Il simbolo è il rappresentante di qualcosa senza però essere quel qualcosa, in uno spazio sovra-naturale, dove soltanto l’immaginazione ha accesso.
Fernando Pessoa
Leggere ‘Sulla Tomba di Christian RosenKreutz’, poema ermetico di Fernando Pessoa, è come avventurarsi su una barca a vela e navigare, senza meta, nella cupa e azzurra immensità della distesa marina, vedere le stelle, che, specchiandosi più chiare nell’acqua, sembrano ancora più splendenti di come realmente sono, osservare ombre lucenti di corpi celesti bianchi come ninfe.
È comme si guardàsse ‘e stelle ca’ si te pierde li ‘a guardà, ce ne stanno a mille a mille piccerelle, so scintille t’ vizzein’ ammiez’o fuoco e perciò ‘n’e può cchiappà.
I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme. Fremo per la mia allegria. A volte mi sento invadere da una fredda, triste, implacabile e quasi concupiscente spiritualità. Mi fa tutt’uno con l’erba.
La mia vita sottrae colore ai fiori. La brezza, che sembra restia a passare, scrolla dalle mie ore petali rossi e il mio cuore arde senza pioggia.
Dio diventa un mio vizio e i divini sentimenti un abbraccio che annega i miei sensi nel suo vino e non lascia contorni nei miei modi di vedere l’Altissimo sbocciare, crescere e splendere. Le mie considerazioni e i miei sentimenti si confondono e formano una vaga e tiepida anima – unità.
Come il mare che prevede una tempesta, un pigro dolore e una vaga inquietudine fanno di me il mormorio di un incalzante stormo. Non distinguo nulla in me tranne l’impossibile amalgama delle molte cose che sono. Sono un bevitore delle mie osservazioni, l’essenza delle mie emozioni inonda la mia anima. La mia volontà vi si impregna. Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire la bellezza nel dolore dei miei versi.
La lettura di questi complessi ma intriganti versi mi accompagna per mano lungo un cammino dalle sembianze reali. Una lettura che grazie al sogno adempie una funzione telecinetica, che consente all’anima, liberata dal corpo, di fuggire, viaggiare per conto suo, andare lontano, giungere in un luogo mai visto prima dove, però, mi oriento ad occhi chiusi, avendo la netta impressione di conoscerlo a menadito.
Mi trovo a Lisbona e, deciso a raggiungere il quartiere Chiado, prendo la famosa tranvia che attraversa la città. Giunto alla fermata prossima alla terrazza che ospita il famoso Café A Brasileira, scendo e mi dirigo verso il bar perché è lì che posso gustare “o genuíno café do Brasil, de Minas Gerais”. Mi accomodo ad un tavolino e attendo venga il cameriere per l’ordinativo.
Non distante da me c’è la statua di bronzo del famoso poeta, scrittore e aforista portoghese Fernando Pessoa, che, come per incanto, si incarna e inizia a conversare amichevolmente con Jorge Barradas ed Almada Negreiros.
L’intellettuale, riconosciutomi, mi invita a raggiungerlo ed esagerando nei complimenti, mi presenta ai suoi amici.
Senza dilungarsi in preamboli esordisce:
Pulcinella caro, sono al corrente della conversazione intercorsa tra te e Madam Blavatsky, ma relativamente al pensiero della teosofa, leggo nei tuoi occhi delle giuste e forse anche condivisibili perplessità.
Sono qui per aiutarti a chiarire i tuoi dubbi, mettere in ordine le nostre vite, sistemare delle scaffalature nella volontà e nell’azione, come ho sempre voluto e con lo stesso risultato. Dopo la nostra conversazione, farò le valigie per il definitivo e organizzerò Alvaro de Campos per essere domani allo stesso punto di ieri l’altro. Uno ieri l’altro che dura sempre.
Accortosi che le sue parole mi causano turbamento, sconcerto, ansia, angoscia ed inquietudine, mi dona un ampio e sincero sorriso che fa risplendere una luce così vera che, penetrando nel profondo del mio cuore, mi rasserena, squarcia il buio delle tenebre e mi spinge a chiedergli:
Illustrissimo Fernando, non comprendo, mi aiuti a farlo.
