L’opera che forse ha dato la più ampia divulgazione popolare all’idea dei viaggi nel tempo è il film Interstellar di Christopher Nolan.
Il motivo per il quale possiamo prendere seriamente le ipotesi fantascientifiche alla base della trama del film è che il consulente di Nolan, nello scriverne la sceneggiatura, è stato il premio Nobel per la fisica Kip Thorne, che ha curato fin nei minimi dettagli gli aspetti scientifici del film.
L’idea con cui si sono baloccati fisici e scrittori di fantascienza è che, sotto l’azione di grandi concentrazioni di massa, ad esempio buchi neri, il continuum spazio-temporale possa ripiegarsi su se stesso: in tal caso le linee più brevi tra due punti sarebbero geodetiche, linee curve, che renderebbero contigui punti dello spazio-tempo che, secondo la geometria euclidea, sarebbero lontanissimi tra loro.
Già nel 1916, subito dopo che Einstein aveva formulato la tua teoria della Relatività Generale, il fisico Ludwig Flamm scoprì che questi “passaggi” da un punto all’altro del nostro universo erano compatibili con le equazioni di Einstein.
Molti anni dopo il fisico John Wheeler chiamò questi ipotetici passaggi wormhole, paragonandoli ai buchi che un bruco pratica nella polpa di una mela, potendo passare da un punto all’altro della sua superficie attraversandola dall’interno, forandone cioè la polpa, secondo un percorso più breve di quello necessario mantenendosi sempre all’esterno della superficie stessa.
I passaggi spazio-temporali, in seguito a uno studio dello stesso Einstein e del fisico Rosen, presero poi anche il nome di ponti di Einstein – Rosen.
Il problema di questi ipotetici passaggi è che, se uno di essi dovesse aprirsi spontaneamente – il che appare oltremodo improbabile – le equazioni di Einstein prevedono che, posto che possa esistere, esso sarebbe notevolmente instabile: dovrebbe richiudersi con tale rapidità che nemmeno un raggio di luce riuscirebbe ad attraversarlo.
Fu proprio Kip Thorne a scoprire negli anni 80 che condizione perché un wormhole possa rimanere aperto a lungo nel tempo, ad esempio per permettere il passaggio di un viaggiatore temporale, è che esso contenga al suo interno della “materia esotica”, cioè avente energia o massa negative.
Nulla induce a credere che degli wormhole possano formarsi spontaneamente nel nostro universo, e tantomeno racchiudere al loro interno materia esotica. Ma in dimensione subatomica, invece, sembra probabile che in natura possano esistere microscopici wormhole.
Nel suo libro Viaggiare nello spazio-tempo, dedicato a queste questioni e ai retroscena scientifici del film Interstellar, Thorne si chiede se una civiltà molto più evoluta della nostra potrebbe mettere a punto una tecnologia in grado di “dilatare” un wormhole e renderlo stabile.
Un ponte di Einstein – Rosen, un wormhole, consentirebbe allora di passare da un punto all’altro dell’universo più velocemente di quanto non impiegherebbe la luce a percorrere quella stessa distanza, grazie a un “cunicolo” determinato da una deformazione dello spazio – tempo.
L’8 gennaio del 1942 nasceva in Inghilterra Stephen Hawking, uno dei fisici più brillanti di tutti i tempi, un autore imperdibile per chi si interessi al problema di cosa sia il tempo e alla possibilità di viaggiare nel lontano passato o nel remoto futuro. Autore di moltissime e notevoli scoperte in Fisica, nonostante i gravissimi handicap fisici che lo hanno afflitto fin da giovane, Hawking è stato anche un fantastico divulgatore.
Tra tutte le sue opere ricorderò Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo.
Alla fine degli anni 70 e nei primi anni 80 avevo una borsa di studio C.N.R. per la matematica all’Università di Pisa, in Topologia differenziale, e spesso mi baloccavo con l’idea dei viaggi nel Tempo. Viaggi nel tempo che, ad oggi, nessun fisico ritiene ancora possibili, almeno con il nostro corpo fisico.
