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Pulcinella, Fabio Da’ath ed Ermete Trismegisto

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Pulcinella


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Sono spesso solo mentre cerco il candido pensiero.

‘A matina c’arapo ‘o balcone me trase ‘a staggione p”a casa e je risciate. N’aria fina, n’addore ‘e limone: m’affaccio e ppe stradà nun c’è sta nisciuno. M’avoto, me giro, lentamente se ‘nfiamma l’aurora e ‘a casa se ‘ndora p”e ragge d”o sole.

Sento il tiepido alito dell’alba e percepisco come un vuoto che mi separa dal viaggio astrale. Sono conscio che esso rappresenta il giusto modo per giungere alla consapevolezza di ciò che conta nella vita. È un’occasione per sconfiggere la distrazione che ci allontana dal Divino, per riportarci a noi stessi e per vivere le intuizioni spirituali.

È giunta l’ora di chiamare Fabio per invitarlo a partecipare all’incontro astrale con l’anima del padre dell’Ermetismo, ovvero, quel “tre volte grandissimo”, tris ⇔ tre volte, megistos ⇔ grandissimo Ermete Trismegisto. L’uomo o la figura leggendaria riconducibile ad Ermete, il dio greco della parola, e a Thot, quello egizio della luna, della sapienza e della scrittura.

Ermete Trismegisto

Fabio, spinto dalla mia stessa sete di conoscenza, accetta l’invito e mi suggerisce d’incontrare il fondatore della sapienza umana presso il suo terrazzo cenacolo. Mi dirigo quindi verso casa sua dove mi imbatterò in Ermete Trismegisto, il dotto di cui Sant’Agostino, Lattanzio e Cirillo d’Alessandria sostengono l’esistenza.

Giunto al cenacolo, che ci consente di osservare le mitiche sorgenti del Sebeto, dopo una breve attesa, utilissima per gustare un buon caffè, Fabio e io ci troviamo al cospetto di un uomo dai tratti somatici indescrivibili, una persona che ci ricorda i Re Magi, la stessa icona che Giovanni di Stefano lascia ai posteri mediante una bellissima tarsia realizzata sul pavimento della cattedrale di Siena.

Una figura umana o leggendaria, che dir si voglia, capace di mettere assieme argomenti straordinari sotto il manto della stessa dottrina mitologica, il saggio che alcuni paragonano a quel grande sole centrale dell’occultismo che illumina gli infiniti insegnamenti portati avanti sin dall’antichità.

Siamo entrambi emozionati perché abbiamo di fronte a noi il Grande Riconciliatore, la Fonte della Sapienza, il personaggio immaginato a metà tra l’umano e il divino, il sapiente, forse mai esistito come persona fisica, ma che, nella tradizione, è più che reale.

Siamo colpiti perché questa figura, che s’immagina contemporanea di Abramo, trasmette ancora ai suoi vecchi e nuovi adepti una saggezza parallela a quella del profeta liberatore del popolo d’Israele dall’Egitto.

Siamo felici poiché pensiamo, come tanti altri, che Trismegisto sia la summa del pensiero e della conoscenza del periodo precristiano.
La trepidazione è consistente perché Trismegisto, oltre ad essere ritenuto dagli studiosi di esoterismo, il padre dell’ermetismo, ossia, della scienza ermetica, è condiviso da due grandi e antiche e importanti civiltà, la Greca e l’Egizia.

Siamo eccitati perché questo grande erudito, con le sue conoscenze, è capace di spaziare dalla cosmogonia all’astrologia, dalla teurgia ai rituali religiosi, dall’alchimia alla magia, dalla filosofia all’etica, dall’esoterismo alla soteriologia.

Siamo trepidanti giacché siamo di fronte a chi, mediante le discipline attribuitegli, riesce a far convivere il concetto ermetico umano con quello divino, nozione poi ripresa dal Conte di Saint-Germain, signore dei quattro elementi, celebre alchimista che, oltre a conoscere il segreto della medicina universale, è in grado di fondere i diamanti.

