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Pulcinella, Giustiniano Lebano, Fabio Da’ath e il Martinismo

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Pulcinella


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Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita.
Confucio

Ho scelto di sognare e di scrivere. Facendo ciò non mi stanco mai.
Pulcinella 

Pensann ca paes significa munno, mentre me ‘ntallea, ve voglio raccunta na cosa bella. Sentite stammatina ch’è succieso. M’aizo a dint’o lietto cu nu peso, me sento l’uocchie viecchi, tristi e stanchi, corro lesto lesto ‘nnanz o’’ facce e facc, mi guardo, mi riguardo e mi soppeso, facendo nu resocont ro’ suonno e chesta notte. Cche suonn…

Premesso che molti affermano che il mondo dei sogni consista nel luogo metafisico conosciuto come piano astrale o del desiderio, il sogno di stanotte sembra essere di quelli che prendono corpo in un posto particolare. Un luogo dove non esiste la legge di gravità, dove pur levitando non si fanno voli pindarici, dove l’anima trasla dal corpo fisico al mondo onirico, in modo delicato e quasi reale.

Un’anima che sembra dirmi: se puoi sognare, non lasciarti dominare dai sogni. Se puoi pensare non far dei pensieri i tuoi scopi. Se puoi aver fiducia in te quando tutti dubitano, fallo riuscendo a trovare attenuanti ai loro dubbi. Se puoi aspettare non stancarti di farlo.
Se sei oggetto di menzogne, non mischiarti in falsità. Se sei odiato, non abbandonarti all’odio. Se puoi colmare l’inesorabile minuto con sessanta secondi di lavoro compiuto, tu sarai un uomo.

L’anima è solitaria ma paziente. L’anima se ti duole non si ripara. Incontrando la mia anima, ascolto la sua voce che, con inflessione soave, mi chiede cosa mi faccia male e mi crucci. Anima che, con grande delicatezza, ascoltata la mia risposta, con un gemito, torna al suo posto ma prima mi dice:

Alzati e vai a casa di Fabio perché è lì che ti aspettano.

Con la mia solita e burlesca mimica, prima che torni al suo posto, mi rivolgo all’anima e le dico:

Tiene ‘a cuscienza ‘e me scetà ‘a chest’ora?

Può non sembrare vero ma lei, repentinamente mi risponde:

Tu me parli ‘e cuscienza, ma saje ‘o significato ‘e sta parola? Già, nun ‘o può sapè! Tu ‘aje perza quanno aje deciso ‘e me risponnere.

Queste parole riecheggiano nella mia mente come campane che non smettono mai di suonare, come martelli che battono sull’incudine con un così assordante rumore che decido di alzarmi e andare a casa di Fabio. In men che non si dica giungo da lui e busso al suo citofono. Un giovanotto dai modi garbati mi apre il cancello e mi prega di dirigermi sul terrazzo.

Incamminandomi, cerco d’immaginare chi mi aspetti e vi confesso che la curiosità è consistente. Giunto a destinazione busso alla porta, nonostante nessuno mi apra, sento Fabio che con voce flebile mi prega di aspettare. Trascorsi alcuni minuti, apre, si scusa e mi ringrazia per la pazienza. Dicendo poi, che si è provveduto alla sacralità del luogo, mi invita ad entrare.

terrazza

Una volta aperto l’uscio di quel luminoso cenacolo, mi presenta l’uomo che mai si duole e in nessun caso serba il minimo rancore, Giustiniano Lebano, dei Marchesi di Lustra Cilentano, Cavaliere, Commendatore, Avvocato e Gran Hierofante del Gran Consiglio del Sinedrio Egizio.

Giustiniano LebanoA seguire mi introduce, prima, uno studioso di esoterismo, che preferisce la Spaccanapoli alla sua Londra, ovvero Robert Bulwer Lytton, cugino di Edoardo Bulwer Lytton, e poi un nostro comune amico, un commerciante della nostra città, Tony Rosa, il pasticciere capace di donare la parola sia al cioccolato che ai suoi dolci e in grado di maritare la pastiera di grano con il puro cacao.

