Molti si chiedono chi sia realmente Pulcinella, cosa voglia trasmettere indossando la maschera nera. La domanda sembra essere ben posta e la risposta non lascia dubbi.
Si tratta di una creatura fantastica che qualcuno progetta, traccia e scolpisce, donandole quel soffio vitale che la rende reale. Una maschera che virtualmente dialoga con quell’uditorio ampio o ristretto che sia, che, per libero arbitrio, si lascia incuriosire dal segreto iniziatico conosciuto con il termine esoterikós.
Gli uomini tentano di rispondere alle domande filosofiche attraverso i miti, io lo faccio mediante strane visioni oniriche che, di solito, manifestano un viaggio attraverso profondi e sconosciuti meandri mentali.
Conoscete già la mia voglia e capacità di sognare ciò che aggrada la mia sete di conoscenza, il mio desiderio di proseguire il percorso intrapreso e mai sospeso. Ringrazio il fido Fabio che, accompagnandomi anche in questo itinerario, manifesta una consistente pazienza e una consolidata comprensione.
Dalla mia amata casa chiamo Fabio per chiedergli di accompagnarmi alle antiche sorgenti del Riullo, al Parco Archeologico di Suessola. Vorrei poterlo fare in ogni periodo dell’anno ma, purtroppo, caratteristica saliente della sorgente del Riullo, è la stagionalità.
La realtà di questo fiume, come quella del Sebeto, pur essendo, fisica cela diversi tratti e consistenti presenze del mondo sovrasensibile. La mia, invece, manifesta caratteristiche sociologiche, filosofiche e metafisiche, forse, di grande spessore.
Potrei affermare, senza timore di smentita, che sono, da quasi sempre, in viaggio. Il cammino lo intraprendo già nelle locande di quel territorio a me molto caro, nel IV secolo a.C.. Un itinerario che non tiene conto dello spazio-tempo e nemmeno dei confini del sistema solare e che, come un profondo abisso, allontanandolo dal mio quotidiano, fa vivere ai bordi del sistema solare, il mio spirito, non più dormiente.
Un percorso di cui non conosco la destinazione e che ha luogo lungo un sentiero che spesso è a me sconosciuto. Durante l’itinerario, il profumo dell’occulto non riesce a sopraffare la mia coscienza, dato che la volontà è consistente. Sono conscio di non poter tornare indietro, né fermarmi e nemmeno di essere in grado di cambiare il corso degli eventi.
Non so se rivedrò la mia quotidianità, né se farò ritorno alla mia vita di sempre, perché i pensieri esondano la mia mente. La scala di Giacobbe, sulla quale sto viaggiando, pur avendo un linguaggio silente, emette suoni, che, al pari di quelli della maga Circe, ammaliano e seducono la mia coscienza, già pronta al grande salto. Una scala che mi permette il movimento ascendente, anziché discendente, perché la destinazione è quella del cambiamento.
Una scala provvista di due consistenti montanti verticali che equivalgono alla dualità dell’Albero della Scienza, che, nella cabala ebraica, corrisponde alle due “colonne” di destra e di sinistra dell’albero sefirotico. Una scala simile ad un ponte verticale che s’innalza attraverso tutti i mondi e permette di transitare, passando di piolo in piolo, per l’intera gerarchia. Pioli che, a loro volta, non sono altro che gli stessi mondi, ossia, i diversi gradi dell’Esistenza universale.
Una scala che oggi mi porta alle sorgenti del Riullo, dove è possibile incontrare Socrate, che anziché trasmettere la sua conoscenza al chiuso, tra quattro mura, lo fa tra la gente e negli ampi spazi. Il filosofo che, facendo cadere i veli del suo pensare, imprime nelle menti di chi ascolta il seme della curiosità e della conoscenza e parlando della vera Conoscenza, sostiene che essa coglie il fondamento supersensibile della realtà. Il saggio che dissemina le basi dalle quali attingono i pensatori occidentali e orientali.
Chiedo a Fabio d’incamminarci verso il Riullo poiché quando il dotto greco s’intrattiene con i discepoli, la terra respira, è restituita al nobile spazio, ossia, al cielo, e manifesta il profumo dell’immanenza del divino.