Non sappiamo se il nobile si rifaccia agli scritti di Trismegisto, ma, di certo, questi testi attribuiti a Ermete, provenienti da una o più menti filosofiche, devono essere considerati sapienziali. La loro caratteristica saliente è che mediante essi, Trismegisto unisce la cultura greca con quella egizia, evidenzia una vasta conoscenza esoterica e un’ampia sapienza filosofico-religiosa.

Tali scritti si occupano di escatologia, della natura divina e di antropologia e di una cosmogonia imperniata sia sulla creazione dell’uomo che sulla sua salvezza spirituale ottenuta mediante quella conoscenza cullata dall’antico Egitto.

Abilmente tradotti, nel periodo rinascimentale, da Marsilio Ficino, su commissione di Cosimo De Medici, prendono piede in tutta Europa e, giungendo a noi, chetano la nostra voglia di Luce.

Il lascito sapienziale di Trismegisto contiene quella dottrina segreta, quell’arcana verità che si tramanda dall’antichità. Tali opere rappresentano, inoltre, la strada maestra che conduce agli insegnamenti ermetici che, nonostante influenzino lo studio di ogni tipo di religione, non si cristallizzano in alcun credo.

La strada maestra da lui tracciata intriga filosofi ed esperti delle diverse culture dell’antichità, i quali, indotti a sedersi e nutrirsi al tavolo imbandito, cibandosi del frutto della sapienza, saziano la fame. Ierofanti, filosofi, sapienti e maestri della terra d’Iside, possono partecipare al banchetto di saggezza mistica e occulta perché, essendo preparati, riescono ad assimilare l’enorme mole di rivelazioni.

In questa antica terra, i dotti, i grandi adepti, i maestri che intervengono al convito, raccolgono quanto disponibile e lo trasmettono mediante quelle labbra, aperte solo per le orecchie che comprendono. Ermete dice, infatti, che quando le orecchie dello studioso sono pronte, giungono le labbra a riempirle di saggezza.

Nei templi di quest’antica terra fecondata dal limo fertile, entrano tanti neofiti che, una volta diventati ierofanti, adepti e maestri, si spingono dappertutto e portano con sé la pregiata dottrina concepita da Trismegisto, destinata ad essere trasmessa a chi è disposto a riceverla.

Nell’antica terra delle piramidi, la dottrina occulta del saggio Trismegisto dissipa la caligine dell’ignoranza, tratta con il dovuto decoro i grandi misteri e fumiga solo quando questo serve all’Altare gli Incensi. Quell’ara su cui l’uomo consapevole, rendendosi conto che la luce della verità è offuscata dalla negligenza, mediante la lampada individuale, tiene acceso l’eterno lume degli insegnamenti ermetici.

Termini lessicali non servono. Per trasmettere il pensiero non esistono parole migliori degli occhi. Il grande saggio, infatti, leggendo nei nostri sguardi una grande sete di conoscenza asserisce:

Cari miei, sono qui sia perché credo che le vostre orecchie siano pronte per l’ascolto, sia perché spinto dalla voglia d’incontrare la fantastica creatura di Acerra. Oltre ad essere messaggero di Zeus, sono analogo a Thot, lo scriba di Osiride, mentre Pulcinella, oltre a nascondere il cuore dietro le parole, è affine a Horus, il dio-falco figlio di Osiride e Iside. Lasciate però che sia io a parlare, vi prego di non porre alcuna domanda.

Il mio nome Ermete è affine a quello di Hermes, il Dio rappresentato spesso con i talari ai piedi, il pètaso in testa e il cadùceo in mano, la divinità capace di collegare l’alto e il basso, l’Essere immortale che guida gli iniziati, il sommo messaggero e signore sia del Logos che delle relazioni e degli scambi, il nume delle opportunità e della rapidità di spostamento, il Caronte che conduce le anime nell’Erebo, il tenebroso mondo sotterraneo. Hermes è, inoltre, simile anche a lei, caro Pulcinella, poiché è il protettore dei viandanti, la divinità dei sogni, e lei non smette mai di sognare.

