L’anfiteatro di Pompei, testimone di sanguinose lotte tra gladiatori e belve, secondo lo storico latino Tacito fu teatro, sotto l’impero di Nerone, di una cruenta rissa tra Nocerini e Pompeiani. In quell’occasione il Senato deliberò la chiusura dell’anfiteatro per dieci anni, pena poi abbassata a soli due anni, e il senatore Livineio Regolo, che aveva organizzato i giochi e i responsabili della rissa furono mandati in esilio.
Noi, al contrario, ignari degli esempi che la storia ci offre, mentre i Romani, cultori della gladiatura, chiudevano le porte ai riottosi, apriamo gli stadi ai criminali e alle bestie. Che possono, indisturbati, decidere se una finale di coppa può avere inizio, mettendo sotto scacco, con il terrore, migliaia di persone e di bambini accorsi per assistere a un piacevole spettacolo sportivo.
Sabato tutti hanno visto all’Olimpico le autorità e le società sportive scendere a patti con gli ultras, e non è certo la prima volta. Adesso Alfano ed Abete parlano di Daspo a vita. Renzi, energico e propositivo come sempre, promette che dopo le elezioni risolverà il problema in Parlamento. Non appena il calcio diventa cronaca cruenta, si cercano i rimedi, si guarda oltremanica, dove hanno imparato da tragedie come la strage dell’Heysel.
Nel nostro Paese, invece, le immagini degli ultras del Genoa che impongono la sospensione della partita contro il Siena (22/04/2012) e, più recentemente, degli ultras della Nocerina nel derby con la Salernitana (10/11/2013) non hanno insegnato nulla. I fatti incresciosi dell’Olimpico del 3 maggio, al contrario, insegnano che tanta malavita entra negli stadi, –puntualmente Roberto Saviano, quando si parla di camorra, fa capolino coi suoi tweet da guru- insegnano che la violenza può prendere le decisioni e consegnano una drammatica immagine della nostra società.
Dai vari quotidiani nazionali gradualmente stanno venendo fuori i dettagli del drammatico 3 maggio. Veniamo a sapere che i capi ultras delle due tifoserie si sono addirittura incontrati prima del calcio di inizio, scortati dagli agenti della DIGOS, per trattare. Gli ultras napoletani esigevano garanzie: volevano sapere se tra i tifosi azzurri aggrediti nel pomeriggio vi erano stati morti e pretendevano che sugli spalti non venissero esposti striscioni né che si esultasse.
Intanto Ciro Esposito, il giovane ferito che ancora lotta tra la vita e la morte, durante la notte è stato arrestato: pare che, secondo la versione della Questura, abbia istigato l’aggressione del commando romanista. Ora dopo ora si aggiungono macabri dettagli sul sanguinoso agguato in cui “Gastone” De Santis, ultras romanista ben noto alle forze dell’ordine, ha aperto il fuoco contro Ciro: i tifosi azzurri avrebbero reagito al lancio di bombe carta contro un bus e Ciro, al momento della fuga, sarebbe stato colpito alle spalle.
Come se non bastasse la violenza, prima fuori dallo stadio e poi dentro –con lanci di petardi e di bombe carta- il pubblico napoletano presente sugli spalti non ha risparmiato nemmeno l’Inno Nazionale. Non si può ammettere che si fischi l’Inno Nazionale, non si può consentire che venga calpestato un simbolo della patria, nemmeno se a fischiarlo sono i napoletani bistrattati in ogni stadio d’Italia con cori razzisti.
I fatti incresciosi di Roma lasciano così poco spazio allo sport, ma è doveroso ricordare che la conquista della Coppa Italia, sebbene sia solo un piccolo traguardo rispetto agli obiettivi annunciati a inizio stagione dal patron De Laurentiis, salva la stagione del Napoli. Non si dimentichi nemmeno che la Juventus ieri ha vinto il suo trentesimo tricolore, il terzo consecutivo sotto la guida di Conte. Forse fanno un po’ sorridere le dichiarazioni di Andrea Agnelli, che ritorna ancora sul numero degli scudetti vinti dalla sua squadra e affermando che porranno sulla maglia la terza stella solo quando gli altri riusciranno a porre la seconda, per rimarcare il distanza con gli altri. Si deve però applaudire all’atteggiamento dei bianconeri che stasera, nonostante avessero già lo scudetto cucito sulla casacca, hanno vinto contro l’Atalanta: questa si chiama mentalità vincente!
La Roma, dopo una strepitosa stagione, alza bandiera bianca al Massimino, incassando ben 4 gol dal Catania. Si riaccende, così, la lotta per la permanenza nella massima serie, che vede 5 squadre (Chievo, Bologna, Sassuolo, Catania e Livorno) contendersi 2 posti. Sul derby della Madonnina, vinto dai rossoneri, c’è poco da dire: se si pensa al glorioso passato delle due milanesi, si stenta a credere che sia diventato così noioso.
Domani scenderanno in campo anche la Fiorentina contro il Sassuolo e il Napoli contro il Cagliari, sempre che Genny ’a carogna dia il suo beneplacito.
Carmelo Cutolo
Autore Carmelo Cutolo
Carmelo Cutolo, giornalista pubblicista, dottore di ricerca in Filologia classica, docente di lettere nelle scuole di secondo grado, appassionato di poesia, di ciclismo e di calcio.