Immediatamente risponde:
Pulcinella caro, sorrido con la consapevolezza anticipata del nulla. Almeno sorrido; sorridere è sempre qualcosa. Prodotti romantici, tutti noi. E se non lo fossimo, forse non saremmo niente. Così si fa letteratura. Poveri gli Dei, così si fa persino la vita! Anche gli altri sono romantici, anche gli altri non concludono niente, e sono ricchi e poveri, anche gli altri passano la vita a guardare valigie da mettere in ordine, anche gli altri dormono accanto alle carte semi ordinate. Anche gli altri sono me.
Venditrice di strada che canti il tuo grido come un inno incosciente. Rotellina dentata dell’orologeria dell’economia politica. Madre, presente o futura, di morti nel disfarsi degli Imperi, La tua voce mi arriva come un richiamo per nessun luogo, come il silenzio della vita. Sposto lo sguardo dalle carte che sto finalmente pensando di non mettere in ordine. Verso la finestra attraverso cui non l’ho vista ma solo sentita.
Il mio sorriso, che ancora non si era esaurito, finisce nel mio cervello in metafisica. Ho rinnegato tutti gli dèi davanti alla scrivania da mettere in ordine. Ho fissato negli occhi tutti i destini per il divertimento di sentirne uno strillo. La mia stanchezza è una vecchia barca che marcisce sulla spiaggia deserta. Con questa immagine di un poeta qualsiasi chiudo la poesia e la scrivania. Come un dio, non ho messo in ordine né la verità né la vita.
Spontaneamente e candidamente gli rispondo:
Penso che l’uomo debba cercare la verità e, tramite il libero arbitrio, debba mettere ordine nella propria vita. Ascoltando ciò che lei dice, mi rendo conto che lei usa un linguaggio che, pur apparendo scarno, è sicuramente ermetico.
Pessoa udite le mie parole, senza alcuna esitazione, risponde:
Pulcinella caro, concordo con te, infatti, chi decide di leggere il testo ‘Pagine Esoteriche’ si rende conto della mia vastissima produzione del settore, lasciata tra le carte di un baule contenente migliaia di documenti disorganizzati e mai pubblicati, se non a posteriori.
Conosco la tradizione occulta e mistica, la Cabbala ebraica, l’astrologia, il cristianesimo gnostico, il pensiero dei Rosacroce e quello dei Templari. Sono un “Iniziato per comunicazione diretta dal Maestro al Discepolo, nei tre gradi minori dell’apparentemente estinto Ordine Templare del Portogallo”. Sono legato al platonismo esoterico, alla grande oratoria barocca e al simbolismo saudosista del mio periodo storico.
Come già detto ad Aleister Crowley, il mio è un cammino iniziatico numerologicamente illustrato da otto lettere, quelle che compongono la parola Portugal, e rappresentano sia la cifra dell’armonia, che le otto punte della croce templare, ossia la croce delle otto beatitudini raffigurata perfettamente nella pianta ottagonale del convento – fortezza di Tomar, che conserva vivide tracce dei Cavalieri del Tempio.
Nonostante io condivida appieno la tradizione teosofica ed occultista, il filone mistico – visionario e profetico che divulga l’amica Helena Blavatsky, tengo presente le sedimentazioni oscure del pensiero, l’eco delle attese profetiche e del millenarismo di una memoria storica lusitana, mai spenta del tutto. Rimodulando la tradizione ermetica, mi spingo oltre la tentazione di un misticismo storico di carattere nazionalista, perché ambisco a trasmettere, nel migliore dei modi, il mio pensiero filosofico – esistenziale.
Vorrei tu leggessi la mia raccolta poetica ‘Mensagem’, perché, pur riallacciandomi alla profezia del Quinto Impero, condividendone la corrente che corrisponde ad un’identificazione collettiva e di senso positivo, evidenzio una previsione che, nascendo da quel sogno a te tanto caro, e dalla meditazione, annuncia un Impero caratterizzato da una forte componente spirituale. Ove mai avessi ancora dei dubbi, scorrendolo ti renderesti conto della bontà del mio cammino iniziatico.
