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Sandro Botticelli: ‘La Calunnia di Apelle’

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'La Calunnia di Apelle' di Sandro Botticelli


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Ogni Essere è il nocchiero di un naviglio che, procede dentro la rotta dell’Esistenza, in un mare interno, profondo e oscuro che, infine, può riemergere dal Buio per ritrovarsi affratellato con altre Essenze precedenti…

Ciò significa immettersi a navigare in un più vasto mare… quello Eterno del Tramandamento e della Reminiscenza, portando così da bocca ad orecchio parole, messaggi emblematici che, giungono dalle più infinite lontananze… essi sono come anelli di una catena funzionale che rende insieme alla più piccola e modesta opera realizzata, partecipi e attenti ai misteriosi tesori, sepolti nelle Visioni Immortali.
P. F. Marieschi da ‘Arcidemo’ Parte prima del Codice Aquilegiano, tradotta da A. Romeo nel 1950.

Parlare di un collegamento con la circolarità di un pensiero che alimenti la Tradizione è certamente appropriato nel prendere in considerazione la figura di Sandro Botticelli come “colui che trae”, dando forma ed immagine… ricreando iconografie perdute nel Mito e nella Tradizione stessa della Pittura.

Questo suo aspetto è da collocare in una particolare dimensione dell’Arte che non si attesta nella riproduzione della contemporaneità del visibile, per narrare o documentare particolari contesti o storie indirizzate all’educazione della più vasta collettività, perché esso rappresenta il grande desiderio dell’artista di trasferirsi nel tempo, cavalcando la propria immaginazione per essere il privilegiato ed eccezionale “testimone” oculare dei fatti raccontati… perché da questi nascono lecitamente dei dubbi che la mente tende a risolvere, spesso con soluzioni del personale intuito, ed anche per una sorta di parentela ideale, trascendente che si volge all’esser per merito e dedizione, eredi del Senso Numinoso.

Forse perché nella vita di tali Grandi Artisti è già dal primo loro vagito “inoculato” il Senso del Mistero? Oppure tutto ciò non è altro che l’Essenza stessa di una tipologia particolare di Uomini che sono Artisti e… che svolgono nel Mondo, e nella storia dei loro giorni, la “ricucitura” col Tempo Infinito… una Missione in nome di chi, da quelle profondità, ha lasciato intendere di voler continuare a parlare anche dopo la morte, preoccupato, forse, che il proprio messaggio, il proprio modo di intendere l’Arte possa essere manipolato…travisato ad uso e consumo dei soliti ed imperituri “ladri d’umanità”?

C’è ancora tanto da scoprire… tanto da dire… tanto da fare, prima di lasciar che la vita scorra nel più meritato e dolce dormire.

Forse questo pensiero leonardesco li rappresenta tutti e… fu il loro pensiero, pur ritenendo meritevole la propria esistenza di un sereno ed eterno riposo… ma, ciò consegna il rimpianto del cammino interrotto alle più degne posterità.

Quali Opere? Quali Artisti?

Ne citiamo subito tre… e sono subito… tre Misteri dipinti da autentici Genii della Misteriosofia…

Botticelli è il primo, con ‘La Calunnia di Apelle’… Leonardo da Vinci con il ‘Cenacolo’ e Nicolas Poussin con ‘I Pastori d’Arcadia’, gli altri due che potranno seguire a codesta analisi.

Per introdurre tale riflessione come percorso nel Mistero incominciamo dalla prima opera, che nasce tra il 1491 e il 1495, da reminiscenze evocate in quei cenacoli fiorentini del Rinascimento… come poteva essere la Bottega del Verrocchio, fucina d’Artisti che anche un allievo molto talentuoso sia di Filippo Lippi, che dello stesso Andrea del Verrocchio, Maestro vero e grande punto di riferimento, frequentava di solito…

‘La Calunnia di Apelle’ di Botticelli è un dipinto a tempera su tavola delle dimensioni di cm.91×62, conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

Viene dipinta e “ricreata” di sana pianta, attingendone le descrizioni dalle note letterarie afferenti alla Pittura del periodo ellenistico di cui Apelle di Colofone fu uno dei massimi esponenti.

Il quadro è un’allegoria ed in quanto tale indirizzata ad un ruolo educativo… non più riferito alla Grecia Classica, bensì alla Firenze dei tempi medicei fino alla parabola moralistica del Savonarola nella quale la maldicenza assunse una potenzialità virulenta e mortale.

