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Bevevamo un pessimo caffè, davanti al quale si ricordava che nella storia del cinema italiano la prima regista è stata una signora nata a Salerno. La mia ottima interlocutrice era Luisa Toscano, con la quale spesso ci scambiamo notizie e appuntamenti.
L’occasione era data dal fatto che al PAN, Palazzo Arti Napoli, una mostra ne avrebbe presentato i lavori e la figura dal 26 aprile al 9 maggio ed io mi rammaricavo del fatto che non sarei riuscita a vederla.
Parlo della figura e dell’opera di Elvira Notari, la prima regista italiana che ha, tra l’altro, esportato il proprio lavoro in tutto il mondo, prima che la censura fascista ne decretasse la fine, sua e di tutto quel cinema che si esprimeva con sottotitoli in lingua napoletana.
La società che produceva e distribuiva i suoi film è la “Dora film”, società che la Notari mette su con il marito Nicola, tecnico e produttore dei metraggi cinematografici. Si tratta di film che spesso prendono spunto dalla musica popolare napoletana, intorno alle cui canzoni la Notari scrive delle vere e proprie sceneggiature.
Le ambientazioni sono sempre legate all’ambiente familiare dei protagonisti che sono incastrati in “fraintendimenti” d’amore, con una esplicitazione coinvolgente soprattutto dalla mimica dei volti e dalla teatralità di movimenti che arginavano la mancanza del parlato.
Ma vi assicuro che tutto è chiarissimo.
Prendiamo ad esempio “a Santanotte”.
Qui di seguito si riportano gli ultimi sei minuti della pellicola:
Il film racconta di Nanninella, Rosè Angione, giovane inserviente di un caffè, figlia di un padre alcolista che la promette in sposa a Carluccio, Antonio Palmieri, mentre lei vorrebbe tanto sposare Tore, Alberto Danza. Carluccio farà credere a Nanninella che Tore è responsabile della morte del genitore e nonostante la ragazza non nutra sentimenti incoraggianti per il padre, è pur sempre il padre e dunque rinuncia a sposare Tore per Carluccio. Grazie all’aiuto di Gennarino, Eduardo Notari, si scoprirà la verità, ma purtroppo la povera Nanninella non si salverà dall’ira di Carluccio che, alla scoperta degli immutati sentimenti della ragazza per Tore, non esiterà a colpirla a morte. Nanninela morirà tra le braccia dell’amato Tore.
Il film del 1922 fu un successone.
Nel cast, il figlio Eduardo che sarà spesso protagonista dei lavori materni, incarnando sovente il ragazzo, lo scugnizzo napoletano, scapestrato ma di buonissimi sentimenti, che sotto la furberia nasconde un grandissimo cuore.
Intervistato nel 1963 a proposito della madre, Eduardo/Gennarino disse che era stata oltre che una bravissima regista e sceneggiatrice una ottima “donna di casa”.
Classe 1875, nata sotto il segno dell’acquario, salernitana, Maria Elvira Giuseppa Coda, è passata alla storia con il nome di Elvira Notari, prendendo a prestito il cognome del marito Nicola.
Questa affabile casalinga/artista realizzò oltre sessanta lungometraggi tra il 1906 ed il 1929, di alcuni di questi il figlio Eduardo ricorda, sempre nella stessa intervista, che colorava insieme al padre, a mano, in un lavoro da certosino miniaturista, dettagli piccolissimi nella pellicola, come un cravattino, o un mazzo di fiori.
Il pubblico faceva file lunghissime per assistere alle proiezioni di questi film, considerati da alcuni come precorritori del Neorealismo, proprio per la descrizione di un habitus culturale che teneva in gran conto le emozioni e le passioni umane. E può far sorridere il paragone, ma si pensi che a mo’ della tecnica usata in Trafic, ai coniugi Notari venne l’idea di colorare i sentimenti espressi come il rosso per la rabbia ed il blu per la malinconia.
Il cinema napoletano dei primi anni del Novecento, era un’attività veramente florida, “ad esempio, il film ‘Nfama, proiettato al cinema Vittoria di Napoli, in via Toledo, ebbe una tenitura di ben 32 giorni con circa 6.000 presenze. Il film ‘A legge, del 1921, tratto da A San Francisco, atto teatrale unico di Salvatore di Giacomo, rimase in programmazione per 36 giorni: la folla di gente che si accalcò al cinema Vittoria costrinse gli organizzatori ad anticipare le proiezioni alle 10 del mattino.
Da Vittorio Martinelli, Sotto il sole di Napoli.
Si pensi che anche all’epoca esistevano dei veri e propri multisala, che per ovviare alla presenza di una sola orchestra per accompagnare film diversi, si inventarono di fare una sorta di sincronizzazione sfalsata, facendo partire il secondo film in maniera che l’orchestra potesse sincronizzare la musica del secondo a ritmo del primo film.
Insomma i due film proiettati uno accanto all’altro avevano la stessa orchestra a servirli. Quando nella sala 1 c’era un marchese che moriva, per esempio, tale morte veniva accompagnata da un rullo di timpani con tamburo finale, in maniera che coincidesse con la nascita del bambino proiettata nella sala 2. Anche i proiezionisti dovevano accordare spesso la velocità della pellicola al suono dell’orchestra, era tutto artigianato.
La Notari portò un’altra innovazione: quella dei cantanti in scena durante la proiezione, cosa che prima nessuno ancora aveva fatto.
Altro motivo di notorietà per la nostra regista ed il consorte pure i documentari su commissione di connazionali all’estero che così potevano avere video-notizie di casa.
Pionieristica era poi anche l’attività di marketing che precedeva e seguiva la produzione dei film: la Notari si assicurava in anticipo i diritti sulle canzoni da presentare al festival di Piedigrotta, a volte andando per intuito e fidandosi del solo titolo, senza nemmeno conoscerne ancora il soggetto da cui avrebbe poi tratto l’opera cinematografica.
Tutto questo avveniva in un’epoca in cui, in Italia, la diffusione di dischi stentava ancora a decollare: questa collaborazione segnava un salto di qualità per le edizioni di musica e anticipava i fasti che l’industria discografica italiana avrebbe conosciuto solo a partire dagli anni trenta. Inoltre, nella fase di post-produzione, la Notari si occupava personalmente dei rapporti con la stampa, per pubblicità e recensioni sui giornali, e curava la realizzazione di locandine e programmi di sala.
Giuliana Bruno, Rovine con vista: alla ricerca del cinema perduto di Elvira Notari, 1995, pp. 236-237.
Insomma una carriera pioneristica e di tutto rispetto anche in tema di internazionalità. Purtroppo tutte le cose belle finiscono e per la Dora film la fine fu definitivamente decretata dall’avvento del sonoro: anno 1930. La signora Elvira ed il marito si ritireranno a Cava de’ Tirreni nel 1940, dove lei morirà nel 1946.
Vi prometto, comunque, che tra poco ritornerò a parlarvene… con un appuntamento che la vedrà più viva e protagonista che mai.
Autore Barbara Napolitano
Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.