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Tam Tam, storia ingiusta di una squadra di basket in attesa di riscatto

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Il grande cuore di Massimo Antonelli per gli atleti di Castel Volturno (CE)

La vergogna della discriminazione, la violenza del razzismo, incomprensibili tsunami che travolgono gli argini umani e li oltrepassano con inaudita veemenza, inspiegabile ferocia.

Un’altra pagina da dimenticare, anzi, che non sarebbe mai dovuta accadere. Una storia, che ormai conosciamo tutti e che ha riempito di sdegno e di incredulità il mondo dello sport, e mi riferisco solo a quello pulito, a quello che dovrebbe insegnare rispetto, aggregazione, cooperazione e inclusione a tutti i nostri ragazzi.

Tam Tam è la squadra di pallacanestro di Castel Volturno, in provincia di Caserta, un territorio e una realtà che chiamarli difficili sarebbe estremamente riduttivo.

Delinquenza, abusivismo, commissariamento per infiltrazioni camorristiche, insomma una vita dura per i suoi abitanti costretti ad affrontare e tentare di superare ogni giorno l’emergenza continua.

Castel Volturno è anche patria di immigrati, e, secondo il Ministro Lamorgese in visita lo scorso 26 luglio, se ne contano 35 mila di cui almeno 15 mila irregolari.

Ebbene, un gruppo di figli di questi immigrati, ragazzi nati in Italia, seguiti da Massimo Antonelli, ex giocatore della Virtus Bologna e del Napoli Basket, fa parte della squadra locale di pallacanestro e, due anni fa, ha partecipato e vinto il campionato regionale under 15, grazie ad una deroga della FIP, Federazione Italiana Pallacanestro.

Il Covid poi li ha costretti ad una pausa forzata, fino a quest’anno, quando Tam Tam avrebbe dovuto partecipare al campionato nazionale under 17. Ma, colpo di scena, la Federazione non ha dato loro il permesso di giocare in deroga, rifiutando la richiesta di iscrizione con la motivazione che i ragazzi, sebbene siano nati in Italia e frequentino la scuola italiana, risultano essere stranieri per lo Stato italiano.

Un controsenso, Massimo Antonelli. Che sta succedendo coach?

Per la Federazione Italiana Pallacanestro, se un atleta ha fatto 3 anni di formazione in Italia, dopo 4 anni che si è stati regolarmente iscritti ai Campionati giovanili e se si disputano almeno 14 partite, si diventa di formazione italiana.

E allora qual è il problema? Partiamo dall’inizio…

Alla Federazione, nell’anno 2017/18, figura che i ragazzi hanno disputato solo 3 o 4 partite a testa e non le 21 – 22 che effettivamente hanno giocato.

E come è possibile una tale differenza di numeri?

È capitato poiché in quell’anno ci fu concessa la deroga e le liste atleti, che ogni volta si consegnano agli arbitri, non potevano essere date attraverso il portale della federazione come da prassi.

Esso è infatti programmato affinché ci possano essere solo 2 stranieri in squadra, impedendoci, in tal modo, di utilizzarlo e costringendoci a portare la lista a mano.

Evidentemente, proprio perché consegnata a mano non è stata riportata in maniera corretta, creandoci il grosso problema.

Mi chiedo come sia possibile che la Federazione non abbia rilevato l’incongruenza visto che se non aveste giocato tutte le partite non sareste mai arrivati a gareggiare per il titolo regionale…

Infatti, e ho mandato una mail alla Federazione facendo presente che i nostri atleti hanno giocato più di 14 partite, inducendoli a riflettere e a verificare la veridicità delle mie affermazioni, dimostrabile, oltretutto, dai tesseramenti storici dei nostri ragazzi. Questo per gli under 19.

Intanto, la storia si sta ripetendo anche per gli under 17; i nostri ragazzi hanno dovuto richiedere la deroga per giocare, poiché la Federazione non vuole riconoscere e mettere per loro in atto leggi ben più inclusive come lo ius soli sportivo.

Ragazzini che fanno grossi sacrifici per arrivare in palestra, magari a piedi e da lontano.

Giocare a basket per loro è motivo di vita, sono appassionati, innamorati dello sport. Oltre alla scuola, che frequentano regolarmente, sono stimolati e motivati a venire agli allenamenti, crescere, misurarsi con gli altri e anche a trovare una scappatoia, nuove opportunità a quello che offre la vita quotidiana, visto che il territorio, di prospettive non ne porge.

Con questo sport vengono proiettati in un mondo nuovo e con grosse potenzialità, riescono a fare quello che forse mai avrebbero potuto, per esempio giocare in altre città sia in Italia sia, qualche volta all’estero.

Questo fa capire loro che esistono altre realtà e che lo sport può diventare un tramite per poterle raggiungere.

Sono ragazzi che vivono in case molto popolate, famiglie sempre numerose con i genitori che lavorano entrambi, chi sui campi, chi fa il muratore, lavori non stabili, alla giornata.

Anche le mamme, nella maggior parte dei casi sono costrette a lavori spossanti – badante, donna delle pulizie nelle case – dove ci si sveglia presto la mattina e si torna tardi la sera, quindi si ha anche poco tempo per seguire i propri figli.

Ragazzi che fanno grossi sacrifici e molto motivati. Una situazione del genere immagino abbia suscitato loro emozioni e reazioni molto forti…

Ci sono rimasti male, ma tanto. Si sono sentiti discriminati, si sono chiesti perché la Federazione non mette in atto, leggi più attuali, meno obsolete, perché nel basket non ci si vuole adeguare a queste leggi sportive più inclusive.

