Le opere del gruppo Se dici Mani in mostra dal 28 giugno al 9 luglio
Le sale al pian terreno del PAN Palazzo delle Arti Napoli ospitano giovedì 28 giugno, alle ore 17:30, il vernissage di ‘Se dici Terra’, mostra a cura di Susanna Crispino, che riunisce le opere del gruppo Se dici Mani composto da: Anna Crescenzi, Adriana Del Vento, Mina Di Nardo, Consiglia Giovine, Nicca Iovinella, Anna Maglio, Renata Petti, Carla Viparelli.
L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con l’ufficio della delegata alle Pari Opportunità e l’Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli.
Nucleo fondante delle opere esposte è la cura e protezione della Terra, responsabilità a cui sono chiamati sia il singolo che la collettività, e su cui le artiste hanno maturato una riflessione fondando il laboratorio artistico Se dici Mani.
La rivendicazione di un ruolo attivo nella salvaguardia del territorio e dell’ambiente rappresenta per loro il primo passo per fondare una pratica ecologica globale ed autentica.
I lavori in mostra operano una riflessione su tali temi partendo da ‘TerrAtanor’ di Adriana Del Vento, un’installazione site specific che richiama l’energia trasformatrice contenuta nella natura, rifacendosi al nome del crogiuolo alchemico, Atanor, appunto, ed alla stratificazione temporale insita nelle rocce.
Un’energia che può essere splendore e delicatezza, potenza sopita come il fuoco del vulcano, ma è talvolta resa distruttiva e tossica dall’intervento umano, come nel caso della Terra dei Fuochi.
La natura, piegata e violata dall’intervento umano, è il fulcro dell’opera di Consiglia Giovine, in cui la materia si compone in un rosso sanguigno, stratificato e scalfito da cicatrici e parole, ma in alcuni punti ingentilito da inserti leggeri e ricucito amorevolmente, come a simboleggiare una volontà di riconciliazione, di riparazione e cura.
L’intervento umano sull’ambiente, di fatto, può anche essere positivo, come nelle opere di Anna Maglio, che ricostruiscono visivamente il ciclo vitale dell’agricoltura: Semina, Raccolta, Attesa. Atti che non si esauriscono nel rapporto utilitaristico con la terra, ma sono anche espressione di discernimento, selezione, osservazione.
Il carattere disciplinante delle operazioni necessarie affinché la terra dia i suoi frutti trova nell’Attesa una perfetta sintesi: la Natura ha i suoi tempi ed il loro rispetto viene premiato dal raccolto. A dispetto dell’era frenetica in cui viviamo, il rapporto con la terra mantiene un ritmo antico.
Una presa di coscienza del ruolo – costruttivo o distruttivo – dell’essere umano sull’ambiente viene evidenziata dal video e dalle opere su forex e su carta di Nicca Iovinella. L’opera ha origine in una installazione, poi divenuta performance, realizzata nel Cratere degli Astroni nell’ambito del progetto LandArt 2013. Le immagini in movimento di Injuries e quelle fisse della serie omonima, mostrano l’umanità di fronte alle ferite che infligge quotidianamente all’ambiente. Un’umanità che è allo stesso tempo carnefice e vittima, e che, davanti allo scempio, si chiede come impedire che accada di nuovo.
La natura che riprende i suoi spazi è invece il tema della scultura ‘Ciliegie – Grotta del sole’ e dell’installazione di stampo concettuale realizzate da Mina Di Nardo. Costituita da due serie a parete di pannelli, intitolati rispettivamente ‘Landscape’ e ‘Pacciamatura’, l’installazione si affida ai materiali ed ai colori per costruire segmenti di un paesaggio ordinato come una centuria, ma in cui la vegetazione sovrasta la geometria dell’intervento umano, auspicando la sconfitta della desertificazione attraverso un intervento umano di protezione del territorio.
Pur vilipesa e ferita, la natura possiede in sé il potere della rigenerazione, e, d’altro canto, l’umanità è contrassegnata nella sua esistenza dalla fragilità, soprattutto nei confronti dei fenomeni naturali.
L’installazione ‘La forza della fragilità’ di Anna Crescenzi mette in evidenza il complicato rapporto che lega l’essere umano all’ambiente che lo circonda. La sua ragnatela intrappola insetti antropomorfi, figure umane, frammenti di storia e di vita comune, persino strade. Accanto ad essa, la riflessione ha la forma di fili neri protesi verso l’alto da una testa-bozzolo ed idee, pensieri, dubbi emergono da un utero-vaso, anch’esso in forma di bozzolo, fuoriuscito dalla rete. Entrambi pongono l’accento sul processo di generazione e ri-generazione a cui la natura e gli esseri umani non possono sottrarsi, e che può trovare il suo equilibrio solo nel rapporto armonico tra i due estremi.
Un equilibrio complesso, ma non impossibile, come dimostra ‘Drift’ di Carla Viparelli, installazione ambientale in cui microorganismi marini fluttuano sulle pareti. Essi simboleggiano l’unità della diversità, in quanto riproduzione fedele dei fossili che, ritrovati in luoghi lontanissimi fra loro, hanno dimostrato scientificamente la teoria della Deriva dei continenti.
I loro contorni ripropongono fedelmente le linee di frattura delle placche continentali, ed a dispetto della loro frammentazione evidenziano l’unità dei singoli elementi del creato, essenza imprescindibile della leggi della Natura.
Una natura che contiene in sé la bellezza e la distruzione: come ricorda l’installazione di Renata Petti intitolata ‘La Scarpa Spaiata’ che chiude il percorso espositivo. Composta da una scarpa deformata e corrosa dall’acqua e da una rete da pesca, fa riferimento alla Tragedia di Portopalo, uno dei più grandi naufragi avvenuti nel Mediterraneo. Negata in un primo momento, la Tragedia è salita agli onori delle cronache dopo che un pescatore, impietosito dal ritrovamento del documento di un adolescente annegato nella traversata, ne ha dato notizia.
La scarpa spaiata rappresenta quindi l’identità negata dei migranti che vi trovarono una morte impietosa, occultata dai loro simili. In essa si può vedere anche un monito rispetto all’essenza devastante della natura, in grado di spezzare i viaggi e le vite in alto mare.
Oltre alle opere personali, il gruppo Se dici Mani ha realizzato, nell’atrio, l’installazione collettiva che dà il titolo alla mostra: ‘Se dici Terra’.
Composta da una tavola imbandita con otto piatti, ciascuno contenente una zolla d’erba e contornato da una coppia di posate-scultura realizzate dalle artiste, suggerisce l’azione di “cibarsi” delle risorse naturali, con una duplice lettura.
Da un lato si riferisce al patrimonio naturale cui gli esseri umani attingono senza riserve, dall’altro alla cura che ciascuno dovrebbe avere verso il piccolo pezzo di mondo in cui vive, rispettandolo e preservandolo intatto per le generazioni future.
La mostra sarà visitabile fino al 9 luglio, tutti i giorni tranne il martedì dalle ore 9:30 alle 19:30 – la domenica dalle 9:30 alle 14:30.