La sintesi degli opposti nel pavimento a Mosaico
È assodato, tra i Fratelli, che nel tempio massonico, il pavimento a Mosaico è una superficie composta di mattonelle quadrate, di colore bianco e nero che si alternano a formare una sorta di scacchiera la quale, in senso verticale, si oppone al cielo stellato.
Le mattonelle che si intervallano si prestano ad un’ampia varietà di interpretazioni, non soltanto quelle più comuni di tenebra – luce e bene – male, ma anche di corpo e spirito, uniti, separati, ma non confusi.
Anche l’osservatore più ingenuo potrà notare che ciascun quadrato di uno dei due colori è attorniato su ogni quattro dei suoi lati da un quadrato di colore opposto.
Boucher riporta che la distinzione tra le mattonelle ufficialmente accettata è quella di Bene per il bianco e Male per il nero, ma sarebbe più preciso parlare di materialità e spiritualità:
Per materialità intendiamo tutto ciò che avvicina l’uomo all’animale, cioè una vita puramente fisiologia e per spiritualità, al contrario, tutto ciò che tende a liberare l’uomo dai legami della materia.
L’autore specifica, inoltre, che la spiritualità attribuita alle mattonelle bianche non è certo quella di una “concezione religiosa, monacale, fatta di austerità e penitenza”, ma una condizione positiva, spesso identificata con la religione, che pone l’uomo in condizione di essere attaccato da ogni versante “da forze oscure che provocano dei fantasmi”.
Il Mosaico rappresenta un principio di azione e reazione continuo o, se si preferisce, ciclico.
Secondo le interpretazioni dei principali autori massonici, l’alternarsi del bianco e del nero, simboleggia le due facce della stessa medaglia, non soltanto dell’animo umano, ma di ogni aspetto dell’universo, sia all’interno della dottrina iniziatica che nel mondo profano.
Per Ragon il pavimento è l’emblema della varietà del suolo terrestre e
simboleggia l’unione di tutti i Massoni del globo, malgrado le differenze di colori, di climi e di opinioni politiche; è un’immagine del bene e del male di cui è seminato il cammino della vita.
Similmente Plantagenet interpreta la “Scacchiera”
come un (…) pavimento a Mosaico (che) continua nel Tempio, il Binario delle due Colonne e si deve dedurne che il Massone come il profano è sottomesso ai rigori della legge dei contrasti.
La contrapposizione degli opposti e la loro contemporanea congiunzione, ci riportano inevitabilmente ad Eraclito di Efeso il quale, verso il 500 a.C. produsse la Dottrina dei contrari.
Secondo il filosofo la legge segreta che governa il mondo risiede nell’interdipendenza di due concetti opposti, Bene – Male, Pace – Guerra, Fame – Sazietà, perennemente in lotta tra loro, ma che, nello stesso tempo, non possono fare a meno l’uno dell’altro. D’altronde, ciascun concetto può essere definito dal suo antagonista.
A seconda di quanto approfondiamo la conoscenza di ogni pensiero, potremo notare che la lotta tra gli opposti avviene in realtà soltanto in superficie, mentre nelle profondità astratte esiste solo una grande armonia. In tal senso potremmo pensare ad una strada scoscesa che, a seconda del punto di osservazione, appare una salita o una discesa.
Il pensiero eracliteo è costellato da concetti che seguono le linee guida della dottrina degli opposti. Il filosofo, infatti, distingue l’umanità in desti e dormienti, dove i primi sono coloro che indagano a fondo sulla propria anima, la quale però, essendo infinita, apre un ventaglio altrettanto sconfinato di possibili risposte.
Il pensatore di Efeso, fu un autore profondamente iniziatico, tanto che lo stesso Socrate lo definì “l’oscuro”; ci appare dunque immediata l’assonanza tra i binomi desto – dormiente e iniziato – profano.
Allo stesso modo, la sua bipartizione della specie umana tra “i migliori” ed “i più”, di cui i primi sono coloro che desiderano una gloria eterna, piuttosto che accontentarsi di saziare i propri istinti, nell’immediato, rappresenta la differenza di ruvidità tra le superfici delle pietre grezze e quelle delle pietre squadrate.
Il Mosaico che congloba gli opposti, trova una collocazione simbologica anche nei comportamenti primordiali sia dell’essere umano che degli altri animali; in questa tavola ci riferiremo in principal modo ad i mammiferi terrestri.
Ovviamente queste pulsioni ancestrali non sono le uniche cause della nascita di un habitus culturale, nel caso dell’uomo e di altri primati. Piuttosto, esse sono una riduzione ai minimi termini di tutte quelle congetture mentali che siamo soliti dichiarare tipicamente umane e che rappresentano, invece, una sorta di “sovrascritture” dei comportamenti sociali che abbiamo ereditato dai primi branchi di primati, se non addirittura dai primi mammiferi sociali.
L’esistenza di tali sorgenti non va a mortificare assolutamente le grandi capacità intellettive dell’essere umano, si tratta di spinte naturali che esistono e basta.
È possibile individuare gruppi umani, non soltanto per etnia, con tendenze più cooperative o più competitive all’interno della stessa comunità, a patto che vi sia un qualche diaframma sociale o geografico che riesca a mantenere i due gruppi abbastanza isolati per un tempo sufficiente.
Questo fenomeno prevede dunque la segregazione in diverse aree per i gruppi cooperativi, detti Avatar, ovvero con spiccata tendenza sociale alla sperimentazione, alla messa in condivisione di risorse e conoscenze oltre gli ambiti familiari, neofilia; e gruppi competitivi, detti Demi, con tendenza opposta e, dunque, più legati alla sopraffazione, alla tradizione, alla familiarità, neofobia.
