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Sinestesia, verso una mente sempre più recettiva e multisensoriale

Sinestesia


… i media ci violentano completamente (…) Alterano l’ambiente, evocano specifici rapporti fra senso e percezione (…) Quando questi rapporti cambiano, anche gli Uomini si modificano…
Mc Luhan

La sinestesia è una condizione neurologica che provoca la cosiddetta contaminazione dei sensi, in cui la stimolazione di una via cognitiva porta automaticamente ad esperire percezioni involontarie, che confluiscono in un secondo percorso sensoriale.

Le persone che riferiscono di avere queste esperienze sono riconosciute come sinestetiche.

Lo studio scientifico ha iniziato a svilupparsi in modo sistematico solo da poco tempo, in particolare grazie alle tecnologie di neuroimaging, con il cui impiego si possono visualizzare le aree in cui si verificano le attività encefaliche, che vengono ricostruite in una “mappa digitale delle funzioni cerebrali”: una vera e propria rivoluzione nello studio delle neuroscienze.

Si è scoperto che nel cervello di un sinestetico, in risposta ad uno stimolo sensoriale, vengono attivati neuroni in diverse aree cerebrali. Pertanto, in seguito ad una sollecitazione esterna non si innescano solo cellule nervose specializzate nell’assolvere ad una precisa funzione che si dovrebbe innescare con un pertinente impulso percettivo, ma anche neuroni localizzati in altre aree; dunque, ad esempio, ad uno stimolo visivo non corrisponde solo l’accensione dei neuroni della corteccia visiva.

Gli scienziati sono arrivati alla conclusione che in tutti gli esseri umani i neuroni delle diverse regioni cerebrali non “lavorano in maniera isolata”, ma si influenzano tra di loro comunicando attraverso una diffusa rete di connessioni. A differenziare sinestetici da persone che non hanno questa facoltà è la presenza di una rete di connessioni più intricata della media degli individui.

Gli studi di questi fenomeni hanno portato i neuroscienziati a teorizzare che una corretta comprensione del funzionamento del cervello e della mente non può basarsi su una visione riduzionista.

Spiega il neuroscienziato David Eagleman:

L’intero sistema cerebrale è una grande rete. Non è più sufficiente pensare a singole aree che lavorano isolate tra loro. Questa è una nuova branca della scienza, una definizione adeguata di Sinestesia, come fenomeno che potrebbe essere generalizzato nell’uomo, potrebbe essere l’Ideastesia…

Ed è nell’idea di come ‘percepiamo’ che potremmo creare ‘rappresentazioni simboliche’ che sostituiscono e allo stesso tempo rafforzano le percezioni sensoriali del mondo (…) ottenendo ambienti (mediatici) che si espandono ben oltre il loro ambiente fisico.

O ancora Michel Foucault:

L’Eterotopia è un’Anti-Utopia. Infatti, se l’utopia è una speranza senza luogo, l’eterotopia costituisce un’eccedenza di realizzazione. Eterotopici sono quei luoghi che non necessitano di riferimenti geografici, sono i luoghi dell’attraversamento, spazi di crisi e di condensazione di esperienza.

Degli ambienti che io definisco, in un mio progetto, Spazi Eteropici, elaborando la concezione filosofica di Foucalt di Eterotopia e di Ideastesia.

L’Ideastesia viene definita come quel fenomeno in cui si attivano concetti (induttori) che evocano percezioni simili a delle esperienze (concurrents).
Il nome deriva dal greco antico ‘δέα (idéa) e αἴσθησις (aísthēsis), che significa “concetti sensoriali” o “idee sensoriali”.

L’Ideastesia si discosta dalla Sinaestesia perché dà maggior valore all’interpretazione del significato dello stimolo piuttosto che alle sue proprietà sensoriali. In altre parole: la Sinestesia presuppone che sia il trigger (l’induttore) che l’esperienza risultante (la concomitante) siano di natura sensoriale, mentre l’Ideastesia presume che solo l’esperienza risultante sia di natura sensoriale mentre il trigger è semantico.

