperto in regia cinematografica e televisiva" rilasciata dalla Regione Campania. Si occupa di regia televisiva e cinematografica. Noto per il suo interesse per l'ufologia, è Socio Onorario del Centro Ufologico Nazionale, ne è stato consigliere, ricercatore e articolista.
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