Nei miei scritti evidenzio, ben celato tra le righe, il percorso della tradizione ermetica, la ricerca di quel sincretismo dei pagani e degli occultisti, che, fondendo l’intelligenza analogica con la razionale, fornisce il substrato necessario affinché si possano interpretare simboli e preveggenze.
Mentre i primi sono come l’uomo, perché hanno vita e anima, un paradigma per eccellenza di sincretismo, convergenza di elementi ideologici inconciliabili tra loro, è rappresentato da un trattato di Alchimia, stilato in modo trascendentale e conosciuto come Bibbia. Purtroppo, però, oggi, molte persone sembrano aver smarrito sia la Parola, che la scrittura magica della Bibbia e di altri importanti libri.
Personalmente non mi arrendo, quindi, sperando che anche tu non desista, continuo a cercare il Graal, che si identifica con la Parola Perduta, la scrittura che permette di elaborare una lingua nuova che riesce ad esprimere e spiegare, simultaneamente, la natura di tutte le cose, la lingua dei Rosacroce, di Giordano Bruno e di tanti altri.
Estasiato dalla profondità delle parole del poeta e interrompendolo, con la mia innata gentilezza, considero:
Esimio Fernando, immergersi nella lettura dei suoi testi significa abbandonare i sentieri certi e sicuri del conosciuto e dello sperimentato, inoltrarsi per cammini deserti ed impervi, dirigersi verso le terre incognite e misteriose del nostro mondo interiore, scendere in un pozzo cupo e spaventoso dal cui fondo, per suprema contraddizione e disperazione, si vedono risplendere, immobili, lontane ed impassibili al dolore umano, le ignare stelle.
Significa essere pronti a mettere in discussione se stessi e tutto l’universo di convinzioni e convenzioni, che rassicurano e tranquillizzano, in cui l’uomo corazza, consuma e scandisce la sua esistenza secondo i ritmi psicologici della normalità quotidiana del dire e del fare. Lei, da marinaio abituato a navigare nel mare magnum dell’introspezione umana, sa bene che mettere in discussione questo mondo artificioso è difficilissimo.
Pessoa, scrutando i miei occhi, accennando un lievissimo e delicatissimo sorriso, con un tono di voce quasi melodico, aggiunge:
Mio caro, concordo appieno, ma non per questo mi arrendo alle convenzioni. Le mie poesie i miei scritti, sono una specie di diario esistenziale che, al di là di classificazioni più o meno verosimili, si configura essenzialmente come registro dell’anima e autobiografia senza fatti, che indaga e narra, attraverso un continuo interrogarsi in modo ansioso e tormentato, l’oscuro universo del subconscio. Un infinito che muove e determina il modo in cui ci si rapporta con il mondo esterno, con la realtà sensibile.
Essi non vanno, però, letti né in chiave psicologica né psicanalitica, perché aprono la lettura ad un variegato e mai esaustivo ventaglio interpretativo, in cui la spiegazione emotivamente più coinvolgente è la meno certa e la meno attendibile.
Pulcinella caro, tenendo conto della tua sete di conoscenza e di verità e dei motivi che ti spingono ad ascoltarmi, se la tua pazienza ti supporta adeguatamente e se ne hai voglia, cerco di esserti utile parlandoti dei concetti principali della teosofia, per contribuire alla tua crescita culturale.
Incassato il mio assenso, prosegue:
Con il termine “Teosofia” si intende la “saggezza divina” o la “saggezza del divino”. Tale parola nella lingua greco-latina si trascrive Theosophia, ossia, l’’insieme dei vocaboli greci “theos”, dio e “sophia”, saggezza, che devono essere intesi nel significato classico, quello attribuito da Aristotele e ripreso dalla Blavatsky, come l’essenza divina che, oltre a compenetrare la Natura, è diffusa in tutto l’Universo.
Quelli che sono generalmente chiamati ‘dei’, non sono altri che i Primi Principi, cioè le astratte Leggi naturali che ogni giorno si vedono all’opera. Il Signore, inteso nel suo significato assoluto, pur essendo lontano dalla limitata comprensione umana, inconoscibile nella sua essenza, può essere intuito nella sua manifestazione universale, che, in qualità di saggezza, operando eternamente nella Natura, regge tutto.
