La filosofia e la scienza, analizzando l’accezione delle singole parole, possono sembrare distanti tra loro ma forse non lo sono, anzi, sembra che si sostengano e si supportino reciprocamente. La cultura scientifica e quella umanistica non sono tra loro separate, piuttosto, si fondono e si completano reciprocamente.
La filosofia è traducibile in amore della sapienza e andrebbe intesa come attività speculativa che cerca il perché delle cose. Indica, inoltre, la scienza che indaga, in modo razionale, sulle cause e i principi primi della realtà. A sua volta la scienza, classificabile come dottrina del sapere, si fonda sull’osservazione, sulle operazioni mentali ed è un insieme di conoscenze acquisite mediante la ricerca. La scienza, mirando alla conoscenza dei principi delle cose e della realtà, spinge, così come la filosofia, l’uomo verso la sapienza.
Spesso, i dotti del passato, in modo univoco, sono indicati come filosofi, fisici, matematici, ecc., e questa descrizione li circoscrive in un alveo tanto delimitato da far dubitare del loro Logos filosofico – scientifico. Dubbi inesistenti perché i filosofi del periodo greco – ellenistico, quelli di epoche precedenti e successive, per conoscere le origini dell’universo, studiano le leggi fenomeniche della natura e, per farlo, si occupano anche di fisica, matematica, astronomia.
Per detti sapienti, la natura è paragonabile ad un insieme di cui fa parte anche l’uomo.
Il filosofo, conscio di essere parte attiva di questo insieme, cerca di studiare e osservare la natura in modo partecipativo, filosofico e scientifico. Il filosofo scienziato cerca di cogliere gli aspetti visibili e invisibili della natura. È conscio che osservando nel giusto verso la physis, ovvero la natura, riesce a cogliere l’archè, ossia il principio di tutto. Avendo sul molteplice uno sguardo unitario che abbraccia spazio e tempo, è in grado di comprendere che ogni cosa è espressione di un identico principio.
Per ciò che attiene la natura, gli antichi filosofi greci elaborano modelli ingegnosi e molto simili a quelli moderni e di stampo scientifico. Gli studi moderni e quelli del passato hanno in comune il ragionamento deduttivo e la logica, ma mentre quelli odierni sono dimostrabili perché empirici, quelli dei filosofi greci si fondano sulla deduzione, sugli assiomi o principi fondamentali.
Eraclito conia il famoso Panta Rei, il tutto scorre e nulla dura in eterno. Ritiene che il bene e il male occupino un posto importante nell’unità e che il mondo sia caratterizzato dagli stati contrari, ovvero, la fame causa la voglia di mangiare, la guerra quella della pace e così via.
Parmenide teorizza l’essere unico, immobile e indivisibile. Descrive il cosmo come una grande sfera, con determinata dimensione e completamente riempita dall’essere. Ritiene che l’archè di tutte le cose sia l’essere e che tutto sia riconducibile all’uno, ovvero all’essere. Afferma che ciò che sussiste è sempre esistito, nulla si crea dal niente e non esiste un vero mutamento.
Anassagora, ritenuto essere stato il primo filosofo ad importare la filosofia ad Atene, afferma che l’intelletto unisce, organizza e crea uomini o animali. Teorizza l’esistenza di esseri umani su altri pianeti e pensa che la Luna sia illuminata dalla Terra.
Empedocle afferma che la natura si compone di Terra, Aria, Fuoco e Acqua e che queste radici si separino e rimescolino. Afferma, inoltre, che l’amore e l’odio sono le due forze che agiscono in natura. L’amore unisce, crea armonia, equilibrio tra le forze opposte, l’odio, invece, separa e produce il caos. Mediante il poema ‘Purificazioni’, teorizza una metempsicosi che garantisce la giustizia ed espia le colpe.
