Il recente tragico incidente legato ad una sfida su TikTok solleva gravi preoccupazioni sulla sicurezza online, in particolare per i giovani, il cui sviluppo mentale potrebbe non essere ancora completamente formato.
Il fenomeno delle challenge virali su TikTok e altre piattaforme sociali può spesso trasformarsi in un pericoloso gioco di emulazione, dove i giovani, spinti dalla FOMO, Fear Of Missing Out, e dalla pressione di integrarsi, si impegnano in atti rischiosi senza comprendere appieno le conseguenze.
Le sfide, come quella che ha portato alla morte dell’influencer Sanquiange, evidenziano il lato oscuro delle dinamiche sociali online. Queste competizioni, apparentemente innocue, possono sfociare in comportamenti estremi e mettere a rischio la vita degli utenti, soprattutto quando coinvolgono sostanze pericolose come nel caso del consumo eccessivo di alcol.
Va notato che, mentre alcuni Paesi hanno adottato misure restrittive su TikTok a causa di preoccupazioni sulla sicurezza e presunte minacce di spionaggio, la piattaforma continua comunque a guadagnare popolarità.
L’adozione di strategie da parte dei gestori delle piattaforme sociali, orientate a mantenere gli utenti connessi il più a lungo possibile, può contribuire alla proliferazione di contenuti rischiosi.
È stato posto in evidenza da non pochi studi come i social usino algoritmi che portano i più giovani a passare sempre più tempo online, scrollando contenuti in continuazione e senza distaccarsi dai loro device. Un contesto che induce dipendenza alla stessa stregua delle peggiori droghe.
L’iniziativa intrapresa negli Stati Uniti contro le grandi multinazionali dei social è un passo positivo, ma resta da vedere se queste azioni avranno un impatto significativo sulla salute mentale dei giovani.
Nelle città di New York e Seattle, i distretti scolastici hanno infatti deciso di affrontare le grandi multinazionali dei social per il loro presunto contributo alla crescente crisi di salute mentale giovanile.
Meta, gestore di Facebook e Instagram, TikTok e altri social, sono stati citati in giudizio per fare accertare la pericolosità dei loro algoritmi. Non solo, quindi, un attacco alle challenge mortali, ma anche ai video che scorrono costantemente sugli schermi dei ragazzi.
Tuttavia, la diffusione inarrestabile dei social media solleva la preoccupazione che, nonostante le responsabilità possano essere accettate, il problema persista. La necessità di educare i giovani su un uso consapevole dei social media e di promuovere una cultura di sicurezza online diventa sempre più urgente.
Ma tra tutti i social, il più pericoloso a più livelli sembra sia ancora una volta TikTok, che è stato recentemente paragonato a un “negozio di caramelle infinito” per il cervello, una vera e propria “macchina della dopamina”, che fornisce un costante flusso di piacere a ogni nuovo video.
L’algoritmo della piattaforma, descritto come una sorta di “rinforzo casuale” dalla dottoressa Julie Albright dell’Università del South Carolina, è progettato per tracciare le abitudini di visualizzazione degli utenti, presentando video personalizzati su misura per i loro interessi unici.
Ogni volta che incontriamo contenuti che ci piacciono, il nostro cervello rilascia una piccola scarica di dopamina, incoraggiandoci a continuare a scorrere in cerca della prossima gratificazione.
Questo meccanismo psicologico, se da un lato contribuisce all’adesione degli utenti all’app, dall’altro può alimentare un pericoloso circolo vizioso di scorrimento infinito, con possibili implicazioni sulla salute mentale, specialmente per i giovani utenti.
La personalizzazione estrema del feed video, come evidenziato da uno studio condotto da università cinesi, può rendere gli utenti particolarmente affezionati all’app, ma solleva anche interrogativi sulla gestione e responsabilità delle piattaforme sociali nel guidare il comportamento online.
Chissà che non abbiano ragione i Paesi dove è stato vietato, anche come possibile luogo ideale di incontro per pedofili, e che anche in Europa possa avere delle limitazioni.
Autore Gianni Dell'Aiuto
Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.