Titolo: Il tempo migliore della nostra vita
Autore: Antonio Scurati
Editore: Bompiani
Collana: Letteratura Italiana
Prezzo: € 18
Antonio Scurati, nato a Napoli nel 1969, è ricercatore alla IULM di Milano e membro del Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza. Editorialista della “Stampa”, ha scritto i saggi ‘Guerra. Narrazioni e culture nella tradizione occidentale’ (2003, finalista al Premio Viareggio), ‘Televisioni di guerra’ (2003), ‘Dal tragico all’osceno’ (2016).
Bompiani ha pubblicato, in versione aggiornata, il suo romanzo d’esordio ‘Il rumore sordo della battaglia’ (2006, Premio Fregene, Premio Chianciano), i saggi ‘La letteratura dell’inesperienza’ (2006), ‘Gli anni che non stiamo vivendo’ (2010), ‘Letteratura e sopravvivenza’ (2012) e i romanzi ‘Il sopravvissuto’, con cui l’autore ha vinto la XLIII edizione del Premio Campiello, ‘Una storia romantica’ (2007, Premio SuperMondello), ‘Il bambino che sognava la fine del mondo’, finalista al Premio Strega 2009. Del 2011 il romanzo, uscito sempre per Bompiani, ‘La seconda mezzanotte’ e del 2013 ‘Il padre infedele’, ancora finalista al Premio Strega. I suoi libri sono tradotti in numerosi paesi. ‘Il tempo migliore della nostra vita’ si è aggiudicato il Premio Viareggio e il Premio Selezione Campiello, entrambi nel 2015.
Un libro storiografico, non un romanzo, un racconto di grandi uomini, sia celebri che comuni, e della famiglia Scurati, nella difficile epoca del fascismo italiano. La figura centrale è Leone Ginzburg, pietra miliare della cultura italiana, ebreo nato ad Odessa, storico di letteratura russa, docente all’università ai tempi del fascismo, fondatore, insieme a Giulio Einaudi, della famosa e omonima casa editrice.
Antonio Scurati, attraverso lettere e scritti ritrovati, narra la figura di questo intellettuale che, per essere fedele a se stesso e mantenere la sua integrità di uomo libero pensatore, oppone il no più difficile, quello al giuramento fascista, imposto a tutti i professori universitari, con conseguenze inimmaginabili in questi nostri tempi di pace, libertà, parola e pensiero. Un no pesantissimo, quasi una rinuncia alla vita, un diniego che avrebbe procurato l’isolamento, la perdita del lavoro e dell’onorabilità, ma soprattutto che fa di lui un perseguitato del fascismo.
Cosa avrà pensato Leone mentre scriveva la lettera al Rettore dell’Università di Torino rifiutandosi di giurare fedeltà al Fascismo? Cosa avrà spinto una delle menti più intelligenti dell’epoca a dare, a soli 25 anni, una svolta così potente e sprezzante al pericolo? Quale la molla lo avrà portato, con soli altri 12 colleghi docenti su 1300, tra cui Vito Volterra, ad un gesto così estremo se non il bisogno di affermare la propria dignità a tutti i costi?
Un no pensato e ripensato, andando contro anche i consigli di Benedetto Croce, che diceva di non lasciare l’ateneo in mano ai fascisti.
La vita di Leone Ginzburg si incrocerà con quella di uomini diventati famosissimi, sia in letteratura, che in politica. Fonderà, dicevamo, con Giulio Einaudi, la casa Editrice Einaudi, lavorerà fianco a fianco di Cesare Pavese, incontrerà in carcere Sandro Pertini che sarà poi un amatissimo presidente della Repubblica. Sposerà Natalia Levi, una promettente scrittrice, che solo dopo la caduta del fascismo e la morte del marito, avvenuta nel 1944, potrà firmare i suoi scritti scegliendo di pubblicarli con il nome di Natalia Ginzburg.
Quando nella prima settimana dell’agosto del 1943 Leone Ginzburg torna a essere un uomo libero, ha da sei mesi compiuto trentaquattro anni. Due di questi li ha trascorsi in galera, due e mezzo sotto il regime di sorveglianza speciale, tre al confino e cinque da bambino in esilio da sua madre. Fanno una dozzina d’anni abbondanti che guerre, rivoluzioni e dittature hanno sottratto alla sua vita, libertà e infanzia.
Nonostante questa menomazione Leone è riuscito a dotarsi di una cultura eccellente, a costruirsi la reputazione di uomo integerrimo e d’intellettuale formidabile, a fondare una prestigiosa casa editrice, a combattere ostinatamente il fascismo e a dar vita a una famiglia. Ha tre figli… e una moglie amatissima da cui è teneramente riamato, una donna ammirevole che si cura della famiglia, traduce Proust e manifesta segni inequivocabili di un grande talento letterario.
