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SMOCSG: Giornata Costantiniana Arcidiocesi Sorrento – Castellammare

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SMOCSG - Gionata Barbieri e Manuel de Goyzueta dei Marchesi di Toverena e Trentenara


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Intenso programma di visite

Lunedì 17 maggio 2021 una rappresentanza della Delegazione di Napoli e Campania del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, costituita dal Delegato Nob. Manuel de Goyzueta dei Marchesi di Toverena e Trentenara, Cavaliere di Giustizia, accompagnato dal Segretario Generale l’Ing. Gionata Barbieri, Cavaliere di Merito P.A., si è recata in visita ufficiale nell’Arcidiocesi di Sorrento – Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.

Lo scopo dell’iniziativa, cominciata al mattino e conclusasi al tramonto, è stato duplice: da un lato tracciare un piano di azione per alcune attività dell’Arcidiocesi alle quali la Delegazione di Napoli e Campania intende collaborare fornendo il proprio attivo supporto, dall’altro rendere omaggio ad una terra che nella propria storia è particolarmente legata alla Sacra Milizia Costantiniana e ancor più alla Real Casa delle Due Sicilie.

Anfitrione di eccezione della Giornata Costantiniana nell’Arcidiocesi di Sorrento – Castellammare di Stabia è stato il Nob. Prof. Gianandrea dei Baroni de Antonellis, amico dell’Ordine e frequente quanto apprezzatissimo collaboratore su numerosi progetti culturali e di Fede in cui la Delegazione di Napoli e Campania si è molto impegnata negli ultimi mesi.

La rappresentanza della Delegazione si è recata in primo luogo alla Concattedrale di Castellammare di Stabia, intitolata alla Santissima Maria Assunta e a San Catello, quest’ultimo patrono della città stabiese e co-patrono della Arcidiocesi congiuntamente a Sant’Antonino di Sorrento. Il gruppo è stato accolto da Don Antonino D’Esposito, parroco del Duomo; da Don Pasquale Vanacore, Cappellano di Merito, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Arcidiocesi; e dal Dott. Luigi Esposito, insigne storico locale.

La rappresentanza della Delegazione hanno effettuato una visita molto accurata e descritta con dovizia di particolari storici ed aneddotici del tempio, delle bellissime opere qui custodite ed anche degli aspetti di Fede della locale comunità.

La comunità cristiana stabiese è antichissima, trovando una precoce attestazione sin dal secolo II, come ampiamente dimostrato dai numerosi reperti paleocristiani rinvenuti proprio in adiacenza al duomo nella cosiddetta Area Christianorum Stabiensis, ossia una necropoli dove si incontrano evidenti simbologie come il monogramma di Cristo, da cui sarà poi sviluppato il tema iconografico della Sacra Croce di Costantino, l’emblema di cui si cinge l’Ordine Costantiniano, ma anche raffigurazioni della Colomba e del Buon Pastore.

Anche se ubicati dal lato opposto del golfo di Napoli, subito si ravvisano i collegamenti, storicamente dimostrati, con la comunità paleocristiana flegrea, che era stata al centro della visita che seguì la Santa Messa della Delegazione dello scorso 7 maggio. Un legame che avveniva via mare, tra due importanti porti della Campania romana, dunque uno scambio ed una apertura verso gli altri.

Questo tema così antico quanto così attuale, ci permette di introdurre il patrono di Castellammare, San Catello, vissuto probabilmente sul finire del secolo VI, e considerato il protettore dei forestieri. Questa attribuzione gli è stata affidata secondo ampia documentazione agiografica, poiché egli, dopo una vita levitica, divenuto vescovo di Stabia si prodigò nell’ospitalità dei profughi che venivano dalle aree della Campania assoggettate dalla tracotanza e dalle violenze dei Longobardi, che proprio in quegli anni scalzavano parte del dominio bizantino nel Sud Italia.

Pur di ricomporre famiglie separate, di riscattare prigionieri e di aiutare i sofferenti, Catello non esitò a privare egli stesso, la sua Chiesa ed i locali possidenti di mezzi materiali con i quali redimere costoro, li ospitò in città fino a che vi fu possibilità di asilo e superato il limite fisico iniziò a creare presidi nelle aree montuose del retroterra.