Democrito, oltre a manifestare una grande visione meccanicistica, come atomista, merita di essere considerato antesignano della scienza moderna. Sostiene che tutto sia composto di atomi solidi, indivisibili, compatti, diseguali ed eterni. Il pieno è la materia, mentre il vuoto è lo spazio in cui questa si sposta. Per lui l’universo si compone di mondi generati dal continuo movimento degli atomi, che, roteando e urtandosi tra loro, originano altre sostanze. Crede che l’anima, oltre ad essere mortale, sia composta di atomi che, dopo la morte, si disseminano e generano una nuova anima. Teorizza due tipi di conoscenze, quella oscura, figlia delle sensazioni, e quella reale, generata dalla mente.
Platone, mediante il famoso mito della caverna, asserisce che le ombre sono copie di ciò che è reale; in altre parole, è convinto che esista una sorta d’inversione di prospettiva. Per lui la conoscenza corrisponda ad una verità esistente, ma non percepibile dai sensi, perché questi non garantiscono la percezione assoluta della realtà. Le idee, per Platone, non sono frutto del pensiero, ossia della mente, non mutano, non esprimono l’essenza delle cose, ma sono perfette, corrispondono alla realtà ed hanno una valenza maggiore di qualsiasi altro fenomeno naturale. Egli studia la scienza dei numeri delle figure e pensa che la fisica sia un semplice studio dei fenomeni.
Affiggendo sulla porta della sua Accademia la frase “Che nessuno entri qui, se non conosce la geometria”, intende forse dire che lo studio della geometria è fondamentale perché rappresenta l’uscio che permette di accedere al mondo delle idee. Il filosofo ritiene che il legame tra le forme geometriche perfette e la natura sia necessario. Keplero riallacciandosi, forse, a Platone, teorizza un modello di sistema solare che si rifà ai solidi platonici.
Aristotele, oltre ad occuparsi dell’istruzione di Alessandro Magno, si distingue come filosofo e scienziato. Scrive testi esoterici per gli allievi della sua scuola ed essoterici per gli altri, ma di questi ultimi, non vi è traccia. Egli, avendo una mente poliedrica, si occupa di morale, politica, poetica, retorica… Lascia scritti riguardanti il campo logico – linguistico, il sillogismo, la dialettica. La sua ampia cultura gli consente di occuparsi di fisica, astronomia, cosmologia, genetica, embriologia, anatomia, fisiologia, metafisica e psicofisiologia. Pensa alla matematica come scienza della quantità e, attraverso la logica, articola le strutture del ragionamento deduttivo. Mira alla verità, ritiene che la conoscenza passi attraverso i sensi, che la forma rappresenti la qualità specifica delle cose e che l’uomo, per natura, tenda a conoscere. Per lui esiste una causa finale sia per i processi naturali animati, che per quelli inanimati. Affermando che la terra è una sfera Aristotele dimostra un grande intuito scientifico e anche se la successiva osservazione strumentale lo sconfessa, gli va riconosciuta la capacità di teorizzare, attraverso la logica filosofica, un universo sferico e finito.
Talete di Mileto rappresenta l’archetipo del sapere e, non a caso, Aristotele lo presenta come primo filosofo, ovvero, iniziatore della filosofia intesa come indagine delle cause e dei principi primi. Può essere considerato il primo studioso alla ricerca del principio di tutte le cose, ovvero di ciò che spiega le origini dell’universo. Principio definibile archè, causa di tutto, materia di cui tutto si compone, forza che genera la vita, legge che governa le cose.
Talete si distingue come filosofo, matematico e fisico. Risolve problemi di geometria e calcola l’altezza delle piramidi mediante la misura della loro ombra. Osservando il fenomeno che consente all’ambra di elettrizzarsi per strofinio, s’imbatte nell’elettrizzazione dei corpi. In altre parole, nota che questa resina fossile, quando strofinata, acquisisce proprietà magnetiche che le permettono di attrarre corpi leggeri, ovvero, capelli, minuscoli pezzi di stoffa, ecc. La geometria, prima del suo avvento è intesa come misurazione, geo Û terra, metre in Û misurare, grazie a lui diviene, invece, un’attività speculativa realizzata analizzando le formule empiriche tramandate dagli Egizi e dai Babilonesi. Talete, inoltre, ha il merito di percepire l’ordine delle cose, di notare che alcuni eventi geometrici scaturiscono da altri.