Il vocabolo Sophia, sapienza, dal punto di vista umano, corrisponde all’abilità o all’acume d’intendere il pensiero astratto, universale, derivato dall’integrazione dell’esperienza della vita, che permette d’intravvedere l’azione dei Principi o l’Ordine universale delle cose e la conseguente armonizzazione della vita del singolo con quella universale. La saggezza, dal punto di vista divino, rappresenta, invece, l’Ordine Universale instillato nella Natura e quindi anche nell’Uomo che ne fa oggetto della sua ricerca esteriore ed interiore.
Secondo tale definizione la Teosofia è la scienza che si occupa dei Principi Universali e di quel processo teoretico che studia la natura della conoscenza che permette di comprenderli. La descrizione dei Principi, a seconda del teologo che la divulga, può variare nella forma, ma non nei contenuti. Ritengo opportuno precisare che nonostante la sostanza dei concetti sia la stessa, la mia descrizione varia da quella di Madame Blavatsky, perché le nostre attitudini sono diverse.
Dal punto di vista teosofico, la Saggezza o Sophia si distingue dalla Conoscenza. Secondo questo punto di vista, la prima consiste nella maturazione psicologica che deriva dalla riflessione superiore, verticale o spirituale, mentre la seconda, constando nell’accumulo di nozioni al livello della mente concreta, si pone sul piano orizzontale.
Blavatsky afferma che la Teosofia, definita come scienza che si occupa dei Principi Universali, vede i natali sin dal momento in cui l’individuo inizia a discernere sui fenomeni della vita e che consente all’essere umano d’individuare i Principi o Leggi universali che operano nella Natura. Nel panorama conosciuto dagli occidentali, le prime tracce di questa locuzione si trovano nella Septuaginta, la Bibbia dei Settanta, tradotta dall’ebraico al greco da settantadue saggi ad Alessandria d’Egitto.
Oltre ad essere utilizzata nella Saptuaginta, per far comprendere la parola ebraica Binah, è in seguito sviluppata nella Cabala e utilizzata nel Nuovo Testamento da San Paolo, il quale sostiene:
“Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria”.
L’ascolto delle parole del poeta pone in uno stato d’allarme il mio Sé interiore, fermamente ancorato alla religiosità che si riconosce nella chiesa cattolica romana, e la mia fede mi spinge ad intervenire:
Le confesso che necessito alcuni chiarimenti. Nonostante si parli di Sapienza sia nella Saptuaginta che nelle Sacre Scritture, a me vicine, non riesco a comprenderne l’accezione e le differenze; le dispiace spiegarmi in cosa realmente si differenziano?
Pessoa, accennando un lievissimo sorriso, ribatte:
La sapienza di cui si parla nell’ambito della Società Teosofica riguarda l’intuizione dei Principi archetipali e delle Leggi naturali esistenti già prima della manifestazione cosmica. Un’intuizione mistica e scientifica che, nel senso platonico del termine, consente di interpretare gli eterni paradigmi esistenti nella Mente Universale.
Mio caro, ritornando ai concetti che impregnando il pensiero di Madame Blavatsky, la inducono a fondare la Società Teosofica, desidero farti presente che, dal punto di vista prettamente filosofico, la Teosofia tende da sempre a conciliare l’antagonismo tra quelle Religioni, Scienze e Filosofie che esprimono la stessa Verità. Questa tesi è enfatizzata dalla stessa Blavatsky che, nonostante assegni alla sua opera fondamentale il titolo ‘La dottrina segreta’, la sottotitola con ‘Sintesi della Scienza, Religione e Filosofia’.
La sua Teosofia si distingue dalla Filosofia perché, a differenza di quest’ultima, non consiste nell’argomentazione dialettica sui diversi punti di vista concettuali, bensì in ben altro. Si differenzia, altresì, dalla Scienza perché non limita il suo campo di ricerca agli aspetti esteriori della Natura. Differisce, inoltre, dalla Religione perché non è né un culto, né un sistema di credenze o dogmi.