Pochi sanno che il primo ad ipotizzare una soluzione delle equazioni di Einstein che prevedesse la possibilità di curve chiuse spazio-temporali fu il logico Kurt Godel, nell’articolo An example of a new type of cosmological solution of Einstein’s field equations of gravitation, in Rev. Mod. Phys., vol. 21, 1949, pp. 447-450.
Nel volume antologico Albert Einstein scienziato e filosofo, Einstein scrisse che nella serie di eventi descritta da una di quelle curve chiuse non ci sarebbe alcun criterio per stabilire quale evento sia precedente o successivo agli altri.
Godel è una dei più geniali figure del XX secolo. Per dirne una, dopo aver demolito le speranze di Hilbert e Frege di formalizzare la matematica e la logica deducendone tutte le proposizioni da un numero finito di assiomi, spazzando via questo sogno con il suo teorema di indecidibilità e incompletezza, in teologia perfezionò l’argomento di Sant’Anselmo per dimostrare l’esistenza di Dio!
Anche la teoria delle stringhe ipotizza la possibilità di deformazioni nello spazio – tempo e di altre dimensioni eccedenti le 3 dello spazio ordinario, ma queste sarebbero “contratte” in una scala subatomica e quindi incompatibili con i “cunicoli” percorribili di cui si parlava.
I romanzieri di fantascienza e gli sceneggiatori di film e di serie televisive come Star Wars, Star Trek, Interstellar o Fringe si sono gettati come piranha su questi fantasmi concettuali per trarne linfa per i loro racconti, immaginando la possibilità di creare tunnel a volontà in uno stesso universo tra punti molto distanti tra loro, per viaggiare più veloci della luce, o anche nel passato o nel futuro, oppure, come nel caso della serie televisiva Fringe, sfruttando la “teoria del multiverso” – uno dei modelli di multiverso è condiviso da Hawking, che sostiene che esistano più universi paralleli fuori dal nostro spazio-tempo – per sostenere che si possa viaggiare da un universo all’altro.
In tal caso si ipotizzano particolari cunicoli spazio – temporali noti come “worm holes di Schwarzschild”, in grado di connettere più universi tra loro.
Queste ipotesi sono scaturite, dal punto di vista astratto e matematico, da soluzioni teoriche possibili delle equazioni di campo di Einstein e dall’ipotesi che i buchi neri, pozzi che inghiottono materia, “dall’altro lato” siano buchi bianchi, sorgenti di materia, quasar o altro.
Ma, come abbiamo detto, i worm holes fin qui descritti, se esistessero, sarebbero impraticabili per ipotetici viaggiatori del tempo, perché altamente instabili e perché i malcapitati sarebbero annichiliti dalla forza esercitata dall’enorme concentrazione di massa dei buchi neri, assai prima di avvicinarsi a uno di questi ipotetici “cunicoli”.
Sono stati anche ipotizzati cunicoli di massa negativa, detti di Lorentz, in teoria attraversabili, sia verso il passato che verso il futuro. Ma se i worm holes di Lorentz sono possibili da un punto di vista strettamente astratto e matematico, come soluzioni di equazioni, è tuttavia improbabile che esistano nella realtà, perché implicano una materia che abbia una densità negativa di energia, cosa che, fino ad oggi, nessuno ha mai osservato.
È opinione sia di Hawking che del fisico Roger Penrose che queste soluzioni non esistano nella realtà, almeno in quella non coperta dall'”orizzonte degli eventi” di qualche buco nero, il che le renderebbe inosservabili.
Hawking, parlando di questo princìpio di “censura cosmica”, ha anche detto:
Einstein sbagliò quando disse: “Dio non gioca a dadi”. La considerazione dei buchi neri suggerisce infatti non solo che Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonde gettandoli dove non li si può vedere».