La mia figura, analoga a Thoth e vicina a Mosè, mi assegna quella grandezza che manifesta una consistente triade sapienziale caratterizzata dalla potenza di un mito. Da molti sono considerato una sorta di profeta pagano, un illuminato autore di testi perfettamente compatibili con il Cristianesimo. Giamblico mi attribuisce tante opere, molto antiche e di grandissima importanza, che anteriori persino a Pitagora e Platone, diventano un pozzo da cui attingere sapienza.

Oltre a dirlo io, Cirillo di Alessandria sostiene che in Egitto Platone s’imbatta in una scienza antica risalente all’epoca di Mosè. Platone, invece, nei ‘Dialoghi del Timeo e del Crizia’, riferisce che i sacerdoti del tempio di Neith a Sais hanno scritti, posseduti per migliaia d’anni, che riportano avvenimenti antichissimi. Alla luce di quanto riportato da retori, scrittori e filosofi, hanno ragione i sostenitori della teoria che attribuisce alle dottrine ermetiche l’origine egizia.    

Dalle fondamenta delle dottrine mistiche, nate tra le piramidi dell’antico Egitto, muovono tutti gli altri insegnamenti. Nell’ambito della ‘letteratura ermetica’, realizzata da me, tra tali monumenti sepolcrali, uno dei frutti più gustosi è sicuramente il ‘Corpus Hermeticum’, fonte d’ispirazione del pensiero ermetico antico e moderno. Consiste in papiri, molti dei quali contengono incantesimi e procedure d’iniziazione che, in genere, si distinguono in due categorie, ‘filosofici’ e ‘tecnici’.

Diciotto libri, di cui quindici dialoghi, tra questi cito l’Asclepio e il Pimandro perché ritengo che, data la loro valenza, siano meritevoli di menzione. Il primo si occupa di religione, di riti e di rituali magici degli antichi egizi, mentre il secondo descrive la creazione del mondo in un modo molto simile a quello utilizzato nella Genesi.

Mediante il dialogo perfetto, oltre a rivelare ad Asclepio la verità filosofica sulla natura di Dio, descrivo l’arte della Telestiké, cioè, del richiamare o imprigionare, all’interno di statue, con l’aiuto di erbe, gemme e profumi, sia gli angeli che i demoni. Nello stesso scritto mi soffermo sui metodi per far parlare e profetizzare tali figure.

Nel Pimandro, invece, espongo la visione che mi porta ad incontrare quel Dio indefinito, inconoscibile ma percepibile, immenso ed onnipresente, non riconducibile a caratteristiche definite, ma immaginabile. Mediante esso, irroro l’uomo della rugiada idonea a fargli comprendere che la sua vita non è limitata al mondo materiale e tangibile, ma va oltre ciò che i sensi percepiscono. 

In altre parole, il Divino, facendo ricorso alla visione, mi chiede di far capire all’individuo che è parte di qualcosa di più grande, d’indefinito, d’immenso, ovvero, è parte di Dio. Il Divino, rivelandosi, mi usa per trasformare i prescelti in strumenti di Dio, poiché la loro opera servirà a chi sa ascoltarli, per realizzare il Suo disegno. La descrizione che presento nel Pimandro consente agli studiosi di ermetismo e non solo, di avere una visione più chiara di tale disegno.

Come riporto nel Pimandro, Dio mi svela la natura intellettuale dell’intero creato. Con una voce indescrivibile, ma potente, il Divino mi dice: “Io sono Pimandro, l’Intelligenza suprema. Io sono quel che tu vuoi e ovunque, io sono con te, dal punto di vista fisico ma, soprattutto, da quello immateriale”.

Ascoltando la sua voce esclamo: “Voglio essere istruito sugli esseri, comprendere la loro natura e conoscere Iddio”.

Pimandro replica: “Raccogli nel tuo pensiero tutto quello che vuoi sapere che io t’istruisco”.