 

Componenti del Consiglio del Sinedrio

Cari amici, una grande emozione mi prende giacché mi ritrovo davanti al Commendatore Giustiniano Lebano che, stringendomi la mano, mi trasmette un’energia indescrivibile e consistenti vibrazioni. Con voce possente e priva d’inflessioni esordisce:

Lei è quel bravo ragazzo conosciuto come Pulcinella? Lei è la maschera indossata anche da Placido Adriani, il frate e attore che oltre a vestire il costume di Pulcinella, è autore di una consistente raccolta di lazzi e canovacci? Lei è l’orno faceto, semplice e buono?

Sì, sono io

gli rispondo e mentre lo faccio, eseguo un inchino così riverente che invoglia il Cavaliere a manifestare, mediante un eloquente sorriso, una consistente simpatia e un’aura d’indescrivibile dolcezza.

Il nostro caro amico commerciante mi chiede se dopo la condivisione, sia della sapienza, che delle riflessioni, bocca – orecchio, che Don Giustiniano si appresta a donarci, posso trattenermi con loro per gustare un pezzo di pastiera napoletana innaffiata da un goccio di grappa catalanesca proveniente dalla zona di quella sorgente del Sebeto che, da lontano, si manifesta a noi, in tutto il suo splendore.

Accertatosi del mio assenso, Tony prega Don Giustiniano, noto anche come lo stregone di Torre Annunziata, di sedersi su una delle sei sedie disposte a esagramma. Accertatosi che l’avvocato si sia accomodato, fa altrettanto e prega anche noi di metterci a nostro agio. Con mia somma sorpresa mi rendo conto che la sesta sedia resta vuota e ne chiedo a Tony la ragione.

Come un campione fermo ai blocchi di partenza, in attesa di quel segnale che gli permette d’intraprendere il percorso Tony risponde:

Caro Pulcinella, l’esagramma non è mai incompleto giacché c’è sempre qualche altra presenza. L’Azione delle cose diviene sacra quando lo spirito superiore e quello inferiore, ovvero quello umano, s’incontrano. L’azione si manifesta, nella giusta maniera, quando intervenendo, lo Spirito Universale innesca quello individuale.

Quindi, prende tra le mani una campana tibetana e inizia ad accompagnare le nostre riflessioni con suoni e vibrazioni che producono un consistente benessere. La mia sete di conoscenza è così forte che, rompendo gli indugi, chiedo a Don Giustiniano di spiegare in cosa consista il martinismo.

L’avvocato, sorridendo, manifesta con il volto il ritratto speculare di quella sua pura anima, che nemmeno nefaste vicissitudini riescono a colorar di nero. I suoi occhi ne diventano interpreti e la sua bocca è pronta per la trasmissione di qualcosa che permette di volare in direzione del mondo astrale.

Prima di rispondere, però, chiosando dice:

Caro Pulcinella deve sapere che il nostro amato Fabio, sin dal 25 ottobre 2014, è parte integrante dell’Ordine Martinista Antico e Tradizionale. Il Martinismo è un Ordine iniziatico introdotto e palesato, sia pure con alcune differenze, da Jacques Martinez de Pasqually, Jean-Baptiste Willermoz e Louis-Claude de Saint-Martin. Manifesta la Tradizione esoterica e unica mediante simboli cristiano-cabalistici e deve il suo nome al già citato filosofo francese Louis-Claude de Saint-Martin.

Rivolgendosi a tutti noi, prosegue citando una frase di Louis-Claude de Saint-Martin, giacché, pensa che possa esserci quotidianamente utile:

Dio creatore, Dio riparatore, Dio attivo e santificatore: ecco la nostra sorgente, il nostro rimedio ed il nostro maestro; ecco gli elementi della nostra preghiera.

Detto questo, osservando i nostri sguardi colmi di curiosità, aggiunge:

Caro Pulcinella, deve sapere che una differenza pregnante tra il Martinismo di Jacques Martinez de Pasqually e quello del suo allievo Saint-Martin, consiste nella forma, anziché nella sostanza.

Martinez de Pasqually, ebreo d’origine, trasmette un insegnamento che si fonda su tecniche sia magico-teurgiche che evocative, intese a ricostruire il legame dell’uomo con la sua essenza angelica e a riportare l’individuo allo stato di Adamo, prima del peccato.
Il Saint-Martin, invece, fonda il suo insegnamento su una preghiera “del cuore”, conosciuta anche come “cardiaca”, idonea al conseguimento di quel perfezionamento interiore che consente il ricongiungimento con il divino.

Dopo un periodo in cui il Martinismo sembra vivere un momento di stasi e dormiveglia, causato da quegli eventi luttuosi attribuibili al conflitto mondiale del 1914 – 1918, Gérard Encausse, detto Papus, lo riporta alla luce.