Inoltre, per dissuadere i lettori più fantasiosi dal farsi influenzare dai termini e dalle immagini più esotiche della fisica teorica e attribuirle alla realtà, Hawkins e Penrose hanno anche scritto:
Assumiamo un punto di vista positivista secondo cui una teoria fisica è solo un modello matematico e che è senza senso chiedersi se corrisponda alla realtà. Tutto quello che si può chiedere è che le sue previsioni siano in accordo con le osservazioni.
Hawking è andato oltre, ipotizzando che le leggi della fisica impediscano la nascita di curve chiuse del tipo di quelle ipotizzate da Godel, impedendo così il crearsi di paradossi temporali.
Altri astrofisici, come l’italiano Paolo Salucci, sono più possibilisti sull’esistenza di worm holes e sulla loro percorribilità per viaggiare nel tempo; per Salucci esisterebbe un gigantesco worm hole proprio nella nostra galassia.
Una volta ammesso che sia possibile viaggiare nel tempo verso il passato, nascono, in effetti, innumerevoli paradossi legati al fatto che sarebbe possibile modificare il corso degli eventi, alterando la storia e cambiando il futuro da cui si proviene.
A questo proposito, come si è detto, la teoria del Multiverso ipotizza una moltitudine di universi coesistenti, ma alcuni vedono questa teoria solo come una conseguenza della teoria delle stringhe, ideata per conciliare meccanica quantistica e relatività generale, e ne limitano la portata alle dimensioni subatomiche.
Ma c’è un’altra strada per poter viaggiare nel tempo, una strada praticata da millenni dai maestri spirituali di tutte le religioni.
Viviamo nel tempo ciclico dell’accadere quotidiano, nel kronos, che ci conduce velocemente dalla nascita alla morte. Ogni uomo, per poter vivere il tempo “profano” in cui è immerso dando un senso alla propria vita, deve rivitalizzarlo, periodicamente, in attimi eccezionali nei quali stabilire un contatto vivificante con una prospettiva più ampia, una prospettiva che abbracci decenni, secoli, millenni, e restituisca, alle vicende che lo vedono protagonista, la loro vera dimensione, una prospettiva che i mistici e i religiosi di ogni epoca conoscono bene.
Il prevalere del kronos rivela spesso in un uomo l’abbrutimento e l’inaridimento di chi non riesce ad avere alcun contatto con le istanze più elevate del proprio spirito. Inghiottito dalle piccole gesta della quotidianità, dalla ripetitività e dalla monotonia dei giorni che uno dopo l’altro lo conducono a morire, la coscienza di sé accecata, non sa più guardare oltre il ristretto orizzonte offerto dall’istante successivo.
Anche le dottrine induiste e buddhiste hanno attribuito al tempo due diverse nature. Una, ciclica, è scandita dall’alternarsi dei cicli cosmici e dagli infiniti ritorni dell’anima, l’altra, trascendente, è quella del Gran Tempo degli déi a cui può accedere solo chi riesca a sottrarsi alla inesorabile ruota del divenire, che conduce l’anima a reincarnarsi indefinitamente, spinta dal karma accumulato nelle vite precedenti.
Nel tempo profano degli indù ogni piccolo ciclo è detto mahâyuga e dura 12.000 anni e per il Mahabharata, mille mahâyuga formano un kalpa, o forma, e 14 kalpa costituiscono un manvantâra, ossia un grande ciclo istituito dall’antenato re Manu.
La vita di Brahma, destinata anch’essa a rigenerarsi periodicamente, comprende quindi 2.560.000 mahâyuga, ciascuno dei quali è caratterizzato dalle 4 tappe, krta, tretâ, dvapara e kali yuga, e dalla dissoluzione finale.
Il buddhismo e il jainismo, che paragonano il tempo ciclico a una ruota con 12 raggi, ne hanno una visione molto simile, che differisce da quella indù solo per il significato particolare e la durata attribuita ai kalpa.
Ogni kalpa equivale ad un giorno nella vita del dio Brahma, creatore dell’universo sensibile, un altro kalpa alla notte. Cento anni di Brahma, ossia 311.000 miliardi di anni solari, costituiscono la vita del dio. La percezione della corrente sterminata del tempo ciclico conferisce alla vita umana storica un valore relativo e irreale.