È il precursore della filosofia che si occupa della physis e di ciò che oggi definiamo scienza. Mentre alcuni sapienti che lo precedono ritengono che in natura gli eventi insoliti avvengano per volere degli Dei, Talete afferma che “Tutto è pieno degli Dei”. Anche se pensa che l’anima sia la forza che muove le cose, ritiene che l’acqua sia il principio naturale delle cose umide, l’archè di tutte le cose. Acqua che, simbolicamente, è emblema della vita, è associata alla nascita, alla rinascita, alla fecondità e alla maternità. Darwin, intuendo successivamente che un piccolo ristagno d’acqua, ovvero, un brodo primordiale, sia all’origine dei primi organismi viventi, conferma indirettamente che Talete ha ragione nel ritenere che l’acqua sia l’archè di tutto.
Pitagora, iniziato da Talete alla matematica, può essere definito filosofo, matematico e mistico di grande spessore. La leggenda racconta che secondo l’oracolo di Delfi la sua nascita sia da attribuire ad Apollo perché questi dispone che Pitaide, futura madre di Pitagora, resti incinta e partorisca un figlio d’intelligenza unica. Lo stesso filosofo afferma di essere l’incarnazione del Dio Apollo sulla terra e molti suoi seguaci ne sono convinti. Anche se quanto riportato dall’oracolo di Delfi, è da ritenersi leggenda, il ritrovamento, in epoca recente, di tracce del nome geroglifico Ptah Go Ra, in altre parole, Dio Û Conoscenza Û Sole, ossia, “chi conosce l’universo“, riconduce a Pitagora. Il ritrovamento, anzi, confermerebbe la tesi che vede i suoi maestri egizi attribuirgli il nome geroglifico Ptah Go Ra, perché lo ritengono puro spirito egizio.
A Pitagora si associa anche il titolo di Pytha Guru. Si ritiene, infatti, che il filosofo studiando le scienze esoteriche presso i Brahmani indiani, riceva da questi il titolo di Pytha Guru. Dove Pytha, in sanscrito, significa Centro Internazionale di Apprendimento, mentre Guru corrisponde a Maestro Spirituale. Nel caso in cui questa tesi fosse vera, il sostantivo Pitagora identificherebbe il titolo di Maestro Spirituale dell’Apprendimento Internazionale.
In giovane età, consigliato da Talete, va a studiare presso i popoli di più antica civiltà e, a Menfi, apprende l’antica scienza egizia. Conosce i Magi persiani, i Traci, i Brahmani e i Gimnosofisti indiani. Giamblico riferisce dei suoi studi in Anatolia, in Egitto, in Babilonia, e racconta, di un Pitagora iniziato da Zarathustra.
Pitagora, si distingue come statista e giurista, infatti, afferma che tutti gli esseri viventi hanno gli stessi diritti e che chi offende un suo simile debba subire pene terribili. Creando un connubio tra razionalità scientifica e filosofia, dimostra di avere un sapere scientifico e umanistico così cospicuo da indurre gli studiosi a definirlo filosofo, matematico, scienziato e astronomo.
Con il termine kòsmos indica la bellezza, l’armonia e la simmetria dell’universo. Studia la natura del suono, ipotizza l’armonia dell’universo e la musica delle sfere. L’odierna musicoterapia fonda le radici sugli studi degli Electi, ossia, gli studenti di terzo livello, che, seguendo i dettami pitagorici, guariscono le persone mediante il suono e la musica.
