Un recupero per il diritto: oltre il soggettivismo moderno – 1 Parte
Lorenza Iuliano
Paolo Grossi (2006)
Paolo Grossi relaziona in un convegno internazionale su “Virtù e torti del diritto nelle società post-moderne – I diritti umani all’alba del terzo millennio”. Per la storia del diritto, il termine modernità include una serie di concetti, posizioni, asserzioni che Grossi definisce non a caso mitologici; si tratta di certezze ultime, indiscutibili, insuperabili come se fosse mai possibile arrestare il diritto nel suo continuo divenire, rendendolo fisso nonostante i continui accadimenti storici! È inevitabile, partendo da queste premesse, che si arrivi alla profonda crisi delle fonti, o meglio, alla “corazza rigida entro la quale la modernità le aveva costrette”. Grossi evidenzia come sul piano storico-giuridico la contrapposizione moderno/post-moderno si connoti per contenuti concreti, mostrando sì l’ormai dirompente espansione di incrinature che scardinano le basi dell’atavico edificio dogmatico, ma anche le tenaci opposizioni di principi e soluzioni spacciati come somme conquiste e oggetto di credenze e culti. L’operazione culturale e tecnica prenderà la forma di un decisivo recupero per il diritto, di “allontanamento dalle pesanti strettoie a cui la modernità lo aveva condannato”. Il soggettivismo è qui inteso come uno dei torti del diritto moderno nel suo aspetto negativo di atomismo soggettivistico, di esasperazione della dimensione oggettiva fino a sminuire e mortificare la variegata complessità dell’ordine giuridico. L’oggettivo spicca nel paesaggio socio-giuridico medievale attraversato dalla costante diffidenza nell’individualità solitaria, si affida alla comunità, con i suoi molteplici assetti. L’attenzione prevalente della civiltà medievale è sul contesto in cui l’individuo si pone. Quelli trecenteschi sono invece decenni di disordine profondo, di carestie e di epidemie; è ovvio che la coscienza collettiva sia spinta a riconoscere nei pilastri portanti del vecchio ordine degli pseudo-valori di cui sbarazzarsi appena possibile; cose e comunità hanno tradito, non sono riuscite ad assicurare la sopravvivenza; bisogna perciò svecchiare il vecchio sistema socio-giuridico, rinnovarlo indirizzandolo su valori nuovi. Il ‘300 è una peculiare maturità di tempi, un’antropologia completamente rinnovata: l’individuo è ormai affrancato dalle catene che per troppo tempo lo hanno imprigionato: emancipazione dalla natura brutale, dai tanti lacci sociali. Isolare il soggetto dal mondo e sul mondo, perché egli sia capace di rintracciare e scoprire all’interno di sé il modello interpretativo della realtà. Il soggetto medievale, definito con precisione da San Tommaso d’Aquino, è un uomo intelligente, razionale, colto; un uomo nuovo che ama e vuole e che punta sulla volontà; è autodeterminazione della volontà concepita come dominium, che diviene la diffusa tipologia interpretativa della realtà. Il processo edificatorio della modernità parte dalla variazione dell’angolo di osservazione e dalla scoperta di nuovi valori essenziali. È umanistica ed individualistica la più autentica riforma religiosa che vuole svincolare il soggetto dall’oppressione della società sacra, che aspira ad istituire un dialogo diretto del soggetto con la Divinità e con i testi diffusi, perché lo ritiene degno e meritorio di credito. Il mutamento politico, liberatosi degli ormai obsoleti universalismi ecclesiali ed imperiali, si indirizza verso una nuova individualità, il soggetto forte “Stato”, incarnato in quel modello di uomo che è il Principe. Sul piano della storia del diritto questa svolta individualistica si convaliderà in due grandi correnti di pensiero dominanti in tutt’Europa nei secoli successivi, giusnaturalismo e illuminismo giuridico. “Il giusnaturalismo” nella sua essenza, è soprattutto ricerca dell’uomo autentico, svincolato dai sedimenti adulteranti della storia che ne hanno soffocato indipendenza e libertà. Quel “riandare allo stato di natura” come riscoperta e ritrovata purezza originaria, come modello per ogni civiltà storica e limite all’esercizio del potere politico da parte dell’attuale e futuro detentore. Si fingeva di tratteggiare un paesaggio autentico, mentre si cercava invece di proteggere specifici interessi cetuali. Individui privi di “carnalità storica”, semplici modelli, entità incorporee, disgiunte ed staccate dal contesto storico popolato di uomini carnali e di fatti. Comincia così quel culto dell’astrattezza, quel ragionar per modelli e su modelli che sarà una delle peculiarità della modernità giuridica. Così come astratta sarà la nuova “uguaglianza giuridica”, cioè fattuale ma non concreta. “L’illuminismo giuridico” non è altro che il proseguimento, nel cammino della modernità, del grande progetto giusnaturalistico e della sua attuazione a livello di fonti del diritto. In tale ambito emerge una nuova icona sublimata, enfatizzata, quella del Principe cui viene riposta una fiducia piena come soggetto superiore al di sopra delle passioni, che ha l’importantissimo incarico di “leggere la natura delle cose e tradurla in regole giuridiche fissandole in testi autorevoli”.