Evito di soffermarmi ossessivamente sulle Origini storiche, giacché consistono nella Tradizione stessa, trasmessa dal Maestro al Discepolo, da bocca a orecchio. Avvalorandomi, invece, della cronologia della nostra Tradizione, le parlo di una linea martinista a se stante, in altre parole, dell’Ordine Martinista di Rito Napolitano che nasce per volere di un gruppo di discepoli partenopei del 1800, iniziati da Eliphas Lévi, alias Papus, e già eredi di quella tradizione ermetica egizio-napoletana ricollegabile al Principe Raimondo di Sangro.

Improvvisamente, mentre il viso di Don Giustiniano risplende come un delicato tramonto e i suoi occhi sembrano carboni ardenti vivificati dalla fiamma dell’amore, levando le mani al cielo esclama:

Oh che grand’uomo Don Antonio Marino, abate di San Giovanni a Carbonara.

Aggiunge che Don Antonio, iniziando Eliphas Lévi alla magia trasmutatoria, apre le porte di un mondo indescrivibile allo stimato Papus.

Continua:

Riporto volentieri un pensiero del Papus dal Trattato elementare di Scienza Occulta: “Occorre ricordare che la Potenza invisibile viene dal Cristo, cioè da Dio incarnatosi attraverso tutti i piani, quindi, non bisogna entrare nel piano invisibile con un essere astrale o spirituale che non veda Cristo in questo modo”.

Mamma mia ‘e che bellizze

ascoltando la magia di queste parole uno strano fremito prende il mio corpo fisico, mentre le mie orecchie sembrano udire, come d’incanto, suoni di chitarre e mandolini che si esibiscono nella realizzazione della magnifica, potente e melodiosa canzone: ‘O paese d’ ‘o sole’.

Don Giustiniano osservandomi e comprendendo sia il mio stato d’animo che la mia emozione, afferma:

Caro Pulcinella, le stavo dicendo che l’Ordine Martinista di Rito Napolitano si compone sia di prerogative del martinismo francese, che di qualità dell’ermetismo napoletano.

A questo punto, l’avvocato si rivolge a Fabio e dice:

Che pensi dell’Ordine Martinista di Rito Napolitano?

Con una mal celata emozione Fabio risponde:

Maestro, nonostante mi ritenga un indiretto discepolo di Eliphas Lévi, la mia appartenenza al Rito Napolitano mi rende fiero giacché il nostro deposito iniziatico trasmutatorio, oltre a prendere il là dal Principe Raimondo di Sangro, che ne rappresenta il fautore e il primo anello di trasmissione, tra le sue fila annovera tanti personaggi illustri tra cui Don Antonio Marino e il Barone Nicola Spedalieri, cittadino del Regno di Napoli, “di là del Faro”.

Il legale, contentissimo per l’intervento di Fabio, esclama:

Fabiù si proprio ‘nu buono guaglione.

Rivolgendosi poi a me dichiara:

Nonostante non lo pubblicizzi, faccio parte sia di un circolo martinista napoletano, che del Grande Oriente Egizio, di cui sono anche fondatore. Vede caro Pulcinella, nel dare inizio a quest’Oriente, manifesto un pensiero ierogrammatico e ierofanico modellandolo secondo un’idea scientifica, religiosa e magica.

Il caro Pasquale De Servis, alias “Izar”, maestro di Ciro Formisano, dedito alla magia di origine Caldea, caratterizza il Martinismo Napolitano con una variante profonda e consistente, sull’esempio delle antiche fratellanze rosacruciane, denominata ‘Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam’. L’esimio Izar è l’autore anonimo delle ‘Lunazioni’ pulsanti all’interno della ‘Miriam’.

La stessa Fratellanza di Miriam, con Ciro Formisano, alias Kremmerz, si manifesta, invece, come sintesi rituale consistente in elementi di origine caldea, egizia, cabalistica e cristiana. Un consistente impulso al Martinismo Napolitano, dopo quello esercitato da Formisano, lo riverbera, poi, il Professor Luigi Petriccione, figlio naturale di Edoardo Petriccione, e discepolo di Luigi Ciardiello.

