Di luci e di ombre: immaginiamo insieme il Teatro di domani
Riceviamo e pubblichiamo.
La scorsa settimana, venerdì 27 marzo, abbiamo pubblicato sui nostri canali il messaggio del drammaturgo pakistano Shahid Mahmood Nadeem, la cui voce ha fatto il giro del mondo in questo momento segnato da una battaglia globale contro il Covid-19, un virus che, prima di qualsiasi altra cosa, ha messo in crisi il nostro essere “uomini sociali”.
La nuova vita, che ci siamo trovati a vivere nel rifugio delle nostre case, deve rispettare delle regole fondamentali che però hanno capovolto la scala di valori su cui si basa il nostro lavoro e la nostra vita in gruppo: contatto e partecipazione sono i principi su cui si fondano gran parte delle comunità umane, e quella del Teatro non fa eccezione.
Ecco che allora le parole di Shahid ci hanno dato modo di riflettere.
In questo momento così complesso, il pensiero è uno dei pochi beni preziosi di cui non possiamo e non dobbiamo fare a meno.
L’autore del messaggio della Giornata Internazionale parla del Teatro come un Tempio e dell’attore come Avatar, una reincarnazione di qualcosa di sacro. Per quanto molto potente non è stato questo accostamento tra sacro e profano a colpirci. Qualunque vero teatrante benedice dentro di sé le assi del palcoscenico, prima di salirci sopra, e immola la propria vita, sbagliando, perdendosi o inciampando, alla ricerca di qualcosa che ritiene sacro.
Quello che ci ha fatto riflettere è invece il fatto che la sacralità del Teatro rimane immutata nei secoli. Cambiano le società, la politica, le guerre e le calamità della natura. Non è certo il Teatro a essere in pericolo. Siamo noi uomini a essere minacciati. Non è il Teatro a cambiare. Siamo noi uomini, suoi sacerdoti, a doverci adattare alle difficoltà della vita e riscriverle per il palcoscenico.
Il Teatro non morirà. Tutt’al più sarà necessario constatare se saremo noi in grado di sopravvivere, mutando forma e imparando a raccontare ancora una volta il mondo e il nostro tempo che, dopo quanto è accaduto, ne siamo certi, non rimarrà immutato. È a questo pensiero che il Teatro Argot di Roma rivolge in questo momento il suo sguardo verso il futuro.
In questo inizio di aprile, quasi fosse uno scherzo di cattivo gusto, con l’avvento della primavera, dobbiamo comunicare la sospensione della nostra stagione 2019 – 2020. Questo comunicato avrebbe dovuto presentare la seconda edizione della Rassegna OVER_Emergenze Teatrali, promossa da ARGOT con la collaborazione del Teatro NEST di Napoli, Theatron 2.0 e Dominio Pubblico, e con la complicità di molte altre realtà.
Avrebbe offerto a 5 compagnie uno spazio di presentazione al termine della stagione e l’avviamento di un nuovo progetto di accompagnamento alla produzione di spettacoli inediti. Invece, dobbiamo ora, attraverso questo comunicato, dare comunicazione della sospensione delle attività teatrali fino a data da destinarsi.
Purtroppo, a distanza di quasi quattro settimane dalla chiusura del Teatro Argot Studio, in data 4 marzo 2020, è ormai chiaro che la battaglia che stiamo combattendo si estende oltre i confini delle nostre case, dei nostri uffici e del nostro Paese.
La rassegna OVER sarebbe stata l’ultimo evento di questa stagione. Fino all’ultimo ci abbiamo lavorato e abbiamo sperato che potesse segnare un punto di ripresa e una festa per la riapertura del Teatro e della Città. Ormai è chiaro per tutti che non sarà così.
Aspettiamo i prossimi giorni per sapere cosa succederà ma il Governo sta già varando l’estensione delle misure restrittive fino a dopo la Pasqua. Anche se ci fosse consentito di riaprire gli uffici ai primi di maggio non verranno ancora permessi assembramenti e pertanto la distanza sociale resterà una delle principali misure di sicurezza anche nell’immediato futuro, almeno nei termini previsti per la fine dell’emergenza.
In questa situazione non è pensabile tenere aperto un Teatro. Mettere in moto la macchina della comunicazione e della promozione in una situazione in cui anche tutte le altre attività commerciali italiane sono paralizzate. Mancano le condizioni minime insomma.
Per questa ragione è impensabile che il Teatro Argot possa nei prossimi mesi ospitare eventi di pubblico spettacolo. Ci auguriamo che non sia una prospettiva più lunga della prossima estate perché se così non fosse questo potrebbe cambiare decisamente il nostro futuro. Ma anche su questo è presto per fare pronostici, in positivo o in negativo.
Nella speranza che l’autunno si dispieghi davanti a noi come un momento di ripartenza cercheremo di mantenere attive tutte le attività che ci verrà concesso di ospitare. Quello di cui siamo sicuri è che, non appena sarà possibile, riapriremo gli uffici e ci dedicheremo a lavorare ai prossimi progetti, viaggiando parallelamente al resto del mondo e raddrizzando il tiro passo dopo passo. È importante, a nostro avviso, comunicare questa scelta verso l’esterno e dare un segnale, anche di riflessione.
Nel frattempo, continuiamo a immaginare il futuro; siete dunque tutti invitati a pensarlo insieme a noi: inviateci le vostre proposte a argot.teatrodidomani@gmail.com anche per immaginare insieme il Teatro di domani. In che modo potrà continuare a esistere e a resistere.
Vogliamo che la nostra riflessione sia condivisa e aperta e che possa accogliere le proposte degli artisti che da sempre ci sono vicini, ma anche quella dei nostri spettatori più affezionati e di quelli che invece devono ancora venire.
Chi ha abitato, vissuto e supportato il nostro spazio in via Natale del Grande sa che per oltre trent’anni è stata la casa di artisti e persone capaci di ripensare e ribellarsi alla realtà attraverso l’arte e l’immaginazione: il teatro riproduce, sì, la realtà, ma lo fa in un modo tutto suo. La vita in teatro è fatta di luci e di ombre, e anche in questo particolare momento, così oscuro, sappiamo che sapremo ripensarla insieme e illuminare il nostro cammino verso il prossimo approdo.