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Pulcinella, Fabio Da’ath e la fratellanza terapeutica di Myriam

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Pulcinella


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Le mie origini risalgono al IV secolo a.C. e gli acuti osservatori definiscono me, Pulcinella, simulacro di significati universali.

Altri, considerando che nasco in ritrovi frequentati dagli Osci, popolo antichissimo, licenzioso ed amante delle commedie giocose, prendendo atto che Atellanus in latino ed osco in volgare significano anche buffone, da arte del far ridere, non mi assegnano il valore che merito.

Attenti studi, oltre a far pensare alla mia presenza nelle Fabulae, l’associano a Maccus, il mangione sciocco dalle forti mascelle. Autorevoli voci mi accostano a Kikirrus, il personaggio la cui maschera teriomorfa richiama le fattezze di un gallo, altre, invece, ritengono che io abbia origine mitologicamente dalle viscere del Vesuvio e, per volontà di Plutone, fuoriesca dal guscio di un uovo.

Non posso né confermare e né smentire alcunché, ma sicuramente, mediante le visioni oniriche, che mi accompagnano di giorno e di notte, cerco di perseguire un determinato cammino e suggerirlo a terze persone.

Penso a ciò che mi piacerebbe vivere e la mia mente, senza alcuna esitazione, correndo in mio soccorso, esaudisce i miei desideri, mi fa viaggiare ed immaginare sia ciò che posso realizzare, che ciò che, pur anelando, non è attuabile.

I miei sogni hanno sempre un tempo, un luogo e dei personaggi, che come in un déjà vu, sembrano riportare alla mia mente momenti già vissuti e che, grazie all’attività onirica, si trasformano in esperienze che sembrano reali e mi accompagnano lungo il divenire evolutivo dei giorni che trascorrono sempre senza malinconia.

Questo non mi aiuta a scappare da chi o da cosa non mi permette di fare ciò a cui aspiro, bensì, a condividere un percorso, bussare alla porta della mia anima che, a sua volta, aprendo il suo uscio consente di implementare la connessione, l’unione, quindi, mi dona pace e mi regala un adeguato potere interiore.

Per completare l’esperienza precedentemente intercorsa con Giuliano Kremmerz, Madame Carmen e il caro Fabio Da’ath sulla leggenda di Mamo Rosar Amru, spero di acquisire ulteriori informazioni. Senza indugio, trasportato dal desiderio di conoscenza, mi ritrovo, in un’assolata mattina d’estate, nei pressi della Reggia di Caserta, dove li rincontro.

Nonostante il caldo, Ciro Formisano, il teurgo porticese conosciuto come Giuliano Kremmerz, indossa il solito cappello e scarpe bianche, la giacca e i pantaloni marroncino, le immancabili bretelle color cuoio e un papillon marrone scuro che si abbina con il vestito.

Come sempre accade, il taumaturgo si distingue sia per l’eleganza fisica e spirituale, sia perché il suo comportamento, unito ad un movimento e ad un linguaggio di difficile comprensione, ne aumentano il carisma.

Dopo il solito baciamano alle bellissime e affusolate mani della dama che ci accompagna, ci saluta in modo molto cordiale e, rivolgendosi a me e Fabio, esordisce:

Miei cari, premettendo che la leggenda di Mamo Rosar Amru intende dimostrare l’origine egiziana ed assira della Magia, oggi vorrei parlarvi di ciò che cerco assiduamente di trasmettere ai miei discepoli. Orsù, entriamo in questo bellissimo luogo pregno di significati esoterici.

Sospinti dal suo spirito gioioso e da grande curiosità, lo seguiamo lungo quello che, a detta sua, è un vero e proprio percorso iniziatico.

Mentre accediamo al maestoso edificio, il nostro interlocutore osserva:

Miei cari, la Reggia e l’annesso giardino inglese, voluti dalla Regina esoterica, Maria Carolina d’Asburgo, consorte di Ferdinando IV di Borbone, rappresentano un messaggio a cielo aperto, un complesso pregno di simbolismi esoterici ed iniziatici.  

