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Tradizione esoterica napoletana

Castel dell'Ovo, Napoli


Napoli è pregna di luoghi dove la simbologia esoterica è palesemente visibile. La città conserva e culla il ricordo dimostrato o solamente narrato della presenza di personaggi spesso capaci di essere giudici della vita e della morte altrui. Queste illustri personalità, conoscendo le scienze arcane, erano forse in grado di superare i confini tra vita terrena e ultraterrena.

Sicuramente tra gli alchimisti annoverati dalla tradizione partenopea c’è Virgilio che, oltre ad essere ricordato per i suoi capolavori letterari quali le Bucoliche, le Georgiche e l’Eneide, è tuttora presente nella leggenda popolare come mago – magus capace di liberare la città da iatture quali l’invasione d’insetti e di serpenti, facendo uso di specifici incantesimi.

Virgilio visse un periodo sull’isolotto di San Salvatore, prima denominato Megalia, poi Megaride e oggi Castel dell’Ovo, dove scrisse appunto le Bucoliche. Il culto e la leggenda raccontano che mise un uovo in una gabbietta e lo fece murare in un vano del maniero, annunciando che la sua rottura avrebbe causato il crollo della fortezza e colpito Napoli con una serie di catastrofi. Secondo un’altra versione, invece, l’uovo sarebbe contenuto ermeticamente in una caraffa di cristallo, incassata nelle segrete della rocca.

Per aiutarci a capire perché si parlava di uovo, è opportuno ricordare che ritenendo questa cellula germinativa origine della vita, gli alchimisti sperimentavano l’uovo alchemico. Quest’uovo filosofico, nome esoterico dell’athanor, il piccolo forno chiuso, il recipiente di vetro, ospitava la trasmutazione dello zolfo e del mercurio in oro alchemico. La simbolica azione iniziatica determinava la consistente trasformazione dello spirito e dell’intelligenza dell’alchimista. Dal punto di vista ermetico l’athanor rappresenta l’uomo e le sue diverse energie che ne compongono sia la struttura fisica sia quella sottile che, a sua volta, non è visibile ma sensibile. Energie che, da stati precedenti ben definiti e diversi tra loro, si incrociano e mutano.

Napoli ha origini storiche fondanti su riti orfico – dionisiaci e isiaci che hanno lasciato una rilevante energia esoterica che ha influenzato, in modo più o meno evidente, sia il mondo culturale partenopeo sia quello esoterico, dando il via alla tradizione Esoterica, Ermetica e Alchemica della città. Il Corpo di Napoli è caratterizzato dalla presenza della statua dedicata al Dio Nilo che ricorda il passaggio degli Alessandrini d’Egitto, sbarcati nel II secolo d.C.. L’esistenza del culto isiaco ed egizio a Napoli, oltre ad essere testimoniata dalla statua del Dio Nilo, è suffragata dal ritrovamento di un’iscrizione votiva e di una statua, il che fa supporre, quindi, che nei pressi del Corpo di Napoli, fosse stato eretto un tempietto dedicato a Iside.

Non molto distante dal Regio Nilensis, il Vico degli Alessandrini, abitava uno dei personaggi più imponenti della tradizione esoterica napoletana settecentesca, il principe di Sansevero, Raimondo di Sangro. La sua presenza e quella di altri illuminati dell’epoca fece di Napoli un centro alchemico ed ermetico di grande spessore.

Oltre alla tradizione egizia, albeggiò a Napoli anche la Scuola Pitagorica che trasmetteva il misticismo, l’armonia e l’esoterismo di Pitagora, mistico d’importantissimo spessore, e ne custodiva gli arcani simbolismi. Caratteristica pregnante è che i suoi insegnamenti e il suo esoterismo non erano destinati e rivelabili a tutti, bensì solo ai membri della scuola.

Elemento che può dare spunto a tantissime riflessioni è quello che in tale scuola si credeva nella metempsicosi, la reincarnazione dell’anima ritenuta di origine divina.
A confermare l’esistenza dell’istituto sarebbe la presenza al centro dello stemma della regio Furcillensis, l’attuale Forcella, di una Y, chiara immagine pitagorica.

Napoli ha visto anche la presenza di una comunità ebraica atta propagare la dottrina cabalistica intesa come filosofia simbolica e mistica, antica saggezza capace di svelare i segreti del cosmo e della vita e di diffondere il modo per decifrare il significato recondito delle Sacre Scritture.

Alla base di queste diverse tradizioni esoteriche nella città partenopea c’era, probabilmente, la ricerca diretta al vero sapere, alla sophia, cioè la conoscenza intesa come fonte di saggezza, adatta a contenere e riassumere lo scibile.

Il periodo medievale vide germogliare una ridente scuola ermetica napoletana dedita all’alchimia e sembra giusto citare Giovanni Battista Della Porta che, oltre a essere filosofo, scienziato e naturalista, fu anche pregevole alchimista. Di lui si ricordano sia il De distillationibus, sia il De Aeris transmutationibus, ritenuto il suo testamento ermetico.

Il Della Porta, anche rammentato per l’Accademia dei Segreti e l’Accademia degli Oziosi, frequentate da Ferrante Imperato, Giulio Cesare Capaccio, Giambattista Basile e dal marchese Giovanni Battista Manso, profuse grande lavoro intellettuale per trasmettere i risultati di una ricerca intesa a svelare le forze vitali della natura.