Dio permea di Sé l’uomo, è nell’uomo, ma questi, giacché è un essere generato, dunque imperfetto e mortale, non è totalmente in Dio. L’individuo, se asseconda il volere divino, può raggiungere ed aggregarsi a Lui e, solo allora, divenire, mediante la conoscenza, parte dello stesso Dio. Il Divino, una volta data origine al tutto, dona all’essere umano il ‘Libero Arbitrio’ dandogli facoltà di scelta affinché prosegua l’Opera divina, anziché farsi prendere dall’amore per il corpo.

Mediante il Pimandro, Dio mi incarica di ricordare all’uomo che l’amore per le cose materiali, quelle che provengono dalla lugubre oscurità facendogli dimenticare che nasce dalla luce e dalla vita, lo conduce alla morte. Mi rivela, inoltre, che se l’essere umano si rende conto che proviene dalla Luce e dalla vita, e se, mediante l’intelligenza, conosce se stesso, implementa lo scibile e si ricongiunge alla vita.  

Cari amici, sono particolarmente legato al ‘Corpus Hermeticum’, al ‘Pimandro’, perché, la visione che mi porta ad incontrare l’Intelligenza Suprema, attua in me quel sapere che, oltre a poter essere definita scoperta interiore, rappresenta la mia Iniziazione attraverso la quale Dio mi mostra il modo in cui ha creato il tutto e mi assurge a suo strumento privilegiato.

Detto ciò, Ermete, perforando i miei occhi con la luce dei suoi, esclama:

Esimio Pulcinella, se le chiedessi di spiegarmi la Creazione dal punto di vista scientifico, non credo saprebbe darmi una risposta, giacché questa avviene in un modo che può essere compreso e percepito solo mediante la conoscenza.
Ciò che non penso lei possa chiarirmi consiste nella mutazione che porta dall’Intelligenza alla materia primordiale. Per comprendere la Creazione bisogna, come me, vedere la Luce e ascoltare la parola di Dio.

Si rivolge poi di nuovo ad entrambi ed aggiunge:

L’Intelligenza Suprema, mediante Pimandro, mi dice che la Creazione è il frutto del Verbo di Dio, perché il Verbo e Dio non sono separati, anzi, l’unione, è la loro vita, e che ciò che vedo e comprendo non è altro che il Verbo, la Parola “divina”, l’Intelligenza, Dio.
La Parola di Dio mi consente di comprendere e trasmettere all’uomo i significati più celati. È possibile conoscere il Divino, mediante la Parola, perché questa sgorga dall’Intelligenza Suprema, cioè, da Dio Padre.  

Cari miei, Dio, mediante Pimandro, paca la mia sete di conoscenza, mi rivela sia quel che riguarda il mondo sensibile che l’origine degli elementi della natura.
Mi spiega che tutto ha origine dalla Dio, mediante il Verbo, dall’Intelligenza Suprema, dal Dio androgino, dalla sua volontà che, avendo preso il Verbo e contemplandovi il mondo bello, lo imita e costruisce il mondo con elementi presi da se stessa e con germi d’anime.

L’Intelligenza Suprema, mediante le sue azioni, origina gli elementi inferiori, separa le acque dalla terra, dà vita agli animali, li adatta ai diversi ambienti e dà luogo alla creazione di quell’individuo che riproduce l’immagine del padre. Tenendo conto che Essa ama l’uomo come sua diletta creatura è corretto dire che egli nasca dall’amore di Dio e, poiché il Divino è benevolo, proprio da questa predilezione ha origine la presunzione umana.

Oltre al ‘Corpus Hermeticum’ sono molto legato anche alla ‘Tavola Smeraldina’, perché tra le parole incise sulla lastra di smeraldo sono custoditi importanti principi di quella Tradizione Ermetica dei primi secoli dopo Cristo, che, prima prende piede tra gli studiosi cristiani, islamici e di altri credi del medioevo e poi giunge a voi, grazie ad un tramando senza soluzione di sorta.