La facciata del palazzo mette in mostra strutture quali le colonne Yachin e Boaz, che richiamano quelle del Tempio di Salomone, mentre Piazza Carlo III, o Piazza Reale, ospita l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine del cammino. La pianta rettangolare del palazzo si ispira appunto al Tempio di Salomone, riproduce il rettangolo aureo di Pitagora e, vista dall’alto, riproduce graficamente la croce greca, il Tau, la croce di Gerusalemme e quella di Sant’Andrea.

Essa, oltre a portare alla mente la crocifissione di Cristo, è un simbolo archetipo che indica l’esistenza di un punto d’incontro tra cielo e terra. Mentre la croce di Gerusalemme, fungendo da monito, ricorda che tutto ciò che occorre all’uomo è Dio, quella decussata di Sant’Andrea, l’apostolo che, per sua scelta, pur di non eguagliare, nel Martirio il suo Maestro, preferisce essere crocifisso su questo tipo di croce, denota, invece, la luce manifestata.

La croce che campeggia sul tetto, al centro della struttura, è composta da un punto centrale e da quattro bracci che riproducono quella templare, o Croix pattée, che esprime i cicli di evoluzione ed involuzione dell’umanità. Il suo punto centrale è lo spazio in cui confluiscono le correnti di energia necessarie affinché si possa edificare il tempio in completa armonia con le forze della natura.

Anche il frontone della Reggia cela frammenti esoterici, poiché i suoi angoli formano il numero 999, infatti, 180° (1+8+0=9), 36° (3+6=9) e 36° (3+6=9).

Il numero nove, che ricorre molto in questa Corte, nel giardino, ad esempio, ci sono nove muse, oltre ad incarnare pienamente l’immagine dei tre mondi, materiale, spirituale e animico, esprime completezza, compimento e verità.

Fabio, preso dall’agone iniziatico del teurgo, interrompendolo garbatamente, ribadisce:

Maestro il nove, oltre ad essere la cifra della generazione e della reincarnazione, si riproduce continuamente ed è ha un significato universale; non a caso, le sfere celesti e gli spiriti che le governano sono appunto nove. Il nove è il numero che più si avvicina al dieci, ossia quello che Pitagora definisce perfetto e che costituisce la Tetraktys, che, a sua volta, oltre a rappresentare la somma della successione dei primi quattro numeri, simbolizza i quattro principi cosmogonici.

Madame Carmen, che in genere non interviene mai nei dialoghi esoterici, rendendosi conto che suo nipote necessita di ulteriori informazioni, prende la parola:

Caro Fabio, il nove è un numero sacro, è il risultato del tre moltiplicato per se stesso ed arricchisce l’eternità. Incarna la triplice Triade, la soddisfazione spirituale, il conseguimento dell’obiettivo, il principio e la fine, il Tutto, il numero celestiale e angelico, il Paradiso terrestre e, nella Religione ebraica, rappresenta l’intelletto puro.

La pianta dell’edificio, pur essendo a forma rettangolare, è composta da quattro corpi di fabbrica che affacciano su altrettanti cortili interni accomunati da un lungo portico chiamato cannocchiale ottico, che raccorda la struttura architettonica con il parco e la cascata.

Si tratta di un numero importante, sia perché è associato alla Materia e alla Terra, sia perché quattro sono i punti cardinali, i venti principali, le stagioni, le fasi lunari e i lati del quadrato, a cui è paragonata la Terra, in opposizione al triangolo del cielo, simbolo della Trinità.

Tale cifra racchiude l’insegnamento che, permettendo di ritornare al creatore, consente di ottenere la potenza, l’intelligenza spirituale e l’amore. Il simbolo associato è la croce e, come potete notare, la pianta della Reggia ne contiene diverse.

Anche il sette fa bella mostra della sua presenza; le cappelle e i gradini per accedere al Tempio italico, dislocato nei giardini, sono appunto sette. Oltre ad essere il numero della creazione, esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico.

Non poteva mancare il numero otto; tante sono le colonne e i quadri dedicati alla Madonna, presenti della cappella palatina. Fa riferimento alla giustizia, all’equilibrio cosmico e a quell’infinito dove nulla termina. Mentre per la dottrina cristiana, l’ottavo giorno rappresenta la trasfigurazione, il numero otto incarna il verbo di Dio. Dopo i sei giorni della creazione e il settimo di riposo, l’ottavo, simboleggiando la resurrezione del Cristo e dell’uomo, annuncia l’eternità.

