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Lezione numero Uno

Che cosa mi rimane, oggi, di tutto il dolore e di tutta la felicità vissuta in gioventù?
Non c’erano Facebook, YouTube o Blog per poter immortalare i ricordi e dispongo solo di qualche vecchia foto sbiadita.
È tutto qui, nella mia mente, ed emerge all’occorrenza.

Ricordo allora un mio viaggio in Belgio, all’età di otto anni, e del mio primo amore di fanciullo, una ragazzina belga che giocava a pallone meglio di un maschietto, bionda, con la treccina.
Inutile dire che al mio ritorno la distanza fu incolmabile e che dovetti arrendermi al fatto di non poterla più rivedere.

Oggi le distanze si possono accorciare e questo è un grande vantaggio che i cellulari ci concedono, ma a quale prezzo?

Come promesso, prendo in esame la prima delle sette problematiche che minano la nostra personalità: “Stiamo diventando intolleranti alle distanze!”

Con i cellulari, sempre pronti per ogni evenienza, ci sentiamo vicini a coniugi, partner, genitori, figli, amici e veniamo rassicurati dal fatto che possiamo contattarli in qualunque momento del giorno e della notte:

Sei a casa cara? Tutto bene? Hai preparato la tavola? Guarda che arrivo! Tuo fratello ha mangiato tutto? Ma non dovevi tornare a quest’ora? Dove sei adesso? Con chi sei? Cosa fai? Sono due ore che non ti fai sentire, successo qualcosa? Non hai risposto al mio messaggio, hai la febbre per caso? Ci sei in chat questa sera? Va’ che ti contatto nella pausa pranzo!

Quando da bambini la mamma si assentava sentivamo la sua mancanza, poi abbiamo imparato, nel tempo, a farcene una ragione, senza vivere il tutto come se fosse un abbandono, ma oggi?

A causa del fatto che siamo sempre e comunque reperibili, c’è una parte di noi che rimane infantile, che non riesce ad accettare la lontananza e si fa di tutto per evitarla.

In questo modo i giovani indeboliscono la propria personalità e un adulto che non sia in grado di tollerare l’assenza, che non sappia destreggiarsi nella solitudine o, peggio ancora, quando vive come abbandono anche un silenzio di poche ore, è una creatura indifesa, incline alla depressione e allo scoraggiamento.

In poche parole, le sindromi infantili non scompaiono più tanto facilmente con l’età adulta.
Peggio ancora per chi ha il cellulare sempre acceso ma non è mai cercato da nessuno, finendo per sentirsi emarginato.

L’autonomia e l’indipendenza decrescono e aumenta a dismisura il bisogno costante di qualcuno che sia sempre presente, sempre vicino in qualunque occasione, in qualunque momento.

È bello sapere che sia possibile mettersi in contatto con l’altra parte del mondo, ma se la ricerca di attenzioni diventa compulsiva, una ricerca costante di sicurezza, significa che i cellulari ci stanno mettendo nella condizione di non essere in grado di liberarci del senso dell’abbandono, e lo viviamo come una specie di mostro anziché come una condizione inevitabile della vita.

Ad ogni mancanza non saremo sufficientemente pronti, perché non abituati all’assenza.
Il cellulare, per come viene usato attualmente, è diventato una specie di regolatore dell’ansia da separazione e lontananza, ma nulla sarà in grado di regolare quando il dolore della perdita, della distanza, non potrà più essere attenuato con un messaggio od uno squillo.

Non potrà proteggerci dalla sindrome del reale abbandono.

Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – Counseling Filosofico

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.