Il suo testo racchiude la conoscenza dell’Universo, l’Antica saggezza della trasmutazione e i segreti del Cosmo. Credo che costituisca il tema di base della visione esoterica del mondo e che sia riassumibile con queste, poche, ma profonde parole: “Il visibile è il simbolo dell’invisibile”.

Penso che il suo contenuto influenzi fortemente il fisico Isaac Newton, che leggendola, concluda che la saggezza, la consapevolezza della coscienza e la potenza, provengano dall’interazione del numero tre. Nelle sue tre leggi del moto s’intravede, infatti, la conoscenza dell’Universo e l’assunto che il numero tre colleghi
l’Universo e il Cosmo.
La frase che più lo attrae è: “Tre è il mistero, viene dal Grande Uno”.

Nell’ambito della letteratura ermetica, la Tavola Smeraldina riveste un ruolo importante perché contiene utili istruzioni che alchimisti e studiosi di ermetismo possono utilizzare per giungere agli obiettivi prefissati.

Devo riconoscere però, che interpretarla correttamente non è un’operazione semplice, tant’è che nessuno sostiene di conoscere la completa verità racchiusa in essa.

Secondo alcuni descrive i sette stadi della trasformazione alchemica: calcinazione, dissoluzione, separazione, congiunzione, fermentazione, distillazione e coagulazione. Secondo altri, oltre a manifestare una consistente propensione al sincretismo, rappresenta il paradigma della conoscenza essoterica ed esoterica. Infine, secondo altri ancora, vi è descritto il modo per ottenere l’oro alchemico e, tra le righe incise sulla tavola, è indicato il modo per passare dal livello di coscienza in essere ad uno nuovo.

Analizzandola nella sua interezza, si comprende che la Tavola Smeraldina è lo scritto paradigmatico delle mie capacità d’indagare sulle cose celesti, terrestri e ctonie. In essa si possono trovare analogie con le ultime scoperte della fisica quantistica, che stabilisce che il vuoto non esiste e che, anzi, tutto è composto di una stessa sostanza energetica: ologramma quantico matrix divina.

In essa spiego esplicitamente che bisogna considerare sia il piccolo che il grande, perché nati dallo stesso Uno. L’infinitesimamente piccolo e quello grande sono governati dalle medesime leggi della fisica e della chimica. In tal senso, la Teoria del Tutto, introdotta dagli scienziati nel XX secolo, sta cercando di unificare i meccanismi che regolano le particelle atomiche e subatomiche con quelle del cosmo.

La Tavola Smeraldina è un mezzo attraverso il quale avverto gli alchimisti che possono sconfiggere le tenebre e dominare la natura, qualora ne comprendano le componenti. Credetemi, tenendo conto che le tenebre non sono altro che la paura di fronte all’ignoto, attraverso la conoscenza, l’uomo può non aver più timore di ciò che non sa, giacché, illuminando e disvelando le tenebre, è in grado di comprendere che anche l’oscurità fa parte del tutto.

Sono molto legato alla raccolta di massime, assiomi e precetti, denominata ‘Kybalion’, giacché gli insegnamenti e i principi basilari dell’Arte dell’Alchimia Ermetica ivi contenuti riguardano il controllo delle forze mentali. In esso lascio in dono agli studiosi di esoterismo, di filosofia e di fisica, sette rilevanti principi ermetici, che, oltre a costituire le leggi base su cui si fonda la vita dell’Universo e delle sue creature, sono caratterizzati da elementi filosofici che presentano molte analogie con recenti scoperte scientifiche.

I sette principi sono:

1) Il principio del Mentalismo: “Tutto è mente, l’universo è mentale”;
2) Il principio della corrispondenza: “Come sopra, così anche sotto”.
3)
Il principio della vibrazione: “Tutte le cose sono in movimento, tutte le cose vibrano”.
4)
Il principio della polarità: “Tutto è duale, ogni cosa ha la sua coppia di opposti”.
5)
Il principio del ritmo: “Ogni cosa ha le sue fasi, cresce e decresce, fluisce e rifluisce”.
6)
Il principio di causa – effetto: “Ogni cosa ha il suo effetto, ogni effetto ha la sua causa, e tutto avviene secondo una legge”.
7)
Il principio del genere: “Ogni cosa ha il suo genere maschile e femminile, e il genere si manifesta su ogni piano”.  