Il concetto di Ideastesi si sviluppa nella formulazione di una ‘Teoria del modo in cui Percepiamo’, e la conseguente ricerca si estende a temi diversi dalla Sinestesia, poiché il concetto di Ideastesia si rivela applicabile alla nostra quotidiana percezione. Il concetto di Ideastesia è stato applicato anche alla teoria dell’arte, e la ricerca afferente ha importanti implicazioni tese a risolvere il mistero dell’esperienza cosciente umana che, secondo tale concetto, è basato su come la nostra mente attiva i concetti; dunque detta Teoria è congruente con quella del funzionamento cerebrale conosciuta come ‘Practopoiesi’ – ovvero Teoria del Sistema Adattivo: un insieme di entità interagenti o interdipendenti, reali o astratte, che formano un insieme integrato che è in grado di rispondere ai cambiamenti ambientali o ai cambiamenti nelle parti tra loro interagenti – secondo la quale i concetti non sono una proprietà emergente di reti neuronali altamente sviluppate e specializzate nel cervello, come si assume abitualmente, piuttosto i concetti sono intesi come dei principi fondamentali molto adattivi con cui operano i sistemi viventi e il cervello.

Si è scoperto che la condizione sinestetica che provoca la contaminazione dei sensi si enfatizza nelle persone creative.

Prendiamo il caso di Perry Hall. Nei suoi lavori, forme, colori e suoni sono sapientemente miscelati in un’arte viva multisensoriale. Uno stimolo visivo, come quello indotto dal paesaggio costiero durante un viaggio in treno, in lui innesca immediatamente anche una risposta di tipo uditivo.

Nell’esaminare le sue facoltà si è scoperto che per lui colori e forme producono suoni diversi, ogni musica nella sua mente è contraddistinta da un proprio colore.

La psicologa Darya Zabelina racconta:

La Sinestesia è una dote che sembra essere comune tra gli artisti, in una percentuale che sfiora addirittura il 25%.
Nel resto della popolazione il fenomeno della Sinestesia si riscontra più raramente, anche se non tutti sono coscienti di esserne in possesso.

Non ne è stata ancora definita con precisione la causa di questo, tuttavia i sinestetici riportano che nessuno di loro vorrebbe privarsi di un requisito percepito come un dono, piuttosto che come un disturbo.

Gli ultimi risultati della ricerca in questo campo delle scienze neurologiche e cognitive stanno orientando gli esperti a riconoscere che, forse, questa condizione non è tanto rara e circoscritta come si credeva in passato.

Alcuni studi suggeriscono che il cervello di tutti gli esseri umani avrebbe a disposizione il kit di base della sinestesia. I neonati avrebbero la possibilità di vivere esperienze sinestetiche, avendo capacità che poi perdono con lo sviluppo, motivo per il quale forse i piccoli appaiono estasiati quando in culla li sottoponiamo a particolari giochi di luci e suoni.

David Brang e Vilayanur Ramachandran, neuroscienziati, hanno dichiarato in una recente ricerca:

La Sinestesia è un fenomeno sopravvissuto alle pressioni evolutive che con molta probabilità può essere ereditario, sottolineando che è una condizione che può apportare numerosi vantaggi per l’elaborazione creativa cognitiva.

In effetti, il mondo del rock degli anni ’70 ha alimentato così la sua creatività.

Altre analisi sperimentali stanno dimostrando che gli individui, se adeguatamente stimolati, potrebbero tutti scoprirsi in grado di testare esperienze simili alla sinestesia.

Situazioni di questo tipo possono essere procurate mediante l’uso di sostanze allucinogene naturali come la mescalina o sintetiche come l’LSD, oppure attraverso esperienze di deprivazione sensoriale, meditazione, o se affetti da alcuni tipi di malattie che colpiscono la corteccia cerebrale.

In questo caso si parla di pseudo-sinestesia, perché non essendo presente naturalmente dalla nascita viene provocata artificialmente.