Questa pratica continuò sino a che San Catello, uomo pio ma anche eccellente diplomatico – i vescovi dell’epoca avevano anche un ruolo politico ed amministrativo – pur con il supporto dell’azione della Chiesa di Roma che evangelizzava sempre più i Longobardi, riuscì a raggiungere accordi di pacificazione ed i profughi accolti nel territorio stabiese poterono ritornare in sicurezza alle loro residenze.

San Catello curò incessantemente il supporto spirituale dei forestieri, proseguendo anche in questa circostanza la lotta al paganesimo che aveva iniziato sin dalla giovanile esperienza levitica. Propugnò il culto micaelico, soprattutto nelle aree montane retrospicienti popolate dai fuggiaschi, e l’area divenne così famosa nel corso del tempo al punto da divenire in epoca altomedioevale una zona santuario di primissimo ordine in tutta la Campania, in particolare l’ambito della vetta del Molare, sul complesso del Monte Faito. In questa esperienza fu accompagnato anche dal giovane Sant’Antonino, monaco benedettino che diverrà patrono di Sorrento e co-patrono della Arcidiocesi.

La rappresentanza della Delegazione di Napoli e Campania di buon grado adempie alle richieste del clero locale di dare lustro alle gesta eroiche di San Catello, affinché la sua figura sia nota anche altrove, e soprattutto volendo trovare ispirazione da questo esempio di santità per vicende della contemporaneità.

La concattedrale di Castellammare fu edificata tra il 1587 e il 1643, nel secolo XVIII subì rifacimenti mentre a partire dal 1875 iniziarono i lavori di ampliamento su iniziativa del Vescovo Francesco Saverio Petagna, la cui figura, pure legata ai Borbone delle Due Sicilie, è stata ampiamente illustrata con una presentazione del volume del Prof. de Antonellis presso la sede della Sacra Milizia in Napoli nell’ottobre 2020.

Fu poi lo stesso Mons. Petagna che creò il nucleo principale del presepe monumentale custodito nel duomo, formato da circa 80 pezzi a grandezza quasi umana e con pastori risalenti ad un periodo compreso tra il secolo XVII e gli inizi del XX. Ma non solo il Petagna è una figura legata alla Real Casa delle Due Sicilie ma anche il Vescovo Vincenzo Maria Sarnelli, suo successore. Il quale non solo terminò i lavori della Cattedrale, iniziati dal Petagna, ma durante l’epidemia di colera del 1884 mostrò una tale dedizione nei confronti dei colerosi da meritare la Medaglia d’Oro al valor civile.

Nella cappella del Battistero troviamo una tela parzialmente incompiuta – Consegna delle Chiavi a S. Pietro – dello stabiese Giuseppe Bonito, grande esponente dello stile rococò italiano ma pure Cavaliere Costantiniano.

La visita alla concattedrale si è conclusa con il dono di alcuni volumi storico-religiosi e con l’illustrazione di episodi avvenuti nel 1799 e nel 1848 che hanno visto Castellammare di Stabia uno dei luoghi dove lo scontro tra gli oppositori ed i fautori al Regno borbonico fu particolarmente cruento. Pressoché tutte le famiglie di storica origine stabiese sono state testimoni di questi atti. I giacobini si macchiarono di efferatezze inenarrabili, sia contro il clero che contro la civile popolazione.

Il ricordo di quegli anni restò così traumaticamente inciso nella memoria collettiva locale che un gruppo di famiglie di Castellammare, regolarmente fino all’anno 1968, attraversando dunque l’intera durata del Regno d’Italia così come oltre un ventennio della storia repubblicana, nei pressi del Regio Palazzo di Quisisana, celebravano la liturgia della solennità dell’Immacolata Concezione, patrona delle Due Sicilie, riusando cimeli, oggetti ed arredi sacri di epoca borbonica. Questa consuetudine, con il passare delle generazioni ma anche per lo sviluppo di un approccio più obiettivo alle fasi storiche di quell’epoca con l’avvento della Repubblica Italiana, è cessata, benché il vivo ricordo dei testimoni di quei momenti persiste tutt’ora.