Come dice Eliade in Immagini e simboli:
Il mondo storico, le società e le civiltà costruite a fatica con lo sforzo di migliaia di generazioni, tutto questo è illusorio in quanto, sul piano dei ritmi cosmici, il mondo storico dura lo spazio di un istante. L’uomo del Vedânta, il buddhista, lo rsi, lo yogi, il saddhu, eccetera, tirano le logiche conclusioni dalla lezione del tempo infinito e dell’Eterno Ritorno, rinunciano al mondo e ricercano la Realtà Assoluta, ché solo la conoscenza dell’assoluto li aiuta a liberarsi dall’illusione, a strappare il velo della Mâyâ.
Le tecniche per uscire dalla ruota del divenire ed integrare la dimensione storica del tempo con quella trascendente sono due. Una è quella dell’ascesi e dello yoga, una disciplina fisica e spirituale basata sul controllo dei ritmi respiratori.
Lo yogin identifica il suo corpo fisico con il cosmo che lo circonda e con i suoi ritmi, riuscendo a controllare e dissolvere il karma che lo tiene avvinto sia al passato che al futuro.
Prima di poter realizzare il suo obiettivo ultimo, che è quello di uscire dal tempo e dalla catena delle reincarnazioni, “il corpo mistico dello yogin”, dice ancora Eliade
diventa un microcosmo. La sua inspirazione corrisponde alla corsa del Sole, cioè al Giorno; la sua espirazione alla Luna, cioè alla Notte. In virtù di questo il ritmo respiratorio dello yogin sfocia nella perfetta integrazione nel ritmo del Gran Tempo cosmico. Tuttavia, questa integrazione nel Gran Tempo cosmico non abolisce il tempo in quanto tale, quel che cambia sono soltanto i ritmi: lo yogin vive un tempo cosmico ma, nonostante ciò, egli continua a vivere nel tempo.
L’altra via è quella indicata da Krishna ad Aryuna nel Bahagavad Gita: ogni uomo deve realizzare il suo destino, la sua vocazione, seguire il suo dovere ed il suo dharma.
Proprio nel riuscire ad essere se stesso, vivendo fino in fondo il ruolo assegnatogli dalla nascita, per regale o misero che sia, sta l’ultima saggezza e la possibilità di scorgere come successo ed insuccesso, onore e onta, orgoglio e umiliazione, sopravvivenza e morte siano solo illusione di fronte alla realtà dello spirito immortale che ci abita.
Dice, infine, Eliade:
L’importante non è sempre rinunciare alla propria situazione storica sforzandosi invano di unirsi all’Essere universale, bensì di conservare costantemente nello spirito le prospettive del Gran Tempo, pur continuando ad adempiere al proprio dovere nel Tempo storico (…)
In effetti ci si può salvare dai vincoli della Mâyâ o attraverso la via della contemplazione, rinunciando al mondo e praticando l’ascesi e le tecniche mistiche che a essa conducono, oppure attraverso una via attiva, continuando a rimanere nel mondo, senza più godere però dei ‘frutti delle proprie azioni’.
In un caso come nell’altro, l’importante è non credere unicamente alla realtà delle forme che nascono e fioriscono nel tempo: non bisogna mai perdere di vista il fatto che tali forme sono ‘vere’ unicamente sul piano di riferimento che è loro proprio, ma che, dal punto di vista ontologico, sono prive di sostanza.
Heinrich Zimmer in Miti e simboli dell’India racconta il mito induista secondo il quale il dio Vishnu richiama gli esseri umani che intende iniziare fuori dal tempo, facendo loro trascorrere altrove un’intera vita: giovinezza, duro lavoro, maturità, matrimonio, figli, vecchiaia, morte.
Poi li ricolloca nell’istante successivo a quello in cui li aveva rapiti, facendo loro comprendere che quella vita che era sembrata loro così reale, piena di gioia e sofferenza, era stata solo un’illusione, un battito di ciglia.
Autore Alessandro Orlandi
Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.