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Sant’Agostino: mostra sul Santo – Filosofo

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Naoya Takahara
Cuore di fuoco, 2018 vinilico e matita su carta, 73.5 x 104 cm


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Le opere in mostra a Roma: la voce di due artisti

È in corso dal 9 settembre, presso la Galleria Monserratoarte900, in via di Monserrato 14, Roma, la mostra ‘Sotto il segno di Agostino – Festa di compleanno per la nostra cara amica Roberta’.

Una raccolta di diciotto opere realizzate da diciassette artisti proprio per l’occasione: il compleanno di Roberta Giulieni, gallerista e curatrice di molti e prestigiosi eventi artistici sul territorio della capitale.

Tema trainante di tutto l’evento espositivo è Sant’Agostino, la cui data celebrativa cade il 28 agosto, data di nascita della Giulieni e per il quale Colette Baraldi, Paolo Bielli, Alessandro Costa, Riccardo De Antonis, Lino Frongia, Emanuela Gardner, Giuseppe Graziosi, Marina Haas, Federica Luzzi, Elly Nagaoka, Elena Pinzuti, Ascanio Renda, Eros Renzetti, Anna Maria Sacconi, Silvia Scaringella, Pejman Tadayon e Naoya Takahara hanno scelto di regalarne visioni molteplici, incantevoli rese e libere interpretazioni.

Un personaggio caratterizzato da forti contraddizioni e controversie quello di Sant’Agostino, nato il 13 novembre del 354 a Tagaste in Algeria e morto il 28 agosto del 430 a Ippona, sempre città algerina della quale fu laborioso vescovo e intellettuale.

Una vita tesa alla ricerca continua della verità, piena di inquietudine, manifestazione di un’anima fortemente scissa tra uno spirito manicheo, libero da vincoli e un’essenza intrinsecamente legata ai valori cristiani. Una personalità dicotomica sin dalla nascita, condizionata perennemente da Monica, la madre, fortemente religiosa, venerata come santa dalla chiesa cattolica, e da un padre pagano, Patrizio, infedele e talvolta iracondo.

Visse quindici anni di concubinato con una donna dalla quale ebbe un figlio, Adeodato che lo accompagnò successivamente nei suoi innumerevoli viaggi volti all’avvicinamento alla fede cristiana. A Milano, insieme ad Adeodato, Agostino raggiunse nel 386 SantAmbrogio, che lo battezzò durante una veglia pasquale.

Fu ordinato sacerdote nel 391 proseguendo la sua ascesa clericale verso la sua proclamazione a vescovo nel 393 e dedicandosi, in quegli anni, all’opposizione feroce di ogni tipo di eresia e manicheismo.

La questione dell’esistenza del male, in forte antitesi con quella onnipotente di Dio, fu un tema centrale nella sua produzione letteraria e filosofica, insieme al concetto di tempo e al principio di verità, che studiò e ricercò in maniera spasmodica, volgendo lo sguardo oltre alle sacre scritture, anche ai fondamenti della retorica ciceroniana e al neoplatonismo.

Un mero universo complesso quello di Sant’Agostino, ripreso nelle sue mille pieghe in maniera magistrale da tutti gli artisti coinvolti nell’evento espositivo di via Monserrato: dall’immagine potente delle ‘Reliquie di Sant’Agostino a Roma’, 2018, fotografia di Riccardo De Antonis, al ‘Sant’Agostino’, 2018, in carbone su carta, 70 x 50 cm, tutto al femminile di Lino Frongia, alle chine a pennino di Colette Beraldi nella realizzazione de ‘Prima e Dopo la conversione di Agostino al Cristianesimo’, 2018, 70 x 50 cm.

Una ricchezza di rese visive e interpretazioni che sanciscono, attraverso la varietà delle tecniche e dei materiali la grandezza del santo e la contraddittorietà dell’uomo dinanzi a ciò che non sa spiegare.

Così, per esempio, la sua piccolezza di fronte al Tempo che Elena Pinzuti, nella sua opera, in ‘Te misuro il mio tempo’,olio su tela, 64 x 106 cm, fraziona in parti per esprimerne l’esiguità e ne colora di tinte emotive lo spazio.

Sempre sulla questione del tempo si sofferma l’artista giapponese Elly Nagaooka. Il suo ‘Sant’Agostino’, 2018, tempera e olio su tela, 27 x 35 cm, è una natura morta di sassi posti in uno spazio bianco e nero, a rendere l’incapacità dell’uomo nel descrivere la dimensione in cui tutto scorre senza averne autentico controllo.

A colori brillanti e pieno di pathos si mostra il ‘Sant’Agostino di Hippo’, di Marina Haas, tempera, inchiostro, foglia oro su carta, 135 x 35 cm, in una posa affannosa e ascensionale verso il cielo, ansante di afferrare dei cuori rappresentativi delle risposte ai suoi dubbi esistenziali, ma senza riuscire mai nell’impresa, umanamente intrappolato nella terra ferma e a se stante.