Solo sgombrando la mente da altri pensieri si riesce sia ad udire il rumore dei passi del maestro che a predisporsi all’apprendimento, aprendo le orecchie, per ricevere l’insegnamento. Alla base e più in là dell’universo, del tempo, dello spazio e dei mutamenti, si trova la verità fondamentale, la realtà sostanziale, che non può essere descritta, ma è definita dai saggi “Il Tutto”.

Nella sua essenza il Tutto non è conoscibile. Tutto è mente, l’Universo è mentale. L’Universo risiede nella mente del Tutto. Giacché non può esistere al di fuori del Tutto, esso deve essere ciò che è veramente. Il Tutto è Mente Vivente e Infinita che gli illuminati chiamano spirito! Nulla può delimitarlo, definirlo, costringerlo, limitarlo. Essendo il Tutto eterno e giacché esiste da sempre, non è il frutto di null’altro.

Allo stesso modo in cui tutto è nel Tutto, il Tutto è in ogni cosa. Chi comprende bene questa verità, possiede un grande sapere. Nell’Universo nessuno è senza Madre e Padre. I mortali sono al sicuro nella mente Madre – Padre. La mente, come i metalli e gli elementi, può essere trasmutata: da stato a stato, da grado a grado, da condizione a condizione, da polo a polo, da vibrazione a vibrazione. La vera trasmutazione ermetica è un’arte mentale.    

Alcuni miei denigratori sostengono che io sia un antichissimo Maestro Spirituale, o un profeta civilizzatore, facente parte di una consistente genealogia di sapienti. Altri sostengono che non sia l’inventore dell’Alchimia, ma un divulgatore. Altri ancora dicono che siano tre le figure che ereditano il nome e le conoscenze di Ermete. Dicono che il primo Ermete sia vissuto anteriormente al diluvio, che non sia un Dio, ma il mitico Civilizzatore Thot, che insegna agli Egiziani sia la scrittura geroglifica che la costruzione delle piramidi; che il secondo Ermete, vissuto a Babilonia dopo il diluvio, sia quel maestro di medicina, filosofia e matematica che inizia a queste discipline il grande Pitagora; che il terzo ed ultimo Ermete insegni le scienze occulte e l’Alchimia all’Umanità.

Prestate attenzione entrambi, ciò che mi accingo a dirvi è importantissimo. Dio è nell’intelletto. L’intelletto, o Tat, è della stessa essenza di Dio. Negli uomini questo intelletto è Dio. L’uomo è egli stesso creatore perché è una parte del creato e il creato stesso non è altro che Dio.
Il creatore è in tutte le cose. L’uomo, essendo una parte di Dio, generata a sua immagine e somiglianza, è egli stesso creatore.

Quando dico il creato, le cose, gli animali, gli esseri umani, intendo dire Dio, perché il Divino contiene dentro di sé tutto. Non c’è niente al di fuori di lui e nulla in cui Dio non ci sia. L’uomo è un essere vivente di natura divina, che non deve essere paragonato agli altri esseri viventi sulla terra, bensì a quelli del cielo, a quelli chiamati dèi.

L’uomo pio sopporta tutto, perché è cosciente della conoscenza che possiede. Per lui sono beni tutte le cose che per gli altri possono essere considerate mali.
Tale uomo, se è oggetto d’insidie, vedendo tutto alla luce della sua conoscenza, rende buone le cose cattive.

Vedete quanta potenza, quale velocità, possedete? Se voi potete tutto questo, non lo può forse Dio? Dovete pensare che tutto ciò che esiste è Dio. Il Divino, come oggetto di pensiero, contiene il mondo, se stesso e il tutto. Se voi non vi rendete uguali a Lui, non potrete comprenderlo, perché il simile è intellegibile solo al simile. Ingranditevi fino a raggiungere la grandezza senza misura. Liberatevi dai vostri corpi. Elevatevi sopra ogni tempo e divenite eternità. In questo modo sarete in grado di comprendere Dio.