Il professore è un pregevolissimo Capitano di Lungo Corso, giacché riesce a guidare simultaneamente la nave martinista, quella Rosa Croce d’Oro e quella dell’Ordine Ammonio-Osirideo, verso porti dove, oltre a respirare insegnamento e conoscenza, si può ammirare il Lume dell’Arcana Sapienza.

Desidero soffermarmi un po’ sui concetti, quindi non proseguo né sull’aspetto cronologico né sugli illustri membri del Rito Napolitano e non. Mi fermo qui. Se vuole, ne parlerà il mio amato allievo Fabio.

Guardando poi tutti, dice:

L’uomo è un pensiero di Dio e ogni cosa che è in grado di comprendere esiste già nella mente del Divino, in altre parole, al di fuori di essa non sussiste nulla. L’unica cosa reale e certa sembra essere il Sé, ossia, l’essenza che ci dona la vita. Egli ha riservato una parte della Sua volontà per permettere all’essere umano di manifestare il libero arbitrio.

Alcuni, conformandosi all’istinto dell’anima, si dirigono verso Lui, altri, invece, soffermandosi sui fenomeni illusori, smarriscono la strada maestra. Fenomeni illusori che consistono in semplici immagini, giacché non esiste alcuna distanza o separazione all’interno del Sé.

Questo ci consente di pensare che se l’uomo riuscisse ad entrare in sintonia direttamente con l’intelligenza del Padre, si rigenererebbe. Nei casi in cui non ci riesca, preda dello sconforto, può decidere di dimorare in quelle regioni dell’anima, bagnate da acque torbide, anziché limpide.

Molti non sono in grado di comprendere l’esistenza dell’Assoluto, né sanno concepirne l’interezza, giacché una stilla d’acqua marina non può né contenere, né concepire il mare di cui fa parte. La goccia, però, è in grado di capire sia che fa parte di un insieme cosmico e divino, sia che può prodigarsi per raggiungere il perfezionamento.

“In principio era il Verbo, il verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1,1), “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

La carne, a sua volta, dal punto di vista simbolico, potrebbe indicare la debolezza e la precarietà della condizione umana.

Don Giustiniano chiosa con un concetto che sembra essere come una lama di coltello che dolcemente accarezza il cuore senza causar dolore. Sostiene, infatti, che il percorso di perfezionamento richiede la guida di un Maestro, ovvero, del Sé, in altre parole, di Dio stesso. Alcune anime, ergendosi ad un livello di perfezionamento molto elevato, dimostrano che il Maestro risiede in loro stesse. Il vero Maestro del Martinismo è chi incarna il Sé nella sua interezza, chi vive in ogni essere vivente, è Cristo. La vera Luce è quella del divino.

Cari amici, credetemi, ascoltando le parole di Don Giustiniano, rendendomi conto di non possedere le sue ampie conoscenze, per abbracciare il cavaliere, salgo sul treno che viaggia verso la stazione della conoscenza.

Salendo su questo immaginario vagone, pensando involontariamente a voce alta, dico tra me e me:

Pullecenella, addò l’aije fatto ‘marinaio? Int’ ‘a vasca d’ ‘e capitune?

Ascoltando la mia affermazione Don Giustiniano, mi mette una mano sulla spalla e, regalandoci una sentita risata, dice:

Caro Pulcinella, nella vita, nel percorso iniziatico, non conta la quantità di nozioni che possiedi, bensì, quanto vicino alla conoscenza, alla verità, riesci a giungere. Contano la riconciliazione e la reintegrazione individuale e universale.

Il Martinismo persegue le tecniche Iniziatiche degli antichi santuari Egizi e dei Misteri Ellenici. Il cammino è difficile e impegnativo, richiede sicuramente molto tempo, giacché, come afferma Leone Caetani, “La Conoscenza non è gratuita”, va ottenuta previa forte motivazione e lavorando su se stessi. La via del Martinismo, anche se non unica, è una summa di tutto il Sapere Iniziatico dell’Occidente.

Detto questo, si gira verso Fabio e, con un sorriso che sembra illuminare tutto il terrazzo, dice:

Caro discepolo, vedo con sommo gaudio che indossi il mio medaglione magico, bravo! Hai da aggiungere qualcosa?

Medaglione magico

Fabio, sospinto da una consistente e poderosa energia, proveniente sicuramente dal cuore, immediatamente risponde:

Sì Maestro, vorrei porre l’accento sulla parte vivificante dell’Ordine, sul suo fondamento operativo, sull’importanza che riveste l’operatività. Gli elementi che vi sono insiti, sin dal primo dei quattro gradi, in altre parole, fin da quello di Associato Incognito, manifestano quell’operatività che li rende, in un certo senso, strumenti di perfezionamento per se stessi e per chi frequentando ne riceve l’influsso spirituale.