All’interno della Reggia è possibile seguire un percorso iniziatico dall’importante valenza esoterica. Chi intraprende questo viaggio nel Parco, sulla sinistra del parterre, ha la possibilità di ammirare il Bosco Vecchio, colmo di erme, statue e gruppi scultorei.

Un bosco dove ben si nascondono alla vista, la bellissima Castelluccia e l’ampia Peschiera Grande. Sul sito denominato la Castelluccia insiste un fortino a pianta ottagonale, costruito sulla preesistente Torretta del Pernessà, e l’ottagono richiama il significato simbolico del numero otto che, collegato alla resurrezione, ricorre spesso negli impianti occulti dei Templari. 

Dalla Peschiera Grande si ritorna all’asse principale del Parco, la cosiddetta “Via d’Acqua” che culmina con la cascata, formata con le acque che scendono tra le rocce, resa ancora più affascinante da un susseguirsi di fontane unite da canali, cascatelle e radure erbose. Nel salire lungo la strada che porta alla rapida principale ci si imbatte in una serie di vasche e altre fontane decorate con diverse sculture.

La prima che si incontra è denominata del Canestro o Margherita. Circondata da sculture raffiguranti Muse, Apollo ospita, su un rocco di colonna, una meridiana. È impreziosita dalla presenza del Ponte Ercole e del busto raffigurante Urania, la musa dell’Astronomia, che regge, con infinita grazia, un globo celeste sul quale si riconoscono le costellazioni.

La successiva è la Fontana dei Tre Delfini, composta da tre mammiferi marini, dalle sembianze grottesche, che, erogando dalle loro bocche limpida acqua, lasciano immutato il significato simbolico dell’opera che mira a rappresentare l’elemento acqua e la sua potenza.

Segue la Fontana di Eolo, dal tema mitologico della tempesta di venti, che la divinità, su ordine di Giunone, sprigiona per spingere Enea lontano dalla penisola. L’opera, con il suo emiciclo e la serie di archi, richiama, infatti, la grotta da cui sorgono le correnti raffigurate come statue alate.

Il complesso marmoreo che riporta alla mente i fasti antichi, denominato Fontana di Cerere, ha come protagonista la dea della fertilità che tiene alto un medaglione con il simbolo della Trinacria ed è circondata da ninfe, amorini, gruppi di tritoni e due divinità fluviali che, con apposite anfore erogano getti d’acqua che impersonano i due fiumi siciliani, Anapo e Arethusa. Dea dal grande valore, insegna all’uomo l’agricoltura e la legislazione e dà i natali a Proserpina, la dea che Plutone rapisce e conduce all’Ade per tenerla bloccata lì sino a primavera.   

Ed ecco che ci si imbatte nella Fontana di Venere e Adone, il racconto dell’affascinate giovanotto amato dalla dea della bellezza, ma sbranato da Marte, sotto le spoglie di un cinghiale, durante una battuta di caccia.

Continuando ad ascendere si arriva ad un’opera che s’ispira al culto di Diana, divinità della caccia e della luna. La scena è divisa in due gruppi, tra cui scroscia la cascata d’acqua, e narra di Atteone, il cacciatore tramutato in cervo e divorato dai suoi stessi cani perché sorpreso a spiare la nudità della dea che si accinge a fare il bagno con le sue di ninfe.

Tra i gruppi scultorei dell’opera campeggia la Grande Cascata, che si riferisce sia alla vita che alla purificazione. La rapida, che grazie all’Acquedotto Carolino, fa sentire con forza la sua presenza, regala bellissimi giochi d’acqua. Due scalinate conducono alla sua cima, cioè al torrione che regala una vista straordinaria che si estende fino a Napoli.

Sulla destra, si sviluppa il Giardino Inglese, che, nel XIX secolo è denominato Real Orto Botanico di Caserta. Al suo ingresso, come vedete, la statua di Atlante, che sorregge il globo terrestre, e quella della Sfinge, accolgono l’avventore.