La sua filosofia è caratterizzata dal dualismo pitagorico, ossia, da quell’interazione tra gli opposti che delinea la realtà. I pitagorici, basandosi sul contrasto tra gli opposti, interpretano la realtà e percepiscono che nell’armonia gli inversi si conciliano. Descrivono dieci coppie principali di contrari e, tra queste, considerano il bene e il male, il dispari e il pari, l’uno e il molteplice, la luce e le tenebre…
Pitagora teorizza la metempsicosi, ossia, l’immortalità dell’anima. Ritiene che l’anima abbia accesso alla vita beata, dopo un ciclo di reincarnazioni nelle quali può purificarsi. Parla di microcosmo, macrocosmo e dell’esistenza di uno scambio continuo tra l’uomo e l’universo che lo circonda. Ritiene che al centro del cosmo vi sia un fuoco che attrae la materia circostante e le conferisca limite e forma. Pensa che la materia provenga dal fuoco e che da questo sia plasmata e condotta all’ordine. Crede che se la materia sia limitata, ovvero formata e definita, debba essere associata al numero dispari perché buona. Qualora, invece, sia illimitata, indefinita e non geometricamente immaginabile, debba essere associata al numero pari perché cattiva.
Associa il numero ad una figura geometrica che, avendo una dimensione, riempie un determinato spazio. Descrive l’universo come un Cosmo tutto ordinato, armonico e misurabile mediante un numero che non va inteso come materia, ma come forma, numero che agendo da Archè del mondo, ne determina l’armonia e l’ordine. Per ciò che attiene l’aspetto aritmetico quantitativo, ontologico e mistico – religioso, il numero, riveste un importante ruolo per la storia del pensiero occidentale.
Per Pitagora, la Tetraktis, ossia il numero quaternario, consiste in una disposizione geometrica e rappresenta il dieci, il numero perfetto. La Tetraktis è un’espressione numerica che permette di comprendere sia i codici numerologici che il simbolismo degli antichi testi. Per i pitagorici la Tetraktis, oltre a essere una figura, è un simbolo esoterico. Nel triangolo Pitagora vede la rivelazione della Divinità e, nella fattispecie, il padre, la madre e il figlio.
Il Pentalfa esprime la Spiritualità e l’Armonia dell’Universo e completa quanto teorizzato da Pitagora con la Tetraktis. Il Pentalfa comprende l’uomo, lo spirito e rappresenta l’evoluzione spirituale della materia. È un importante simbolo pitagorico, è costantemente presente nell’iconografia ermetico – alchemica e significa cinque alfa, ossia cinque principi. Leggendo in senso antiorario le lettere poste dai pitagorici in ogni suo vertice (υ – γ – ι – ει – α), si ottiene la parola “salus”, ossia “sta bene”. Il Pentalfa, con la figura umana inscritta al suo interno, porta alla mente l’assioma ermetico “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, ovvero l’uomo microcosmo riflette e riassume il macrocosmo.
Ermete Trismegisto, “tre volte grandissimo”, tris Û tre volte, megistos Û grandissimo, potrebbe indicare una persona fisica o una figura leggendaria riconducibile a Ermete – Thot, dove il primo rappresenta il dio greco della parola e il secondo quello egizio della luna, della sapienza e della scrittura. Fatte salve entrambe le ipotesi, è corretto affermare che i testi attribuitigli debbano essere considerati sapienziali e provenienti da una o più menti filosofiche. Trismegisto unisce la cultura greca con quella egizia, evidenzia sia una vasta conoscenza esoterica che un’ampia sapienza filosofico – religiosa.
La letteratura ermetico – ellenistica vede i natali con Trismegisto circa trecento anni prima della nascita di Cristo. A lui si associa il Corpus Hermeticum, ossia, una raccolta di trattati filosofici religiosi. Gli scritti ermetici, attribuiti a Trismegisto, oltre ad occuparsi di escatologia, natura divina, antropologia, s’interessano di una cosmogonia imperniata sulla creazione dell’uomo e sulla sua salvezza spirituale mediante la conoscenza. Trismegisto ritiene che l’alchimia sia una scienza inalterabile che lavora con la natura e che perfeziona i corpi grazie alla teoria e all’esperienza.