Lo invito a venire con me, sciogliersi al caldo vento della conoscenza, seguire l’incanto del moto della terra perché il grande filosofo trasforma il caldo, il freddo, il cielo e la terra in indescrivibili e armoniose danze.
Fabio mi accompagna sia perché desidera incontrarlo sia perché è consapevole che al Riullo, il mondo si sveglia, gli uomini parlano per non guardare, il sole scotta, l’aria brilla e il cielo è così azzurro che affatica il cuore.
Giunti in prossimità del laghetto, alimentato dalla celebrata sorgente del fiume, siamo attratti da diverse gallinelle d’acqua che, gioendo per la presenza del filosofo, fanno sentire i loro festosi versi.
Ci rendiamo conto che in questo luogo incantato, la terra calpestata da Socrate, ascoltandone le immortali parole, richiama a sé quella luce, che risplendendo fa sparire le ombre dell’ignoranza.
Accade improvvisamente qualcosa d’incredibile: il Riullo si trasforma nell’Acropoli di Atene del IV secolo a.C.. Mi vengono le vertigini, perché, oltre a vivere un sogno indescrivibile, sto per ragionare con uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.
Scorgo, non molto lontano da noi, sotto un porticato dal soffitto molto alto, due uomini. Quello più anziano, appunto Socrate, indossa una tunica un po’ lisa, ha una lunga barba incolta, il naso piatto, guance molto paffute ed occhi azzurri capaci di penetrare l’anima di chi li osserva. L’altro, giovane, distinto e molto bello, è Platone
Socrate, rendendosi conto del nostro arrivo, si accomiata dal giovane discepolo, ci viene incontro e, abbracciandoci felice per la nostra presenza, afferma che poiché i nostri occhi esprimono un forte desiderio di conoscenza, è pronto a trasmetterci, bocca orecchio, ciò che aneliamo ascoltare.
Prosegue dicendoci:
Io so di non sapere, in altre parole, sono conscio della mia ignoranza. Partendo dalla consapevolezza della mia ignoranza, ambisco a trovare una verità condivisa e valida mediante un dialogo obiettivo e a più voci capace di fornire quelle risposte definitive e convincenti per chiunque sia animato dal raziocinio e dal desiderio di verità.
Cari miei, la verità non è qualcosa che si possiede ma che si costruisce, per cui la sua ricerca sembra essere priva di un fine, anzi, essendo un’evoluzione, non consente di scrivere un libro che abbia come argomento questa verità stessa; amandola, sono in grado di tracciare la differenza tra ignoranza, scienza e opinione. L’ignoranza è la mancanza di conoscenza, la scienza è conoscenza dell’essere e l’opinione è uno stato intermedio.
Sono sempre alla ricerca del Sapere ed esamino continuamente sia me stesso che gli altri. Sono convinto che la Verità assoluta non debba essere concepita come una meta, bensì come un processo, un cammino che avvia ad una consapevolezza sempre più profonda e universale.
Sono conscio di non possederla e di aver bisogno di ricercarla continuamente, dato che la mia sapienza è incompleta. La vera Sapienza, la Sophia, è indescrivibile poiché appartiene allo spazio metafisico, al mondo degli dei. Sono certo che il mio percorso mi porti ad un traguardo, che non credo sia la meta finale, poiché penso di essere perfettibile anziché perfetto, anzi, sono sicuro che solo il divino lo sia.
Il mio fine mistico mi fa ritenere che bisogna volgere l’attenzione all’anima, per scoprire la sua natura ‘divina’, ossia, la sua origine e il suo fondamento metafisico. Con questa prassi introspettiva si compie quel salto che permette di passare dalla filosofia alla Sophia e dalla razionalità alla contemplazione metafisica.
Fabio e io, proviamo un’emozione straordinaria. Socrate mostra quella notevole componente mistica che lo induce a parlare sia di vita spirituale che di dimensione metafisica affinché queste siano realizzate, anziché restare circoscritte al puro concetto. Siamo colpiti poiché dimostra di avere dubbi, che, pur alimentando la sua mente, non rappresentano un ostacolo per la sua esperienza mistica.
