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Presti il consenso? Domanda a trabocchetto

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Quanti di noi sono andati a leggere con attenzione e capire, nella loro interezza, tutte le singole clausole, scritte in legalese e magari in caratteri microscopici, che ci spiegano a che cosa prestiamo il consenso?

E siamo consapevoli di che cosa vuol dire questo nostro consenso?

Chi è senza peccato, scagli il primo mouse!

Ma cosa comporta quel piccolo innocente click con cui ‘accetti’?

Immagina di essere in una grande fiera tra bancarelle e di avvicinarti a quella dei dolci e un suadente imbonitore ti propone una torta al cioccolato.

Per accettare, devi dire ‘sì’ in modo libero, specifico e informato. Acquisti una torta al cioccolato decidi di tua volontà: ‘sì, voglio questa torta al cioccolato’, con una chiara azione positiva. La pagherai al prezzo esposto e poi potrai mangiarla.

Ovviamente, sei consapevole delle conseguenze a cui vai incontro. Ingrassare, colesterolo, effetti di allergie, ciccia e brufoli, come diceva una vecchia pubblicità, e così via.

Ma, in quel momento, non stai autorizzando il venditore di dolci ad inviarti pubblicità, telefonarti, dare il tuo numero a venditori di frutta, salumi, panini e quant’altro.

Nel mondo digitale, invece, con il ‘sì’ ad acquistare qualcosa, scaricare una app, ricevere una demo gratis, purtroppo, spesso dici ‘sì’ a tutto ciò.
Non dovrebbe essere così, ma avviene.

Nel mondo digitale, quando visiti un sito web o utilizzi un’applicazione e ti viene chiesto se ‘accetti’ le condizioni di trattamento dati, uso del sito e così via, ti viene in realtà chiesto se accetti che vengano raccolti e utilizzati i tuoi dati personali, come il tuo nome o la tua e-mail, quante ore e in che lingua giochi, con quali app, i video che scrolli durante la notte o all’alba…

Quelle clausole che, quasi mai leggi – se non proprio mai -, ti stanno informando che l’individuo dall’altra parte dello schermo verrà a sapere, per utilizzarlo, di tutto ciò che tu confessi al tuo cellulare: dalla tua rubrica ai dati di navigazione, dalla geolocalizzazione alle preferenze sui social.

Ti sei mai chiesto perché quel gioco che tanto ti piace puoi utilizzarlo anche con i tuoi contatti Facebook?

Pertanto, quando con un click con il mouse o un tocco del dito sullo smartphone rispondi quel ‘sì’, hai espresso il tuo consenso, consapevole e informato, a mettere in mano a qualcuno la tua identità, la tua personalità e quella della tua famiglia.

Ribadiamolo, se mai ce ne fosse bisogno: in rete il prodotto sei tu e niente è gratis.

Anche se sembra che molti servizi online siano gratuiti, in realtà il loro vero scopo è proprio quello di raccogliere informazioni su di te. Questi dati vengono utilizzati modellare un tuo profilo di consumatore digitale venduto ad altre aziende per scopi pubblicitari mirati. Quindi, in cambio dei servizi ‘gratuiti’, stai pagando con i tuoi dati personali.

La stessa iscrizione alle piattaforme social è un contratto dove tu paghi con i tuoi dati lo spazio che usi per raccontare qualcosa di te, magari qualcosa di molto intimo, postare le tue foto, intavolare conversazioni con amici e hater.

Tutti questi dati le aziende le mettono in mano ‘ai nostri migliori partner, fornitori, consulenti e clienti selezionati (da chi?)’ per offrirti una migliore esperienza di navigazione.

Inoltre, in quelle clausole, molto spesso è specificato che i dati possono essere utilizzati per operazioni di profilazione anche attraverso sistemi di Intelligenza artificiale che possono analizzare enormi quantità di dati in modo rapido ed identificare modelli e tendenze che potrebbero non essere evidenti agli esseri umani.

Quando parliamo di profilazione dei dati tramite IA, ci riferiamo al processo in cui gli algoritmi di Intelligenza artificiale analizzano i dati personali per individuare correlazioni e tendenze, creando profili estremamente dettagliati di tutti noi.

Un’ultima notazione sul punto: forse la più inquietante.

Su quasi tutti i siti, specialmente dopo l’entrata in vigore del GDPR, troviamo delle informative abbastanza corrette e, salvo rare eccezioni, l’indicazione di chi è il titolare del trattamento, vale a dire il proprietario del sito a cui affidiamo i nostri dati.

Ciò non avviene per moltissime app di giochi che indicano come titolare del trattamento, cioè detentore dei nostri dati, dei generici sviluppatori. Quelle app sono le più scaricate dai giovanissimi e sono quelle che risucchiano maggiori informazioni.

Qualcuno pensa che degli adolescenti leggano le informative e si preoccupino di che fine fanno i loro dati e, magari, quelli dei familiari?

Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.

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