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Soffrire per amore?

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Amore


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Quando i sentimenti diventano una droga

Non riesco più a togliermelo dalla testa, è come una droga, eppure mi ha fatto tanto male, come mai è così difficile dimenticarlo?!

È una delle cose che maggiormente sento ripetermi da anni ed in effetti devo convenire che il termine droga non viene usato impropriamente.

Innamorarsi provoca tempeste chimiche nella mente umana e tanto più se si sono avuti rapporti sessuali.

Ma procediamo con ordine.

Prima di tutto è difficile dimenticare, perché innamorarsi non è un atto volontario, non è una scelta e non è nemmeno un’azione che si è sviluppata da una nostra decisione.

Posso dire:

Ho scelto di fare una passeggiata! Ho deciso di guardare un film!

ma non posso dire:

Ho scelto di innamorarmi della tal persona!

poiché ciò è accaduto da solo e da qui si deduce che posso solo ammettere di essere stato posseduto dall’innamoramento senza che io l’abbia voluto.

Così come non ho scelto di “cadere innamorato” non a caso in inglese si dice “to fall in love with” e in francese “tomber amoureux”, nemmeno posso scegliere con un semplice sforzo della mia volontà di disinnamorarmi.

Si può scegliere di non tradire, di non lasciare, di continuare un rapporto, nonostante le difficoltà, ma non si può obbligare nessuno a continuare ad essere innamorati perché ciò non dipende da un atto volontario e, tanto meno, si può dare del “cretino” ad un individuo che non riesce a dimenticare una persona di cui si è innamorato giacché non rientra nelle sue potenzialità decisionali.

Come se non bastasse, il cervello gioca un ruolo determinante, poiché, come avviene con le sostanze psicotrope, nella fase “dell’assunzione di rapporti sessuali e incontri romantici” orchestra gli ormoni del ricordo e dell’attaccamento, come per esempio la vasopressina, e l’ossitocina, provocando, di conseguenza, il desiderio di una continua ricompensa.

All’inizio mangiate un “cioccolatino” e il nucleus accumbens si attiva, stimola il piacere, cosicché, la volta successiva, non ne basta più uno solo, ne volete due, tre e non smettereste più.

Non a caso esistono canzoni come quella di Lucio Dalla, dal titolo ‘Tu non mi basti mai!’

Praticamente si attivano le stesse dinamiche del gioco d’azzardo, dell’alcol, del fumo, dell’uso dello smartphone come di qualunque altra dipendenza, con o senza sostanze.

Cosa fare?

Facile a dirsi e difficile a farsi.

Disintossicarsi da un innamoramento è un processo lento e graduale, fatto di lacrime e sacrificio interiore.

Prima di tutto evitiamo di parlare di amore se, dopo essere stati delusi, iniziamo ad odiare l’altro. Prendiamo coscienza che, ormai è una dipendenza e come tale dobbiamo trattarla, altrimenti ci sentiremo importanti.

Lo vedi come sono bravo? Io la amo, mentre lei non è capace di amarmi! Disgraziata!

Essere posseduti da un forte bisogno, e odiare chi non è in grado di soddisfarlo, non è amore, bensì una necessità stimolata dai ricordi, e come tale andrebbe trattata.

Ridimensionando noi per primi ciò che proviamo nei confronti di chi ci ha delusi, ci aiuta a non rincorrere l’altro e a non odiarlo, a non ingigantire il problema, semmai a ridimensionarlo, riconoscendo, oltretutto, che non è possibile obbligare nessuno a provare un sentimento, qualunque esso sia.

Per quanto difficile, dovremmo cercare di immergerci con tutto noi stessi in qualche altra passione che ci coinvolga, e non intendo il solito “chiodo – scaccia – chiodo” poiché nemmeno innamorarsi di un’altra persona avviene per mezzo di uno sforzo di volontà.

Potrebbe darci un grosso aiuto in tal senso Sabina Spielrein, la paziente che si innamorò di Jung, suo psichiatra, ma che dovette rinunciare alla relazione poiché già sposato; però su questo non mi dilungo e vi consiglio eventualmente la visione del film ‘Prendimi l’anima’ proprio per comprendere che, quando muore una relazione, in realtà, non muore l’amore e che, se tenuto sveglio e diretto altrove, può fare perfino miracoli.

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.