Siamo favorevolmente impressionati sia perché, pur possedendo un erudito linguaggio, non dà l’impressione di voler istruire gli altri, quanto piuttosto di voler egli stesso imparare dall’interlocutore di turno, sia perché, fingendo di non sapere nulla di noi, ci chiede chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti.
Pensiamo che conosca bene le risposte, ma soprattutto inizialmente, ci pone solo domande per farci rendere conto della nostra vera sostanza e della nostra reale essenza, a farci capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e i punti deboli del nostro modo di pensare.
In base a come si dispone, dei quesiti che formula, dell’interesse per il mondo morale, della sua condotta di vita abbastanza singolare, reputiamo che, filosoficamente e sociologicamente, possa essere considerato affine a Gesù.
Riteniamo che sia conscio di essere un mezzo atto ad aiutare gli esseri umani a concepire il giusto sapere perché in un celebre passo riportato da Platone, paragonandosi alla madre ostetrica, dice:
Mentre la levatrice, anziché procreare aiuta le madri a partorire, io occupandomi delle anime, stimolo le persone affinché mettano al mondo la conoscenza che già hanno in sé.
Egli, accortosi che i nostri pensieri stanno autonomamente percorrendo altre strade, accenna un sorriso solare ed esclama:
Cari miei, sono convinto che la filosofia abbia un carattere religioso e penso che io debba filosofare poiché questo sembra essere il compito affidatomi dal Daimon, la mia coscienza, la mia guida morale e religiosa, che mi consiglia nei momenti più importanti della vita. In altre parole, è come una voce che sento dentro di me, che mi dissuade da quello che sto per fare.
Quest’entità personifica l’anima dell’individuo. C’è chi ritiene che, a causa del peccato originale, sia imprigionata nel corpo che la ospita, chi, invece, pensa che essa sia la sede dell’intelletto. Personalmente non mi esprimo ma vi invito, tramite la ragione, ad averne cura.
Credo che non dobbiate permettervi qualsiasi libertà, anzi, penso che abbiate l’onere di sapervi controllare. Io, girando attorno alle cose, cerco di persuadere giovani ed anziani a curarsi dell’anima piuttosto che del corpo o della ricchezza, perché, occupandosene con raziocinio ed intelligenza, si bada a se stessi.
Il corpo umano non s’identifica con l’io, né con la personalità, che, a sua volta, permane anche quando la materia smette di esistere. È l’anima che caratterizza e qualifica l’essere umano, l’io. Il mio pensiero costituisce uno dei fondamenti della coscienza occidentale, tanto che diversi filosofi, fondandosi sui miei concetti, affermano anche loro che l’anima si identifica nell’essenza della persona.
Molti pensano che io sostenga il politeismo, ma ciò non corrisponde al vero, giacché, pur accettandolo, credo fermamente nell’esistenza di una divinità superiore che ordina e l’universo e custodisce il destino dell’uomo. L’unico essere al mondo in grado di dominare gli istinti e rapportarsi con Dio è l’uomo, dato che possiede quell’importante prerogativa definita raziocinio.
Mediante i miei discorsi, intendo spingere chi mi ascolta a occuparsi della sua ‘anima’ ed averne perché è di origine ‘sovrannaturale’ e ha un destino che va oltre la vita terrena. Penso che l’unione dell’anima con il corpo oltremondano debba essere ritenuta provvisoria e che cagioni all’uomo consistenti dolori e cospicue illusioni.
L’anima, distaccandosi da quel corpo che per lei funge da carcere, da tomba, riesce a recuperare la sua essenza, sia mediante la catarsi, da vivi, che attraverso la morte.
Prestate attenzione a ciò che sto per dirvi, permettete alle vostre anime di sentire le mie parole, sgombrate la mente da altri pensieri. Chiunque può accostarsi al sacro, giacché la porta per entrarvi è la coscienza.
Per accedere alla Vita Ascetica, a quella Religiosa, alla Salvezza, alla dimensione metafisica dell’Anima, all’Illuminazione e alla Conoscenza, l’uomo non ha bisogno di mediatori di profeti di redentori, ma solo di se stesso.