Analizzando, nella sua interezza, il testo della Tavola Smeraldina, conosciuta con questo nome perché il contenuto è inciso su una lastra verde di smeraldo, si possono trovare analogie con le nuove scoperte della fisica quantistica, che, in merito al vuoto, stabilisce che questi non esiste e che, anzi, tutto è composto di una stessa sostanza energetica: ologramma quantico Û matrix divina. Trismegisto, inoltre, mediante il Kybalion lascia in dono agli studiosi di esoterismo, filosofia e fisica, i sette principi ermetici che, oltre a essere caratterizzati da elementi filosofici ermetici, presentano molte analogie con recenti scoperte scientifiche.
Il primo afferma che:
Tutto è mente, l’universo è mentale.
Questo concetto classificabile come filosofico – religioso fa pensare a una mente non percepibile, invisibile e immisurabile, perché infinita e vivente. Da questo si può dedurre che tutto sia spirito e che questi si manifesti nell’universo materiale, nei fenomeni della vita, nella materia e nell’energia. Per ciò che attiene il microcosmo umano, è affermabile che con questo principio possono essere spiegati i fenomeni mentali e psichici.
Per ciò che riguarda, invece, il macrocosmo è interessante riflettere sulla frase del fisico e astronomo James Jean:
L’universo comincia a sembrare più simile a un grande pensiero che non a una grande macchina.
Sempre in merito al macrocosmo, sembra che il primo principio sia avvalorato dalla fisica quantistica, giacché i recenti esperimenti spingono l’osservatore a considerare che l’universo sia mentale, ossia, che abbia una struttura organizzata in tal guisa.
Il secondo enuncia che:
Com’è al di sopra, cosi è al di sotto; com’è sotto cosi, è sopra.
Questo principio è spiegabile sia con la correlazione fenomenica dei vari livelli di esistenza, fisico, mentale e spirituale, che con gli algoritmi della geometria frattale, ossia, con il principio dell’autosomiglianza. Per il principio cosmologico l’universo è omogeneo e isotropo, sempre uguale, quindi frattale. Ogni montagna è fatta di rocce e ognuna di queste le ricorda. Tanto in basso quanto in alto, le creste di una singola parete somigliano alla miniatura dell’intera catena montuosa. L’albero pitagorico, gli alveoli polmonari, il cavolfiore, ecc., sono frattali matematici raggruppanti forme geometriche che, ripetendosi su scale diverse, conservano lo stesso aspetto. Un altro modo d’interpretare questo secondo principio è rappresentato dall’attrazione gravitazionale che si manifesta tra due corpi di differente peso, dimensione e massa, sia a livello planetario che terrestre.
Al terzo leggiamo che:
Nulla è in quiete, ogni cosa si muove e vibra.
Gli studi scientifici odierni, oltre ad evidenziare che la materia è energia in movimento e in vibrazione, dimostrano che la natura vibra e risuona. Il nulla è in quiete, enunciato nel terzo principio, è affascinante e fa pensare all’analogia esistente tra quest’affermazione e la teoria del caos tesa a dimostrare che i sistemi dinamici sono soggetti ad una variazione esponenziale che muta la condizione iniziale. Edward N. Lorenz, infatti, teorizza che un battito d’ali di una farfalla in Brasile può causare un uragano nel Texas, oppure impedire che questo accada.
Il quarto principio attiene la polarità:
Tutto è duale, ogni cosa ha la sua coppia di opposti.
Questo principio, di fatto, ammette l’esistenza di tutte le cose e riconosce che, in assenza di polarità, quindi di alternanza, non potrebbe esistere il ritmo della vita. Il fotone si oppone all’anti – fotone, l’inspirazione si alterna con l’espirazione, la luce con l’oscurità, il giorno con la notte, il freddo con il caldo. Ogni cosa mantiene il suo equilibrio grazie alla legge della polarità degli opposti e la complementarietà tra questi dimostra che un polo non potrebbe esistere senza il suo opposto. Nel diciannovesimo secolo il filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Joseph Schelling fornisce spiegazioni riguardanti la filosofia dello spirito e della natura mediante il principio della polarità. La natura dimostra la sua vitalità grazie all’azione di attrazione e repulsione degli opposti complementari che si organizzano in unità.
