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Prigioniero della propria compassione

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Prigioniero della propria compassione


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Un viaggio nell’auto-analisi senza paura di guardarsi allo specchio

Non avrebbe mai immaginato, un giorno, di dover diventare prigioniero dei propri sentimenti. Fino ad allora la sua sensibilità l’aveva fatto sentire sereno, a posto con la propria coscienza.
Ma dopo lunghi anni esercitati nella compassionevole socializzazione, si rese conto che i suoi coinvolgimenti erano catene dalle quali non riusciva più a liberarsi.

Se avesse lasciato soffrire gli altri avrebbe sofferto lui stesso e, per difendersi da quell’egoismo che vuole proteggere se stesso dal dolore, si vedeva costretto ad elargire aiuti, conforti e consolazione.

Non aveva la forza di diventare egoista fino in fondo, pensando solo e unicamente a se stesso.

Più ci provava e più i rimorsi lo assalivano e più dai rimorsi era assalito e più si incupiva poiché, si sa, i rimorsi addestrano la mente ad incattivirsi, prima contro se stessi, poi contro coloro che vengono reputati colpevoli dei propri sensi di colpa.

Non aveva scampo.

E non gli pareva vero di sentirsi così tanto incattivito.

Ripensava alle parole del Maestro:

Dacché vi sono uomini, l’uomo si è rallegrato troppo poco; questo solo, fratelli, è il nostro peccato originale! E nella misura in cui impariamo a rallegrarci, meglio disimpariamo a far male ad altri e ad escogitare il male.
‘Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno’ – Friedrich Nietzsche

Già… rallegrarsi… ma anche quando la sorte ti ha concesso tutto… come rallegrarti se vedi l’altrui sorte maligna scagliare fendenti contro le anime afflitte e impossibilitate ad accogliere allegria in cuor loro?

Pensava che essere compassionevole fosse l’unico modo per poter sentirsi in coscienza un po’ più allegro esso stesso, giacché non avrebbe mai potuto esserlo se non avesse lenito i dolori altrui per tacitare i propri rimorsi.

Se non vedi… e non fai nulla… il senso di colpa dorme…
Ma se vedi… e non agisci… i rimorsi rimangono in agguato silenziosi… fino al momento di un urlo incontrollabile…

Fatto sta che una compassione usata male, porta altrettanto alla rovina.

Gli risuonavano ancora le parole del suo Guru:

Osservate, fratelli, quale danno hanno procurato i compassionevoli indottrinamenti! Che cosa mai nel mondo causò più sofferenza delle stoltezze del compassionevole? Guai a chi ama e non può collocarsi più in alto della propria compassione!

E quell’ultimo passo gli risuonava come assordante tamburo nelle orecchie.
Collocarsi più in alto della propria compassione; cosa voleva dire? E come riuscirci?
Forse che la sua compassione fosse solo un riempitivo per tutto il vuoto che sentiva?
Un riempitivo per il suo mal di vivere?

Se così fosse stato, coloro che ricevevano il suo aiuto erano solo mezzi per colmare l’incapacità di rallegrarsi di se stesso e tale fondamento non avrebbe potuto far durare a lungo l’allegria.

Meglio essere uno spudorato egoista, piuttosto che inginocchiarsi ad adorare una compassione da riempimento di superficiali vuoti interiori.
Si diventa ipocriti, falsi, dediti alla condanna altrui.

Non è forse storia?
Non ci furono, e ancora ci sono, uomini che non seppero e non sanno amare il loro Dio in altro modo, se non crocifiggendo l’uomo?

Così concluse che la verità non può essere dimostrata con il sangue, nemmeno con quello che esce dalle proprie vene.

Fare sfoggio di compassione non testimonia una sanità mentale, semmai mette in luce la folle idolatria di se stessi.

Buttò all’aria tutto il proprio sapere… e ritornò a meditare su quell’unico passo:

Guai a chi ama e non può collocarsi più in alto della propria compassione!

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.