Ipotesi o realtà giuridica?
La Carta Costituzionale è e deve essere sempre il “faro” per ogni singolo, sia che svolga il ruolo di funzionario pubblico nell’ambito di incarichi istituzionali, oppure sia un cittadino normale nell’ambito della PA.
Fatte queste doverose premesse, le regole imposte da tale “sacro” documento non possono mai essere disattese nei suoi cardini fondamentali da alcuno, in considerazione del fatto che esso rappresenta la sintesi di pensieri e profonde riflessioni e sacrifici di uomini che hanno lasciato un segno per la formazione e l’affermazione di libertà di questa nazione.
Oggi, chi riveste ruoli pubblici ha delle responsabilità ben precise e codificate, che spesso vengono dimenticate in nome di un apparente “Bene supremo pubblico“.
Da capire cosa si intenda per “bene supremo pubblico”… ancora non è dato sapere.
Tuttavia, la Carta Costituzionale, in questo senso, specifica in maniera chiara ed inequivocabile all’art. 95 quanto segue:
Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri.
Sotto il profilo costituzionale è da intendersi la sola responsabilità politica del ministro, che risponderà, a pieno titolo, innanzi agli elettori dell’atto da lui controfirmato… e, quindi, nel caso si dovesse ripresentare in una competizione elettorale.
A quest’ultimo spetta solo un potere di informativa al Governo nel caso di iniziativa presidenziale esorbitante dalle proprie funzioni.
Secondo altri, si tratterebbe di responsabilità assai rara, poiché si tratta di atto meramente formale di attestazione della regolarità del procedimento seguito, di talché detta responsabilità in esame si configurerebbe solo ove venisse accertata una compartecipazione del Governo al procedimento di formazione dell’atto.
Sui ministri, tuttavia, grava una responsabilità amministrativa in relazione all’attività da essi svolta come vertici dei dicasteri. Inoltre, sono equiparati ai funzionari dello Stato e, in quanto tali, possono essere responsabili civilmente ai sensi dell’art. 28 della Costituzione. Il successivo art. 96 Cost. disciplina la loro responsabilità penale.
L’art. 28 della Costituzione specifica:
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici [97, 98, 103, 113] sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Si vuole portare l’attenzione del lettore al passaggio della norma ove si sancisce la responsabilità dei funzionari, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti, che possono essere di natura costituzionale, anche e soprattutto per i ruoli ad essi attribuiti.
In sostanza, richiamare tale norma costituzionale significa voler dire che tutti coloro che svolgono e rivestono un ruolo pubblico, quindi i ministri e il Consiglio dei ministri, pertanto collegialmente, sono equiparati ai funzionari amministrativi con le relative responsabilità ad esse connesse, come previsto proprio dall’art.28 Costituzione.
Non solo… il Governo, essendo un organo a rilevanza costituzionale nello svolgimento del potere esecutivo… incontra un limite invalicabile, ossia quello di non contraddire MAI la Costituzione e le leggi.
La norma su richiamata ha una sua evidente “ratio legis” ed evoca, da un lato, l’esigenza di tutela della collettività contro i possibili abusi dei poteri pubblici, dall’altro impone al singolo dipendente pubblico e/o funzionario, a prescindere dal suo ruolo in quel momento, di rispettare la legge nello svolgimento delle proprie funzioni… e, quando ci si riferisce alla legge, la COSTITUZIONE è la legge gerarchicamente superiore a qualsiasi altra legge.
Infine, secondo una giurisprudenza consolidata, la norma presuppone l’estensione della responsabilità del dipendente all’ente cui in esso è preposto ed è prevista per consentire al danneggiato, quindi al cittadino, una maggior possibilità di risarcimento, in caso di violazione dei suoi doveri giuridici, atteso che, mentre il dipendente potrebbe non essere in grado di risarcirlo quale il singolo funzionario pubblico, ciò non vale per un ente pubblico.
Perché sorga la responsabilità dell’ente serve un nesso di necessaria occasionalità tra le attribuzioni dei soggetti e la loro condotta illecita.
Nella nozione rientrano tutti quei fatti illeciti resi possibili dal rapporto del funzionario – anche di fatto – con l’ente pubblico di appartenenza ed occasionati da esso ed è da sottolineare che la responsabilità che sorge in capo al funzionario ed all’Ente pubblico è solo di carattere civile.
La responsabilità congiunta sia del funzionario pubblico che della PA per gli atti lesivi dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi del cittadino è stata riconosciuta solamente con la sentenza n.500/1999 della Corte di Cassazione, la quale lo ha collegato con il principio della risarcibilità del danno derivante da fatto illecito, anche in virtù di quanto stabilito a livello comunitario, art.340 del trattato istitutivo dell’Unione Europea secondo cui:
l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.
Orbene, fatte queste premesse di richiamo di natura costituzionale, non ci si può esimere dal riconoscere, in maniera incontrovertibile, ai singoli ministri, sia quando agiscono singolarmente sia quando agiscono collegialmente, la natura di funzionari pubblici e, come tali, assoggettabili a quanto previsto dagli artt.li 95 comma secondo, art. 28 della Costituzione e alle responsabilità civili connesse, art. 340 del Trattato istitutivo Unione Europea.
Pertanto, in caso di palese non rispetto dei loro peculiari doveri istituzionali, i ministri si esporrebbero ad ipotesi di risarcimento del danno, laddove dovessero creare un pregiudizio ai cittadini, provocare loro danni o pericoli per la loro incolumità, anche a cagione di irresponsabili atti riconducibili a loro specifiche azioni amministrative/politiche, non conformi alla Costituzione.