Condizioni di tipo sinestetico come quelle provocate da sostanze stupefacenti sono state recentemente indotte anche attraverso l’applicazione delle nuove tecnologie creative digitali.

Le ricerche nel campo della contaminazione tra i sensi stanno promuovendo negli scienziati l’ipotesi che lo sviluppo di capacità pseudo-sinestetiche ottenute dall’uso di nuove tecnologie potrebbero influenzare il cammino evolutivo dell’uomo verso lo sviluppo di una mente sempre più multi-sensorialmente ricettiva, in grado di sviluppare singolari forme endogene di Realtà Aumentata.

Le nuove tecnologie digitali potrebbero facilitare il mantenimento nell’uomo adulto delle sue innate capacità sinestetiche per lo sviluppo di un migliore benessere psico-fisico, come anche alimentare la sua creatività senza il pericoloso uso di sostanze stupefacenti?

Io sono sicuro di sì.

Perché l’ambiente dei media è pieno di rappresentazioni simboliche non meno che pregno di stimoli sensoriali. Il fenomeno dell’Ideastesia “può aiutare gli esseri umani a sperimentare l’ambiente dei media quasi fisicamente”.

Marshall McL uhan, aveva già introdotto nel 1964 queste nozioni, riferite all’interazione tra media, sensorio e realtà; riferendosi a ‘spazio acustico’ e ‘spazio visivo’ teorizzava sulle conseguenze che i media digitali avrebbero avuto sulla capacità umana di percepire la realtà, predicendo che le tecnologie multimediali sarebbero state in grado di alterare la biologia umana attraverso i sapori artificiali, i sensi indotti elettricamente, i media immersivi, la realtà aumentata e la realtà virtuale.

Siamo qui sulle tracce di uno dei grandi misteri dell’innovazione e della società umana, ovvero, come si intrecciano tecnologia e cultura?
Si pensava che ogni tecnologia umana, come una protesi, disturbasse l’equilibrio delle percezioni e quindi modificasse i modelli della società.

In altre parole, ogni tecnologia importante significava una nuova modalità di cultura e identità, privata e aziendale. Le arti rispondono immediatamente con la propria sinestesia, per bilanciare o rivelare il nuovo squilibrio. (…) Se, come sostiene il dottor Cytowic, la sinestesia ha la sua base nel sistema limbico, allora IM è il primo tentativo dell’umanità di estendere il sistema limbico con una protesi tecnologica.

I nostri mezzi elettrici singolarmente e insieme servono come un’analogia esterna o protesi del sistema nervoso centrale del corpo. Quando lanciamo il sistema nervoso centrale in tutto il mondo, rendiamo subito il corpo fisico obsoleto e interiorizza tutta l’esperienza umana.
Eric McLuhan

In un precedente articolo parlo di nuove tecnologie già mature e di artisti digitali che produrranno contenuti creati ad hoc per piattaforme digitali elaborati allo scopo di allestire degli Spazi Eteropici Ideastasici, che saranno riconosciuti per essere i nuovi protagonisti di un vero e proprio Rinascimento Digitale portando il Virtuale nel Reale, determinando nuove applicazioni tecno – artistiche per indurre la pseudo-sinestesia fino ad oggi credute fantascientifiche.

Autore Vittorio Alberto Dublino

Vittorio Alberto Dublino, giornalista pubblicista, educatore socio-pedagogico lavora nel Marketing e nel Cinema come produttore effetti visivi digitali. Con il programma Umanesimo & Tecnologia inizia a fare ricerca sui fenomeni connessi alla Cultura digitale applicata all’Entertainment e sugli effetti del Digital Divide Culturale negli Immigrati Digitali. Con Rebel Alliance Empowering viene candidato più volte ai David di Donatello vincendo nel 2011 il premio per i Migliori Effetti Visivi Digitali. Introducendo il concetto di "Mediatore della Cultura Digitale" è stato incaricato docente in master-post laurea.

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