Il parco ospita l’Aperia, i ruderi del Tempio Italico, il Laghetto delle Ninfee, il Tempietto Circolare, la Cappella Gotica, la Scuola Botanica, la Palazzina Inglese, la Fontana del Pastore, da cui scorga l’acqua che scende fino al Bagno di Venere e il suo Criptoportico. Quest’ultimo, costruito simulando rovine romane, ha i soffitti appositamente bucati ed è il luogo dove si muore e simbolicamente si rinasce nella fonte dell’Eterna Giovinezza.

Esso ospita undici statue, tra cui quella che raffigura il dio della salute e che, nell’antico pantheon greco, porta alla mente l’Asclepio dell’amato Hermete Trismegisto. Il Giardino Inglese, inoltre, è adornato dall’importante Piramide, dal Sepolcreto Neogotico e dal Tempietto a Tholos, che campeggia al centro del Labirinto Vegetale. Maria Carolina ha il merito di nascondere in questo luogo una sorta di itinerario iniziatico che, si conclude come in una catarsi lustrale, nello spazio incantato del laghetto dedicato a Venere.

Il teurgo, ascoltate queste parole, rendendosi conto che la situazione sta per sfuggirgli dalle mani, prendendo una piega a lui non congeniale, interviene:

Madame Carmen, la ringrazio per l’impegno profuso nel tour iniziatico, ma se lei ne conviene, vorrei parlarvi di quella Schola di miglioramento e perfezionamento dell’essere umano che deve a me i suoi natali, l’Ermetica di Myriam, in cui sia il nome che il suo secreto significato corrispondono a una coorte di intelligenze che, avendo un’influenza diretta sull’evoluzione animica degli uomini, riescono a influire sulla salubrità della carne. 

Su tali basi si fonda la resurrezione di questo rito magico, la cui rievocazione corrisponde ad una proficua corrente di salubrità della carne, che si ottiene mediante la potestà spirituale dell’affiliato sullo spirito del fratello che ne attende il beneficio.

Prima di proseguire lungo il percorso verbale da me precedentemente delineato, intendo parlarvi brevemente della Matriarchia di Myriam, interprete di un programma di Amore, Matrice universale, Principio e Origine della Vita Universa in ogni sua manifestazione.

Il suo simbolo, che si compone di due triangoli che si tagliano, è denominato Pentacolo di Salomone. Per rappresentare graficamente l’equilibrio necessario affinché si realizzi l’integrazione dei principi vitali fisici e intellettivi dell’uomo, si utilizza un triangolo inferiore, che rappresenta tutto quello che è terreno, e uno superiore, che incarna tutto ciò che è spirituale o mentale. Al centro risaltano un bellissimo Sole e quattro lettere ebraiche, molto significative.

Il Sole esprime la luce del completo equilibrio fra il principio terreno e quello mentale, che non previlegia né la spiritualizzazione né il materialismo, e permette la giusta armonia tra due forze che esistono in natura, ma che nell’uomo necessitano di essere bilanciate. Il simbolo, oltre a bandire gli eccessi, è caratterizzato dal triangolo superiore, rivolto verso l’Alto, che riproduce lo spirito staccato dalla vita terrena che coinvolge.

Sotto l’astro, quattro lettere ebraiche, che incarnano il Tetragramma Biblico. La prima, la Yod si riferisce, a pieno titolo, al primo principio; la seconda, la Hĕ, rappresenta il passivo del primo principio incarnatore; la terza, la Wāw, riproduce il Mercurio, cioè il risultato della prima idea sui desideri della materia; infine, la quarta, la Hĕ, indica, invece, la realizzazione della vita.

Mentre per l’antico popolo, di religione ebraica, le quattro lettere raffigurano il nome di JEHOVA, per gli appartenenti alla Fratellanza rappresentano le leggi della Natura: un principio intellettivo e, quindi, la sua incarnazione in tutto ciò che proviene dal pianeta su cui l’uomo vive e agisce.

Il pentacolo così rappresentato ben simbolizza l’armonia. Se il Sole, che si trova in una posizione centrale, fosse disegnato sopra il vertice del triangolo superiore, indicherebbe il misticismo di un individuo che, privandosi del corpo fisico, si rifugia nello spirito. Qualora, invece, fosse in quello inferiore darebbe luogo all’intelligenza involuta nella materia, non riuscirebbe ad irradiare la sua luce e determinerebbe un totale oscurantismo.