Una volta convinti che per voi non c’è nulla d’impossibile, stimatevi immortali e capaci di fare vostra qualsiasi cosa, ogni arte, ogni scienza e l’intima natura di ogni essere vivente. Salite più in alto di ogni altezza, scendete più in basso di ogni profondità. Riunite in voi stessi le sensazioni di tutti gli elementi creati, del fuoco, dell’acqua, dell’aridità e dell’umidità. Immaginate di essere in ogni luogo, sulla terra, nel mare, nel cielo. Immaginate di non essere ancora nati, di essere nel ventre delle vostre madri, di essere giovani, di essere vecchi, di essere morti, di essere quello che sarete dopo la morte.

Se siete in grado di possedere contemporaneamente i tempi, i luoghi, le sostanze, la qualità, la quantità, potrete comprendere Dio. Se invece, non permettete alle vostre anime di liberarsi dalla prigionia del corpo, potrete solo diminuire la vostra conoscenza e affermare: “Noi non capiamo niente, non possiamo nulla…”.
In questo caso aspettatevi che vi si chieda: “Che cosa avete a che fare con Dio?”

A questo punto, il tre volte grande sapiente, continuando a porci in soggezione, ci saluta perché è tempo di andar via. Il terrazzo cenacolo di Fabio, che confina a Nord, a Sud, a Est e ad Ovest con il cielo, ci permette di staccarci da terra per immaginare di calcolare le distanze, di proiettarci nello spazio siderale e di conoscere le costellazioni, con la vista che sembra una lente naturale.

Il terrazzo cenacolo ci lascia disarmati sotto il firmamento, ci dà la possibilità di penetrare nel mistero da scoprire e, oltre a farci volare con la fantasia, consente ad Ermete di librarsi verso il mare di stelle, in direzione di quel cielo di fiammelle che rischiarano il buio.

Egli, infatti, di punto in bianco, sparisce come persona fisica per poi riapparire immediatamente come astro che viaggia verso altri corpi luminosi.

Mi piace credere che si stia dirigendo verso la sfera celeste poiché lì dimora l’anima misteriosa dell’universo. Amo pensare che, anche se non le guardo, esse siano lì ad attendere che Ermete le raggiunga. Stelle che, astenendosi dallo scendere giù per scortare il tre volte grandissimo sapiente, evitano sia di cospargere la terra di una consistente serie di astri, che di privare il cielo dei suoi occhi.

Non appena Ermete ci lascia, mentre gli astri intrattengono la mia mente, Fabio esclama:

Caro Pulcinella, alla luce di quanto detto da Ermete, desidero farti notare la similitudine tra ciò che si comprende analizzando l’Asclepio, ovvero, il Discorso Perfetto del Corpus Hermeticum, e il primo aforisma di Giuliano Kremmerz, il mio amato maestro. Analogia che consolida la teoria di chi afferma che esiste un legame tra l’arcana Schola dei pensatori Classici e quella dei maestri moderni, che trova il suo punto di congiunzione nelle dottrine ermetiche.

Tra le righe del Discorso Perfetto si legge che il signore dell’eternità, per sua natura, è Creatore, è il primo e ultimo Dio, è l’Alfa e l’Omega. Oltre a essere l’Uno è anche infinito. Il primo dio è presente nel secondo, ossia, nel Mondo. Il primo Dio è presente, assieme al secondo Dio, nel terzo Dio, ossia, nell’uomo. L’uomo e il Mondo, oltre a essere Immagine del Creatore, unitamente rappresentano l’uovo della Creazione, ossia, quella Grande Opera che manifesta la perfezione divina.