Successivamente il gruppo si è recato nei luoghi che furono di proprietà della famiglia de Turris, strettamente legata a vicende storiche della Sacra Milizia. Infatti, a seguito di ricerche archivistiche condotte da parte della Delegazione di Napoli e Campania, si è potuto appurare che il Marchese Giuseppe de Turris, asceso sino alla dignità di Cavaliere Gran Croce dell’Ordine, nell’anno 1830 creò una commenda Costantiniana in Castellammare di Stabia, a favore del fratello Nicola e dei suoi discendenti, principalmente ubicata nella attuale località Pioppaino.

La proprietà fondiaria, dopo varie vicissitudini ereditarie, restò legata formalmente all’Ordine sino all’anno 1873, quando divenne effettivo lo scioglimento di tutte le commende Costantiniane. L’area originaria della commenda è da decenni edificata, restano però importanti tracce dei legami descritti, soprattutto con il palazzo de Turris, la toponomastica stradale ed il sepolcro di Giuseppe de Turris nella Basilica Santuario di Santa Maria di Pozzano. Il Delegato, accompagnato dal Segretario Generale e dal Prof. de Antonellis si sono recati in questi luoghi per prestare un doveroso omaggio.

La presenza Costantiniana a Castellammare di Stabia, che va quindi ben oltre i siti già reali e farnesiani, ha subito una vera e propria damnatio memoriae durante il Regno d’Italia, soprattutto nel primo quarantennio, ma con l’avvento della Repubblica la memoria collettiva di un prestigioso passato legato alla Sacra Milizia è riaffiorato attraverso numerosi studi condotti da storici locali. La rappresentanza della Delegazione ha dunque desiderato, con la presenza in loco, dare un segno tangibile di riconoscenza e di rimembranza verso queste vicende che riguardano il tempo che fu dell’Ordine.

La rappresentanza della Delegazione si è poi recata presso la Villa Giusso Astapiana, residenza storica già proprietà regia sita nella omonima località sui Monti Lattari nel vicino comune di Vico Equense (NA), ancora nel territorio della Arcidiocesi, ospiti della Nobildonna Giovanna Rispoli de Antonellis, consorte del summenzionato Professore.

I presenti sono stati dapprima guidati per una visita del panoramico ed artistico complesso, seguendo poi con una colazione di lavoro legata alle iniziative che sono in corso di programmazione.

Villa Giusso Astapiana ha uno stretto legame con alcune complesse vicende storiche dell’evo borbonico, anche se ha una origine ben più antica. La località di Astapiana viene ricordata per la prima volta, con l’antico nome di Astichiano, nel 1578 dal domenicano maltese Mons. Antonio Sacra, o Zahra, Vescovo di Vico Equense dal 1564 al 1582, il quale, in una sua relazione apostolica, lamentava lo stato di rovina in cui stava versando l’antica chiesetta di S. Maria in Jerusalem, di probabile origine angioino-aragonese. All’inizio del secolo XVII, su pressante invito di Matteo di Capua, Principe di Conca e Signore di Vico Equense, la zona venne scelta per l’erezione di un monastero camaldolese.

Nel 1604, grazie al generoso lascito di Cesare Zaffarano, vennero terminati i lavori, iniziati tre anni prima, con la costruzione di dodici celle per i monaci, due foresterie e una doppia cinta muraria con due torrette. Nel 1641 sul luogo dell’antica chiesetta ne sorse un’altra, consacrata a S. Maria in Jerusalem e a S. Romualdo, fondatore dell’Ordine camaldolese; nel 1774 fu sostituita da un nuovo edificio, a navata unica e quattro cappelle laterali, con tre grandi tele commissionate a Nicola Cacciapuoti: la Natività, pala d’altare, e la Salita al Calvario e la Crocifissione, navate.

