Home Rubriche Gemme di celluloide The Purge – l’omicidio ‘legale’ come sfogo per una società impaurita

The Purge – l’omicidio ‘legale’ come sfogo per una società impaurita

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Ognuno ha una ragione per ammazzare… e per essere ucciso

Passato, giustamente, come una meteora nelle sale cinematografiche italiane e sui giornali ‘The Purge’, letteralmente “lo sfogo”, è un film mediocre con le caratteristiche di violenza, azione, suspense e apprensione claustrofobica attira-pubblico di molto Cinema hollywoodiano moderno. Distribuito in Italia come ‘La notte del giudizio’, con la regia di James De Monaco, è un’americanata come mille altre, se non fosse per il tema da cui nasce la trama su cui si sviluppa la pellicola.

Il meccanismo narrativo, il cosiddetto “plot”, è costruito sulla “notte dello sfogo”: una volta l’anno, più precisamente il 21 marzo, dalle ore 19:00 alle ore 7:00 del giorno successivo, ognuno può commettere crimini, dare sfogo ad atti violenti, torturare e uccidere chiunque gli pare, senza essere punito, senza subire conseguenze penali per le proprie azioni.

Tutto questo perché la disarmante sceneggiatura ci dice che un fantomatico nuovo regime di potere statunitense in mano ad altrettanto fantomatici Nuovi Padri Fondatori d’America, dopo aver preso il potere nel momento più critico, criminoso e incontrollabile della Storia del paese, è riuscito a risolvere il “fastidioso” problema della violenza e ad occuparsi dei diritti civili dei singoli cittadini semplicemente istituendo, con la ratifica di un nuovo emendamento costituzionale, una notte all’anno in cui vige la libertà personale di impiegare qualsiasi tipo di crimine, esente da ogni forma di punizione.

Il prologo del film ci spiega, grazie a frammenti di programmi tv, telegiornali, trasmissioni radio, che la “Notte dello Sfogo” in pochi anni ha portato il tasso di disoccupazione all’1% e quello di povertà sotto il 5% per non parlare della scomparsa quasi totale della delinquenza e dei crimini, tenendo “lo sfogo” ovviamente fuori statistica.

Protagonista del film è un uomo, l’attore Ethan Hawke, non al suo meglio, che è diventato ricco grazie alla “notte dello sfogo”: lavora vendendo allarmi e sistemi di sicurezza molto sofisticati… ma se la delinquenza e la violenza sono quasi del tutto scomparse dall’isola felice della Nuova America, a cosa servono questi allarmi e come mai se ne vendono così tanti?

È questo l’agghiacciante motivo principe, l’unico, che rende interessante un film come ‘The Purge’: nessuno si sente ed è al sicuro nella “Notte dello Sfogo”, compresi il protagonista del film e la sua famiglia, perché tutti hanno un motivo, in cuor loro, per uccidere qualcun altro.

E se la giustizia e le conseguenze penali, molto più che la civiltà e la legge morale, nella maggior parte dei casi bloccano l’assassino che si nasconde in ogni essere umano, nella notte in cui tutto è permesso non esiste freno che tenga; l’odio più recondito, il razzismo, l’intolleranza, la frustrazione, la fame, la motivazione più banale, l’invidia coltivata all’infinito, sono tutti elementi ideali per dare vita ad uno “sfogo” liberatorio.

La base narrativa del film è uno spunto perfetto per collegarsi alla realtà in cui viviamo: la società contemporanea sta regredendo verso l’accettazione e la comprensione della giustizia fai da te, aumentata dalla perdita pressoché totale di fiducia nelle istituzioni, nelle forze dell’ordine, nella legge.

Chi subisce una rapina e insegue i ladri con l’intenzione di ucciderli fa bene ad opinione di una quantità inimmaginabile di persone per cui è inutile la denuncia, per cui è superata persino la regola selvaggia dell’occhio per occhio; ma la perversione della giustizia fai da te pare non comprendere la possibilità, a quel punto più che plausibile, della ritorsione, della vendetta o semplicemente della contro-giustizia: se ammazzi mio figlio, mio marito, mio fratello, un mio amico perché ti ha rapinato, io vengo ad ucciderti per fare giustizia e tu sarai vittima ideale di quella legge barbara che hai voluto e che hai fatto tuo principio.

Questo, ovviamente, è un caso limite che purtroppo è spesso presente nelle cronache della quotidianità di ogni parte del mondo: ma parlando in termini ancor più spicci, la verità incontrovertibile è che un film come ‘The Purge’ dall’inizio alla fine, anzi sopratutto nei 10 minuti finali, spiattella un dato di fatto a cui, purtroppo, solo la legge, la giustizia può far fronte: ognuno ha una ragione per ammazzare e quando si uccide non esiste motivo giusto o sbagliato – persino l’eccesso di legittima difesa è punito dalla legge – si commette un omicidio, un atto che va contro la legge giuridica e morale.

La strana sensazione che porta lo spettatore del film in questione ad immedesimarsi moralmente nei protagonisti della storia è quella per cui nulla distingue la vittima dal carnefice nel momento in cui l’uno e l’altro la pensano allo stesso modo, vivono assecondando e accettando l’identico barbaro principio che ammette, che sia per 12 ore all’anno o per sempre, che gli esseri umani travalichino la legge facendosi giustizia da soli.

Dopo aver visto il film viene spontaneo chiedersi se c’è chi al mondo potrebbe volere la nostra morte e se avendone la possibilità ci sarebbe qualcuno che andremmo a cercare per ucciderlo… senza sforzarsi troppo, al giorno d’oggi, è facile immaginare due risposte affermative ad entrambi i dubbi e ciò che è peggio, a parte l’inevitabilità del fatto che alcuni perderanno la vita o la toglieranno a un proprio simile per un qualsivoglia motivo, è che esisterà sempre una moltitudine di esseri umani che giustificherà e approverà queste azioni in nome di una giustizia che, secondo loro, non avrebbe altro modo di essere messa in pratica.

Una società di potenziali assassini che vivono nella paura di essere uccisi.

Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.