La reintegrazione individuale e collettiva, mediante il Rituale Giornaliero Operativo, è attuata sin dal grado di Associato Incognito; Rituale che consiste in pratiche e opere “magiche” che si concatenano, in eggregore, con quelle dei F:: e S::, fratelli e sorelle, dell’Ordine.

Fabio, sorridendo si volge, poi, verso me e, chiosando, dice:

Caro Pulcinella, anche se può sembrare assurdo, nella realtà ogni qual volta che il Rituale prende corpo, acquisisce automaticamente un imprinting magico.

Vorrei, inoltre, precisare che la finestra fissa operativa, la conditio sine qua non affinché il Martinista riesca ad operare in catena con gli altri, mediante il Rituale Giornaliero, è rappresentata dalla sincronicità, ossia, dalla necessità di praticarlo all’ora prestabilita.
Il luogo della pratica, invece, non necessita di essere condiviso, giacché nel caso in cui il Rituale sia posto correttamente in essere, oltre che riuscire a racchiudere nel suo insieme elementi cardiaci e teurgici, diviene operativo sotto ogni profilo.

Incuriosito lo interrompo:

Fabio se ho ben compreso, il rito giornaliero, oltre a rappresentare la pietra d’angolo su cui si regge l’operatività martinista, ha anche la funzione di “legare” gli elementi dell’Ordine?

Accennando un luminoso sorriso, mi risponde:

Sì carissimo è così e sarei felice di “svelare” la sacralità del rito, ma non potendo entrare troppo nel merito, descrivo solo per grandi linee il Rituale di primo grado. Sappi amico mio, che il martinista edifica lo spazio sacro coprendo con una tovaglia di lino della misura di un cubito, un tavolo orientato verso Est.

Sulla tovaglia, oltre a deporre una candela, anch’essa rivolta verso Est, si pone un braciere contenente Incenso, Benzoino e Mirra. Si adagia, inoltre, il Rituale Sacramentario, scritto a mano, generalmente il Salmo 133, il Pentacolo dell’Ordine, un foglio di carta bianca su cui tracciare il Pentacolo stesso e una penna di color rosso, utilizzata solo per questo scopo.

Don Giustiniano, porgendo le sue scuse, chiede a Fabio di permettergli di aggiungere qualcosa.

A noi tutti dice:

Cari miei, in merito alla candela desidero dirvi che questa è un crogiolo di diversi simboli. La sua accensione rappresenta un atto magico realizzato mediante il fuoco vivificatore. Simboleggia il lume della conoscenza che brilla tra il buio dell’ignoranza; il fuoco mistico che, ardendo ogni cosa, manifesta palesemente la volontà magica del martinista.

Don Giustiniano, detto ciò, guardando negli occhi Fabio, gli dice:

Continua pure discepolo.

Fabio prosegue:

Amici miei, il rituale deve essere praticato ogni giorno, fuorché durante il Novilunio. Non va, praticato quando sussistano flussi di sangue mestruale. Nei giorni in cui le indisposizioni personali, ostacolando la necessaria serenità interiore, siano incompatibili con un idoneo e proficuo collegamento all’interno dell’eggregore, il Rituale, non va, altresì, osservato.

Detto ciò, come d’incanto, chiude gli occhi e, smettendo di muovere sia gli arti superiori che inferiori, continua:

Caro Pulcinella, oltre il Rituale Giornaliero, esiste anche la Meditazione dei ventotto giorni. Pratica questa molto importante perché iniziando dal giorno successivo a quello del Novilunio, lungo un arco di ventotto giorni, mediante la loro cadenza, queste meditazioni si trasformano in strumenti utilissimi per sgrossare l’anima, per rimuovere gli ostacoli interiori che s’interpongono all’individuo quando inizia il percorso che conduce alla consapevolezza della preesistente conoscenza.

Restando ancora immobile, con gli occhi chiusi come in uno stato di catalessi, risalendo lentamente la corrente, asserisce:

Il 7° e 8° giorno post Novilunio si opera contro l’egoismo. Durante questa meditazione l’impulso proveniente dal centro che muove i desideri, attiva sia le energie che l’intelligenza. In quel momento si scrutano i movimenti e le azioni individuali, spogliandosi di ciò che scaturisce da qualsiasi forma di egoismo. Soltanto allora l’operato è sano, vivo e armonioso.