Nell’opera è rappresentata l’azione della Calunnia in un momento della vita del mitico re Mida e nella prima versione, quella classica appunto, era un’esecuzione murale, un affresco andato perduto, distrutto insieme alle pareti della casa dove faceva bella mostra di sé. Ne conosciamo però la descrizione abbastanza accurata che ne fece Luciano di Samostata che, la utilizzò in risposta ad un’accusa calunniosa che lo vedeva come cospiratore contro Tolomeo.

Quello stesso tema pittorico trova spazio e spessore in altre descrizioni di livello altrettanto elevato. Esso viene ricordato e descritto, seppur con alcune semplificazioni, da Leon Battista Alberti nel ‘De Pictura’. Inoltre, la studiosa Pons sviluppò anche l’ipotesi di una stretta collaborazione di Botticelli con Bartolomeo di Giovanni per le iconografie dei finti rilievi bronzei che decorano le architetture della sala del trono.

La scena rappresentata, dinamica e complessa nello svolgimento dell’azione che vi si svolge, riprende fedelmente l’originale episodio, inserendolo, appunto, all’interno di una grandiosa aula, riccamente decorata da marmi e rilievi dorati, affollata di personaggi.

È un’opera che va letta da destra verso sinistra.

Re Mida, riconoscibile dalle orecchie d’asino, nelle vesti del cattivo giudice è seduto sul trono ed è consigliato dall’Ignoranza e dal Sospetto; davanti a lui sta il Livore, cioè il Rancore, l’uomo con il cappuccio nero, coperto di stracci, tiene per il braccio la Calunnia… una donna molto bella, che si fa acconciare i capelli dall’Insidia e dalla Frode, e mentre trascina a terra il Calunniato impotente, con l’altra mano impugna una fiaccola spenta che, non fa luce, simbolo della falsa Conoscenza.

La vecchia sulla sinistra è il Rimorso ed, infine, l’ultima figura di donna sempre a sinistra è la Nuda Verità, Veritas, con lo sguardo rivolto al Cielo, come ad indicare l’Unica Vera Fonte di Giustizia.

L’architettura dell’ambiente, che anticipa lo stile cinquecentesco, mostra un ampio loggiato composto da pilastri con nicchie ed archi a tutto sesto, con lacunari, fregi dorati. Corrono sui plinti, nei lacunari, sulle basi delle nicchie e sopra di esse, varie scene mitologiche. Dentro le nicchie si trovano statue a tutto tondo, rappresentanti figure bibliche e dell’Antichità Classica, tra le quali si riconoscono una “Giuditta” con la testa di Oloferne dietro il trono di Mida ed un cavaliere, forse un “Davide”, nella nicchia centrale.

Questa sintesi spinge ad un ragionamento etico, religioso e filosofico, un’analisi comparativa tra il Mondo Classico ed il Mondo Cristiano e rimanda alle meditazioni che interessavano gli umanisti, in particolare, gli studiosi che si riconoscevano nell’Accademia Neoplatonica. E… oltre quegli archi si nota solo un cielo lontano e cristallino, eseguito con tenui impasti di lapislazzuli.

Una meravigliosa ed irripetibile Opera d’Arte, che spinge i posteri che la “fruiscono” ad abbandonare ogni considerazione di tipo materialistico perché in essa stessa, nonostante la sua “anzianità” ne vengono denunciati i mali ed i loro sistemi, quindi ad elevarsi verso un Aureo Livello Filosofale. Proviamo ad interpretarla.

Nonostante la perfezione formale del dipinto, la scena si caratterizza innanzitutto per un forte senso della drammaticità, l’ambientazione fastosa concorre a creare una sorta di Tribunale della Storia, in cui la vera accusa sembra essere rivolta proprio al Mondo Antico, dal quale pare essere assente la Giustizia, uno dei valori fondamentali della Vita Civile.

È una constatazione amara, che rivela tutti i limiti della Saggezza Umana e dei principii etici del Classicismo, non del tutto estranea è anche proprio la filosofia neoplatonica, ma che, qui, viene espressa con toni violenti e patetici.

È dunque il segno più evidente per Botticelli dell’infrangersi di certe sicurezze fornite dall’Umanesimo quattrocentesco, a causa del nuovo e turbolento clima politico e sociale che caratterizzerà la situazione fiorentina dopo la morte del Magnifico nel 1492. In città imperversavano, infatti, le prediche di Girolamo Savonarola, che attaccò duramente i costumi e la cultura del tempo, predicendo per tutti, la morte e l’avvicinarsi del Giudizio Divino, imponendo penitenze per l’espiazione dei peccati.