Quando, ad esempio, un gruppo di persone si isola da altre comunità, magari perché si dedica all’agricoltura in un’area lontana dalle altre, o alla pastorizia sulla sommità di remote zone collinari, o ancora colonizza un’isola, sviluppa, dopo poco, anche un linguaggio, una tradizione legata a dei valori, una gesticolazione caratteristica e magari una religione, nelle quali tali “spinte” primordiali fungono da fondamenta culturali.
Al di là della sintesi degli opposti, spesso facciamo rifermento agli istinti di cooperazione e di competizione come innate bontà o malvagità dell’essere umano, come se ci fossero uomini del tutto buoni o del tutto cattivi.
Suppongo piuttosto che ciascuno di noi non sia come il personaggio del visconte Medardo di Terralba, il protagonista del romanzo ‘Il visconte dimezzato’ di Italo Calvino , il quale viene scisso in due metà da una palla di cannone. Una metà del tutto cattiva, il Gramo, ed una del tutto buona, il Buono.
L’apparente discordanza tra un Deme ed un Avatar, proprio come nella dottrina di Eraclito è soltanto superficiale, poiché la funzione di tali attitudini è semplicemente quella di sopravvivere, di lasciare eredi: lo scopo è il divenire.
In natura non esistono animali buoni o cattivi, ma solo vivi o morti, mentre in un discorso evolutivo non esistono animali sopraffatti o sopraffattori, ma solo un diverso numero di figli che sopravvivranno e che faranno la differenza nella propagazione del loro materiale genetico.
Eppure Eraclito, Jung, Darwin, Schrödinger, Calvino e Lorenz ci dicono la stessa cosa: nel senso del divenire possiamo essere contemporaneamente entrambi gli opposti.
Nella ricerca presocratica di un principio primo di ogni cosa, archè, Eraclito individuò il fuoco come elemento primigenio: esso diventa aria, che diventa acqua, che diventa terra, perseverando la ciclicità della vita e dell’esistenza. Il fuoco è quell’elemento che trasforma la materia e, per quanto lo si guardi, non è mai uguale a se stesso: esso è il divenire, proprio come lo sono le evoluzioni del nostri geni.
Come si può essere contemporaneamente sia la mattonella bianca che quella nera?
Semplicemente non si può: la cooperazione, Avatar, e la competizione, Demi, tra gruppi umani sono come una sorta di magneti che si contendono la ferrea natura umana. Questa dualità ci ha permesso e ci permette tutt’ora di adattarci a qualsiasi struttura sociale che si viene a creare nel nostro gruppo, la quale, a sua volta, viene a determinarsi per una serie di fattori ambientali, ecosistemici, storici o in una parola: socio-biologici.
Un profano che osserva e calpesta il pavimento a Mosaico noterà, come è ovvio, soltanto delle mattonelle di colore alterno, mentre un iniziato seguirà, sullo stesso pavimento la “via esoterica”, quella “stretta”, più “sottile del filo del rasoio”, come direbbe Boucher, che consiste nella linea divisoria, quasi sempre ideale e non visivamente rappresentata, che separa le due file laterali di mattonelle. La sottigliezza impalpabile di questa linea si presta agevolmente a sottolineare che il cammino non è quello di un profano.
Un esperimento mentale molto fantasioso sulla fisica quantistica ideato nel 1935 da Erwin Schrödinger, proponeva di rinchiudere un gatto all’interno di una scatola di metallo, accanto ad una piccola porzione di un qualsiasi materiale radioattivo. Se nell’arco di un’ora anche solo un atomo di quel materiale si fosse disintegrato, allora sarebbe scattato un meccanismo che avrebbe ucciso il felino.
Ciò voleva evidenziare la profonda spaccatura tra cause ed effetti nel “mondo macro” ed in quello micro che osserviamo nella meccanica quantistica.
Proprio come l’essere umano nel macroscopico, anche il resto della materia, nel microscopico, può trovarsi contemporaneamente in due stati distinti, per cui nel caso dell’esperimento, così come la materia radioattiva poteva trovarsi in due stati ed essere contemporaneamente stabile ed instabile, così il gatto era contemporaneamente sia vivo che morto.
La bipartizione Demi – Avatar e l’esperimento del gatto vivo – morto, ci inducono a ragionare su come l’animo umano e animale segua, andamento in termini di logica, per una qualche dinamica oscura, lo stesso del resto dell’Universo.
Ciascuno di noi, dotato di libero arbitrio, prende decisioni diverse, agisce in base alle proprie convinzioni, umore ed emozioni ed il risultato di questo sterminato numero di singoli comportamenti è la creazione una rete della quale siamo inconsapevoli, ma che produce un effetto farfalla in grado di influenzare tanto il macro, quanto il microscopico, come una sorta di scacchiera cosmica.
Nell’istituzione iniziatica camminiamo sulla linea sottile che separa il bene dal male, lo spirito dalla materia, la soddisfazione istantanea dalla ricerca del divino.
Se Eraclito avesse “assistito” all’esperimento del gatto di Schrödinger, probabilmente non avrebbe cambiato opinione sulla sintesi degli opposti. Personalmente mi piace pensare che il filosofo avrebbe dato un nome a quel povero animale: Dio – uomo.
Autore Dario David
Dario David, naturalista e antropologo, classe '79. Ha lavorato nel settore elettromedicale diagnostico, contribuendo a farlo andare in crisi. Si occupa di e-commerce e dark-marketing.