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Santi Romano: un messaggio da ripensare nell’odierna crisi delle fonti



Paolo Grossi (2005)

Santi Romano, grande giurista siciliano dei primi del ‘900, è autore di pungenti saggi di teoria generale del diritto, il cui messaggio scientifico è di straordinaria attualità per il giurista di oggi. “L’ordinamento giuridico” è l’opera matura più celebre di questo attento osservatore della profonda crisi serpeggiante nella civiltà borghese e nelle sue riposate certezze. La crisi si accentra sull’incapacità dello Stato di governare ed ordinare il mutamento sociale, economico, tecnico. L’inettitudine ordinativa dello Stato automaticamente provocava gravi incrinature nel rapporto Stato/società, in una crisi abissale dell’organizzazione giuridica borghese e della gerarchizzazione delle fonti giuridiche, cioè delle manifestazioni specifiche entro cui solo il diritto era costretto a manifestarsi nella vita quotidiana. Crisi del riduzionismo illuministico e post-illuministico del diritto, ovvero sua riduzione in un apparato di leggi simbolo della volontà generale atta garantire l’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini. Crisi delle fonti, crisi del sistema rigido delle fonti di stampo borghese; constatazione dell’incapacità ordinativa della legge e sfiducia nel sovrano principio di legalità. Il messaggio di Santi Romano è una lettura acuta del proprio tempo, un percezione degli accadimenti futuri. Delusione del giurista consapevole di porsi su un movimentato spartiacque, conscio di non poter far ricorso alle vecchie certezze mitologiche, certo di dover trovare altre strade che simboleggino la sua coscienza civile. Il suo monito è andare oltre l’’immediata e facile forma dell’universo giuridico come insieme di comandi, piuttosto, “adottare come nuovo angolo d’osservazione la realtà plurale, composita, complessa della società per raggiungere una visione complessiva e oggettiva del fenomeno giuridico che si connota per un’intima socialità e che esprime quel complesso ampio di valori ed interessi rappresentato dalla società civile come fatto globale”. Anche se il diritto è un complesso di norme, sanzioni, coazioni, nella sua essenza è, invece, dimensione dell’esperienza, “organizzazione, struttura, posizione della stessa società”. Ordinamento più che norma e prima che norma. L’intuizione ordinamentale del diritto permette tre vitalissime riscoperte: il pluralismo giuridico; la fattualità del diritto; la riscoperta della complessità del diritto. Il diritto ricollocato da Santi Romano nella massa informe del sociale, si scrolla di dosso l’artificioso monismo statuale e vuole veder legittimata la sua concreta articolazione pluralistica. La società, per Romano, si identifica “quale nicchia matrice del diritto come un brulicare di fatti più svariati, che si affermano per la loro forza sociale, di per sé normativi, ossia portatori di una forte carica giuridica interiore”. Occorre recuperare il fatto normativo fondamentale, giuridico e non solo socio-politico; la necessità essa stessa diritto, ovvero un suo prodotto immediato. Il formalismo viene annoverato tra i vizi più gravi di una scienza giuridica ormai decrepita, mentre viene esaltata la storicità del diritto, profondamente connessa con le forze vive dell’esperienza. Occorre riscattare la complessità del diritto “avverso l’esasperato semplicismo del disegno giuridico borghese”. Il vero diritto, quello concreto e vivente, è negli usi, nei costumi, nelle tradizioni, nell’evolversi della pubblica convivenza, molto più che nei testi solenni e nelle carte dei diritti. Romano contesta la ricercatezza dell’universo giuridico gremito di norme e forme e auspica una dimensione ordinativa più simmetrica di interessi, idealità, valori circolanti nella società. “Il diritto è sempre scritto sulla pelle degli uomini, è lì, nella storia umana a servire la vicenda di personaggi carnali con il loro bagaglio di passioni, interessi, credenze“. La nozione di gerarchia s’incrina perché non più all’altezza di dominare la trasformazione e viene rimpiazzata dall’effigie della rete che, mirando non su relazioni gerarchiche, ma su semplici nessi, segnala una situazione così mobile e confusa da aver già de-tipicizzato la nozione stessa di fonte. Con globalizzazione giuridica si intende così, in modo concreto ed innovativo, pluralismo di canali di produzione giuridica. L’incapacità dello Stato e della legge di strutturare il divenire giuridico e l’inettitudine di un diritto testuale, rigido e codificato sono ora lampanti. L’odierna crisi delle fonti è la caduta delle certezze post-illuministiche; è la negazione di strutture semplici perché semplicistiche e l’urgenza di constatare la complessità dell’universo giuridico; impellenza di smantellare il vecchio assetto gerarchico delle fonti; rilevazione di un ruolo minore di Stato e legge e di una pluralità di produttori di diritto. Occorre che la prassi si riscatti nella percezione ed invenzione di assetti giuridici nuovissimi; occorre che percezioni ed invenzioni si dispongano in una trama di principi dall’articolata valenza: tecnico-giuridica, culturale, etica. P” … è questo il compito cui è chiamata oggi la scienza giuridica. Solo in questo modo, il pluralismo giuridico riproposto da Romano all’attenzione dei contemporanei, può diventare ordine della società, e pertanto genuina conquista dell’odierna civiltà giuridica”.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.

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