Un recupero per il diritto: oltre il soggettivismo moderno – 3 Parte
Lorenza Iuliano
Paolo Grossi (2006)
In perfetta coerenza, la civiltà giuridica borghese è civiltà di déclarations, di carte, di Codici, che troneggiano immutati a dispetto del divenire storico. Sconfessando la sostanziale storicità del diritto si è realizzato un “innaturale distacco con l’esperienza e con l’ambiente”.
Rischio che è esploso nell’’800, quando con l’emergere della società di massa, con lo sviluppo economico e con la rivoluzione tecnica, la celerità del mutamento socio-economico ha rilevato la soppressione di tante forze e la saturazione del diritto da ordinamento rispettoso a cella opprimente. Il diritto, nato nella storia umana, ha una finalità essenziale. Il soggetto, che il diritto rispetta, tutela, incentiva, non può essere l’individuo microcosmo della società, ma una persona reale al centro di una rete relazionale di diritti e doveri, sempre pensata in correlazione con l’altro ed inclusa in creazioni sociali che la valorizzano e ne accrescono lo spessore. Il soggetto deve ritrovare le sue radici per poter rintracciare il suo ruolo protagonistico nell’odierna complessità; e ciò sarà possibile se si vorrà abbandonare il soggettivismo esasperato della modernità. “Bisogna riscoprire la necessaria dimensione oggettiva del soggetto: una dimensione comunitaria” che gli imponga di fare i conti con l’alterità e osteggi la sua egoistica individualità; “la dimensione della tradizione” che riconduca il soggetto alla virtù dell’umiltà e dell’ascolto; “la dimensione della natura delle cose”. Occorre avere una visione del diritto più come ordinamento che come potere. Ordinamento: è una nozione preziosa, dove soggettivo ed oggettivo si arricchiscono ed equilibrano per approdare ad un “diritto capace di seguire lo svolgersi ed il mutarsi del mondo sociale” senza coercizione. Di questo recupero abbiamo bisogno nell’attuale profonda crisi delle fonti che stiamo attraversando, “crisi fertile e gremita di futuro” se si è in grado di deporre una visione potestativa del diritto che lo svilisce, limita, perché lo consegna nelle mani di una dimensione acutamente soggettivistica. Solo una “dimensione schiettamente ordinamentale” può dare respiro al diritto, può fargli “recuperare la percezione della complessità”, e in tal modo, collimare al suo ruolo di sempre, che non è di controllare, ma di ordinare il sociale.