Miei cari, tornando alla Fratellanza, questa non ha pretesa di apostolato unico, bensì vuole che gli uomini siano raccolti, raggruppati e abbiano il solo vincolo dell’Ideale santo della Scienza e della Verità. Una Fratellanza composta da pochi ma saldi elementi che, tenendosi fuori da ogni lotta politica, sociale e religiosa, manifestino e realizzino i suoi scopi e i suoi principi. Poiché la Scienza Ermetica, di cui si occupa la Fratellanza, è universale, non tiene conto dei confini, delle nazioni e delle razze e dev’essere considerata patrimonio immateriale dell’intera Umanità.

Si tratta di un’entità caratterizzata da una finalità terapeutica strutturata in Catena Iniziatica. Ha lo scopo di incanalare, far fluire la forza terapeutica, proveniente dal Centro, verso i vari anelli che, gerarchicamente, la compongono, verso la periferia e verso l’esterno.

La Fratellanza di Myriam non è un’organizzazione chiusa in sé, quanto una struttura ben delineata e organizzata che accetta le richieste di adesioni prodotte da chi intende condividerne il percorso.

Ogni anello rappresenta e possiede una quantità concreta di forza; è un’unità minima di volontà che riceve e trasmette la forza, volta alla terapeutica, che proviene dal Centro. Ogni elemento, ogni singolo individuo, è tenuto a seguire gli insegnamenti pratici indicatigli secondo il proprio livello evolutivo e a diventare integrale e perfettibile.

L’evoluzione comporta un livello sempre maggiore d’integrazione del proprio corpo e del proprio mono mentale, ossia, dello stato mentale uguale a quello degli altri, e di convibrazione, ovvero, della vibrazione collettiva, messa in atto alla stessa ora; che, intensificandosi in modo progressivo, nei confronti di chi trasmette, realizza, mediante l’osmosi, una forte omologia.  

La scuola, oltre a perseguire il miglioramento psichico e fisico, si prefigge il perfezionamento dell’essere umano. Ciò si manifesta nell’intensificazione, quindi in una riduzione, a più modeste proporzioni, dell’involuzione naturale individuale.  Dal punto di vista fisico deve essere inteso come conseguimento di uno stato fisiologico, di inesauribile armonia con lo sviluppo psichico, che dà luogo ad un continuo equilibrio psico-fisico che amo definire stato di salute.

Fabio e tutti i miei adepti sanno bene che chi persegue l’ermetica che si pratica nella Schola, lavora sia per sé che per gli altri, Sposano una missione, che diviene un vero e proprio dovere, stringono un patto d’amore, con gli altri anelli della catena, che, oltre a durare nel tempo, induce a obbedire, coscientemente, alla forza unica che anima e sospinge verso la perfezione.

Miei cari, il lavoro di perfezionamento è propedeutico alla realizzazione di un ordine taumaturgico che studia la pratica di una medicina ermetica a benefizio dell’umanità. Questo è il solo e sommo scopo umano dell’opera della Fratellanza e questi sono i diritti e i doveri che il discepolo ha sia verso la Myriam che verso i gli altri componenti.

La Fratellanza prende spunto dalle isiache attività sacerdotali dell’antico Egitto e diffonde in modo occulto una teoria applicabile nella vita e nella realtà quotidiana. Non è una dottrina sterile di risultati, anzi, oltre a essere spiritualistica e magica, si occupa dell’espletamento delle forze e dei segreti della magia, a favore di tutti i sofferenti che a essa ricorrono.

La medicina, sacerdotale e occulta, influisce sulle infermità del corpo fisico, quando l’ora della sua separazione dal corpo spirituale, non è ancora giunta. In altre parole, nel caso in cui sia giunta l’ora del trapasso, non lo impedisce, ma allevia le sofferenze e sana sia i dolori che le infermità di chi ricorre a essa. La medicina sacerdotale è in grado di ostacolare le dipartite che prematuramente mettono fine all’evoluzione dell’anima.