Spaccato in tre parti è il Sant’Agostino dell’iraniano Pejman Tadayon. Nella sua opera, ‘Confessioni’, 2018, tecnica mista su tela 50 x 70 cm, che riprende il titolo della stessa opera del Santo, le tre figure antropomorfe rappresentano la scissione della coscienza ad opera di un conflitto lacerante tra ciò che l’uomo desidera, ciò che è obbligato a fare e ciò che sarebbe giusto fare. Al centro, l’uomo manichino è annullato completamente da una X, a simboleggiare la sua incapacità di scegliere e di gestire il proprio percorso, immobilizzato dal dubbio.

L’opera di Alessandro Costa, ‘Reliquie di Sant’Agostino’, 2018, tecnica mista, 80 x 60 cm, si sviluppa materialmente su tre piani: la tela, il vetro e il teschio di Agostino posto all’esterno mediante la tecnica del collage. È netto il messaggio, la morte ha raggiunto anche Lui. E a nulla sono valse l’avidità di conoscenza, la ricerca, gli studi e i dubbi sulla Trinità: il tempo lo ha spazzato via. La reliquia è tutto ciò che resta del Santo.

Splendida l’opera in marmo di Carrara di Silvia Scaringella, Riverberi, 2018, 18 x 18 x 18 cm. La ricerca continua della verità ha scavato, logorato e sottratto la materia fino trovare la luce che arriva da un piccolo foro posto in alto alla scultura di forma sferica. È la conversione dell’uomo illuminato da dio.

Durante il vernissage, ho inoltre avuto l’opportunità di intervistare Federica Luzzi, autrice di un’opera molto interessante, ‘Blue Green Shell: Ecumene’, 2018, realizzata mediante la tessitura ad arazzo con telaio verticale e Naoya Takahara, artista giapponese e autore di ‘Cuore di fuoco’, 2018, vinilico e matita su carta, 73.5 x 104 cm.

Federica, come mai questo titolo? E in che modo associ la tua opera a Sant’Agostino?

Solitamente le mie opere non nascono con una intenzione precisa ma nel risultato poi effettivamente lo sono. Quello che costantemente mi sorprende è come un’idea abbia la tendenza naturale di tradursi in atto e questo lo verifico nella polisemia, inclusa l’ambivalenza dell’immagine che questa può presentare in contesti diversi lasciando sempre il medesimo titolo, Shell. Ho deciso di titolare così le mie opere dal ’99, distinguendole solo per colore. Come da dizionario inglese, Shell, volutamente non tradotto, corrisponde più esaurientemente alle innumerevoli immagini associative ad esso legate: conchiglia, guscio, involucro, baccello, corazza, squama, scaglia, leggero battello, schema, schizzo di un progetto, cassa interna di feretro, scorza, carcassa, ossatura, apparenza, parvenza, proiettile, granata, cartuccia, bossolo, guardamano, strato elettronico.

Quando Enzo Mazzarella mi ha invitata a partecipare alla mostra per Roberta, ho trovato un dato molto interessante su Sant’Agostino. Non ci ha lasciato alcuna carta ma descrivendo verbalmente la tipologia della mappa TO, simbolo per eccellenza dell’ecumene, dello spazio abitabile, sono ritornata senza alcuna intenzione ad un contenuto per me importante, quello del baccello e dei suoi semi interni che ho tessuto a rilievo in nero; sono i tre continenti allora conosciuti, Oriente, Europa, Africa. La mappa TO si presenta come un frutto aperto, circolare, orientato ad est e dove la linea di confine e che accoglie è l’acqua. TO, disegno della terra in forma di una T inscritta in una O, è terrarum orbis, il mondo e il Mediterraneo, e la O dell’Oceano.

Ho lasciato liberi e visibili sia i fili di lavorazione di trama che di ordito, nascosti nella tradizione dell’arazzo, per dare corpo e connettere l’oggetto cangiante nello spazio.

Naoya, in ‘Cuore di fuoco’ compare il tuo autoritratto, come mai hai avuto questa idea? E in che modo lo associ a Sant’Agostino?

L’idea dell’autoritratto cosi’ stilizzato in macchie scure e chiare deriva dalla modificazione dell’immagine del mappamondo.

Il fiato del mio autoritratto arriva al mondo.

Il cuore di fuoco che è il suo attributo iconografico è posizionato sulla sua città natale Tagaste, Algeria.

La Mostra resterà aperta fino al 30 settembre con questi orari:
da lunedì a venerdì 16:00–20:00
sabato 10:00–13:00
Chiusa nei giorni festivi.

Un sentito ringraziamento a Vincenzo Mazzarella e Roberta Giulieni per la splendida opportunità.

Ancora auguri Roberta!

Autore Marilena Scuotto

Marilena Scuotto nasce a Torre del Greco in provincia di Napoli il 30 luglio del 1985. Giornalista pubblicista, archeologa e scrittrice, vive dal 2004 al 2014 sui cantieri archeologici di diversi paesi: Yemen, Oman, Isole Cicladi e Italia. Nel 2009, durante gli studi universitari pisani, entra a far parte della redazione della rivista letteraria Aeolo, scrivendo contemporaneamente per giornali, uffici stampa e testate on-line. L’attivismo politico ha rappresentato per l’autore una imprescindibile costante, che lo porterà alla frattura con il mondo accademico a sei mesi dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca. Da novembre 2015 a marzo 2016 ha lavorato presso l’agenzia di stampa Omninapoli e attualmente scrive e collabora per il quotidiano nazionale online ExPartibus.