Un modello di vita possibile, per riprenderci brandelli di libertà
Le crisi energetiche non sono rare nel mondo occidentale.
Un filo ricorrente è anche il motivo di fondo, conflitti, vuoi le guerre arabo – israeliane, la rivoluzione iraniana, la guerra in Ucraina.
Fatto sta che, periodicamente, ci si trova a fare i conti con problemi che riguardano la produzione di energia, con i prezzi che schizzano alle stelle.
La prima di cui ho ricordo, per averla vissuta, è quella del 1973, che ebbe la conseguenza di una serie di misure applicate da quasi tutti i paesi occidentali, poi passate alla storia con l’etichetta di Austerity.
In Italia, ad esempio, ci furono le domeniche e i festivi senza auto e, in generale, senza veicoli a motori, le insegne dei negozi spente, la riduzione della pubblica illuminazione, la chiusura delle trasmissioni RAI alle 22:45, l’anticipo del telegiornale della sera alle 20:00, chiusura di bar e ristoranti entro le 24:00 e dei locali di pubblico spettacolo entro le 23:00.
Queste restrizioni durarono dal novembre del 1973 alla primavera del 1974, quando furono gradualmente allentate.
Anche l’ENEL fu autorizzata a ridurre l’erogazione della corrente elettrica del 7% durante la fascia oraria dalle 21:00 alle 7:00 con qualche conseguente raro blackout programmato.
Ho un ricordo molto particolare di quelle serate, passate in famiglia a lume di candela, a giocare a carte o a tombola, con giochi da tavolo e di società ovviamente non sofisticati come quelli odierni, a chiacchierare, non andando a letto prima del solito.
Si trattava, naturalmente, di un’epoca diversa. Solo due canali televisivi, il programma nazionale e il secondo programma, che poi diventeranno rispettivamente RAI 1 e RAI 2.
Niente cellulari, niente elettronica, niente videogiochi.
Un mondo analogico e non ancora digitale.
A distanza di quasi 50 anni sembra ci si debba preparare ad una situazione molto simile, se non peggiore.
Ancora una volta un conflitto, ancora una volta prese di posizioni, sanzioni, embargo, boicottaggi.
Ancora una volta peserà la speculazione.
Ancora una volta le conseguenze peggiori andranno a ricadere sulle fasce più deboli della popolazione.
Commercianti e ristoratori rincarano i prezzi, qualcuno caricando quote di bollette sul conto direttamente.
Stipendiati e pensionati usciranno ulteriormente con le ossa rotte, non potendo ricaricare nulla su nessuno.
E allora come ci si difende?
Scegliendo la pace o l’aria condizionata?
Fosse almeno vero!
Di fronte a misure di austerity calate dall’alto e che, come dicevamo, non vanno ad intaccare in nessun modo alcuni interessi, si potrebbe scegliere a cosa rinunciare.
Provare a capire quali sono i veri bisogni e quali quelli indotti.
Soprattutto quelli intoccabili. Quelli che rischiano di mandare il sistema a carte quarantotto.
Consapevole che non sarà mai possibile, per cui è destinata ad essere l’ennesima provocazione caduta nel vuoto.
Spegnere elettrodomestici, certo. Ma quelli che decidiamo.
I televisori ad esempio.
TUTTI.
Immaginate cosa succederebbe se di colpo si dovessero azzerare o quasi gli ascolti di tutti i programmi televisivi.
Pensiamo alle ripercussioni sugli sponsor in un contesto in cui la TV è sempre più commerciale, anche quella che dovrebbe essere un servizio pubblico.
Se fossimo anche un po’ complottisti potremmo pensare che così verrebbe meno anche il principale mezzo di lavaggio del cervello delle masse. Che, chissà, tra qualche anno la gente potrebbe ricominciare persino a pensare… non si sa mai.
Mettiamo via tanti elettrodomestici inutili.
Per millenni le cose si sono fatte a mano e non moriva nessuno.
Torniamo a sbattere a mano le uova, con la classica forchetta e non con fruste elettriche.
Torniamo a sveglie e ad orologi a movimento meccanico, da ricaricare a mano girando la cara vecchia chiavetta.
Non dico di andare a fare il bucato a mano nei corsi d’acqua, ma di evitare asciugatrici, di lavare a mano quello che possiamo.
Manderemmo in tilt tanti spacciatori di comodità superflue.
Spegniamo i cellulari e i PC, usandoli solo per quando è strettamente necessario, per lavoro e non per avvisare di buttare la pasta o per bivaccare sui social.
Anzi, cancelliamo tutti i profili social.
Il cibo ce lo godiamo lo stesso anche se non pubblichiamo le foto.
La serata tra amici sarà ancora più piacevole se non sentiamo il bisogno impellente di postare ogni fesseria che facciamo.
Potrebbe anche accadere che si possa tornare a guardare in faccia alla gente, senza essere ipnotizzati dallo schermo di qualche apparato elettronico.
Compriamo a chilometro 0, evitando i prodotti che arrivano da posti lontani.
Compriamo gli ortaggi del contadino del nostro paese, non quello coltivato chissà dove, anche perché è diverso il gusto.
Utilizziamo ogni spazio per coltivare quello che possiamo. Fosse anche semplicemente qualche erba officinale o il peperoncino.
Boicottiamo le multinazionali che sfruttano i dipendenti e fanno rimbalzare merci da una parte all’altra del pianeta come se fossero palline di flipper.
Possiamo sopravvivere anche senza il frutto esotico o il formaggio prodotto nell’angolo remoto del pianeta.
Riprendiamo, come si faceva una volta, a fare le cose in casa.
La pasta, i liquori, le conserve, le marmellate, i sottaceti, i dolci.
Riciclando il vetro ed evitando le tonnellate di pasta.
Per una porzione abbondante di pasta fresca servono 100 grammi di farina e un uovo. Se la compriamo ci costa molto di più.
Uno dei miei ricordi d’infanzia sono le giornate in cui si facevano le ‘bottiglie di pomodoro’ a fine estate. Uno di quei momenti di socialità che oggi mancano.
Il tempo? Se, come dicevamo dovessimo smettere davvero di scrivere fesserie sui social ce ne avanzerebbe.
Boicottiamo i commercianti che aumentano i prezzi, ceniamo a casa.
Per difenderci dal freddo isoliamo imposte e porte.
Magari con i sacchi di sabbia.
Si esce poco la sera compreso quando è festa
e c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra.
Lucio Dalla – L’anno che verrà
E torniamo ai bracieri.
Altro ricordo, le bucce di mandarini messe sulla brace accesa, che profumo.
Torniamo alle stufe a legna, che una volta erano cucina e riscaldamento.
E chi li ha, accenda i camini. Forse è vero che un po’ sporcano, ma vuoi mettere l’atmosfera.
E smettiamo di prendere l’auto anche per fare pochi metri.
Usiamo i mezzi pubblici o le biciclette quando il tempo lo consente.
Camminiamo a piedi, che fa anche bene alla salute.
Rinunceremmo a qualche comodità, vero.
Ma recupereremmo le nostre vite, ci affrancheremmo dai falsi bisogni.
Saremmo un po’ meno schiavi.
E forse potremmo recuperare anche un briciolo di umanità.
Autore Pietro Riccio
Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.