Il quinto principio riguarda il ritmo:
Ogni cosa ha le sue fasi, tutto cresce e decresce fluisce e rifluisce.
Leggendo questo principio ermetico, la cosa che immediatamente si può pensare, attiene la vita dell’uomo, il quale prima vive una crescita e poi una decrescita naturale, definita comunemente invecchiamento. Il quinto principio è in connessione con il quarto e spiega il ritmo dell’alternanza tra due polarità opposte, analizzate in un sistema predefinito.
Il pendolo oscilla da una parte all’altra con pari intensità e si compensa nel ritmo. Ad ogni azione corrisponde una reazione, ovvero, all’avanzamento l’arretramento, alla notte segue il giorno e viceversa. Questo principio può essere dimostrato osservando il lancio di un oggetto in aria. Nella fase iniziale e in quella finale di ritorno a terra, la somma dell’energia cinetica e di quella potenziale è costante. Al momento del lancio, l’energia cinetica è massima, quella potenziale è uguale a zero. Quando giunge all’apice dell’altezza, quella potenziale raggiunge il valore massimo, mentre quella cinetica è uguale a zero. Durante il ritorno a terra dell’oggetto, l’energia potenziale diminuisce e quella cinetica aumenta.
Il sesto principio attiene la causa effetto:
Ogni causa ha il suo effetto, ogni effetto ha la sua causa e tutto avviene secondo una legge.
Questo principio può essere visto come una sorta di legge universale atta a bilanciare gli squilibri. La casualità è un rapporto, una connessione tra due eventi, per cui dato il primo, cioè la causa, ne deriva il secondo, ossia l’effetto. Questo principio spiega l’ordine delle cose e il filosofo David Hume, nel diciottesimo secolo, afferma che:
Ogni ragionamento intorno alle realtà di fatto sembra fondarsi sul rapporto di causa ed effetto.
Solamente mediante questo rapporto si può andare oltre l’evidenza dei sensi e della memoria. In merito al principio della causa effetto, possiamo menzionare la fisica newtoniana, perché questa prevede che conoscendo lo stato di un sistema, in un dato momento, si può sapere in anticipo il movimento futuro, e la terza legge di Newton teorizza che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Analizzando questo principio in chiave filosofica, è possibile affermare che l’individuo è padrone del proprio destino perché il futuro è determinato da scelte personali e non dal caso.
Il settimo principio afferma che:
Il genere si manifesta in ogni cosa e su tutti i piani, ogni cosa ha il suo principio maschile e femminile.
Questo principio assegna un valore uguale al maschile e al femminile e si applica sia al piano cosmico, che a quello umano. In ossequio a quest’assunto, non esiste nulla di materiale, di fisico, di mentale o spirituale privo di principio. Il fisico, fisiologo e premio Nobel, J. C. Bose, sviluppa il principio di unità e similarità fra le cose visibili e non. Oltre ad ipotizzarlo, dimostra che anche i metalli e le piante rispondono e reagiscono a stress esterni, provano stanchezza, paura, collera ed eccitazione. Bose costruisce un crescografo capace di misurare microscopicamente la crescita degli organismi viventi e, grazie al suo utilizzo, riesce a dimostrare che le piante possiedono un sistema nervoso.
Inoltre, lo studioso indiano cosparge, di cloroformio un pezzo di stagno e registra i tracciati delle reazioni del metallo. Inizialmente l’ago dello strumento di misura vibra, quindi evidenzia la forza vitale del metallo e la sua risposta agli stimoli. Nel momento in cui lo stagno è cosparso di cloroformio, le vibrazioni dell’ago si arrestano per poi riprendere quando il metallo ritorna alla normalità. Ripete lo stesso esperimento, sostituendo il cloroformio con una sostanza chimica velenosa e, questa volta, la stasi permanente dell’ago evidenzia la morte dello stagno.
