Ultimo giorno di permanenza a Barcelona. L’indomani partirò per il rientro in Italia. Dopo la mattinata trascorsa a Parc Guell, mi accingo a vivere l’ultima tappa prevista del mio breve viaggio: la Sagrada Familia.
Giunto a destinazione, mi preparo ad entrare. Ore 14:30, sono pronto. Dopo i controlli della sicurezza, arrivo sul sagrato e mi ritrovo solingo a contemplare la facciata della Natività, l’unica progettata, costruita e ultimata dal genio di Gaudí.
Il colore della pietra è scuro: il tempo in cui è stata edificata “rimbalza” improvvisamente davanti ai miei occhi e, in pochi istanti, vengo catapultato nel secolo precedente, quando “tutto ebbe inizio”.
Le sculture morbide, ondeggianti, quasi plasmate dalla mano dell’architetto spagnolo, sembrano scivolarmi addosso; le tre statue raffiguranti la “Natività”, nel loro perpetuo mutismo, appaiono comunicative per lo spirito che si compiace ammirato innanzi a tanta maestosa “divina” grandezza.
Le incisioni, i personaggi, i fiori e le foglie scolpite sembrano cristallizzati direttamente dal soffio di Dio e non è assolutamente descrivibile la commistione di emozioni e percezioni che tale visione provoca all’animo, in un tenebroso e silente segreto.
Ogni cosa, piccola o grande che sia, è alchemicamente al proprio posto; nella giusta collocazione. La mia attenzione è catturata dal volto in penombra della Vergine, che tiene seduto il “divin bambino”.
Non un accenno di sorriso o di gioia su quel giovane volto di donna.
Ella è consapevole di ciò che quell’infante diverrà e rappresenterà per l’Umanità futura fino alla fine dei tempi; la madre accetta, accoglie e mostra il “dono”, ma, in cuor suo, intuisce il percorso che spetta al figlio; al contempo, quest’ultimo, con espressione fanciullesca, guarda verso il cielo, chiedendo misericordia, sì misericordia, ma non per sé, bensì per quell’Umanità che adesso è in pieno giubilo e che sarà la stessa che lo porterà alla morte in croce!
Si potrebbero trascorrere ore ed ore ad ammirare e contemplare tale immagine simbologica, ma il richiamo all’interno della Sagrada è irrinunciabile e irrefrenabile.
Oltrepassata la porta centrale, ciò che apparteneva al passato, all’esterno della predetta facciata, si trasmuta in un ennesimo livello dimensionale.
Sembra quasi di essere fagocitati dalla fumettistica “dimensione specchio” del Dr. Strange, in cui i giganteschi pilastri che sorreggono la struttura, sembrano muoversi in un movimento perpetuo e costante, dando al visitatore la sensazione di trovarsi in un circuito vivo e presente.
Le grandi vetrate, sovrastate da altrettanti rosoni, filtrano la luce solare dall’esterno e la mutano straordinariamente in colori semplici e naturali che acquietano lo spirito, avvolgendolo in un respiro cosmogonico.
Quanta semplicità e naturalezza, instillata nella sostanziale complessità di un’opera definita l’ottava meraviglia del mondo.
Poche le immagini religiose all’interno.
Eppure, il criptico misticismo che trasudano gli ambienti interni è un qualcosa di eccezionale: il “sostanziale” in un minimalismo plastico, che letteralmente investe e quasi devasta la vista del visitatore che non vorrebbe andarsene più via.
Sotto la pavimentazione riposano le spoglie del genio, in una cripta che rappresenta in pieno il periodo storico del primo ventennio del ‘900.
E ciò che “lui” non è riuscito a completare, adesso è la missione di altri, che nel corso dei decenni seguenti al suo trapasso, hanno arricchito la Sagrada di guglie, imprimendole un “secondo volto” per mezzo della facciata della “passione”.
Altri e nuovi simbolismi, acqua e fuoco che si accostano in un gioco alchemico, la tavola numerica dei ’33 e tanto altro ancora.
In questa costruzione, passato e presente si intrecciano, protesi verso un mirabile futuro, rendendola per eccellenza la “Sagrada Encantada”, come molti del posto amano definirla, non erroneamente.
Termina così l’ultimo articolo di questa sintetica trilogia del mio breve sguardo sull’opera gaudiana, che nessuna efferata e insana violenza o un vile attentato, come quello che la città di Barcelona ha subito pochi giorni dopo la mia partenza, potrà mai oscurare o cancellare.
L’architetto di Dio ha reso la sua città semplicemente divina, donando ai posteri, il silente valore dell’ermetico potere simbologico.
Autore Antonio Masullo
Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".