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Revenant, l’epica esistenziale di Inarritu

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Dopo un viaggio temporale ed emozionale della durata di due ore e mezza ci si trova a fare i conti con i pensieri più disparati che partono dalla lotta alla sopravvivenza allo stile cinematografico, dalla bravura degli attori di rendere appieno le sensazioni e le condizioni fisiche e psicologiche di una data situazione alla brutalità e alla violenza su cui si è consolidata la Storia.

‘Revenant’ è Inarritu allo stato puro, nel senso che l’impatto visivo al servizio della sceneggiatura è firma inconfondibile di un regista che riesce a passare dal mondo interiore alle prese con le nevrosi dei tempi moderni di Birdman, con il protagonista “incarcerato” dietro le quinte di un teatro, all’avventura epica di un uomo in balia della natura selvaggia il cui conflitto interiore è sempre in bilico tra ricerca spirituale e voglia di vendetta.

Ispirato a eventi realmente accaduti raccontati nel romanzo omonimo di Michael Punke, ‘Revenant’, Redivivo, è una storia epica sul tema della sopravvivenza e della trasformazione, sullo sfondo della bellezza, del mistero e dei pericoli della frontiera americana del 1823.

Durante una spedizione in un territorio incontaminato e sconosciuto, il leggendario esploratore Hugh Glass viene aggredito da un orso e in seguito abbandonato dai compagni di caccia che dovevano curarlo e vegliarlo.

Nonostante le ferite mortali, la solitudine, il gelo e le leggi della natura incontaminata che lo circonda, Glass riesce a non soccombere; grazie alla sua forte determinazione e all’amore che nutre per sua moglie, una indiana nativa americana, percorrerà oltre 300 chilometri in un viaggio incredibile attraverso il selvaggio e gelido West… tutto questo non solo per sopravvivere ma sopratutto per trovare l’uomo che lo ha tradito, John Fitzgerald, un cacciatore di pelli razzista e senza scrupoli.

La vera e propria epopea che Glass intraprende diventa una sfida contro il tempo e le avversità, alimentata dal desiderio di tornare a casa e di ottenere la meritata giustizia.

Il film di Inarritu è sorprendente, visivamente affascinante, incorniciato da una fotografia “fluttuante” di Emmanuel Lubezki che trascina lo spettatore nei territori innevati della frontiera americana del 1800, i meravigliosi paesaggi canadese e argentino in cui l’opera è stata girata, oltre a far sentire il respiro della Natura e dei personaggi eludendo le difese e i filtri emotivi che “il Cinema” dona a chi va “al cinema”.

E di respiri, smorfie, gemiti di sofferenza, sguardi intensi e rivelatori è per lo più fatta l’interpretazione di un mastodontico Leonardo di Caprio nei panni dell’esploratore Hugh Glass: nel ruolo più estremo della sua carriera, nel meno loquace, in forte contrapposizione al logorroico Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street, Di Caprio aggiunge il tassello definitivo a quella crescita recitativa che già da qualche anno lo ha portato ad essere uno dei migliori attori in circolazione.

Va apprezzato in lingua originale ‘Revenant’ perché anche se i dialoghi sono ridotti all’osso Leonardo Di Caprio porta nella sua voce tutta la sofferenza di un’odissea disumana, di un’avventura epica e persino le parole sussurrate o solo accennate riescono a disegnare ed esemplificare i tratti emotivi di un uomo in una condizione umanamente estrema.

Riguardo al suo personaggio Di Caprio ha detto:

Hugh Glass è un uomo che non spreca parole, che va dritto al punto, perché non vuole dover necessariamente comunicare con le persone.

Quello che attraversa lo vediamo nei suoi occhi, è così che viviamo la sua storia. Non servono parole.

Inoltre, molto del mio agire non è stato programmato, perché volevo cercare di reagire il più onestamente possibile a quello che la natura offriva.

Alejandro Gonzalez Inarritu ha trovato in un eccellente Tom Hardy l’ideale contraltare di Di Caprio per interpretare John Fitzgerald, il lato oscuro del viaggio di Hugh Glass, l’incarnazione della paranoia, della recriminazione, dell’amarezza, colui che tradendo il protagonista e condannandolo a morte pressoché certa lo motiva a sopportare gli ostacoli che incontrerà.

Il regista Premio Oscar per Birdman ha deciso, in accordo con il suo direttore della fotografia, il fidato e già citato “Chivo” Lubezki, di girare il film in ordine cronologico per conservare il naturale ritmo del viaggio del protagonista della storia. Durante le riprese i due si sono affidati esclusivamente al sole e alla luce del fuoco, evitando la luce artificiale dei secoli successivi agli eventi raccontati, lavorando con la luce naturale in modo creativo.

Se in Birdman l’ispirazione proveniva dalla musica condizionando persino il ritmo delle scene, ‘Revenant’ è ispirato alla pittura in una sorta di chiaroscuro pieno di luci e ombre che prende vita, con un risultato equivalente ad “un’opera d’arte visiva“.

Alejandro Gonzalez Inarritu, che figura anche come produttore oltre che come regista e sceneggiatore del film, ha “costretto” gli attori a performance fisiche incredibili, al limite del disumano ed è riuscito a conquistare Leonardo Di Caprio con il suo progetto a tal punto da fargli mangiare vero fegato di bisonte e farlo entrare nudo nella carcassa di un animale per una delle scene più affascinanti della pellicola insieme alla lotta del protagonista con un grizzly in un movimento di macchina da antologia; tutto questo per rendere il più possibile reale ciò che si vede sullo schermo…

Un vero e proprio percorso esistenziale che non è solo quello di Hugh Glass, quello narrato in ‘Revenant’, ma è quello di chi ci ha lavorato, da ogni componente della troupe, al regista e al cast che si è dovuto adattare ad ogni tipo di circostanza, affrontando la più che normale frustrazione sopraggiunta con i costanti e numerosi cambiamenti climatici.

Leonardo Di Caprio ha definito la lavorazione di questo film:

un viaggio spirituale che rappresentava la perfetta fusione di violenza e bellezza, ed è proprio questo che volevamo: mettere in scena la brutalità e la bellezza della natura.

‘Revenant’ ha vinto tre Oscar e tre Golden Globe con doppio riconoscimento alla regia di Inarritu e all’interpretazione di Leonardo Di Caprio – finalmente l’Oscar! – l’Academy Award alla meravigliosa fotografia di Emmanuel Lubezki, e il Premio come Miglior Film Drammatico a completare il “trittico” di Globe ricevuti.

Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.