Miei cari, il mondo medico-scientifico, del mio secolo, studia in modo analitico le infermità e i morbi, giocoforza, procede a tentoni alla ricerca di medicine in grado di curare le singole malattie. La scienza e la pratica dei magi, invece, insegna in prima istanza che ogni tipo di infermità fisica è cagionata dallo squilibrio dello spirito e dell’aura psichica umana, in seconda istanza, che non esiste altra terapeutica che quella spirituale o divina; questa, oltre a far a meno di medicine, se le usa lo fa per mero collegamento delle facoltà analogiche dello spirito umano, insegna che quando lo spirito dell’uomo è pronto alla vita del mondo invisibile, bisogna impegnarsi affinché si eviti che la dipartita corrisponda a un’attività illegittima.

La Fratellanza, nonostante abbia molti denigratori, si fonda sull’amore per il proprio simile, sul disinteresse mondano e sul desiderio di alleviare le pene di chi soffre. Molte persone, grazie al suo nobile ideale, aderiscono fervidamente e con grande successo.

Miei cari, credetemi, in questo mondo, dove alberga la schiavitù della materia e il limaccioso sonno della coscienza divina dell’uomo, l’amore per il proprio simile è la fonte della solidarietà degli spiriti.

Preso dalla curiosità e dalla sete di conoscenza, chiedendone sommessamente e con gentilezza il permesso di intervenire, interrompo il teurgo e rivolgendomi espressamente a lui, dico:

Esimio Giuliano, alla luce delle sue interessanti parole, desidero chiederle di svelarci in cosa consiste la pratica terapeutica.

Il teurgo, meravigliandomi non poco, con fare garbato e abbozzando un malcelato sorriso, senza aspettare oltre, dice:

Pulcinella caro, con gioia constato che necessiti di più profonde spiegazioni. Una ragione superiore ostacola, in modo insormontabile, la divulgazione di misteri così importanti, a chi non è pronto, quindi sono costretto a tacere. Non posso svelare la pratica di quei riti che permettono all’uomo di raggiungere la potenza della super umanità, ma posso indicare la via filosofica che consente, accedendo al Tempio, di praticare il bene.

Parlo da maestro di magia e non da fondatore di religioni. Le mie parole non sono indirizzate alle caste, bensì a persone colte, a menti elette, a chi non indietreggia davanti alla frivolezza dello spiritismo, a chi non si lascia buggerare dalle illusioni di quei gruppi di persone che sperimentano l’ignoranza del volgo. Miei cari, desidero evidenziare, con enfasi, che la mia opera consiste in uno schema di resurrezione della Fraternità Rosacruciana.

Aggiungo che lo scopo principale consiste in prima istanza nello schiudere la porta ermetica ai più ardimentosi e in seconda istanza nell’indicare ai discepoli, ai buoni, ai puri, che la grande conquista si realizza quando si raggiunge, in nome della Carità e del Bene, lo scopo prefissato e che consiste nel tentare, fino alla completa riuscita, l’applicazione di quella teoria che riesce a debellare tutti i mali fisici che la terapia ufficiale non riesce a guarire.

La scienza occulta e la filosofia magica sono il fondamento di una scuola di nuovi sapienti che, contaminando il moderno scetticismo sperimentale con la percezione delle leggi dell’invisibile, rigenerano la scuola terapica sacerdotale in cui gli dei della salubrità, rivelandosi ai fedeli nelle visioni, nei sogni, nella certezza imponderabile della ragione pura, dimostrano che i miracoli esistono, che gli dei viventi danno di sé una continua e costante prova.

Miei cari, conscio di essere prolisso, ribadisco che la Fratellanza Terapeutico Magica di Myriam ha lo scopo sia di applicare l’Occultismo alla pratica sanitaria, che di costituire una potente catena di anime che applicando scienza e carità, insegni alle generazioni future a fare a meno di quell’arte profana del guarire che non tiene conto di quella medicina ermetica che è rivelazione della sintesi terapeutica della Rosa + Mistica.

La catena oltra a formarsi intorno ad un ideale, segue un esempio. Il vessillo che deve esibire ogni anello è quello su cui c’è scritto carità e cammino. L’ideale è il bene degli afflitti, mentre quello della carità è il disinteresse. L’individuo che chiede di diventare anello della catena, quindi dei possenti nuclei del bene, deve intuire, quindi sapere, che queste società non sono organizzate alla stessa stregua di quelle costituire dai profani.