Chiedendo scusa all’illustre filosofo, lo interrompo e mi rivolgo a Fabio:
Caro amico, leggo negli occhi di Socrate sia la consapevolezza della nostra ignoranza, sia l’aspettativa che ne usciamo per spontanea iniziativa e con le nostre sole forze. Sento che qualora riuscissimo nell’intento lui sarebbe pronto, mettendoci in crisi, a farci dubitare della qualità del nostro attuale percorso.
Socrate, ascoltate le mie parole, appoggia delicatamente la sua mano sulla mia spalla e, invitandoci a seguirlo lungo le strade dell’Acropoli di Atene, aggiunge:
Cari miei, pur condividendo la dottrina orfica che occupandosi dell’anima, trasmette quella speranza che fa affrontare la morte con grande serenità, sono scettico nei confronti delle dottrine che incorporano ciò che attiene la religione in una forma rigida e astratta.
Spinto dalla ragione, con estrema convinzione, tramite un’evidente facoltà divina, tengo il mio spirito lontano dai meri piaceri del corpo. Credetemi, tale facoltà, oltre a consentirmi di controllare gli istinti e le passioni, mi permette, mediante la temperanza, di circoscriverli nella loro giusta misura. Sono in grado di liberare l’anima dalla schiavitù della materia, di portare a termine la ricerca dell’essere e di giungere alla verità, attraverso il ragionamento e il controllo dei bassi istinti.
Il corpo, intrappolando l’uomo con una spessa catena alle passioni, alla vanità, alle paure, all’ego, non gli permette di fermare il pensiero su ciò che desidera veramente. La brama di ricchezza, la materialità, inducono l’individuo ad adoperarsi in guerre spesso inutili e prive sia di valide motivazioni, che di solide fondamenta.
È necessario vedere negli occhi delle persone, il cuore, anziché i riflessi di questo muscolo cardiaco.
L’uomo, osservando la vita nella sua purezza, deve permettere all’anima di staccarci dal corpo, di volare e respirare un po’ di quell’aria nuova che le consente di penetrare le cose nella loro vera essenza. Egli, mediante l’anima, purifica la mente, e, oltre a non lasciarsi contaminare dal corpo, è in grado di percepire il vero senso della vita e giungere, così, alla conoscenza suprema.
La purificazione consiste sia nel separare l’anima dai vincoli del corpo, che nell’abituarla a raccogliersi in una corazza che non permetta al male di entrarvi. Il mio sapere filosofico mi fa ritenere che il percorso consista nella purificazione dalle passioni del corpo. Credo che ognuno, percorrendo il giusto sentiero e tenendo in debita considerazione sia l’aspetto metafisico che quello etico e della vita spirituale, possa consentire alla propria anima di pervenire alla conoscenza.
Penso che nonostante egli sia preso da tantissimi e giusti impegni, debba comprendere, mediante la tecnica meditativa e la riflessione, che la vita terrena è caratterizzata dalla provvisorietà. L’uomo se vi riesce è in grado di separare la coscienza dalle impurità insite nel mondo sensibile, preservare l’anima affinché possa manifestare la sua vera natura, ossia, l’autentica essenza dell’essere umano.
L’anima capace di svincolarsi dalle catene che la trattengono nella semi oscura caverna, si acquieta e, volando verso l’Alto, giunge alla Conoscenza del Mondo Spirituale, da cui proviene. Come previsto dalla perenne tradizione iniziatica, conoscendo il cielo e tutto ciò che lo anima, dopo il temporaneo bagno di polvere, finalmente si eleva.
Cari miei, prestate attenzione: l’uomo, mediante una specifica tecnica meditativa, consentendo all’anima di staccarsi dal corpo per un breve periodo, la priva dell’influenza dei sensi, così che questa si innalzi fino all’immutabile. Colui che permette all’anima di sollevarsi, è in grado di intendere sia la vera natura della propria coscienza che la realtà metafisica dello spirito, quando questi vive il mondo invisibile.
L’uomo, mediante la meditazione, intraprende un percorso, caratterizzato dalla separazione dell’anima dal corpo fisico, che gli consente di cimentare e vivere il distacco tra le due componenti. La corretta sperimentazione rappresenta quella trasmutazione o cristificazione della materia, che aiuta, con estrema serenità, a non temere il trapasso. La stessa serenità che mi consente di rifiutare l’aiuto di Critone allorché mi chiede di scappare con lui per evitare la cicuta.