Purtroppo durante il periodo rivoluzionario e napoleonico gli ordini monastici furono sciolti e i monaci dovettero abbandonare il convento. L’intero complesso, saccheggiato con furore rapinesco e vandalismo iconoclasta dai giacobini, versò in stato di abbandono: in particolare andarono dispersi i volumi della biblioteca e l’altare maggiore della chiesa finì, smembrato, nel Duomo di Sorrento, ove attualmente occupa il posto d’onore. L’ex monastero, divenuto nel frattempo Sito Reale, ospitò per qualche notte Gioacchino Murat, in fuga dopo la battaglia di Tolentino, maggio 1815.

Al ritorno dei Borbone sul trono di Napoli, venne ceduto al Duca del Galdo e Conte palatino don Luigi Giusso che vi impiantò una produzione sperimentale di bachicoltura destinata allo sviluppo dei bozzoli, poi lavorati all’interno del vicino Castello Giusso di Vico Equense, con il fine di fungere da fornitore per le principali seterie del regno, tra cui la locale lavorazione artigianale dei fazzoletti, la manifattura della Real Colonia in San Leucio (CE) e la produzione di lenze da pesca diffusissima nella costiera sorrentina.

Ma dopo una sfortunata quanto grande moria dei bachi da seta, il Duca trasformò la foresteria in dimora di campagna. Numerosi furono gli ospiti illustri che vi soggiornarono nel corso del tempo attratti dalla visione sul golfo di Napoli, nell’anno 1859 per esempio i padroni di casa ebbero l’onore di ricevere il Principe Francesco di Paola di Borbone delle Due Sicilie, Conte di Trapani, fratello del Re Ferdinando II e suocero del Principe Alfonso Conte di Caserta, diretto avo dell’attuale Gran Maestro S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans, Duca di Calabria, Conte di Caserta, Capo della Real Casa delle Due Sicilie, insieme al Conte di Montemolín Don Carlos Luis María Fernando de Borbón y Braganza, pretendente carlista al trono di Spagna con il nome di Carlo VI, come mostrato nelle fotografie di famiglia la cui riproduzione è stata gentilmente concessa dalla Ergion SRL in uso esclusivo alla Delegazione.

Così come tanti furono i Cavalieri Costantiniani che vi alloggiarono, tra cui il Conte Don Antonino Giusso Duca del Galdo, Pasquale Filo della Torre, Conte di Santa Susanna, Edoardo e Nicola Filo della Torre di Santa Susanna, il Conte Don Mario Cattaneo della Volta dei Principi di San Nicandro. Mentre, in epoca contemporanea, essendo oggi Villa Giusso Astapiana rinomato centro di soggiorno agrituristico e di organizzazione eventi, vanta le visite di numerosi personaggi della cultura – anche quattro Premi Nobel, quali il Prof. J. Forbes Nash, il Prof. Riccardo Giacconi, il Prof. Sir Harold Kroto, il Prof. Paul J. Crutzen – e dello spettacolo.

A seguire il gruppo si è recato presso il Seminario arcivescovile, in Vico Equense, per una visita a S.E.R. Mons. Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, Vescovo promotore dell’Apostolato del mare della Conferenza Episcopale Italiana e Vescovo delegato della Conferenza Episcopale Campana per la Pastorale sanitaria.

Nel lungo e fraterno incontro, dopo aver portato ossequiosi e filiali saluti del Gran Maestro e del Presidente della Real Commissione per l’Italia, si è discusso delle iniziative che la Delegazione di Napoli e Campania porrà in essere in collaborazione con l’Arcidiocesi così come degli storici e numerosi legami del territorio all’Ordine Costantiniano, ma anche convenendo dell’utile impegno a favore dei più fragili della società a cui un Ordine Cavalleresco Religioso è chiamato.

La Giornata Costantiniana nell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia è giunta a conclusione, al tramonto, con doni vicendevoli di pubblicazioni e con saluti di congedo tra la rappresentanza della Delegazione ed il Prof. de Antonellis presso la storica Villa Eleonora in Castellammare di Stabia.

La Delegazione di Napoli e Campania ringrazia tutte le persone summenzionate per l’eccezionale accoglienza ed ospitalità nonché per la fattiva collaborazione alla riuscita dell’intenso programma di visite.

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