I natali di questa concezione risalgono all’antichità remota ad opera di Scuole di pensiero e Religioni diverse e indipendenti le une dalle altre. Tende ad unificare il sapere, superare le distinzioni dialettiche mediante lo sviluppo di quel pensiero astratto e superiore che fa intuire le verità universali. In altre parole, promuove l’evoluzione dell’uomo.
È tutt’altra cosa rispetto alla teologia; anziché essere la scienza che si riferisce a Dio, è quella che deriva da Lui. È una scienza ispirata dall’Altissimo, ma, allo stesso tempo, non è oggetto di una rivelazione positiva. Con il termine teosofi si dovrebbero identificare una Scuola di filosofi i quali, rivestendo il tutto di una forma mistica ed ispirata, fondono tra loro l’entusiasmo e l’osservazione della natura, la tradizione ed il ragionamento, l’alchimia e la teologia, la metafisica e la medicina.
Una scuola che annovera tra i componenti personalità quali Paracelso, Saint Martin, Jacob Boehme, Cornelio Agrippa, Valentino Weigel, Roberto Fludd, Van Helmont, Madam Blavatsky, tutti pensatori di grande spessore che hanno in comune il bisogno di unire la scienza di Dio con quella della Natura. Un bisogno che, nel corso della sua vita, ben evidenzia il tuo quasi concittadino Giordano Bruno.
Essa non va confusa con ciò che genericamente è definito misticismo e solo i mistici antichi possono essere indicati come teosofi. Ha una sua matrice storica e il misticismo, eternamente insito nella natura umana e con diverse modalità si palesa in tutte le epoche, ne costituisce un elemento che ha una determinata durata. Madame Blavatsky, pur avendo il grande merito di ridare vigore a una Teosofia ormai sopita, non può essere definita una mistica.
Il concetto principale consiste nell’emanazione. Io ritengo che il misticismo tenda a dimostrare che le esistenze limitate di ogni genere siano un’effusione dell’Unica Infinita Essenza e che essa sia un attributo necessario dell’Essenza divina. Tutte le cose derivano dalla volontà operante di Dio, il quale si manifesta mediante l’emissione del fuoco, della luce e dello spirito.
Gli angeli e gli uomini sono la vera discendenza divina perché la loro vita ha origine dal fuoco divino che genera in essi luce e amore. La triplice vita del Signore rappresenta la perfezione dell’essere, la sua perdita e la caduta degli angeli e degli uomini. Grazie alla Sua bontà, l’uomo è immagine vivente della stessa natura divina, dotato di immortalità e di libero arbitrio.
L’individuo, però, lasciandosi spesso andare al mondo dei sensi anziché a quello della Luce, della Vita e dello Spirito Divino, resta intrappolato nella rete delle influenze della materia, quella stessa rete del Disinganno che evoca la fragilità umana, che il vostro amato Raimondo di Sangro, fa realizzate nella cappella napoletana fa bella mostra delle sue opere.
Anela alla restaurazione dell’influenza dello spirito, a quell’opera di redenzione e santificazione necessaria affinché Cristo restituisca all’uomo, mediante la rinascita e con la Sua immanenza, il seme della vita celeste. Il Creatore non abbandona a se stesso nessun discendente di Adamo, salvo che questi, esercitando il libero arbitrio, decida di perdere il seme della Vita divina. Lo sviluppo del seme, infatti, garantisce la possibilità di salvarsi.
È una scuola di pensiero che risale al periodo neoplatonico dei primi secoli e, grazie agli illustri esponenti del suo filone filosofico, scientifico e religioso dà un notevole contributo al bene e al progresso dell’umanità.
La moderna teosofia e chi la condivide, si prefigge, infatti, di vivere una morale elevata e religiosa, far conoscere agli occidentali le religioni e le filosofie orientali, divulgare una conoscenza dell’antico sistema esoterico, studiare quelle leggi, che poco comprese, sono definite scienze occulte, incoraggiare ed assistere gli altri componenti della catena nell’auto perfezionamento intellettuale e morale, mantenere vive nell’uomo le intuizioni spirituali, la libertà di pensiero individuale e di giungere alla diretta intuizione della verità.
