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Tecnologie a supporto dell’insegnante di sostegno

Rocco Romeo


Intervista all’autore Rocco Romeo

È disponibile dal 15 giugno in tutte le librerie e online Tecnologie a supporto dell’insegnante di sostegno, edizione Agape, il nuovo libro di Rocco Romeo, architetto, docente di disegno presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate dell’Università degli Studi ‘Guglielmo Marconi’ di Roma, ma soprattutto esperto in materia, in quanto professore di sostegno all’IC Giovanni XXIII di Sant’Antimo (NA).

L’acuta prefazione è a cura del prof. Alessandro Bertirotti, docente di Antropologia Culturale e della Mente presso l’Università di Firenze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, di Psicologia generale presso l’Università di Genova, Facoltà di Architettura, e di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di Bari, Facoltà di Scienze Politiche.

Nel leggere il testo, i concetti che rimangono più impressi sono il valore della diversità come arricchimento reciproco, la personalizzazione, che rappresenta la specificità di un soggetto, perché, nonostante ogni essere umano sia unico, a tutti devono essere concesse le stesse opportunità.

Un libro che, in otto capitoli, indaga il ruolo della scuola nell’ambito della Cultura ed evidenzia come, negli ultimi dieci anni, l’evoluzione tecnologica abbia necessariamente modificato ed arricchito le competenze di ciascun insegnante, che, con quanta più coscienza ed empatia possibili, intento a creare un clima relazionale positivo, fatto di comprensione, disponibilità e rispetto, dove ogni bambino si senta a suo agio, più o meno inconsapevolmente, si scopre project manager, finendo con l’applicare l’analisi SWOT ad ogni discente e, soprattutto, ha il delicatissimo compito di decodificare un mondo di regole così da renderle soggettivamente fruibili per ognuno dei suoi alunni diversamente abili.

Data la delicatezza dell’argomento, decidiamo di approfondire con il diretto interessato, calabrese di nascita, ma santantimese d’adozione, che, tra l’altro, è impegnatissimo in ambito culturale e sociale insieme all’associazione Prosperity, con cui sta organizzando una serie di presentazioni di libri, e al noto prete anticamorra don Luigi Merola.

Al di là della tua professione, qual è stata la necessità che ti ha spinto a scrivere un testo su una tematica tanto spinosa?

Finalità è quella di trasmettere agli insegnanti il valore dell’esprimersi chiaramente e la necessità di semplificare testi orali e scritti con particolare, ma non esclusiva, attenzione ai livelli di competenza linguistica dei bambini.

Ho scelto volutamente un approccio più generale alla semplificazione che vede gli studenti DSA certamente in primo piano, ma non come unici destinatari di questo tipo di scelta didattica.

Nella strutturazione del libro si è inteso presentare la semplificazione come un atto comunicativo che deve tenere conto innanzitutto dei destinatari, ma anche del tipo di testo su cui opera, dei processi messi in atto, delle tecniche specifiche da utilizzare in rapporto al mezzo orale e a quello scritto e, infine, degli scopi che ci si prefigge.

Nell’analizzare il diritto all’istruzione sancito da ogni Stato democratico degno di essere definito tale, hai evidenziato come le pecche di un’inadeguata legislazione relativa all’istruzione dei diversamente abili nella scuola pubblica italiana abbiano in passato emarginato l’alunno con particolari deficit cognitivi e/o fisici. Excursus storico e analisi sociale ancor prima che culturale i tuoi, argomenti che ti stanno particolarmente a cuore “solo” perché docente che crede nell’uguaglianza nel “diritto a ricevere un’attenzione educativo-didattica sufficientemente individualizzata ed efficace” e cittadino che si batte per la Libertà, o c’è dell’altro?

L’11 gennaio 1950, Piero Calamandrei, padre costituente tiene un discorso al III congresso dell'”Associazione in difesa della scuola Nazionale”, che appare oggi di straordinaria attualità. Egli ribadisce la necessità di una scuola democratica che “corrisponda a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare”.

La scuola, secondo Calamandrei, è un organo “costituzionale, è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue. A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di “sole e dignità”.

“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.

Così recita l’articolo 34 della nostra Costituzione. Affermare che “la scuola è aperta a tutti” significa caratterizzare lo Stato sociale come Stato di cultura, che esclude ogni discriminazione nell’accesso ai saperi e nel diritto all’istruzione.

Ne deriva, come conseguenza, la necessità che lo Stato rimuova ogni ostacolo perché la scuola sia concretamente accessibile a tutti e l’istruzione sia generalizzata.
Va osservato che al dovere dello Stato di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, corrisponde un diritto all’istruzione dei cittadini. Nel caso della scuola dell’obbligo, tale diritto implica anche il dovere di istruirsi.