Giordano Bruno è un uomo di scienza, filosofia e religione che rivendica la Libertas Philosophandi, ossia il diritto di pensare liberamente. La sua libertà di filosofare lo erge sia a filosofo che a martire del libero pensiero. Nel corso di un dialogo con il Procuratore di Stato afferma qualcosa di affascinante, prorompente, indelebile e meritevole di essere studiato con attenzione:
Sono di fumo, ma non sono un fantasma; il pensiero non è un corpo di carne e ossa, ma non è inconsistente immagine; il corpo potete bruciarlo, il pensiero no.
Mediante la teoria delle ombre e delle idee, riesce a ridefinire le basi principali su cui si poggia la metafisica e la filosofia. Il nolano si occupa dell’uomo, sia dal punto di vista cosmologico che metafisico e anche se lo ritiene parte integrante dell’universo infinito, gli conferisce, nella scala dell’essere, un rango o posizione poco rilevante.
Le sue intuizioni sono straordinarie, infatti, teorizza l’idea d’infinito immobile ma non statico. Un infinito caratterizzato dalla presenza di vita ed energia imperniata nel moto ininterrotto dei contrari. Scrivendo il ‘De infinito universo et mundi’, anticipa successive e rilevanti scoperte scientifiche perché teorizza l’esistenza d’infiniti mondi. Brian Greene della Columbia University di New York, nel 1998 conferisce credito scientifico al nolano perché, oltre a ritenere che il nostro universo sia la proiezione olografica della realtà, mediante la teoria delle stringhe, teorizza un modello matematico di Universi Paralleli Olografici. Ciò che aggiunge ulteriore credito scientifico al nolano è la recente notizia, diffusa dalla NASA, di un intero sistema solare con sette pianeti similari alla terra.
Padre Grasso, negli anni cinquanta, sulla rivista Civiltà Cattolica, riprendendo le idee di Bruno, introduce i primi studi teologici sistematici riguardanti la possibile esistenza di altri mondi abitati e, recentemente, il gesuita Guy Consolmagno, teologo e astrofisico dell’Osservatorio Vaticano di Castel Gandolfo, ovvero, della Specola Vaticana, rende pubblici gli studi riguardanti la possibilità che esistano altre forme di vita intelligenti nello spazio. In un’intervista afferma, inoltre, di aver preso atto che i piani divini potrebbero prevedere l’esistenza della vita anche su altri pianeti oltre che sulla Terra.
Il prof. Enrico Giannetto, fisico, filosofo ed esperto di Storia del Pensiero Scientifico, sostiene che Giordano Bruno, mediante i suoi scritti, getti le basi per le teorie moderne della relatività del moto, dello spazio e del tempo. Ritiene che l’esistenza di un nesso tra Giordano Bruno ed Einstein sia dimostrata dall’influenza del pensiero bruniano sugli studi di Galilei, di Cartesio e, in seguito, di Leibniz. Forse ipotizza tale nesso perché Bruno influenza gli studi di Leibniz, questi crea i presupposti per la teoria relativistica di Poincarè ed Einstein si rifà alla prospettiva della relatività di quest’ultimo. L’influenza, inoltre, di Baruch Spinoza su Einstein, riporta il tutto a Giordano Bruno e avvalora, quindi, l’ipotesi del citato nesso.
Bruno ritiene che tutte le cose abbiano un’anima, che la natura sia animata e che in essa vi sia la concreta presenza di Dio. Questo pensiero, nel momento storico in cui è manifestato, scatena la reazione del mondo religioso perché contrasta con la teoria che ritiene la natura inerte e passiva. Per avere un’idea di ciò che intendesse dire il filosofo, basti pensare alla perfezione manifestata dalla natura nei suoi processi naturali. Si può, infatti, pensare alla fotosintesi clorofilliana, necessaria per la vita dell’uomo e per sopravvivenza delle stesse piante; alle uova lasciate su una foglia che si trasformano in bruco, da questi in crisalide e, infine, in farfalla dagli splendidi e variegati colori; alla mosca, che, con il suo volo, assorbe e scarica a terra l’eccesso di elettricità positiva presente nell’aria.