Esimio amico mio,”omne vivum ex ovo”, ogni vivente nasce dall’uovo, da quello stessa cellula germinale che porta con sé l’origine da cui tutto proviene. Un tutto che ha inizio nell’attimo in cui il pensiero di Dio, il Principio Primo, fecondando l’oscurità, concepisce la sua espressione di volontà androgina. Un pensiero che possiamo paragonare ad una sfera infinita che ha il centro ovunque e la circonferenza in nessun luogo.

Caro Pulcinella, riflettendoci, puoi capire che il discorso ermetico riportato da Trismegisto, concettualmente è conforme a ciò che Kremmerz afferma nel suo primo Aforisma:

“Uno è il mondo, uno è l’uomo e uno è l’uovo. Il mondo, l’uomo e l’uovo fanno tre. In ognuno vedi il tre, nel mondo, nell’uomo e nell’uovo tu trovi tre volte tre. Se vuoi imparare il secreto dell’uovo, rimonti a tre; Se vuoi comprendere il mistero dell’uomo risali a sei; Se vuoi intuire il grande arcano del mondo sali a nove.  Aspira e respira tre volte per conoscere il secreto dell’uovo. Sei volte per il mistero dell’uomo, nove volte per l’arcano del mondo. Cosi Èa (Ieova) creò prima il mondo poi l’uomo o poscia l’uovo e dette a questo il secreto dell’uomo e del mondo”.

Perciò, figliolo, il primo Aforisma delle cose sacre e riposte è nel numero 369. Senza luce, senza rumore, senza pensiero di sorta che non sia aspirazione a Èa, seppellisciti vivo con le orecchie turate con cera di api e lana di agnello in cavità in cui non entri luce di mondo e là 369 respiri e aspiri fino a quando non vedi il Mondo nell’Uovo di Èa.

Ascoltando le parole di Fabio comprendo che anche lui, come me, sia interessato alla letteratura ermetica, che in tanti attribuiscono a Ermete, anziché al personaggio dalle origini arcaiche, dai natali che evocano l’inizio dei tempi. Infatti, usando lo spettroscopio della ragione e il grandangolo dell’intuizione cerchiamo entrambi di ammirare un panorama composto di linee guida sapienziali e di intendere sia il contenuto che i significati dei testi attribuiti a questa mitica figura e ad altre.

In altre parole, tenendo presente che, da sempre, chi è dedito al discernimento, evita di considerarsi il vero autore degli insegnamenti esoterici, anzi, si ritiene un semplice trasmettitore, che non lavora per la gloria personale, ma per quella dell’antichissima sapienza, noi non focalizziamo l’attenzione sugli autori, bensì, tentiamo, in modo soggettivo, di intuire i significati ermetici, così da assorbire i contenuti nella loro interezza.

Saluto Fabio perché è giunta l’ora di ritornare a casa mia, ma qualche goccia d’acqua bagna il mio pan di zucchero.

Arape ‘o ‘mbrello e jesce ‘o sole, chiure ‘o ‘mbrello e cchiove. Nun saccio c’aggia fa. Arape l’uocchie e se chiure ‘o core. Arape ‘o core e chiure ll’uocchie pecchè vulesse vulà a nàtu suonne. Vabbuò, jà! Ppe’ tramente ca leggite, vaco ‘a pere ‘a casa mia.

Considerando che i miei sogni, oltre a non essere pallidi e bianchi, non rimbalzano stanchi, penso: in quale direzione andrò? Andrò per la strada o lungo un sentiero? Attraverserò un campo senza piste, oppure qualcosa che galleggia, mi indicherà il cammino?

Non ho alcuna risposta tra le mani ma riflettendo attentamente, credo che in questo particolare momento si debba concordare con Ermete Trismegisto quando scrive:

Ogni effetto ha la sua causa, ogni causa ha il suo effetto; tutto avviene in conformità di una legge, il caso è il nome dato a una legge che non si conosce; pur se esistono diversi piani di causalità, niente sfugge alla legge.

Giandomenico Tiepolo, La partenza di Pulcinella, 1797, affresco. Ca' Rezzonico, Venezia

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.