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SMOCSG, Delegazione Tuscia e Sabina a celebrazioni per Santa Rosa

Santa Rosa da Viterbo


L’omaggio alla Patrona di Viterbo

Dal 2 al 4 settembre di ogni anno, la città di Viterbo festeggia Santa Rosa, con celebrazioni che sono celeberrime in tutta Italia e anche all’estero, per la devozione della popolazione e la spettacolarità delle cerimonie, come la Macchina di Santa Rosa.

Il 2 settembre, il Corteo Storico di Santa Rosa sfila per le vie di Viterbo, accompagnando in una prestigiosa cerimonia che evidenzia l’aspetto più intimo e religioso dei festeggiamenti in onore della santa viterbese, la Solenne Processione con il Cuore di Santa Rosa.

Questa rinnova l’antica usanza per la quale le autorità cittadine insieme al clero si recavano, e si recano tutt’oggi, a rendere omaggio alla Patrona, come deliberato nel 1512 dal Consiglio dei Quaranta:

Con voto e giuramento solenne per celebrare, ogni anno in perpetuo, la sua festa per i santi benefici che il Sommo Dio, per intercessione della Santa, ha concesso e concede alla Città.

Nel corso della Processione, lungo le principali vie cittadine, viene condotto il Cuore di Santa Rosa, conservato ancora integro nel reliquario donato al Monastero delle Sorelle Clarisse da Papa Pio XI, portato dai Facchini della Macchina di Santa Rosa.

Il Corteo Sorico di Santa Rosa parte dal Santuario di Santa Rosa e attraversa il Quartiere Medievale di San Pellegrino fino alla Cattedrale; da qui ha inizio la Processione attraverso le vie del centro, che si conclude con il rientro alla Chiesa della Santa.

Su invito della Diocesi di Viterbo, la Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha partecipato sabato 2 settembre 2023 alla tradizionale Solenne Processione con il Cuore di Santa Rosa.

Dopo la Liturgia della Parola celebrata nella cattedrale di San Lorenzo, presieduta da Mons. Orazio Francesco Piazza, Vescovo di Viterbo, oltre trenta Confratelli Costantiniani della Tuscia e Sabina, guidati dal Vice Delegato, il Nob. Dott. Sandro Calista, Cavaliere Jure Sanguinis con Placca d’Oro, insieme al Primo Cappellano Vicario di Delegazione, Don Stefano Sivilla Clary, Cappellano di Merito con Placca, hanno sfilato per le vie del centro storico della Città dei Papi, fino al Santuario dedicato a Santa Rosa.

Inoltre, lunedì 4 settembre 2023, festa liturgica della grande santa francescana, una rappresentanza dei Cavalieri Costantiniani della Tuscia e Sabina, guidata dal Delegato, il Nob. Avv. Prof. Roberto Saccarello, Cavaliere di Gran Croce Jure Sanguinis con Placca d’Oro, ha presenziato ai solenni Secondi Vespri celebrati alle ore 18:00 da Don Luigi Fabbri, Vicario Generale – Moderator Curiae della Diocesi di Viterbo.

Dalla Vita quattrocentesca sappiamo che Rosa nacque a Viterbo attorno al 1233 da persone di semplici origini e di modeste condizioni, che le impartirono un’educazione cristiana.

Di delicata costituzione e di modi gentili, la grazia del Signore si manifestò in lei fin dalla più tenera età e a lei vengono attribuiti nella Vita quattrocentesca numerosi eventi prodigiosi, come quello del pane trasformato in rose, della brocca risanata ed altri ancora, talvolta veri e propri ‘prestiti’ da leggende di altri santi.

La tradizione popolare la vuole al fianco dei suoi concittadini durante l’assedio di Federico II di Svevia alla città di Viterbo nel 1243, sia con il conforto delle sue sante parole, che con la preghiera costante.

Nel giugno del 1250, secondo quanto attesta la Vita duecentesca, Rosa era gravemente malata e prossima alla morte, ma la notte del 21, dopo aver avuto la visione di persone scomparse molti anni prima, si alzò improvvisamente guarita, tra lo stupore dei presenti che la vegliavano.

Lodando con grande gioia il Signore e la beata vergine Maria e la beata Anna e tutti i santi e le sante di Dio, Rosa pregò il Signore, affinché concedesse al Re di Francia, Luigi IX, allora crociato in Terra Santa, la potenza e la forza per sconfiggere gli infedeli.

Il giorno successivo, il 23 giugno 1250, prostratasi nuda in forma di croce sul pavimento, dichiarò alla madre di rinunciare a tutte le cose e delizie del mondo e la pregò di chiamare donna Sita, forse la ministra di una comunità di penitenti, affinché le tagliasse i capelli e la vestisse con l’abito della penitenza e il cingolo ai fianchi, secondo quanto le aveva comandato la Vergine Maria. E così fu fatto.