Bruno riesce a dissacrare tutto e tutti con il lume della ragione, infatti, in una lettera inviata all’Università di Oxford si autodefinisce domatore dell’ignoranza presuntuosa e recalcitrante. Continua fermamente a credere in Dio, nonostante i contrasti con il mondo religioso del momento. Dimostra grande religiosità quando classifica le idee dell’uomo come ombre di quella eterna.
Sostiene, infatti, che le idee siano pensabili e riconducibili a quella divina, solo nel caso in cui siano fondate e inquadrabili nell’alveo delle conoscenze umane.
Il nolano s’interessa di quella magia rinascimentale capace di trasformare la realtà e, non a caso, Giordano asserisce che passare dall’unità alla molteplicità e viceversa, sia qualcosa di magico. Lo studio dell’ermetismo egizio, il “Sigillo dei Sigilli” e l’opera mnemonica ‘De Umbris Idearum’, gli conferiscono, a pieno merito, il titolo di filosofo ermetico. La sua mnemotecnica, ossia, arte della memoria, è uno strumento magico ermetico e consiste nell’associare le cose da ricordare alla ruota mnemonica, alle stelle e ai pianeti.
Bruno si dimostra molto perspicace e pronto ad accogliere le novità e lo manifesta in una riunione conviviale a Parigi. Informato dell’esistenza del compasso proporzionale a otto punte, accoglie favorevolmente l’innovazione, definisce l’ideatore dello strumento Dio dei geometri e pubblicizza l’utilizzo dello stesso. Il compasso, ideato dal salernitano Fabrizio Mordente, riuscendo a misurare piccolissime parti di sostanza, convalida la sua teoria atomistica del minimo assoluto, ossia dell’atomo. Teoria che, a sua volta, costituisce il mattone su cui si fonda la sua concezione filosofica e religiosa.
Bruno e gli altri dotti, superando i limiti dell’Io e dell’egocentrismo, cercano d’interpretare la natura mediante la ricerca scientifica o la filosofia. Superando tali limiti, mediante la conoscenza e la consapevolezza, percepiscono l’effettivo valore dell’uomo e la complessità del cosmo che lo ospita. Mediante la consapevolezza e la conoscenza, riesce a comprendere che l’universo rispetta le leggi naturali perché queste sono state pensate e generate da un’entità superiore. Lo studio inteso a capire le leggi che regolano l’universo, conferma l’esistenza di una potenza divina, di una mente ideatrice e creatrice che, oltre a essere parte attiva, è anche infinita.
Grazie a questa mente ideatrice, mediante il libero arbitrio, l’uomo ha la possibilità d’intraprendere un idoneo percorso evolutivo, ma prima di iniziarlo, deve riflettere sui propri limiti, aver cura del presente, transitare verso il futuro e chiedersi chi è, da dove viene e dove va. Cominciando a conoscere se stesso, comprende di essere un individuo alla ricerca della verità e della conoscenza, e percepisce di essere discendente degli antichi studiosi.
Si incammina verso l’evoluzione interiore mediante la ragione, l’intuizione, la conoscenza di sé e il rispetto di ciò che lo circonda. È conscio che le strade percorribili sono diverse, ma tra queste, sa che deve scegliere quella che gli permette il lavoro alchemico. Lavoro psichico e spirituale che garantisce quella conoscenza che domina le energie personali, migliora l’individuo e permette di contribuire al progresso dell’umanità che consente di giungere all’unione tra gli uomini di varie etnie, di differenti tendenze politiche e di diversi credi religiosi.
Unione utile ad implementare la tolleranza, a eliminare i preconcetti, i condizionamenti personali e le schiavitù ideologiche che limitano la libertà di pensiero e la dignità dell’essere umano. Debellando queste limitazioni, si può ambire all’universalità della cultura, della filosofia, della scienza e si garantisce all’umanità quel miglioramento materiale e spirituale idoneo al raggiungimento della tanto agognata fratellanza universale.
Autore Domenico Esposito
Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.