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SOS Terra

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Surriscaldamento della terra


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Accadde in un teatro, che le quinte presero fuoco. Il Buffone uscì per avvisare il pubblico. Credettero che fosse uno scherzo e applaudirono; egli ripeté l’avviso: la gente esultò ancora di più. Così mi figuro, che il mondo perirà fra l’esultanza generale degli spiritosi, che crederanno si tratti di uno scherzo.
Søren Kierkegaard

La Terra è sempre più calda, come dimostrano anche i dati registrati nell’ultima settimana. Basti pensare che, nei giorni scorsi a Floridia, in Sicilia, è stata registrata la temperatura record di 48,8 gradi, la più alta di sempre in Europa.

Negli ultimi 140 anni le zone blu, quelle più fresche della media, sono diventate sempre più piccole, mentre quelle rosse, cioè quelle più calde della media, si sono allargate a dismisura.

Diciannove sui venti anni più caldi di sempre si sono verificati dopo il 2000. L’anno 2020, in particolare, è stato pari al 2016 come l’anno più caldo mai registrato dall’inizio dello studio condotto dall’Agenzia spaziale statunitense nel 1880.

Negli ultimi 50 anni la temperatura della Terra è fortemente cresciuta: oggi ha una velocità che non ha eguali negli ultimi duemila anni. La temperatura media globale del pianeta nel decennio 2011 – 2020 è stata di 1,09 gradi centigradi superiore a quella del periodo 1850 – 1900, mentre nel 2019 le concentrazioni atmosferiche di Co2 sono state le più alte non degli ultimi 200 anni, nemmeno degli ultimi 2mila anni, ma addirittura degli ultimi 2 milioni di anni.

Possiamo purtroppo affermare che tra il 2011 e il 2021 abbiamo bruciato il pianeta e se non facciamo qualcosa ora e subito, andremo a subirne le conseguenze per il futuro prossimo a venire.

Lo scrive l’ultimo rapporto catastrofista sul clima dell’IPCC, ovvero il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, uno dei tanti enti dell’ONU, nato nel 1988 dalla confluenza di scienziati dell’Organizzazione meteorologica e del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.

L’ONU sottolinea come ognuno dei più importanti indicatori delle componenti del sistema climatico – atmosfera, ghiacci, oceani – stiano gradualmente peggiorando ad una velocità mai conosciuta prima.

Le emissioni antropiche, in quello stesso 2019 cui si riferiscono i dati, hanno raggiunto concentrazioni pari a 410 parti per milione di CO2 e 1.866 parti per miliardo di metano. La scienza lancia l’allarme e dobbiamo evitare di fare finta di nulla o di gettarci nelle braccia dei prossimi no-climax.

Già diversi anni fa, il Programma ONU per l’Ambiente, ovvero l’UNEP, nel 1989 aveva avvisato che la temperatura globale sarebbe cresciuta di addirittura 7 gradi in 10 anni.

In pratica, il pianeta Terra si sarebbe fuso prima del 2000. Non sarebbe corretto, al di là delle nere previsioni che, fortunatamente, non si sono avverate, non ammettere che la febbre della Terra cresce senza sosta, e il nostro pianeta è un posto sempre più caldo con effetti ormai ben visibili: dallo scioglimento dei ghiacci in Artide e in Antartide all’aumento della frequenza di fenomeni meteo estremi ai rischi di perdite catastrofiche per la biodiversità, solo per dirne alcuni.

Cosa rischiamo?

Il pericolo sta nel prossimo futuro: con l’aumento delle temperature si potrebbero avere impatti devastanti anche per miliardi di persone, che rischierebbero di convivere con medie impossibili da sostenere.

Secondo ulteriori analisi di altri scienziati, da diversi millenni ormai la stragrande maggioranza degli esseri umani vive in aree della Terra che hanno una temperatura media tra gli 11 e 15 °C, ed è in questa nicchia climatica che sono fiorite civiltà e società.

Certo, la nostra specie ha conquistato anche ambienti estremi del pianeta, per esempio quelli oltre il Circolo polare artico o l’Altopiano del Tibet, ma la storia dell’umanità è stata scritta, e continua a esserlo, da popolazioni adattatesi alla nicchia identificata.