Oltre a citare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’ONU, ti sei soffermato sulle tre fondamentali tappe di un importante percorso legislativo nazionale: il 1953, che vede la creazione di Classi Speciali per minorati, Classi di differenziazione didattica e Classi differenziali; il 1962, con l’istituzione della Scuola Media unica ed obbligatoria; il 2010, in cui, finalmente, si attua l’inclusione scolastica degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Cosa si può ancora migliorare? Cosa ti sentiresti di suggerire al nostro legislatore?

L’inclusione delle differenze è il tema di vita scolastica che, ancora oggi, movimenta di più il mondo degli insegnanti. La conformazione che le classi presentano rispecchia la complessità sociale odierna e, rispetto al passato, risulta certamente più articolata e pluralistica. Nelle classi la presenza di alunni con disabilità certificata è una realtà variegata, inoltre, accanto a questi, sono presenti anche allievi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, DSA, con situazioni psicosociali e/o familiari problematiche, ragazzi con comportamenti complessi da gestire, o figli di stranieri.

Eppure sembra quasi che, in questo scenario di difficoltà, l’inclusione sia l’unico catalizzatore di sforzi di cambiamento, di tentativi per rendere più significativa la didattica, il lavoro scolastico, l’emozione della relazione e dell’apprendimento.

La diversità, ancora oggi, è il fulcro di un movimento evolutivo di qualità, certo difficoltoso, problematico, sofferto, ma reale. La continua e incessante ricerca di qualità dell’inclusione è, in realtà, la ricerca di una qualità del fare scuola quotidiano per tutti gli alunni.

L’alunno “diverso” interroga ogni giorno e ogni giorno chiede qualità. Nella ricerca, oggetto di questo articolo, si presenta l’esperienza della scuola Oliver Twist come possibile modello di buone prassi inclusive e di come, proprio le differenze degli alunni si siano trasformate in risorsa e stiano sviluppando, via via, processi di cambiamento e di innovazione metodologico/didattiche e strutturali di qualità e di successo formativo per tutti.

Le Linee Guida per l’integrazione degli alunni con disabilità del 2009 sono il documento, che presenta la decisione italiana dell’inclusione scolastica come un processo irreversibile, conseguente alla scelta “coraggiosa” che ha aperto le classi “normali” affinché diventassero per tutti effettivamente “comuni”.

Uno dei punti più rilevanti, in campo normativo, è senz’altro individuabile nella Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano con la Legge 18/2009, che impegna tutti gli Stati firmatari a provvedere a forme di integrazione scolastica nelle classi comuni, condizione che è, appunto, la specificità italiana.

Il diritto all’inserimento scolastico, ma anche e soprattutto sociale quello che vuoi mettere in luce, perché l’ambiente deve essere idoneo ad accogliere chiunque abbia Bisogni Educativi Speciali permettendogli di avere a disposizione strumenti validi per una riabilitazione il più inclusiva possibile. Concretamente come ti rapporti con questo tipo di studenti?

Nel luglio 2011, allegate al D.M. n. 5669, applicativo della Legge 170/2010, vengono pubblicate le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e studenti con Disturbo Specifico di Apprendimento.
Il documento è ricchissimo di indicazioni metodologiche e didattiche, al fine di assicurare un efficace intervento nei confronti degli alunni con dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia, nelle varie fasi evolutive.

Val la pena sottolineare che il rinnovamento metodologico auspicato per incontrare i bisogni “speciali” degli alunni con DSA si applica, con successo, a tutti gli alunni della classe. In questo senso, la trasformazione della didattica e della metodologia al fine di assicurare il successo formativo di particolari “categorie” di alunni può diventare occasione di miglioramento generalizzato della qualità del fare scuola.

La Direttiva del 27 dicembre 2012: ‘Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali, BES, e organizzazioni territoriali per l’inclusione scolastica’, sottolinea il fatto che in ogni classe sono presenti alunni che richiedono una speciale attenzione per una serie di ragioni che non si esauriscono nella presenza esplicita di deficit che diano luogo ad una certificazione ai sensi della L. 104/92.

La collaborazione armoniosa a vari livelli è una delle tematiche ricorrenti del tuo scritto, che si tratti di quella da attuarsi tra alunno, famiglia e scuola, o all’interno della stessa classe tra docente e scolaresca attraverso interventi di pedagogia differenziata. Così come sottolinei l’empatia nel “Cooperative Learning” in quanto strategia compensativa per l’inclusione nel rispetto delle reciproche differenze. In base al tuo vissuto, siamo di fronte ad una splendida analisi squisitamente teorica o l’umanità nella sua accezione di solidarietà, comprensione, disponibilità e rispetto contraddistingue ancora l’essere umano? C’è speranza?