Caro Pulcinella, lei conosce bene il segreto occulto, giacché ogni singolo giorno, senza mai raccontarlo, lo vive e lo testa. Un segreto che consiste in quella vera trasformazione che lei, alla stessa stregua di grandi filosofi iniziati, rende vivida, reale e la manifesta, tramite le azioni, anziché attraverso le parole. Una trasformazione che le permette prima la morte, poi la resurrezione e, in seguito, il ritorno al mondo sensibile.
Leggo nel suo cuore, mediante i suoi occhi, che concorda con me quando affermo che la meta ambita richiede una consistente preparazione e una cospicua padronanza di sé. Sono certo che, come me, ritenga che siano poche le persone in grado di vivere la vita divina, percepire la piena essenza del Dio in sé e cogliere la consistenza di quel Daimon di cui parla anche il filosofo illuminista francese Louis Claude de Saint-Martin.
Mi differenzio dai miei predecessori, i cosiddetti presocratici, perché cerco di cogliere la vera essenza dell’uomo, anziché interessarmi della natura, della fisica e di ciò che rende le cose quello che sono. Credo che “conoscere se stessi”, significhi “aver cognizione del Divino che vive nell’uomo”. Qualora il modus vivendi dell’individuo è retto e morale, questi non solo è in grado di conoscere il Divino che gli dimora dentro, ma riesce a comprendere che l’anima è immortale.
Il mio insegnamento, oltre a far comprendere le prerogative dell’anima, evidenzia il rapporto tra il maestro e il discepolo; infatti, l’indottrinamento che trasmetto, bocca orecchio a Platone, fa sì che assorba ogni stilla della mia speculazione razionale, del mio sapere e della mia conoscenza.
Pur sapendo che gli insegnamenti tradizionali e la Sophia non si possano comunicare dialetticamente, ma solo conseguire come frutto di una personale ricerca e sperimentazione, all’interno dell’anima, costato, con grande gioia, che Platone è in grado di far suo il mio sapere, nella sua piena interezza.
Provando un’insaziabile curiosità di conoscere tutto ciò che riguarda il pensiero dell’illuminato filosofo, del progenitore di tante scuole di pensiero, spontaneamente lo interrompo e osservo che in questo luogo dall’eccezionale bellezza, la mia anima si sta spandendo come musica d’estate, che sto vivendo un momento inenarrabile e che mi sento passeggero di un satellite artificiale che, oltre a condurmi alle porte di Sirio, mi consente di conquistare gli immensi spazi interstellari.
Socrate, percependo il mio stato emotivo e cercando di chetarlo, prima afferma che la curiosità spesso manifesta quella forza positiva che nasce dalla voglia d’implementare il proprio sapere e conduce al perfezionamento e alla crescita, poi, volgendo lo sguardo verso Fabio asserisce
Bisogna intraprendere il percorso preparatorio che purifica e consente l’ascesa, anziché la discesa. Caro Fabio, badi, però, che ogni uomo imbocca la propria strada, in modo soggettivo, personale e differente dal cammino degli altri. La mia filosofia e la mia meditazione estatica hanno lo stesso fine catartico dei culti e riti misterici, da cui, però, si diversificano.
In materia di rito, sappiate che, qualora questi, oltre a essere ben eseguiti siano vissuti in egual modo, sostenendo e stimolando i processi interiori, riescono a creare e liberare le energie atte a produrre vibrazioni consistenti che superano sia i limiti della mera cerimonia che quelli della ripetizione meccanica del rituale. Il rito permette di penetrare in modo temporaneo il mondo metafisico e di mettere a frutto nella quotidianità quanto appreso durante il viaggio nel regno invisibile. Qualora l’uomo si lasci andare ad una consistente meditazione o catalessi estatica, riesce a rinascere a nuova vita.
Socrate, rendendosi poi conto che mi sono tranquillizzato, prosegue:
Caro Pulcinella, Platone afferma che l’amore è il motore di tutte le azioni umane, anche di quelle non strettamente legate alla vita di coppia. Aggiungo a ciò, che sia l’amore per il Divino, sia il desiderio di Conoscenza, oltre a fungere da motore di tutte le azioni umane, purificano, modificano e innalzano verso l’alto, ossia, conducono all’indirizzo di quel bene che risiede nell’Uno.