Fabio smette di parlare, rimane come in trance per qualche minuto, dopodiché, esclama:

La regola è servire “l’Altissimo”.

Amici miei, nonostante non si parli bene di Pulcinella, anch’io vivo un consistente equilibrio emozionale, che Fabio sta facendo crollare, ma Don Giustiniano, rendendosene conto, mi mette una mano sulla spalla e, come d’incanto sento di nuovo gli arti inferiori nel pieno delle loro funzioni.

Fabio, nel frattempo, dichiara:

Il 27° e 28° giorno post Novilunio, si opera contro la disperazione. L’uomo rendendosi conto che le catene che lo imprigionano sono pesanti ed ingiuste, inizia a riflettere su come liberarsene, ma facendo ciò, le sente sempre più voluminose.

In questa fase particolare potrebbe farsi scoraggiare da qualsiasi contrarietà se non fosse supportato dalla Rassegnazione, dalla Speranza e dalla Fede.

Caro Pulcinella, la Fede e la Speranza, rivestono sempre un carattere molto importante, giacché in assenza di queste, la disperazione riesce a prendere il sopravvento su quell’uomo, che nel momento in cui bisogna agire, non lo fa.

Improvvisamente smette di parlare, rimane nuovamente in uno stato di trance, per qualche minuto, dopodiché dice:

VOLERE e SPERARE.

Ascoltando queste parole vibrazioni ancestrali avvolgono i miei arti inferiori, l’emozione sembra portare a mille la mia frequenza cardiaca. Un elicottero che lentamente e a bassa quota, nell’aria bionda e calda, sorvola il terrazzo da noi trasformato in cenacolo, riporta Fabio al normale stato di coscienza.

Riflettendo ad alta voce dico:

Scendi ancor di più pilota, mostraci cosa luccica sulle pendici del Monte Somma e sulla sorgente del Sebeto.

Fabio, comprendendo il mio stato d’animo, precisa:

Scusatemi carissimi, credo che quanto detto, oltre a essere sufficiente, riesca, altresì, a fungere da fiammifero che accende il fuoco della riflessione.
Caro amico mio, poiché stremato, non sono più in grado di proseguire, di parlare di un argomento così consistente, quale la meditazione dei ventotto giorni.

Ascoltando queste parole, il caro Tony Rosa smette di allietare le nostre anime con i suoni della campana tibetana e, avvicinandosi a un tavolino già attrezzato, comincia a tagliare la Pastiera Napoletana e a versare, in antichi bicchierini di metallo, della buona e aromatica Grappa barrique di Catalanesca.

Il Cavaliere vedendomi avvicinare, mi offre il suo piatto e il suo bicchiere.

Spontaneamente, senza rifletterci sopra, sprofondo in un inchino rispettoso ma pregno sia di mimica pulcinellesca che di quel consistente garbo che mi contraddistingue e rispondo:

Cavaliere, grazie, ma aspetto il mio turno. Anche se sono, forse, solo dicerie, si narra di un passante che trovandosi nei pressi di Villa Lebano, vedendo un melograno sporgere dal muro, allunga la mano per cogliere il frutto. Il passante, inspiegabilmente, non riesce a raccoglierlo, anzi, con grande sorpresa, si rende conto che il suo braccio si paralizza e la sua mano resta semiaperta.

Fabio, Tony e Robert, arrossendo per la mia figuraccia, smettono di parlare.

Il Cavaliere, invece, con un sorriso che illumina l’intero cenacolo, guardandomi negli occhi, replica:

Caro Pulcinella questo non è un Melograno, bensì una fetta di pastiera!!!

Dopo questo simpatico episodio, la serata trascorre così velocemente che il Cavaliere, rendendosi conto dell’ora, ormai tarda, chiede il permesso di lasciarci.

Ci saluta singolarmente, con una stretta di mano che trasmette energie indescrivibili, e mentre lo fa, conclude:

Cari ragazzi, quando si cerca il perfezionamento e si percorre il sentiero, lo spazio tempo non esiste.

“Uomo conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dei”.

Giandomenico Tiepolo, La partenza di Pulcinella, 1797, affresco. Ca' Rezzonico, Venezia

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.