Nello specifico, il decreto di urgenza pubblicato in Gazzetta ufficiale relativo alla cessione delle armi alla Ucraina, Paese non appartenente né alla NATO né all’Unione Europea, da parte della Italia è illegittimo sotto il profilo costituzionale, tenuto conto che, in questo momento, l’Italia, pur appartenendo all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, non è una nazione in guerra né sono stati violati i suoi confini o messi in pericolo.
Pertanto, è evidente, che dal Consiglio dei ministri, quale Ente pubblico superiore ed a rilevanza costituzionale e dai suoi ministri, alti funzionari pubblici, in concorso con il Parlamento, sono stati disattesi i principi sanciti dagli artt.li 11 della Costituzione ove si dichiara e si sancisce espressamente che
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad uno ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
L’Italia non solo ripudia la guerra in sé come concetto, ed è assolutamente ovvio perché in linea con i Trattati internazionali ratificati, ma anche come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, per cui l’unico rimedio possibile è quello di un corridoio umanitario e di pace tramite un organismo neutrale che richiami l’attenzione di tutti i Paesi del mondo quale l’ONU ed il suo Consiglio di sicurezza… non ci sono altre vie se non vogliamo avere un’escalation degli eventi.
Non solo, ma l’art.78 della Costituzione
… Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari [11, 87]
stabilisce che solo in caso di guerra il Parlamento possa conferire poteri straordinari al Governo per decretazione di urgenza ed in questo caso, non essendo stati violati i nostri confini né l’Italia in stato di invasione, una legislazione di urgenza come quella adottata per la cessione di armi alla Ucraina determina una patente violazione di differenti norme costituzionali ed un “vulnus” consapevole a quelli che sono i principi ispiratori delle norme su richiamate.
Tuttavia, è da specificare che alle Camere spetta deliberare lo stato di guerra solo in determinate condizioni, ossia nel caso in cui l’Italia entri in guerra, e tale deliberazione costituisce un atto politico, per la quale, data l’urgenza, non è necessaria l’emanazione nemmeno di una legge formale.
Ma l’Italia non è in guerra…
Nel caso specifico, invece, è stata deliberato un decreto di urgenza con il voto favorevole del Parlamento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, senza che il nostro Paese fosse in “stato di guerra”.
La deliberazione ha efficacia immediata e determina l’entrata in vigore della legislazione eccezionale prevista per il tempo di guerra.
Evidente che i ministri, agendo individualmente e collegialmente, nelle loro specifiche funzioni amministrative e politiche nell’adottare tale atto normativo di urgenza e con il concorso del Parlamento, che ne ha ratificato integralmente il contenuto, sono assoggettabili alle norme su richiamate previste dall’art.28 Costituzione, sotto il profilo della responsabilità civile, e art.95 comma secondo, avendo agito collegialmente, e sono responsabili per eventuali danni e/o pericoli e o potenziali pregiudizi, cui la intera nazione potrebbe essere esposta da minacce esterne, mai subite sino a questo momento, e per patente violazione dell’artt. 1 e 78 della Costituzione.
Credo fermamente che il Presidente del Consiglio, persona per bene… purtroppo sia mal consigliato.
Autore Maurizio Colangelo
Maurizio Colangelo, nato il 28.09.1963 a Gemona del Friuli (UD), residente a Roma, coniugato e padre, tramite procedura adozione internazionale con la Comunità di Sant’Egidio, di un ragazzo del Burkinafaso. Diplomato al Liceo classico di Belluno, Laurea in Giurisprudenza Università di Trieste, militare assolto nelle forze speciali italiane nell’ambito manovre NATO degli Alpini Paracadutisti - Rangers, Delegato nazionale per il Lazio dall’Associazione Nazionale Paracadutisti Rangers. Avvocato Internazionale. Master presso la Scuola Superiore degli Affari Esteri. È stato Sostituto Procuratore onorario della Procura di Roma, Vicepretore della Pretura di Roma, attualmente ricopre anche incarico di Giudice onorario di Tribunale e già assegnatario alla sezione specializzate in materia familiare e diritto civile. Docente e collaboratore esterno a contratto nel Master Violenza Interpersonale: Bullismo - Mobbing – Stalking: Strategie efficaci e modelli psicosociali integrati per l’identificazione e la gestione dei conflitti e dei comportamenti aggressivi in soggetti vittime di vessazioni e atti persecutori nella Università telematica Pegaso Anno accademico 2020/2021. Autore di differenti articoli, monografie nelle tematiche di Diritto Familiare, Penale e Comunitario, Costituzionale e Diritto internazionale e Diritto Unione Europea. Relatore in convegni ed artefice di casi giudiziari di rilevanza nazionale: Affittopoli, Compagnie petrolifere, abusivismo medico. Componente del Comitato scientifico Collana Editoriale Le Monadi Aracne Editrice. Autore di ‘Legal Thriller Illegalità Sommersa’ distribuito dalla Mursia Editore, presente nelle Fiere di NewYork, Francoforte, Londra, Roma e Torino. Autore di libro sul Bullismo e Cyberbullismo, vincitore di due premi internazionali. In data 15 dicembre 2017 gli è stata consegnata Onorificenza dall’Ordine Avvocati di Roma per i 25 anni di professione e lustro attribuito all’Ordine in conseguenza della attività forense svolta.
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