E poi domande più profonde: ‘Che abbiamo noi di diverso  rispetto agli altri? È solo un fatto razziale, perché siamo neri?’

Continuano a porsi domande, a credere che non sia possibile un così grande sopruso.

Sembrerebbe quasi un voler inculcare in loro, sin da ragazzini, la diversità, la discriminazione, la brutalità del razzismo…

Purtroppo tutto questo, secondo me, incide fortemente sulla loro mentalità; la discriminazione, questi ragazzi, la avvertono forte e chiara.

C’è però da dire anche che, nonostante tutto, quando vanno in campo e giocano, si divertono, quindi l’aspetto anche di rivendicazione dei diritti e il nervosismo per il torto subito, viene un po’ stemperato, passa momentaneamente in secondo piano.

So che per far sentire la loro voce, hanno scritto una lettera a Gianni Petrucci che, dal 2013, è il Presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Com’è andata?

L’hanno decisa e scritta di loro pugno, io non l’ho voluta neanche correggere. Hanno chiesto di giocare in deroga, spiegando, a cuore aperto, il loro desiderio di competere con i più bravi.

‘Desideriamo iscriverci al campionato di eccellenza come giocatori e come squadra pensiamo che questa può essere e speriamo lo sarà una ottima occasione per crescere e mettersi in gioco, dimostrando quanto valiamo’.

Hanno vinto un campionato e si sentono, come è giusto che sia, nel pieno diritto di competere con i migliori. Facciamo sì che non venga meno quello che è lo spirito dello sport.

Non è possibile, non è etico ed educativo se, quando vinci, ti bloccano, ti fanno restare sempre dove ti trovavi, senza permetterti di andare avanti, senza progredire e poter proseguire. No, non va bene.

Nel momento in cui hai vinto un campionato, hai acquisito un diritto e loro, solo perché sono nati in Italia ma hanno genitori stranieri, devono essere penalizzati così?

E perché solo lo sport si comporta in questa maniera? La scuola, la sanità sono inclusivi per tutti loro, perché lo sport non fa altrettanto?

La Federazione come si è giustificata nei confronti di quest’evidente incongruenza?

Per non prendersi la responsabilità di decisione, l’ente federale ha fatto una indagine chiedendo alle società contro le quali dovevamo giocare, se erano d’accordo ad accettare l’iscrizione di Tam Tam. Un iter decisamente anomalo.

Intanto, le varie società ci hanno contattato dicendo che loro non avevano problemi nei confronti della partecipazione di Tam Tam e non volendo essere accusate di razzismo, hanno dato senza indugio l’ok alla federazione.

E allora?

Noi crediamo che la Federazione abbia paura di una possibile invasione di stranieri in Italia e che le società più ricche possano andare in giro per i vivai di tutto il mondo, soprattutto in Africa, Paese notoriamente povero, prendendo i migliori talenti e portandoli nel Belpaese a scapito degli atleti italiani.

Ma la vostra è una realtà ben diversa…

Castel Volturno è un pezzo di Africa che si è spostato in Italia. I nostri ragazzi nascono in Italia, sono italiani e noi stiamo valorizzando atleti che a 18 anni diventeranno comunque italiani, a tutti gli effetti, anche per la legge.

Proprio per questo non giustifico questa loro paura, anzi, la nostra bellissima realtà sportiva, di atleti in gamba e con grosse potenzialità, dovrebbe essere da stimolo anche per le altre società sportive affinché anche in altre regioni possa nascere una realtà inclusiva come la nostra.

E ora vi attende la decisione del TAR visto che voi avete presentato un ricorso.

Nonostante questo sia il secondo ricorso al TAR e nonostante il primo sia stato bocciato, oggi crediamo che possa cambiare qualcosa.

Discuteremo se i ragazzi abbiano diritto di giocare il campionato di eccellenza che hanno meritato a pieno titolo, vincendo il torneo regionale.

Spero venga ribaltata questa decisione inumana e discriminante presa dalla Federazione. Spero che comprendano che bisogna dare pari opportunità ai ragazzi, anche nello sport.

E poi, con questi meravigliosi vivai di giovani cestisti, anche la federazione potrebbe beneficiarne, sicuramente nasceranno nuove stelle del basket, stelle italiane e che giocheranno in Italia…

In attesa dunque del responso del Tribunale Amministrativo Regionale, Coach Massimo mi racconta delle nuove iniziative in cantiere, l’inaugurazione, a breve, di una palestra più grande, funzionale ed attrezzata e la possibilità di creare, oltre alla under 17 e under 19, una nuova leva di basket, includendo bambini e bambine dai 6 anni in su, poiché a Castel Volturno manca qualsiasi offerta sportiva per le femminucce.

Da ricordare che Tam Tam si fa carico per tutti i suoi atleti di riportarli a casa in pulmino dopo ogni allenamento. Un’altra delle tante belle iniziative nate e portate avanti grazie al cuore grande di persone come coach Massimo Antonelli.

La cosa bella è che sei sempre ripagato per sforzi che fai, da loro ricevi sempre tanto.

I ragazzi, con la loro gioia, i loro sorrisi, stampati sui loro bei volti, con il loro gioco, il loro entusiasmo, palesano la grande voglia di riscatto sociale che sentono.

E con la loro energia, vivacità e fiducia dimentichi qualsiasi preoccupazione, anzi, vieni contagiato anche tu e sorridi, felice di averli conosciuti, di lavorare con loro e di essere un esempio positivo che loro seguono.

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Autore Antonella di Lello

Antonella di Lello, giornalista radiotelevisiva e sportiva, specialista in pubbliche relazioni. Etologa ed educatrice cinofila.