Il giorno seguente, festa di San Giovanni, 24 giugno 1250, con le donne della sua contrada, Rosa visitò le chiese di San Giovanni e di San Francesco per poi tornare indietro alla chiesa di Santa Maria in Poggio.

Da questo momento iniziò la vita pubblica di Rosa, intesa ad invitare i suoi concittadini alla conversione: con la croce in mano, percorreva le vie cittadine pregando e cantando le lodi dell’Altissimo e della Vergine Maria.

Il trambusto causato in città dal suo operato finì per infastidire i seguaci dell’Imperatore, eretici, secondo l’autore della Vita duecentesca, che, considerandola un pericolo, chiesero al Podestà, Mainetto di Bovolo, di esiliarla dalla città.

Nella notte del 5 dicembre 1250, nonostante la neve e il suo precario stato di salute, Rosa si mise in cammino con i suoi genitori verso Soriano nel Cimino. Durante quel viaggio ebbe la visione di un angelo, che le annunciò la morte dell’Imperatore Federico II, che di fatto avvenne il 13 dicembre 1250.

Da Soriano, Rosa passò a Vitorchiano dove sostò qualche giorno, restituendo, secondo la Vita quattrocentesca, la vista alla fanciulla Delicata, cieca dalla nascita, e convertendo un’eretica con la prova del fuoco.

Ritornata a Viterbo all’inizio del 1251, chiese di entrare nel monastero delle Damianite di Santa Maria, odierno Santa Rosa. Poiché ciò non le fu consentito, in quanto il numero delle religiose era completo e perché non aveva la dote, Rosa si ritirò nella sua casa, vigilante e penitente, in attesa del suo transito in cielo, che avvenne presumibilmente il 6 marzo del 1251, o l’anno successivo. Ella fu sepolta nella nuda terra del cimitero della chiesa di Santa Maria in Poggio.

Diciotto mesi dopo, il 25 novembre 1252 Papa Innocenzo IV dette ordine di istruire il processo diocesano; di dare, cioè inizio alle indagini per accertare la santità della Vergine viterbese.

Successivamente, sempre secondo la Vita quattrocentesca, Papa Alessandro IV, mentre si trovava a Viterbo, ordinò la riesumazione del corpo che, trovato incorrotto, fu fatto trasferire in forma solenne nella chiesa del monastero di Santa Maria, probabilmente il 4 settembre 1258.

Questo evento viene commemorato con la spettacolare e suggestiva Macchina di Santa Rosa. La processione, nel corso dei secoli, ha subito numerosi mutamenti.

Nel 1512 essa avveniva il giorno 4 settembre di mattina all’ora delle messe, con offerta di cera da parte del Comune, e tutti i Viterbesi si recavano da piazza del Plebiscito al Santuario per ricevere l’indulgenza plenaria.

Secondo fonti storiche, anche con un primo disegno del 1690, gli inizi della Macchina di Santa Rosa si possono far risalire alla metà dei XVII secolo, allorquando si pensò di porre una statua della Santa su di un baldacchino, portato a spalla o su carri trainati da buoi, provvedendo anche ad un’opportuna illuminazione; la struttura di tale baldacchino, che assunse man mano dimensioni sempre più verticali, era detta appunto Macchina.

Già nel passato era una struttura avente carattere di grandiosità, spesso in stile barocco, fatta a forma d’enorme ciborio o guglia che, in occasione di altre tradizionali ricorrenze sacre della città, si portava processionalmente sulle spalle.

A questa usanza, dunque, si ispira l’attuale trasporto della Macchina di Santa Rosa, effettuato a spalla da circa cento robusti portatori, chiamati Facchini, con il loro caratteristico abbigliamento bianco con fascia rossa.

Il percorso, di oltre un chilometro, parte da piazza San Sisto e giunge al Santuario, con cinque fermate intermedie – piazza Fontana Grande, piazza del Plebiscito, piazza delle Erbe, chiesa del Suffragio e piazza Verdi – che servono per modulare la formazione dei Facchini in base alla larghezza delle strade, dei dislivelli del tragitto e al dosaggio delle forze, che vengono concentrate al massimo nell’ultimo tratto del percorso, fatto in salita e di corsa.

Oggi la Macchina di Santa Rosa, il cui trasporto viene effettuato il 3 settembre di ogni anno, è alta ventotto metri sopra le spalle dei facchini, pesa oltre 50 quintali, ha una struttura interna in acciaio ed alluminio ed è illuminata da luci a fiamma viva e artificiali.

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