Ciò che provo è indescrivibile, mi sento alla mercè dello scrittore, perché le sue parole sono intriganti e interessanti e come Picasso direbbe
Pessoa è un ricettacolo di emozioni che vengono da qualsiasi posto, dal cielo, dalla terra, da un pezzetto di carta, da una forma che passa e dalla tela di un ragno.
Ricordando, poi, che Khalil Gibran dice:
L’apparenza delle cose varia secondo le emozioni, di conseguenza noi vediamo magia e bellezza in loro, tuttavia, in realtà, magia e bellezza sono in noi
interrompendo candidamente il mio interlocutore, chiedo:
Come faccio a riconoscere un teosofo?
Risponde:
Pulcinella caro, il teosofo si riconosce dalle sue azioni. Alla stessa stregua di Giordano Bruno, riesce a vedere il divino in tutte le cose, crea un legame magnetico e duraturo con gli altri anelli della catena, è dedito al discernimento e tiene conto della Tripartizione dell’uomo, ossia, di quell’insegnamento fondamentale della tradizione esoterica universale in cui si ritiene che sia composto di Corpo, Anima e Spirito.
Soddisfatto per la risposta ma schiavo della mia curiosità, incalzo il mio interlocutore con un’ulteriore domanda,
Mi piacerebbe conoscere il suo pensiero su Madame Blavatsky, le dispiace condividerlo con me?
Pessoa, osservando l’espressione del mio viso con occhi veramente profondi, assoluti e sinceri che sembrano due falchi vibranti che carpiscono i pensieri, non danno scampo e lasciano l’interlocutore muto, tramortito e imbarazzato, ribadisce:
La mia opinione personale ha poca rilevanza, ciò che conta veramente è il pensiero teosofico che Madame Blavatsky divulga e che comprende tre semplici, indiscutibili e assolute verità.
La prima riguarda l’Essere Supremo. Dio esiste ed è buono, dispensatore di vita, dimora sia nella persona che fuori, è eterno ed eternamente benefico. Nonostante non sia udibile, né visibile, né tangibile, si lascia percepire dal singolo che brama il miglioramento, il perfezionamento e l’ascesa verso la Luce.
La seconda consiste nel fatto che l’uomo fondamentalmente è immortale, destinato alla gloria e allo splendore illimitato.
La terza consta in una legge divina, caratterizzata da quell’assoluta giustizia che regge il mondo, che prevede che ognuno, grazie al libero arbitrio, sia il proprio giudice, dispensatore della propria gloria o della propria oscurità, padrone della propria vita, della propria ricompensa o del proprio castigo.
Le tre verità assolute evidenziano che tutte le cose collaborano con intelligenza e precisione affinché si affermi il bene. Le circostanze, gli ostacoli, per negativi che possano apparire, sono in realtà utili per la crescita individuale. Dato che il processo dell’universo tende ad apportare beneficio all’individuo, questi ha il dovere di comprenderne le modalità. Colui che si rende conto del funzionamento dell’Universo ha il dovere di partecipare e collaborare con intelligenza.
L’uomo è uno spirito e il suo corpo è solo uno strumento, quindi è tenuto a considerare ogni cosa dal punto di vista dello spirito. Ogni volta che vive una lotta interiore, deve identificarsi con la parte più elevata del proprio essere e non con quella più bassa. La sua vita terrena si compone solamente in una piccola parte della sua vera e più ampia esistenza. La morte, infatti, corrisponde al trapasso da uno stato esistenziale da un altro.
Oltre ad avere alle sue spalle una consistente evoluzione, ha davanti a sé la prospettiva un considerevole sviluppo futuro, quindi, deve spendere gran parte del suo tempo allo studio approfondito ed istruttivo del processo evolutivo.
Pulcinella caro, ti prego di credermi, l’uomo, nonostante continui a deviare dal sentiero dell’evoluzione, è destinato a raggiungere la meta stabilita, però, affinché il destino si compia, deve impegnarsi a fondo perché chi vive solamente il mondo dei sensi ha una benda che, coprendogli gli occhi, non gli consente di immaginare la natura della meta finale.