Si deve ricordare che lo stesso Artista fu talmente scosso dall’onda generale del “pentimento” provocata da quelle focose predicazioni da indursi a bruciare molte delle proprie opere di carattere classico e mitologico… fortunatamente per noi posteri l’opera che oggi possiamo ammirare non era più in suo possesso.

Cosa dire dello Stile, perfettamente inserito nel rigore architettonico nel quale il dinamismo delle figure appare più che mai evidenziato? Tutto sembra come percorso da un vento impetuoso che si placa solo nell’immagine statuaria della Verità.

Il tema, strettamente concettuale, si riversa nella scelta di figurazioni ormai sciolte dall’aderenza ad un fedele realismo, che sembra anticipare la maggiore libertà nel disporre le figure di matrice cinquecentesca. Tutto il tema è inserito nella modalità stilistica dominante, cioè il fluire della linea, oltre al colore vibrante e l’intonazione drammatica.

Cosa ha tentato il “crucciato” Sandro Botticelli, visto che egli stesso tramanda a noi posteri il suo volto nella ‘Adorazione dei Magi’, anche questa alla Galleria degli Uffizi, cosa ha inteso fare lui, innamorato della classicità, tanto da credersi discendere direttamente da quelle figure che l’ellenismo fondarono estendendo una cultura nel loro vasto impero politico e militare… Filippo il Grande e suo figlio Alessandro… anche lui denominato il Grande?

Gioca, Botticelli o Alessandro Filipepi… oppur dobbiamo dir Filippo, prima del “cruccio” che la vita gli darà… ed è il tempo d’oro dell’Arte… con i giorni della “crapula”, tanto che il Magnifico gli dedica motti scherzosi:

Botticel, la cui fama non è fosca,
Botticel dico, Botticello ingordo,
ch’è più impronto e più ghiotto ch’una mosca.
Oh di quante suo ciance mi ricordo!
S’egli è invitato a desinare o cena,
quel che l’invita non lo dice a sordo.
Non s’apre allo invitar la bocca appena,
ched al pappar la bocca sua non sogna;
va Botticello e torna botte piena.

Cosa ha voluto fare? Se non provare ad inserirsi in quella Koinè culturale, in quella circolarità eterna della classicità… in quella Civiltà comune e accettata da Popoli diversi… e forse il suo “crucciar” è un rimprovero al modo oscurantistico, di come tale Cultura sia stata seppellita!

Il collegamento ad Apelle di Colofone è emblematico proprio perché l’Antico Pittore di cui non s’è salvata nessuna opera a testimoniarne la grandezza, serve a Botticelli su un piatto d’argento… proprio il Mistero!

… è il mistero della trasmutazione alchemica sbagliata di Mida… punito dagli dei con le orecchie d’asino… fatto che aveva ispirato già Apuleio e dopo di lui artefice di “tramandamenti” ispirerà anche Collodi per il suo Pinocchio.

È il Mistero Della Verità negata ed offesa! Ed infine è tristemente il “mistero” del trionfo stesso della Calunnia dalla quale spesso, lui stesso si dovrà difendere insieme agli altri cultori delle Scienze Classiche provenienti dagli ambienti del Magnifico!

È il Mistero dell’Arte… che dopo tanto splendore può cadere per colpa dell’Umana Brutezza… nel dimenticatoio. Gli ultimi anni silenziosi del Botticelli che morirà vestito di “cenci” ne sono la prova!

Ma quell’Arte stessa è la Dimensione Misterica… dove ogni Artista è vivo, come Botticelli è vivo, presente e ricordato… e nella sala di quel trono espunto dal Tempo del Mito non siede più, Mida il Cattivo Giudice, bensì… la Nuda Verità, finalmente riscattata dal lavoro di quegli Artisti… dai loro dubbi anche insoluti… dai loro voli con ali di cera, dal loro Amore per la perfezione del Creato!

Autore Vincenzo Cacace

Vincenzo Cacace, diplomato all'Istituto d'Arte di Torre del Greco (NA) e all'Accademia di Belle Arti di Napoli, è stato allievo di Bresciani, Brancaccio, Barisani, ricevendo giudizi positivi ed apprezzamenti anche dal Maestro Aligi Sassu. Partecipa alla vita artistica italiana dal 1964, esponendo in innumerevoli mostre e collettive in Italia e all'estero, insieme a Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Ugo Attardi, e vincendo numerosi premi nazionali ed internazionali. Da segnalare esposizioni di libellule LTD San Matteo - California (USA), cinquanta artisti Surrealisti e Visionari, Anges Exquis - Etre Ange Etrange - Surrealism magic realist in Francia, Germania e Italia.