Altra importante figura del panorama esoterico napoletano è stata sicuramente quella del nolano Giordano Bruno, filosofo e mago, arso al rogo a Campo dei Fiori a Roma. Studiò gli insegnamenti tradizionalmente sapienziali di Ermete Trismegisto e di Cornelio Agrippa. Il suo pensiero ermetico filosofico tendeva all’utilizzo del potere cosmico, oltre che ad armonizzare l’uomo alla sfera del sovrannaturale. Per il nolano l’uno si manifesta nel tutto e il tutto si risolve nell’uno e questo è l’attivo e fervido rivelarsi nell’uomo dell’eccellenza della propria dignità. La teoria bruniana richiama la filosofia ermetica del Tutto e dell’Uno di Ermete Trismegisto.

Il settecento napoletano ospitò una cerchia d’iniziati, filosofi che volevano illuminare il mondo con la luce della sapienza. La città fu eletta fulcro dell’esoterismo europeo e accolse cenacoli di grande spessore. Uno dei luoghi deputati alla pratica esoterica fu la Farmacia degli Incurabili, frequentata, tra gli altri, dal Cavalier Luigi d’Aquino, da Cagliostro e dal Principe Raimondo di Sangro.

Il Cavalier Luigi d’Aquino, della famiglia dei Caramanico, discendente di San Tommaso d’Aquino, dalla forma mentis da libero pensatore, nonché cultore della Filosofia Ermetica e dell’Alchimia, fu Maestro e Guida Spirituale del Conte di Cagliostro. Ne fu iniziatore alla massoneria e al movimento dei Rosa – Croce ed è ricordato come Gran Maestro della Rosa d’Ordine Magno.

Alessandro Conte di Cagliostro visse a Napoli un paio di anni, si relazionò con la cerchia di ermetisti ed occultistici napoletani che coltivavano le antichissime tradizioni alessandrine. Fu uno tra i più arcani iniziati del ‘700 e di lui Goethe scrisse che aveva acquisito, rispetto al periodo vissuto a Palermo, una consistente conoscenza delle scienze occulte, della chimica, della fisica e della botanica. Il commento dell’intellettuale tedesco confermerebbe l’alone di mistero sulle origini di Cagliostro. Infatti, secondo alcuni, quest’ultimo era identificabile come il mistificatore Giuseppe Balsamo. È difficile dirimere il dubbio se fosse un avventuriero o un grande iniziato. Probabilmente, il Conte fece parte del vertice dell’Ordine degli Illuminati, oltre ad essere un cultore e divulgatore delle scienze esoteriche.

Il Principe Raimondo di Sangro creò a un Cenacolo Iniziatico, dal nome Rosa d’Ordine Magno, di cui facevano parte il Duca, figlio di Raimondo, Don Vincenzo di Sangro, il Barone di Tschudy, Don Paolo d’Aquino, Principe di Palena, Principe di Trecase, il Duca di Capodichino, il Principe Michelangelo Caetani. Come trascrisse egli stesso, praticò la Scientia delle Scientiae, forse intendeva l’Alchimia, conobbe la Pietra d’Amore Celeste, probabilmente la pietra filosofale. Fu un importantissimo rappresentante del pensiero ermetico del ‘700 napoletano, continuatore della tradizione alchemica e da molti fu considerato un grande iniziato.

Alcune circostanze che lo legano alla tradizione egizia. Don Raimondo scrisse infatti una lettera a Tschudy in cui gli chiedeva di perseguire nella virtù del verbo e di occultare Ormus. Tale affermazione lascia spazio a più di una interpretazione. Se da un lato Ormus era il nome di uno gnostico alessandrino che fuse le dottrine mistiche egizie con quella cristiana, dall’altro era associato all’oro potabile che gli alchimisti consideravano parte attiva nei processi di trasformazione.

Il Principe fece realizzare su suoi dettami la famosa Cappella di San Severo in cui volle raffigurare un consistente percorso alchemico e simbolico che un iniziando doveva compiere per giungere all’illuminazione, a quella pietra filosofale capace, mediante la conoscenza, di trasformare l’iniziato.

La tradizione esoterica napoletana è visibile a tutti e ciò è confermato dalla massiccia presenza in città di luoghi e simboli esoterici. Anche se in modo non esaustivo, è opportuno ricordare che in molti manufatti napoletani sono riscontrabili simboli esoterici ed iniziatici, quali il triangolo che racchiude un occhio, la pigna, l’aquila, le piramidi e la Stella di David.

Mentre l’occhio custodito nel triangolo è quello onniveggente, divino, il triangolo è il simbolo della perfezione, il mistero della Trinità e s’identifica con i tre principi morali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, ma anche con i tre evangelici adottati anticamente dai templari e con i tre usati nei cenacoli iniziatici. In questi ultimi, l’occhio onniveggente è definito sul piano fisico come il sole, mentre su quello spirituale come Dio.

La pigna, presente sia nei pressi del Teatro San Carlo, sia in altri luoghi partenopei, si rifà al culto egizio, rappresenta la ghiandola pineale, il terzo occhio, sottintende all’illuminazione, alla saggezza e alla conoscenza.

L’aquila è emblema della perfezione, essendo l’unico animale in grado di fissare il sole.

Le piramidi, che ricordano il triangolo egizio, compongono il bugnato della facciata della chiesa del Gesù Nuovo, realizzato con blocchi di piperno; ognuna di esse è formata da quattro triangoli rappresentanti il divino. Come se non bastasse la realizzazione del bugnato a sottolineare il carattere esoterico della parte esterna della basilica, sono visibili segni ermetici sui triangoli inferiori di diverse piramidi.

La stella di David, esagramma posto e ripetuto sul tamburo della cupola della Galleria Umberto, è riconducibile all’equilibrio tra le forze cosmiche del Fuoco e dell’Acqua: è l’incontro tra la spiritualità e l’istinto, l’armonia tra il microcosmo e il macrocosmo.

Tanti altri sono stati i personaggi e molti sono i simboli che testimoniano la tradizione esoterica napoletana, ma per motivi di spazio saranno trattati in seguito.

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.

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