Miei cari vi prego di prestare attenzione a ciò che mi appresto a dire perché lo merita. In questi circoli, il visibile, nasconde l’invisibile e chi è accolto nella catena deve obbedire sia al superiore diretto che a chi ricopre l’incarico Supremo.

In altre parole, il singolo anello non deve discutere i dettami che attengono la pratica spirituale, non deve imporre il proprio desiderio, né sottrarsi al proprio dover; non deve desiderare l’esperimento per convincersi, giacché prima di entrare è necessario che l’individuo sia convinto di ciò che si accinge a fare.

Deve saper tacere affinché ciò che sta imparando non si spenga nei vaniloqui delle accademie e deve amare gli anelli che compongono la stessa catena iniziatica, deve volere loro un bene morale, spirituale e materiale. Ognuno deve aiutare l’altro, mediante consigli, istruzione e in tutti i modi che possano giovargli e in seconda istanza non deve vergognarsi della sua compagnia se questi è povero o poco istruito.

La missione dell’uomo che non ha bisogni economici e che ambisce all’Ascenso, consiste nell’innalzare a sé i bisognevoli. Credetemi, il Dio Supremo, non tenendo conto della ricchezza o del grado sociale dell’uomo, bensì, della purezza del suo cuore, gli riconosce ciò che merita. Un operaio può avere il cuore di un principe e un principe può non essere tanto nobile quanto un operaio. Un povero può avere meriti spirituali che un uomo ricco non ha. La congiunzione, dei singoli elementi della catena di Myriam, è salda perché si fonda su ciò che ogni singolo anello prova per l’altro.

Ognuno deve contribuire, in tutti i modi possibili, alla vita dell’intera catena, alla sua esistenza e al suo sviluppo. Deve sia impegnarsi costantemente affinché si allarghi e deve contribuire con il proprio lavoro e con i propri mezzi alla sopravvivenza del consesso. Chi non ha fiducia nella rettitudine degli iniziatori, chi non vuole obbedire ai precetti della Fratellanza Mistica, chi non crede nella religione del Vero e nella pratica della Scienza Sacerdotale, è meglio che abbandoni, perché, iniziaticamente, non ha nulla da condividere.

Fabio, dopo queste parole, evidenzia:

Maestro caro, credo che aderire alla Fratellanza sia come diventare alchimisti, ci si innamora misteriosamente e incomprensibilmente.

All’inizio, consiste in una predisposizione, un essere, inconsapevolmente, già innamorati, ma senza oggetto d’amore, dopodiché diventa un sentimento che si unisce a una disperazione quieta che, anziché essere malvagia o triste, sembra melanconica, ma non è tale.

Il desiderio di farne parte nasce dalla nostalgia di qualcosa di perso, di abbandonato, di un posto precedentemente appartenuto e che non si sa più né cercare e né trovare, ed è paragonabile al sentimento che prova chi ha perso la propria patria e non sa come raggiungerla.

Il teurgo, felicissimo per le parole del suo discepolo, manifestando un aplomb indescrivibile, tira fuori dalla tasca dei pantaloni il suo orologio e controllando l’ora dice che è costretto a lasciarci perché deve incontrare Domenico Lombardi e Giacomo Borracci, suoi diretti adepti.

Detto ciò, si inchina al cospetto di Madame Carmen, le bacia la mano, con la sua proverbiale eleganza, ci saluta e dispiaciuto si allontana.

Come sempre accade, nel tempo in cui si apre un tulipano, arrivano le prime luci del mattino e annunciano che sta sorgendo l’alba. Il sole, appena sveglio, si alza, saluta la notte che pallida e infreddolita, per le ore passate all’addiaccio, mestamente e frettolosamente sì allontana dal mio balcone.

Un fitto chiacchierio di uccellini baldanzosamente saluta l’ultima stella che prima di andar via tenendo conto che il mattino ha l’oro in bocca suggerisce di alzarmi.

Giandomenico Tiepolo, La partenza di Pulcinella, 1797, affresco. Ca' Rezzonico, Venezia

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.