Il mondo sensibile è la copia di quello ideale che, per sua natura, esiste fuori dello spazio e del tempo. La vita sensibile, che si conduce sulla terra, non è altro che la ripetizione di quella ideale, già svolta dall’anima in precedenza. Penso che sia interessante farvi riflettere sulla teoria del vivere e ripetere, del sapere e ricordare.
Il sapere e il ricordare fanno pensare alla centralità del ricordo e della memoria e inducono a riflettere sull’esistenza di un nesso fondamentale che esiste sia tra l’esperienza e la registrazione di questa, che tra l’esperienza e la coscienza di questa.
Il processo di registrazione della stessa all’interno dell’anima e i modi in cui ciò avviene, acquisiscono una consistente centralità poiché sino a che questa non è depositata nell’anima, non esiste. Sia io che Platone paragoniamo l’anima ad un libro in cui si scrivono i pensieri, i ricordi e i ragionamenti.
Caro Pulcinella sono contento poiché percepisco che la sua mente tace e, così facendo lascia aperto quell’uscio che consente al desiderio di conoscenza di entrarvi e alla Luce d’illuminare l’anima e spinge la coscienza verso il mondo metafisico. Vede, caro amico, la sua mente è impegnata a pensare e il pensare filosofico rappresenta quella speculazione che, se correttamente indirizzata e vissuta con coerenza e moralità, permette, mediante l’ascesi, di avvicinarsi al Divino.
Per accostarvisi si devono intraprendere sia un consistente percorso iniziatico che un cammino evolutivo che conduce al perfezionamento. Non ritengo sia possibile l’iniziazione ai Grandi Misteri prima di quella ai Piccoli. Questi ultimi rappresentano quella necessaria purificazione che deve precedere l’accesso ai Grandi Misteri, a quelli del Divino. Ritengo, inoltre, che la purezza sia il preludio necessario affinché si possa accedere ai benefici che derivano dalla contiguità con il Divino.
Nell’ascoltare le parole del grande filosofo e tenendo conto che possa essere considerato il precursore occidentale dei principi divini, la mia amata curiosità prende il sopravvento e mi spinge a chiedergli il permesso di porgli una domanda che ritengo importante.
Ricevuto l’assenso, fissando i suoi luminosi occhi, gli domando:
La sua filosofia è una derivazione dei Misteri egizi? Lei è un iniziato diretto dei grandi sacerdoti egizi? Lei è iniziato ai saperi egizi?
Le pongo tali quesiti per una serie di motivi che immediatamente le elenco. Inizio dalla “Maieutica”, il suo metodo pedagogico, quel dialogo interpersonale che permette all’interlocutore di giungere autonomamente alla verità. Infatti, attraverso tale criterio lei conduce la controparte alle risposte corrette, nonostante queste siano celate tra le guise delle sue domande. La sua arte maieutica, intesa a cogliere l’essenza delle cose, sembra essere molto affine alla tecnica utilizzata dai sacerdoti dell’antico Egitto, per istruire i giovani spiriti.
Prima del trapasso, lei chiede di sacrificare un gallo nero ad Asclepio, che per i greci non è altro che il sapiente egiziano che viene in pace, ovvero, Imhotep, il figlio di Path elevato a Divinità durante la III dinastia, il sommo sacerdote di Eliopoli, l’architetto, il medico e astronomo che comprendendone le potenzialità, rivoluziona l’architettura egizia, utilizzando la pietra anziché il legno, la paglia e il mattone crudo.
Come insegna la tradizione esoterica dell’antico Egitto, alla stessa stregua di altri iniziati della sua epoca e di quelle precedenti, lei è poco propenso a rivelare i segreti della scienza sacra se non a chi ne sia degno, giacché il dialogo produrrebbe un consistente turbamento nell’animo d’interlocutori non meritevoli.
In ultimo, ma non per importanza, Erodoto riporta che l’idea d’immortalità dell’anima, di cui lei parla, sia un concetto insegnato ai Greci dagli Antichi Egizi, i quali ritengono che quando il corpo dell’individuo si dissolve, l’anima migri in organismi animali e poi ritorni in quello umano, in un ciclo che si compie nel termine di tremila anni.
