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Quell’inno borbonico, mai cantato, musicato da Giuseppe Verdi

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Giuseppe Verdi


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Il celeberrimo compositore musicò quello che doveva essere l’inno ufficiale del Regno su testo di Michele Cucciniello

Ai più sembrerà strano ma… il “Mazziniano” Giuseppe Verdi il cui acronimo, secondo i libri di storia scolastici, era il grido degli italiani oppressi dallo straniero che speravano in un intervento liberatorio del re Emanuele di Savoia Carignano, musicò un inno per Ferdinando II delle Due Sicilie.

In realtà il Regno borbonico disponeva già di un canto ufficiale, ‘L’Inno al Re’ o ‘Inno delle Due Sicilie’ scritto e musicato da Giovanni Paisiello, nel 1787, per volontà di Ferdinando IV di Napoli, che venne adottato dopo il Congresso di Vienna.

Dalle parole della composizione si evince, con certezza, che il testo è stato redatto prima del 1816, anno nel quale il sovrano Ferdinando unificò, nella sua persona, il Regno di Napoli e di Sicilia, assumendo il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie.

L’espressione “Iddio lo serbi al duplice trono dei Padri suoi” ne è la conferma, in quanto, prima di questa situazione si trattava di due realtà a sé stanti, con leggi e tradizioni diverse, accomunate dall’obbedienza alla stessa dinastia regnante.

Infatti, la prima strofa recita:

Iddio conservi il Re
per lunga e lunga età
come nel cor ci sta
viva Fernando il Re
Iddio lo serbi al duplice
trono dei Padri suoi
Iddio lo serbi a noi!
viva Fernando il Re

Il canto è la fusione di un basso e un soprano ed è eseguito con strumenti a fiato. Come accadeva poi, con l’Inno Inglese il nome del monarca veniva sostituito dal regnante di turno.

Nel 1848, Michele Cucciniello compose un nuovo inno per il Regno Borbonico, ‘La Patria’ e si avvalse per la musica di Giuseppe Verdi. Il motivo ricorda molto l’aria ‘Si ridesti il Leon di Castiglia’ di ‘Ernani’, un’opera del Maestro di Bussetto rappresentata quattro anni prima.

La partitura fu ritrovata, nel 1973, dal regista teatrale Roberto De Simone presso l’archivio ‘verdiano’ del Conservatorio di San Pietro a Majella e tale scoperta ha alzato un vespaio di polemiche sia dei verdiani che dei neoborbonici ma anche degli storici.

I verdiani parlano di un falso storico confezionato nel 1848, però la domanda nasce spontanea: a che scopo Ferdinando II avrebbe dovuto creare questo falso storico? Nel 1848 il Maestro era a Parigi e sarebbe tornato in Italia l’anno successivo, dove, a Roma, rappresentò la prima de ‘La battaglia di Legnano’.

I filo borbonici rincarano la dose, affermando che l’unico inno è quello di Paisiello e un Verdi borbonico risulterebbe improponibile e improbabile.

Intanto, lo spartito era conservato, da anni, insieme ad alcuni missive e cartoline autografate, nel Conservatorio di San Pietro a Majella e Verdi non lo ha mai disconosciuto.

Inoltre, siamo nel 1848 e Ferdinando II era stato il primo sovrano della penisola a concedere la Costituzione, salvo poi revocarla in un breve lasso di tempo. Verdi era un patriota e, forse come molti, aveva guardato con speranza al regno meridionale, che era molto più europeo di quello dei Savoia.

Nonostante fosse un repubblicano, egli desiderava uno stato unitario ma repubblicano, folgorante fu l’incontro con Mazzini a Londra nel 1845 e, proprio su invito di quest’ultimo, musicò un testo di Mameli, ‘Suona la Tromba’, che doveva essere l’inno della rivolta popolare di Milano, le cinque giornate del marzo 1848, ma, per impegni del Maestro, fu finito solo nel mese di ottobre.

Ma torniamo all’inno per Ferdinando II, per riportarne le prime strofe.

Bella patria
del sangue versato
se fumanti rosseggian
le impronte
non più spine ti strazian
la fronte
il martirio la palma fruttò
Viva il re! viva il re! Viva il re!

Chiudiamo con una curiosità.

Ve la immaginate la reazione dei leghisti? Per anni Bossi e i suoi seguaci hanno osannato il ‘Va’ Pensiero’ e si sono immedesimati negli ebrei che cantavano la patria perduta, mentre erano schiavi di un popolo. Poveri padani, erano convinti che il barbuto di Busseto fosse uno di loro!

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Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.