Come dice Don Milani: “La scuola ha un problema se perde ragazzi. Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. Chi era senza basi, lento, svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti”.

In questa affermazione si ritrova il valore ideale della Mission di Cometa: “Non perdere nessuno, perché tutti gli alunni sono educabili”.

Fai riferimento alla “Flipped classroom”, che modifica il ruolo classico dell’educatore, il quale, da immigrato digitale, deve imparare a stare al passo con le nuove tecnologie rispetto agli alunni, al contrario, nativi digitali. L’insegnante diviene, appunto, “una figura che integra più competenze, quelle disciplinari e quelle di tutoraggio, coaching e mentoring, in presenza e online, dei suoi studenti”. E lo hai sperimentato direttamente da marzo in poi, quando, a causa della pandemia da Covid-19, la scuola, chiudendo i cancelli, si è dovuta virtualmente reinventare. Quali le maggiori difficoltà incontrate?

Per i colleghi la co-docente, come risorsa aggiuntiva, ha consentito di far evolvere la didattica ordinaria in forme più flessibili e inclusive come l’apprendimento cooperativo, il tutoring, la didattica laboratoriale, l’adattamento e la diversificazione dei materiali di apprendimento, l’uso partecipato ed inclusivo delle tecnologie e di promuovere l’utilizzo di una valutazione formativa autentica che esamina il processo di apprendimento e non i risultati.

Grazie all’azione di motivatore positivo, di mediazione e di coordinamento didattico-relazionale, sviluppate con i colleghi, si è potuto realizzare il co-teaching in cui i ruoli si possono differenziare e inter-scambiare.
Con due insegnanti la classe ha potuto essere facilmente divisa in gruppi e sottogruppi, non è più un monolite inattaccabile, si è potuto essere più vicini agli alunni, sia in senso didattico che psicologico, si sono rotte le barriere dell’aula, conquistando contesti facilitanti, si è riusciti meglio anche ad intervenire sulle problematiche comportamentali in modo più preventivo o almeno più precoce, il gruppo classe ha fatto meno paura ed è stato più gestibile.

Cosa ti ha insegnato l’esperienza didattica in remoto durante l’emergenza sanitaria e come la utilizzerai non solo nell’ambito della tecnica personalizzata per “l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue ‘preferenze’ e del suo talento“, attraverso strumenti compensativi e misure dispensative, ma anche e soprattutto del tuo percorso di crescita interiore?

Ritengo si debba ancora lavorare per:
migliorare la capacità di relazione educativo-affettiva  e di negoziazione, punto nodale per favorire la crescita del benessere in classe;
sviluppare la fermezza della flessibilità per il rispetto delle regole;
utilizzare con più sistematicità nelle attività d’aula la didattica laboratoriale per l’acquisizione delle competenze teoriche di base;
cercare spazi temporali per programmare e pianificare i lavori collegialmente;
usare nei confronti dei ragazzi una valutazione formativa e non sommativa “la vera valutazione è quella che confronta ognuno con se stesso”;
analizzare l’organizzazione scolastica complessiva con l’aiuto dell’Index per l’inclusione per individuare e misurare i fattori di qualità e i processi di auto-miglioramento.

Per te, la scuola italiana è pronta per un insegnamento esclusivamente a distanza, o il ruolo del classico docente, guida, porto sicuro in caso di sbandamento emotivo, all’occorrenza psicologo e confidente per la sua classe è insostituibilmente in presenza?

Certo, si è sentito la mancanza dell’interazione diretta, che rende tutto più facile e fluido. Manca la possibilità di indicare un errore su un compito mentre con lo sguardo si cerca di trasmettere fiducia nelle capacità dello studente di superare un ostacolo; manca la possibilità di fare un commento estemporaneo o di cogliere uno spunto di discussione non strettamente programmato.

Chi fa questo lavoro sa quanto questi momenti possano essere formativi. Nel frattempo, si cerca di offrire un sostegno ai ragazzi, che appaiono preoccupati e disorientati.
I maturandi, colpiti già da una sequela di riforme che lasciano perplessi anche i docenti, vedono ora messo in forse il lavoro fatto. In questa fase fluida e indefinita, si cerca di guidarli e di spingerli a restare concentrati. Un po’ tutti, ma soprattutto bambini e ragazzi più piccoli, riferiscono di sentire la mancanza dei propri spazi di socialità.

Nel ringraziare il prof. Rocco Romeo per il tempo che ci ha dedicato, concludiamo con l’interessante videomessaggio del prof. Alessandro Bertirotti, in cui, invogliando all’acquisto del libro, ne sottolinea i pregi e la spiccata sensibilità dell’autore.

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.

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