Anche durante gli anni del confino, il protagonista continuerà il suo indefesso lavoro per la casa editrice Einaudi, scrivendo prefazioni, traducendo i grandi classici e rendendo così accessibile a tutti la cultura. Non potrà, però, firmare di suo pugno alcuno scritto, a causa della legge antisemita del tempo.
Scurati riesce a creare uno splendido filo conduttore tra la vita di Leone Ginzburg e Natalia Levi, la donna che ha amato e sposato e con cui ha creato una famiglia, e la vita di gente comune nella Torino, nella Milano e nella Napoli del tempo.
Ci fa conoscere gli esordi, nei piccoli teatri di Napoli, di quell’Antonio Clemente che, adottato da un marchese, diviene il principe Antonio de Curtis, in arte Totò, e del suo legame con Peppino Scurati, suo amico d’infanzia, che si è occupato del teatro dei pupi al Teatro Sanarluccio.
In alcune parti il romanzo è, quindi, autobiografico, con la narrazione delle origini contadine e della storia della famiglia Scurati, essendo Peppino nonno dell’autore del libro.
[…] io c’ero in quella corrente perché c’era il nonno di cui porto il nome. La sua vita di uomo comune, anonimo, insignificante davanti alla grande storia, può e, forse deve essere narrata accanto a quella gloriosa di Leone Ginzburg. Perché si illuminano a vicenda, la grandezza dell’uno nella modestia dell’altro e viceversa. […]
Per tutti loro, uomini illustri e non illustri, la memoria conservata in un racconto è l’unica forma di sopravvivenza. Si narrino, dunque, una accanto all’altra, in una sorta di profano vangelo sinottico, la vicenda tragica dell’eroe intellettuale, della sua stirpe e della sua discendenza, e quella della mia gente, gente comune, le si narrino addirittura fino al punto in cui questa linea genera me, lo scrivente. Il più insignificante.
Dicevo è un libro storico, non un romanzo, non ci sono personaggi, ma racconti della vita del tempo, di persone realmente vissute. Per gli appassionati dei libri di storia è una vera e propria chicca.
Ci mette davanti agli occhi grandi uomini, forse alcuni costretti a diventare grandi per le scelte compiute e per l’epoca in cui hanno vissuto, un momento storico in cui l’esistenza era sempre appesa ad un filo, un periodo in cui non era mai possibile sapere chi ti era amico e chi, invece, ti aveva tradito.
Il difendere la vita della propria famiglia ogni giorno, in ogni scelta, cosa che, oggi, a noi, sembra quasi impossibile da capire, essendo nati e cresciuti in un epoca di benessere e soprattutto di libertà.
[…] Mentre il presidente del consiglio del mio paese era inquisito con l’accusa di favoreggiamento della prostituzione minorile, il paese era sull’orlo della bancarotta e io progettavo il mio sesto romanzo, mi imbattei per caso, si dice così, nella notizia del ritrovamento della lettera di dimissioni con la quale Leone Ginzburg aveva detto il suo “No” al fascismo. Decisi subito che avrei raccontato la sua storia. Mi misi a studiarla cercandovi un anti-veleno alla nostra […]
La trama
Leone Ginzburg rifiuta di giurare fedeltà al fascismo l’8 gennaio 1934. Pronunciando apertamente il suo “no”, imbocca la strada difficile che lo condurrà a diventare un eroe della Resistenza. Un combattente mite, integerrimo e irriducibile che non imbraccerà mai le armi. Mentre l’Europa è travolta dalla marcia trionfale dei fascismi, questo giovane intellettuale formidabile prende posizione contro il mondo servile che lo circonda e la follia del secolo. Fonderà la casa editrice Einaudi, organizzerà la dissidenza e creerà la sua amata famiglia a dispetto di ogni persecuzione. Questa è la sua storia vera dal giorno della sua cacciata dall’università fino a quello in cui è ucciso in carcere. Nel racconto rigoroso e appassionato con il quale Scurati le rievoca, accanto a quella di Leone e Natalia Ginzburg, scorrono però anche le vite di Antonio e Peppino, Ida e Angela, i nonni dell’autore, persone comuni nate negli stessi anni e vissute sotto la dittatura e le bombe della Seconda guerra mondiale. Dai sobborghi rurali di Milano convertiti all’industria ai vicoli miserabili del “corpo di Napoli”, di fronte ai fucili spianati, le esistenze umili di operai e contadini, artisti mancati e madri coraggiose entrano in risonanza con le vite degli uomini illustri. Accostando i singoli ai grandi eventi, attraverso documenti, fotografie e lettere, ricordi famigliari e memoria collettiva, Antonio Scurati resuscita il nostro passato. È un racconto avvincente e insieme commovente in cui si stagliano figure esemplari con il loro lascito inestimabile e quelle di persone comuni, fino a scoprirne la profonda comunanza: le nascite e le morti, i libri e i figli, le case abitate o evacuate, la vita privata che per tutti si attiene a una medesima trama elementare, in cui risuonano fatti memorabili e trascurabili e in cui la “grande storia” incontra le storie di noi tutti.