Va ricordato come il riscaldamento sulle terre emerse è stato più marcato di quello nelle masse d’acqua. Come vale la pena di ribadire che la parte dominante del riscaldamento climatico è prodotta dalle emissioni di gas serra causate da attività umane, tra cui la CO2, principale responsabile del disastro che si sta concretizzando di fronte ai nostri occhi.

Nelle città alcuni degli effetti del cambiamento risulteranno ingranditi, tra essi consideriamo le ondate di calore, le inondazioni dovute a forti precipitazioni e l’aumento del livello del mare nelle città costiere. Per ora, però, sembrano del tutto sottovalutate.

Pertanto, entro il 2070 il nostro pianeta potrebbe essere stravolto. Questo potrebbe avverarsi ulteriormente se le emissioni di anidride carbonica generate da attività umane e ree del riscaldamento globale insisteranno a crescere senza pausa, tra da una temperatura media di 29°C.

Ciò riguarderebbe un terzo della popolazione mondiale prevista in quel periodo, che dovrebbe fare i conti con una nicchia climatica che attualmente si trova solo sullo 0,8% della superficie terrestre, per la maggior parte nel deserto del Sahara.

Si lavora per intuito, cercando di descrivere al meglio di ogni possibilità i vari scenari che potrebbero avverarsi; si lavora con calcolo e metodo, ma sembra sempre tutto così poco razionale e, paradossalmente, poco scientifico allo stesso tempo.

Uno di questi scenari prevede la migrazione verso aree con temperature medie più miti per le persone che non avranno i mezzi economici e tecnologici per adattarsi a vivere a temperature degne di un deserto.

Non per questo i probabili flussi migratori accadranno tra Paesi, può darsi pure che gli spostamenti si attueranno all’interno di uno stesso Stato. E si sa che certi esodi di una data entità possono alimentare e suggerire tensioni che, con il tempo, diventano veri e propri conflitti.

Addirittura, ci sono studi a riguardo: il rapporto tra mutamento climatico e guerre è studiato da anni ormai e, pur con tutte le cautele nel collegare due fenomeni così complessi tra loro, sembra evidente che un collegamento ci sia. Difatti, il movimento di persone o una redistribuzione delle risorse determinati dal riscaldamento globale potrebbero scuotere aree del mondo già a rischio di tenuta sociale, irritando magari tensioni già presenti ed emerse da questioni culturali, religiose, politiche.

Alcune ricerche fanno esplicito riferimento alla guerra civile in Siria nel 2011 e, ancora prima, a quella che ha devastato la regione del Darfur, in Sudan, a partire dal 2003.

Ho sentito alcuni cercare di negare l’evidenza dicendo che non sono scienziati e che non abbiamo abbastanza informazione per agire. Bene nemmeno io sono lo sono, ma, sapete, conosco un sacco di ottimi scienziati alla NASA, NOAA e nelle nostre maggiori università.

I migliori scienziati del mondo ci stanno dicendo che le nostre attività stanno cambiando il clima e che se non agiamo con forza continueremo a vedere i mari che si alzano, maggiori ondate di calore, sempre più pericolose siccità ed inondazioni, e altre catastrofi di massa che potrebbero scatenare migrazioni, conflitto e fame in tutto il globo.
Barack Obama

Dunque, la peggiore notizia che si estrapola da questo report è che la strada sia ormai segnata, in maniera irreversibile. Tutti eravamo avvezzi a dossier che riportavano diciture di stampo speranzoso e che lasciavano presagire ancora margini di recupero; insomma, i termini erano concilianti.

Oggi non è più così. Con ferma e spaventosa nettezza qualcuno ci sta dicendo che il finale è già scritto. Il che, ce lo auguriamo tutti, potrebbe muovere coscienze e opinione pubblica ben più di quanto non abbiano fatto gli annunci edulcorati di cui si è appena scritto, i quali sono stati presi sottogamba pressappoco in tutto il mondo, fatte salve alcune virtuose eccezioni. La Terra ha lanciato il suo ultimatum.

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.