In caso di pioggia il Santo viene trasportato per le strade di Napoli all’interno di una portantina chiusa del 1700
Sabato scorso, 6 maggio, ricorrendo il primo sabato di maggio, si è svolta la processione dal Duomo alla Basilica di Santa Chiara delle reliquie e del busto di San Gennaro e degli altri compatroni di Napoli per celebrare il miracolo della liquefazione del sangue del Santo.
Il tempo è stato clemente con una bellissima giornata di sole, ma se, invece, fosse stato brutto e Giove Pluvio avesse inondato la città, cosa sarebbe successo?
Niente paura, San Gennaro non si sarebbe bagnato, poiché dal 1767 dispone di una portantina personale con tanto di cintura di sicurezza e rivestita internamente di seta di San Leucio, donata dal Duca de Costanzo Patrizio Napoletano del Sedile di Portanova.
L’antropomorfizzazione del patrono non è recente, tantomeno la devozione per lui; infatti, dove c’è un napoletano, sia a Napoli o a Montevideo, a New York o Stoccolma, c’è San Gennaro.
Il legame tra i partenopei e Napoli con il suo santo protettore, anche se non è l’unico patrono della città, è viscerale, tanto da essere considerato come un consanguineo.
Il Santo è parte integrante della famiglia e anche il dialogo che si instaura con lui è alla pari; anzi, diventa confidenziale come con un fratello maggiore a cui chiedere aiuto nel momento del bisogno.
San Gennaro, pensaci tu!
è la classica invocazione dei partenopei per risolvere problemi, superare le paure, uscire indenni da eventi naturali e disastri o, magari, vincere un terno al lotto.
Il rapporto di fede si consolida tre volte l’anno, in date ufficiali e solenni quando il sangue del Vescovo viene esposto di fronte a migliaia di cittadini, fedeli o semplici curiosi.
Un’atmosfera unica, emozionante; un equilibrio perfetto di spiritualità, cultura e folklore.
Tutti in trepidante attesa che si sciolga; diversamente, secondo la tradizione, qualche sciagura starebbe per incombere sulla città.
Nel sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre in migliaia accorrono nel Duomo per assistere al prodigio della liquefazione.
Ovviamente è massiccia anche la partecipazione mediatica con numerosi esponenti della stampa che provengono da ogni parte del pianeta, pronti a documentare, con dovizia di particolari, il suggestivo evento.
Il primo rito della liquefazione è previsto il sabato precedente la prima domenica di maggio, quando il busto, il reliquiario con la teca e le ampolle, insieme ai busti d’argento degli altri santi patroni della città, vengono portati in processione, appunto dalla sede dell’Arcidiocesi, in via Duomo, al monastero di Santa Chiara, che sorge accanto alla vicinissima piazza del Gesù, in ricordo della prima traslazione delle reliquie del santo da Pozzuoli a Napoli. Dopo le rituali preghiere si attende avvenga il primo miracolo della liquefazione del sangue.
Il secondo ricade il 19 settembre, giorno di ricorrenza della decapitazione del Santo, all’interno della Cattedrale di Santa Maria Assunta, alla presenza del Cardinale, delle autorità civili e dei fedeli. Dopo le consuete preghiere, si aspetta speranzosi che il miracolo si ripeta.
Il 16 dicembre, festa del patrocinio di San Gennaro, si rinnova l’ultimo prodigio, in ricordo dell’eruzione del 1631 del Vesuvio, quando il sangue si sciolse, il magma incredibilmente si fermò e la città fu risparmiata dalla distruzione.
Per ringraziare il Santo, i napoletani stipularono con lui un patto che sottoscrissero presso un notaio, impegnandosi a donargli un tesoro in cambio della protezione eterna di Napoli. Ad oggi, il tesoro di San Gennaro supera, come valore monetario, di gran lunga quello della Corona britannica.
La cerimonia del miracolo segue un rigido protocollo immutato da secoli, specialmente quello del 19 settembre. L’atmosfera all’interno della Cattedrale è densa di fervore religioso in attesa del miracolo.
In prima fila siedono le “parenti”, donne napoletane, per lo più anziane che hanno il compito di intonare canti e invocazioni al Santo per far sì che il sangue torni al suo stato naturale, in attesa che il Cardinale esponga l’ampolla e il “compare di fazzoletto” lo sventoli per annunciare il miracolo.
Le “parenti” ripetono il rituale delle prefiche greche, quando le donne piangevano i giovani morti, nella speranza della risurrezione, e San Gennaro per loro è come un figlio, tanto da rimproverarlo se il miracolo tarda a compiersi arrivando a chiamarlo faccia ‘ngialluta, dal colore oro del busto.
Una curiosità.
Tra il 1963 e il 1965, durante il Concilio Vaticano II, una commissione composta da teologi e Vescovi, decise di cancellare San Gennaro dal calendario dei santi, poiché sembrava non ci fossero prove sufficienti della sua esistenza, sostituendolo con Sant’Antonio da Padova.
Naturalmente, il popolo insorse, la chiesa corse ai ripari e al santo fu assegnato il culto solo a livello locale. I napoletani risposero con la consueta ironia, riempiendo la città di manifesti e con la scritta
San Gennaro futtatenne!
Nel 1980, Giovanni Paolo II mise le cose a posto e San Gennaro fu proclamato ufficialmente patrono di Napoli e della Campania. dopo la “reggenza” di Sant’Antonio da Padova dal 1965 al 1980.
Autore Mimmo Bafurno
Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.