Ogni pensiero, parola o azione producono conseguenze determinate e definite che non sono configurabili come ricompensa o punizione imposta dall’esterno, bensì come risultato che scaturisce dalla stessa azione e, in base alla legge di causa ed effetto, è incatenato ai pensieri e alle azioni. Chi si rende conto di questo meccanismo, comprende che azione e reazione sono due parti inseparabili di un tutto unico, ha il dovere di agire affinché il meccanismo sia utilizzato per la propria crescita interiore.
Un progresso sempre possibile perché la reincarnazione, oltre a restituire a Dio la giustizia, dona potere al singolo, che diviene padrone del proprio destino, facoltà che gli impone, se vuole salvarsi, di studiare a fondo la legge divina, conformarsi ad essa e usarla come si utilizzano altre grandi leggi della Natura. L’uomo deve acquisire la perfetta padronanza di sé per ordinare la sua vita con intelligenza e in conformità alla legge divina.
L’ultimo pilastro delle dottrine teosofiche di cui desidero parlarti, riguarda il concetto di Maestro, Essere caratterizzato da una completa evoluzione, dal possesso dell’ambita perfezione umana, che non ha più nulla da imparare sulla terra e che, come prevedono Buddhismo ed Induismo, raggiunge la Liberazione e come insegna il Cristianesimo, giunge alla salvezza.
Fernando, dopo queste parole, estrae dalla tasca un vecchio ma funzionante orologio, osserva l’ora, alza prima gli occhi al cielo, poi rivolgendo lo sguardo verso di me, spiega:
Il tempo è tiranno, quindi, per concludere e per rendere i concetti più chiari, vorrei descriverti lo schema teosofico sia dal punto di vista dell’uomo che dell’Universo e dirti che, come afferma Madame Blavatsky, per pervenire alla conoscenza totale dell’uomo, è necessario che le due discipline conosciute come Teosofia e Psicologia integrale, si fondino.
Dal punto di vista della costituzione psicologica della persona, i sette principi sono così elencabili: Fisico; Eterico; Pranico; Personalità, Emozioni periture, Sé inferiore; Mentale, Astrale e concreto; Intuizione, Individualità, Sé Superiore; Spirituale.
Dal punto di vista dell’Universo i sette piani del Cosmo sono, invece, così individuabili: Fisico, Piano Materiale; Astrale Kama, Piano Emozionale Personalità; Mentale Manas, Piano dell’Intelligenza attiva; Buddhico Buddhi, Piano della coscienza cosmica perenne; Nirvanico Atma, Piano della volontà spirituale; Monadico Anupadaka, Piano della Monade o Unità; Divino Adi, Piano del Logo.
Le ultime parole del poeta cono così coinvolgenti che mi fanno sentire un fervente pellegrino dell’antica Grecia, che si reca a Epidauro per la festa primaverile riservata ad Asclepio, il guaritore figlio di Apollo. Anziché essere seduto al tavolo con il poeta sto osservando quanti fanno la fila, assieme a me, per entrare nell’Abaton, il punto impenetrabile del tempio, perché è lì che, addormentandomi, posso ricevere dal dio della medicina, il sogno rigeneratore.
Mi sento come quel viandante che la mattina seguente chiede al sacerdote di decodificare il significato del suo sogno, ricevere le indicazioni atte a giungere alla guarigione fisica e spirituale. Visione che, come un lampo che illumina la strada, mi permette di controllare, revisionare e attestare il lavoro svolto dall’inconscio, interpretandone i messaggi misteriosi.
Come sempre accade, arriva il momento in cui le ombre della notte, diradandosi lentamente, consentono al chiarore di avanzare. L’alba, sostituendo la notte, non permette al sogno di lasciarmi il tempo di salutare né Pessoa né Asclepio.
Come direbbe Rabindranath Tagore l’alba, viene in silenzio e porta lontano dal cielo il velo della notte. La vita porta lontano dal cuore il velo esterno del boccio. La mente si sveglia e scosta il pesante ostacolo dell’inerzia. L’animo allontana il velo dell’illusione, dalla pallida intelligenza.
Credo in Dio che si manifesta nell’armonia ordinata dell’Universo.
Albert Einstein
Autore Domenico Esposito
Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.