Socrate, ascoltata la mia domanda e le mie motivazioni, mi risponde con un altro interrogativo:
Esimio Pulcinella, pensa che io sia iniziato ai saperi egizi?
Evitando, poi, che io risponda aggiunge:
Caro mio, credo la risposta si celi tra le sue parole, si fidi, ha già il riscontro tra le mani.
Detto ciò si rivolge a Fabio:
Caro discepolo mi piacerebbe ascoltarla, in merito a quanto da me asserito.
Fabio, senza farsi pregare oltre, replica:
Caro maestro, in merito alla morte, m’intriga molto il suo pensiero. Lei sostiene che il Mondo materiale e tutto ciò che appartiene al Mondo sensibile, oltre ad essere illusorio e finito, sia una costruzione fallace e menzognera della realtà. Ritiene, inoltre, che la verità, come principio Universale, risieda nel Mondo delle Idee. Concordo pienamente.
Alla luce di questo, l’idea “primordiale” e il suo archetipo sono reali ed infiniti. Credo anch’io che il corpo si dissolva, ma la sua idea animica, in altre parole, l’anima che vi risiede, è da ritenersi immortale. In altre parole, il corpo di ognuno di noi invecchia, muore, si putrefa, ma l’idea del Corpo, nell’accezione di cui parla lei, è immortale, perché appartiene al Mondo delle idee o degli archetipi, quindi, è reale ed infinita.
Il grande filosofo, ascoltato quanto detto da Fabio, avendo in agenda altre conversazioni, non più né meno importanti di quella intrapresa con noi, porgendoci le sue scuse, ci saluta e s’incammina verso un gruppo di persone che attendono di ascoltarlo. Persone che desiderano, mediante la coscienza, il dubbio e l’esperienza mistica sovra razionale, ricercare la Verità e la dimensione metafisica della Realtà Assoluta partendo da quella Relativa del mondo sensibile.
Sull’acqua del Riullo, mentre Socrate si dirige lontano da noi, luccica la luna in transito e biancheggia indisturbato il corpo di un uccello acquatico. È un incrocio tra il cielo, il riflesso delle stelle e il fondo del corso d’acqua, contaminato solamente dai nostri pensieri.
Abbandonando il sogno, o lo stato catartico che dir si voglia, commento con Fabio:
Penso che Socrate, mediante le sue ultime parole, confermi la valenza dei suoi insegnamenti ed induca a pensare che non esiste un manuale in grado di esporre i principi divini con la chiarezza logica che la razionalità umana desidera. Sogno e scrivo sia per affermare che sto bruciando dalla voglia di conoscere i principi divini, sia per pensare che il filosofo abbia ragione quando conclama che ogni bene viene dal Logos.
Le anime di cui egli parla, quando muoiono e salgono in cielo, realizzano quel grande spettacolo, quell’ingorgo Cosmico che il sommo poeta Dante ben racconta nella Divina Commedia. Non posso sapere se ma mia anima fa parte di quelle descritte dal letterato fiorentino, però sento che l’ombra della mia anima non smette mai di tenermi per mano. La mia anima c’è sempre, anche quando si allunga su tutta la giornata e momentaneamente si allontana.
Tornando insieme a casa, concludo:
Dopo il dialogo con Socrate e un’accorta riflessione, giungo a pensare che la filosofia non sia qualcosa che s’impara, perché ciò che si apprende è il come ragionare filosoficamente. Egli, da grande illuminato qual è, ritiene che scrivere di filosofia sia come tradirla e per questo ne parla solamente.
In questo giorno così chiaro e mite, che reca il soffio del percorso iniziatico-evolutivo, l’uomo impreparato, quanto più s’innalza, tanto più sembra piccolo a chi vive nel mondo della Realtà assoluta.
Arape l’uocchie e se chiure ‘o core pècché ‘o tiempo corre annanze ‘a mme. Nun resta tiempo pe’ sapè e pe’ conoscere, mo chelle che è stato’ è stato’, chi mo ffa fà, io torno ‘a casa mia.
Autore Domenico Esposito
Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.